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PITTORI: Carlo Maratta

Disputa sulla Immacolata Concezione

Disputa sulla Immacolata Concezione

 

 

CARLO MARATTA

1689

Roma, chiesa di Santa Maria del Popolo

 

Disputa sulla Immacolata Concezione

 

 

 

 

Il pittore che operò soprattutto fra Napoli e Roma, ci offre una bella tela, dipinta nel 1689 che presenta le discussioni teologiche relative al dogma della Immacolata Concezione della Vergine Maria. Agostino è dipinto in basso a sinistra: ha deposto il bastone pastorale e la mitra, indossa un abito da vescovo, ma sotto porta il saio nero degli eremitani. E' intento a scrivere, ma i suoi occhi guardano in cielo: sembrerebbe che ciò che sta scrivendo sia frutto di una dettatura. Maratta dipinse ancora Agostino in una tela che si conserva nella chiesa parrocchiale di Camerano.

Maratta fu esponente di spicco della cultura romana del secondo Seicento e dell'ultimo barocco: la sua pittura è levigata e stilisticamente ineccepibile. Fu esaltato come Raffaello redivivo. Fra i suoi allievi troviamo Seiter, che pure dipinse un bel sant'Agostino. Dello stesso autore è noto un bel quadro, conservato alla Pinacoteca di Ancona, con la Madonna, il bambino e Santi, fra cui Agostino.

 

 

Carlo Maratta

Entrò nella bottega romana di Andrea Sacchi, dove restò fino al 1636. La sua cultura artistica si formò sugli esempi dei bolognesi, in particolare Giovanni Lanfranco e Guercino. Divenne il fondatore di quell'Accademia romana che impose un indirizzo classicheggiante alla cultura del secondo Settecento. Della produzione anteriore al 1650 restano un affresco in San Giovanni in Fonte a Roma, condotto su cartone del Sacchi, una pala d'altare dipinta per Taddeo Barberini e destinata a Monterotondo. La pittura del Maratta fu esaltata da Giovan Pietro Bellori che ne elogiava la grazia e la purezza di composizione. Nel periodo 1653-1655 segna un accostamento al Lanfranco, che diventa molto più evidente nel quadro con Sant'Agostino per Santa Maria dei Sette Dolori. Le grandi decorazioni per Palazzo Altieri e San Pietro in Vaticano a Roma, e per il duomo di Urbino costituiscono una novità nel campo delle decorazioni scenografiche, diverse da quelle barocche coeve. Nel 1702 fu incaricato della pulitura degli affreschi di Raffaello nelle Stanze Vaticane. Fu un grande ritrattista, attento alle raffinatezze del colore. Negli ultimi anni della vita si ritirò a vivere a Genzano di Roma, in un palazzetto rococò di cui era stato anche architetto. Il tentato ratto di Faustina, ad opera del signore di Genzano Giangiorgio Sforza Cesarini, nel 1703, lo costrinsero a lasciare la cittadina sui Colli Albani per stabilirsi definitivamente a Roma, dove morì nel 1713.