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PITTORI: Filippo Lippi

Agostino e gli errori pagani di Scuola fiamminga (1460-1470), Parigi ms. 17

Madonna della Cintola, con Agostino, donatore e santi

 

 

FRA FILIPPO LIPPI

1456-1466

Galleria Comunale di Prato

 

Madonna della Cintola, con Agostino, donatore e santi

 

 

 

Questa prestigiosa tavola, una tempera grassa di cm 207 x 200, appartiene all'importante corpus delle opere pratesi di Filippo Lippi. In origine era conservata nel monastero agostiniano di Santa Margherita, ma dal 1858 alla Galleria Comunale. La sua realizzazione è caratteristica del suo modo di lavorare, poiché permette di vedere le diverse mani e le varie fasi di esecuzione, scaglionate nel tempo. Il restauro recente della tavola ha rivelato una superficie gravemente compromessa per le puliture drastiche alle quali fu sottoposta in passato, che tuttavia hanno permesso di individuare nei particolari il raffinato disegno preparatorio sottostante, e in certi particolari, il manto latteo della Madonna o la testa del giovane Tobiolo.

Il restauro ha evidenziato altresì una discontinuità nella esecuzione, tanto da supporre un successivo completamento da parte di un collaboratore, forse fra Diamante che ha realizzato egregiamente i volti dei santi e i loro ricchi manti. Questi particolari sono stati decorati da oreficerie, mentre l'azzurrite con la vegetazione scura fa da insolito sfondo alla composizione. Sul lato sinistro appare l'elegante figura di santa Margherita, con le sembianze di una giovane novizia, una certa Lucrezia Buti, che diventerà la sua modella prediletta.

Nella tavola viene reso con efficacia il particolare realistico della cintura che appare di color verde come la vera reliquia conservata in Duomo. Anche in questa tavola sono presenti sul verso degli schizzi eseguiti a carboncino dagli allievi secondo una consuetudine della bottega per esercitare la mano, come si ritrovano nella tavola della Natività e in particolare si riconosce la sagoma di un angelo di profilo a mezzo busto che ricorda l'angelo portastemma (cat. 1) del Palazzo Pretorio.

Sappiamo che l'inizio di questa tavola è collegato allo scandalo della fuga con Lucrezia nel 1456, ma fu completata circa dieci anni dopo dai suoi collaboratori.

La scena mostra la Vergine che dà la Cintola a san Tommaso tra la committente, Bartolomea de' Bovacchiesi e i santi Gregorio, Agostino, Margherita, Tobiolo e l'angelo Raffaello. Si sa che questa tavola fu avviata quando scoppiò lo scandalo della fuga con Lucrezia nel 1456, ma fu completata circa dieci anni dopo dai suoi collaboratori. Lippi ha illustrato anche in altre occasioni S. Agostino, a Parigi, a Pietroburgo.

 

 

Filippo Lippi

Filippo di Tommaso Lippi nasce a Firenze nel 1406 da una famiglia modesta, che abita in Oltrarno nella contrada detta Ardiglione presso il convento del Carmine. Rimasto orfano a due anni, è allevato dalla sorella del padre, Monna Lapaccia, che sei anni dopo lo affida ai frati del Carmine. Il caso vuole che dal 1422, grazie al testamento del ricco mercante Felice Brancacci, la chiesa di Santa Maria del Carmine diventi lo scenario di un evento dirompente per la storia della pittura italiana. Il Brancacci fa costruire per la sua famiglia una cappella la cui decorazione viene affidata nel 1424 a Masolino da Panicale. Questi porta con sé nell'impresa il giovane Masaccio (1401-1428), uno dei massimi geni dell'arte del Rinascimento.

Ritroviamo con certezza Fra Filippo a Firenze nel 1437 quando un certo Jacopo di Filippo orafo si fa garante per lui su un anticipo di 40 fiorini per la pittura della Pala dell'altare Barbadori nella chiesa di Santo Spirito (oggi al Louvre). Nello stesso anno viene terminata la cosiddetta Madonna di Tarquinia, eseguita per il cardinale Vitelleschi, arcivescovo di Firenze dal 1435 al 1437, uno dei capolavori di Lippi.

Nel frattempo il Lippi nel 1442 era stato nominato da papa Eugenio IV Rettore e Abate Commendatario a vita della chiesa di San Quirico a Legnaia, presso Firenze, e subito investito del beneficio. Da una nota del 1447 risulta che anche il fratello Giovanni fosse stato addetto alla stessa chiesa. Il beneficio non avrebbe però risolto i continui problemi economici del frate. Ai primi del 1452 comincia per fra Filippo la lunga avventura della decorazione del Coro della Pieve di Santo Stefano a Prato, che lo occuperà fino al 1465.

Stanziata per gli affreschi e la vetrata la somma di 1.200 fiorini e ricevuto nel marzo del 1452 il rifiuto del Beato Angelico, il Comune di Prato decide di affidare il prestigioso incarico a fra Filippo, che subito accetta e si reca a Prato.

Le committenze medicee, già iniziate col 'San Gerolamo' per Piero il Gottoso e con la Pala per la Cappella del Noviziato in Santa Croce richiesta da Cosimo il Vecchio (1445-1450), si intensificano dopo il 1456-1458 grazie al grande favore incontrato presso Alfonso d'Aragona dalla Pala che Cosimo il Vecchio gli ha mandato in dono (e di cui restano solo due pannelli laterali nel museo di Cleveland). Nel 1466 Filippo è già al lavoro nel cantiere di Spoleto. L'Opera del Duomo di quella città lo incarica di affrescare con Storie della Vergine la Tribuna della Cattedrale e già a febbraio del 1466 il pittore riceve denaro per pagare oro e azzurro. A Spoleto il pittore morirà, fra l'8 e il 10 di ottobre del 1469, e sarà sepolto nel Duomo.