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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: Macrino d'AlbaPITTORI: Macrino d'Alba
Madonna con Bambino, Agostino, Gerolamo e Battista
MACRINO D'ALBA
1503
Crea Monferrato, Santuario dell'Assunta
Madonna con Bambino e i santi Agostino Gerolamo e Battista
La pala con Sant'Agostino, firmata e datata 1503, fu dipinta per il Santuario di Crea Monferrato nell'Alessandrino, dove tuttora si trova. La struttura del dipinto segue l'iconografia tradizionale con la Madonna al centro in trono ed ai lati i santi e, come in questo caso, il donatore. Lo sfondo riprende temi cari alla paesaggistica quattrocentesca. Agostino è raffigurato in piedi, con gli abiti da vescovo, la mitra in testa e con il bastone pastorale. Con la mano destra tiene aperto un libro che sta leggendo, mentre con la sinistra si appoggia alla schiena nuda di Gerolamo. L'opera è senz'altro fra i più pregevoli lavori di Macrino, che porta a termine questo nuovo e importante incarico legato all'ambiente della corte casalese da destinare all'altare maggiore della chiesa del Santuario di Crea. La Pala fu ordinata da Gian Giacomo San Giorgio di Biandrate.
Il committente era fin dal 1501 vicario generale e consigliere del giovane marchese Guglielmo IX ed è possibile che abbia voluto celebrare il ruolo avuto nel fidanzamento, avvenuto nel 1502 e il cui contratto era stato preparato dal cardinale Georges d'Amboise, tra Guglielmo e Anna d'Alençon imparentata con la corona di Francia. Questo matrimonio mutava il tradizionale collocamento politico del marchesato e lo spostava decisamente verso i Francesi. Gian Giacomo sceglie per quest'opera un percorso iconografico-dinastico in cui la sua celebrazione è discretamente affidata, oltre che all'elegante iscrizione sul gradino del trono su cui siede la Vergine, alla presenza dei santi eponimi Giovanni Battista e Giacomo al posto d'onore (al lato opposto sono raffigurati Agostino, d'obbligo nella chiesa di un santuario officiato dagli agostiniani lateranensi, voluti a Crea dal vecchio marchese Guglielmo VII, e Gerolamo). La destinazione all'altare maggiore, sotto il grande affresco dell'Assunzione con Guglielmo VII e Teodoro Paleologo, si inseriva all'interno di una celebrazione per immagini della dinastia paleologa in cui il Biandrate si sarebbe intromesso, qualora si fosse fatto effigiare in veste di donatore.
La devozione per la Vergine fu un carattere specifico dell'ordine agostiniano. Già Agostino, nei suoi scritti, esaltò le virtù, affermando inseparabile la sua azione da quella di Cristo e proponendola come modello per tutti i credenti. Agostino si fece veicolo di precisi contenuti dottrinari che ebbero lo scopo di confutare le tesi eterodosse diffuse a quei tempi. Agostino ribadì ripetutamente e con chiarezza i concetti della maternità fisica e insieme divina di Maria nonché la sua verginità, che ne fanno il simbolo della Chiesa, nello spirito vergine, per integrità e pietà, e madre nella carità.
Dei tre vangeli sinottici quello che parla più diffusamente di Maria è il Vangelo di Luca. Vi si racconta che Maria viveva a Nazaret, in Galilea e che, promessa sposa di Giuseppe, ricevette dall'arcangelo Gabriele l'annuncio che avrebbe partorito il Figlio di Dio (Lc. 1, 26-38). Ella accettò e, per la sua totale fedeltà alla missione affidatale da Dio, è considerata dai cristiani il modello per tutti i credenti. Lo stesso Vangelo secondo Luca racconta la sua pronta partenza per Ain Karem, per aiutare la cugina Elisabetta, anziana, incinta di sei mesi.
Da Elisabetta è chiamata "la madre del mio Signore". Maria le risponde proclamando il Magnificat: « Allora Maria disse: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.» (Lc. 1, 46)
Secondo la tradizione cristiana Anna, Gioacchino e Maria abitarono a Gerusalemme nei pressi dell'attuale Porta dei Leoni, nella parte nord orientale della città vecchia, laddove ci sono i resti della piscina di Bethesda. Oggi in questa zona sorge una chiesa costruita dai crociati nel XII secolo e dedicata a sant'Anna. Maria, che imparò a camminare a sei mesi, rimase nel tempio dall'età di tre anni fino al periodo della pubertà e poi venne data in sposa a Giuseppe che fu miracolosamente designato dalla fioritura di una verga. Secondo il vangelo apocrifo di Bartolomeo una prima annunciazione fu data a Maria nel tempio stesso di Gerusalemme. Dio disse a Maria: «Gioisci, o piena di grazia e vaso di elezione ... Ancora tre anni e ti manderò la mia parola; tu concepirai un figlio per mezzo del quale sarà salvata tutta la creazione. Tu sarai il calice del mondo. Pace a te, mia diletta ... »
La vera e propria annunciazione secondo alcuni avvenne alla fontana, altri invece dicono che avvenne a casa sua. L'annunciazione dell'arcangelo Gabriele a Maria è collocata secondo la tradizione il 25 marzo, per rispettare il tempo di nove mesi esatti dalla nascita di Gesù fissata il 25 dicembre
Trovandosi a Betlemme, in Giudea, con suo marito Giuseppe per il censimento indetto (Lc. 2, 1-2), tramite il console Quirino, dall'imperatore Augusto, partorì in un riparo che era forse una stalla suo figlio, al quale impose il nome di Gesù come le aveva prescritto l'arcangelo Gabriele. Il vangelo racconta il canto degli angeli e la visita dei pastori (Lc. 2, 1-20), e poi dei sapienti orientali detti i Magi. Secondo Matteo, che fa risiedere la famiglia fin da principio a Betlemme (Mt. 2, 1-11), seguono la persecuzione di Erode, la fuga in Egitto, la strage degli Innocenti e il ritorno a Nazaret.
La visione di Maria è contenuta nella Divina Commedia, dove Dante riporta la straordinaria preghiera del doctor marianus Bernardo di Chiaravalle affinché Dante stesso possa ottenere la visione della Trinità divina:
« Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'etterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l'amore, per lo cui caldo ne l'etterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridiana face di caritate, e giuso, intra ' mortali, se' di speranza fontana vivace. Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre sua disianza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate. »
(Paradiso XXXIII, 1-21)