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Visita di Ponticiano a sant'Agostino e Alipio
NICCOLO' DI PIETRO
1405-1410
Lione, Mercato antiquario
Visita di Ponticiano a sant'Agostino e Alipio
La scena raffigurata appartiene a uno scomparto di predella, elemento di una struttura di ben più ampie dimensioni. Il soggetto della tavola si riferisce a un episodio chiave nel percorso di conversione di Agostino a Milano e cioè la visita di Ponticiano a casa di sant'Agostino e Alipio nella primavera del 386. L'opera è stata realizzata con la tecnica della tavola e misura cm 27 in altezza e cm 20 in larghezza. L'autore della tavola è Niccolò di Pietro pseudonimo di Nicolaus Paradixi, che lo dipinse all'inizio del Quattrocento fra il 1405 e il 1410 nel periodo di maggior maturità dell'artista. L'opera è riapparsa a Lione sul Mercato antiquario nel 1997. Probabilmente la tavola faceva parte di un Polittico smembrato con santi e Storie di sant'Agostino.
La scena si svolge all'interno di una casa: Agostino, al centro del terzetto e in posizione più elevata, sta giocando con Alipio, ma rivolge lo sguardo verso Ponticiano che sta leggendo una pagina di un libro.
Durante il soggiorno milanese Agostino venne a conoscere l'ascetismo cristiano. Chi di questo gli avrebbe parlato per primo fu, secondo il racconto delle Confessioni, un tal Simpliciano, anche lui africano e alto ufficiale della corte imperiale, durante una visita di cortesia ad Agostino ed Alipio.
Avendo veduto che il libro, posto su un tavolo da gioco, era l'epistolario paolino, Ponticiano rallegrandosi di tale scoperta, proseguì a parlare di sant'Antonio, del monastero che Ambrogio aveva aperto in Milano stessa e, finalmente, di un fatto accaduto a lui e ad alcuni suoi colleghi a Treviri.
Un giorno in cui Graziano era trattenuto da uno spettacolo nel circo, Ponticiano con altri due colleghi del seguito dell'imperatore, erano usciti per una passeggiata fuori porta: camminando due a due s'erano separati. E due di essi, che erano agentes in rebus (appartenevano cioè a quel corpo di funzionari, succeduti ai frumentarii, che avevano funzioni ispettive d'ogni genere, a cominciare dalle poste; e s'erano fatti una così bella fama. che era stato vietato loro di entrare in Roma senza un permesso speciale), imbattutisi in una capanna dove vivevano alcuni monaci s'erano trattenuti colà a leggere, per l'appunto la vita di sant'Antonio scritta da Atanasio.
E si erano accesi di tal entusiasmo per la vita ascetica, da dedicarvisi immediatamente, incaricando Ponticiano e l'altro collega di darne avviso all'imperatore e alle loro mogli, che s'erano poi fatte monache anch'esse.
Questo racconto di Ponticiano lasciò Agostino turbato oltre ogni dire.
Niccolò di Pietro Gerini
Niccolò di Pietro è documentato nella sua attività dal 1368 e si colloca nel periodo in cui a Firenze l'arte abbandonò gli insegnamenti di Giotto, per rivolgersi ad uno stile più arcaizzante. Fra le opere di Niccolò conosciute troviamo la decorazione della sacrestia della Basilica di Santa Croce a Firenze con Scene della vita di Cristo che risale al 1380 circa. Nel 1386 affrescò nella loggia del Bigallo la Consegna degli orfani ai genitori adottivi e nel 1392 affrescò la sala capitolare della chiesa di San Francesco a Pisa. Tra il 1390 e il 1395 lo troviamo a Prato, dove affrescò il Palazzo Datini e la sala capitolare della chiesa di san Francesco. Tra le sue varie opere va ricordato anche l'affresco nel tabernacolo di Rimaggino a Bagno di Ripoli, e in quello di Rovezzano. Al 1408 risalgono gli affreschi sui pilastri di Orsanmichele a Firenze. A inizio 1416 Niccolò doveva essere già morto tanto che il figlio Bindo dovette occuparsi di completare la pala d'altare per la chiesa di Santa Verdiana a Firenze.