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Sant'Agostino vescovo con il bambino in riva al mare
ABRAHAM BLOEMAERT
1620-1625
Weimar, Stiftung Weimar Klassik und Kunstsammlungen
Sant'Agostino vescovo con il bambino in riva al mare
In questo disegno, dalle dimensioni di 16 x 12 cm, Agostino è raffigurato come vescovo a figura intera. Nella mano sinistra regge un sottile ed elegante bastone pastorale, mentre con la destra il santo regge un libro. In testa una elegante mitra rifulge di una gran luce.
Ai piedi di Agostino notiamo un bambino con in mano un cucchiaio che agita verso l'alto. La sua presenza ricorda la ricerca di Agostino volta a comprendere il mistero della Trinità.
Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.
L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del problema del Bene e del Male, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.
Ciò detto sparì, lasciando il grande filosofo nell'angoscia più completa. Secondo il parere di alcuni studiosi di parabole e leggende la narrazione potrebbe essere considerata un sogno effettivamente fantasticato dal Santo. Altri aggiungono che forse il colloquio non si sarebbe svolto esattamente come è stato raccontato, perché, prima di sparire, il Santo aveva potuto a sua volta replicare che la risposta non lo convinceva, in quanto - avrebbe obiettato - il mare e i misteri di Dio sono due realtà assai diverse. Pur impossibile, sarebbe stato teoricamente verosimile immaginare il versamento del mare in una buca e allora allo stesso modo si sarebbe potuto supporre che i misteri divini avrebbero potuto entrare in un cervello umano adatto allo scopo e se l'uomo non aveva ricevuto una mente con tali qualità la colpa sarebbe da imputare a Dio, che non aveva appunto voluto che i suoi misteri fossero concepiti dall'uomo, per lasciarlo nell'ignoranza e nel dubbio più atroci.
"Perché Dio non vuole essere capito?" avrebbe domandato il Santo al pargolo divenuto improvvisamente pensieroso. "Te lo dimostro subito" rispose il bambino dopo un momento di perplessità e così, mentre parlava, con il secchiello divenuto improvvisamente grandissimo e mostruoso, in un sol colpo raccolse l'acqua del mare, prosciugandolo, e la pose nella buca, che si allargò a dismisura fino ad inghiottire il mondo. A quella vista il Santo si svegliò con le lacrime agli occhi e capì.
Abraham Bloemaert
Nasce a Gorinchem nel 1564, figlio dell'architetto e scultore olandese Cornelis, dal quale ricevette le prime lezioni d'arte. Completò la sua preparazione a Utrecht nel 1575, doveda autodidatta approfondì lo studio dei manieristi di Anversa. Entrò nella bottega di Gerrit Splinter e di Joos de Beer divenendone allievo. Presso quest'ultimo conobbe la pittura fiamminga di Blocklandt che si era strutturata su una base romana-parmigiana. Nel 1580 si trasferì a Parigi per migliorare il suo stile artistico guidato da vari maestri, tra cui Hieronymus Francken I. Vi restò per tre anni e in questo periodo fu fondamentale la frequentazione della scuola di manieristica di Fontainebleau. Dopo il suo rientro in patria e un breve soggiorno ad Amsterdam, la sua carriera artistica conobbe importanti successi, grazie anche alla sua duttilità artistica che gli permise un percorso variegato, che dal manierismo passando per l'accademismo lo portò ad accogliere elementi caravaggeschi. Diede vita anche ad accenti idealistici capaci di influenzare le sue tematiche preferite mitologiche, bibliche e quelle a sfondo storico e allegorico. La sua prima opera riconosciuta è il Nobe del 1591 a cui seguì la Predica di Giovanni Battista ed il Battesimo di Cristo del 1595. Nel 1595 lo troviamo iscritto alla Gilda di San Luca. Tra le sue opere si ricordano ritratti e nature morte e vari paesaggi. I suoi allievi più apprezzati furono i suoi quattro figli, Hendrick (scene mitologiche e di genere), Frederick, Cornelis e Adriaan (paesaggi romanizzanti)e i due Honthorsts, Ferdinand Bol e Jacob Gerritsz Cuyp. Morì a Utrecht nel 1651.