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Madonna e Cristo in pietà con Ambrogio, Agostino e due offerenti
GIUSEPPE VERMIGLIO
1625
Menaggio, oratorio di S. Carlo
Madonna e Cristo in pietà con Ambrogio, Agostino e due offerenti
La chiesa venne costruita all'inizio del Seicento per desiderio del nobile Cinzio Calvi di Como e affidata ai Canonici Lateranensi del monastero di santa Maria della Passione a Milano.
I legami fra le due comunità hanno portato alla replicazione di opere d'arte presenti a Milano. La tela qui riprodotta non sfugge a questo destino poichè riprende i temi di un'antica pittura murale esistente all'esterno del monastero milanese che fu strappata nel 1590 e trasportata nella chiesa annessa all'altare della Addolorata.
Il quadro, recentemente restaurato, raffigura al centro la Vergine, seduta ai piedi della croce, con Gesù morto disteso in grembo. Ai lati stanno, in piedi, i vescovi Ambrogio ed Agostino in atteggiamento devoto e, in ginocchio in primo piano, due offerenti. Ai piedi della croce, vicino alla corona di spine e ai tre chiodi, è segnata la firma del pittore e l'anno di esecuzione.
Giuseppe Vermiglio
Nato nel novarese o forse ad Alessandria, inizia la sua attività a Roma, dove soggiorna fra il 1604 e il 1619. Qui studia la sua arte con Adriano di Monteleone. La produzione giovanile risente dell'influenza caravaggesca. Tornato in Lombardia, esegue numerosi lavori per i Lateranensi di Novara, Milano, Menaggio e Alessandria. La Madonna con Cristo in pietà, Ambrogio e Agostino data al 1625 ed è conservata nella chiesa di S. Carlo a Menaggio. Il soggetto deriva da un'antica immagine votiva ad affresco venerata in Santa Maria della Passione a Milano, una chiesa retta dai Canonici Lateranensi, a cui era stata affidata la cura di quella di Menaggio dal cittadino comasco Cinzio Calvi. L'opera più aderente al caravaggismo è L'apparizione di Gesù a San Tommaso nella Chiesa di San Tommaso ai Cenci a Roma; altre sue opere, più legate alla cultura lombarda si trovano a Brera, alla Galleria Sabauda di Torino, nel Duomo di Pavia, nel Duomo di Tortona e nel Museo di Sant' Eustorgio di Milano.
Consapevole della centralità della croce nel disegno salvifico di Dio sull'umanità e della straordinaria molteplicità di rimandi ad essa nell'Antico e nel Nuovo Testamento, Agostino si impegna nella sua interpretazione e meditazione lungo tutto l'arco della vita come confermano i numerosi riferimenti alla croce di Cristo, disseminati in tutta l'ampia produzione dell'Ipponate. Ciò che Agostino intende evidenziare è che la scelta di Gesù di portare la croce sulla quale verrà messo a morte è una lucida indicazione su cosa debba significare la vita cristiana. I credenti sono esortati in tal modo a seguire l'esempio del Maestro.
«La croce tiene insieme lo scandalo e la salvezza, la fine e l'inizio, perché in essa si compie qualcosa di assolutamente e radicalmente nuovo: sul legno, Cristo ci istruisce sul significato della nostra vita presente e futura, perché è con la sua morte che Egli ha vinto per noi la morte».
Tu stesso ci avevi folgorati con le frecce del tuo amore, e portavamo conficcati nel ventre gli arpioni delle tue parole e gli esempi dei tuoi servi, che da oscuri avevi reso splendidi e da morti, viventi. Bruciavano ammassati nel fondo della mente divorando la sua pesantezza e il torpore, per impedirci di scendere in basso, ed era un tale incendio che tutto il fiato soffiatoci contro dalle subdole lingue l'avrebbe ravvivato, non estinto.
AGOSTINO, Confessioni, 9, 2, 3
PSEUDO AGOSTINO, Planctus Mariae edito a Parigi 1842
Scrive Agostino commentando l'episodio della Crocifissione e della presenza di Maria accanto a Suo Figlio: "Allora, sotto la croce la riconobbe, lui che da sempre l'aveva conosciuta. E prima che fosse nato da lei, aveva conosciuto la madre nella predestinazione. Prima che, come Dio, egli creasse colei dalla quale doveva essere creato come uomo, conosceva la madre."