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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Settecento: Serpotta GiacomoPITTORI: Serpotta Giacomo
Agostino vescovo disputa con un eretico
GIACOMO SERPOTTA
1711-1729
Palermo, chiesa di S. Agostino
Agostino vescovo disputa con un eretico
Si tratta di un pregevole stucco inserito in una lunetta sopra il portale dell'altare di S. Agostino che fu eseguito da Giacomo Serpotta per la chiesa di sant'Agostino a Palermo. La scena ha un aspetto classico: sulla sinistra sta seduto Agostino, in mezzo c'è un tavolino, sulla destra siede un uomo con un turbante, probabilmente un eretico. Costui sta guardando qualcosa sul tavolo, che probabilmente gli serve per la discussione che sta avendo con il santo. E' probabile che questo personaggio rappresenti un eretico o l'episodio della disputa con Fausto. Due angioletti a destra e a sinistra osservano la scena con circospezione. nella stessa chiesa il medesimo autore ha raffigurato anche santa Monica. Poche sono le notizie che informano circa la nascita e la giovinezza dell'artista.
Le testimonianze rimandano ad una situazione economica e familiare disagiata. Nato nel popoloso quartiere della Kalsa nel 1656, da Gaspare scultore anch'egli e suo primo maestro nella tecnica dello stucco, Giacomo rimane orfano nel 1670, poiché il padre muore prematuramente da forzato condannato alle galere nel 1668. La madre vende tutti i beni di famiglia, ma il mestiere insegnato da Gaspare a due dei numerosi figli, Giacomo e Giuseppe, darà presto i suoi frutti. Il primo incarico per i due, allora in collaborazione professionale, risale al 1683 e riguarda la decorazione di due cappelle della chiesa del Carmine maggiore. Per fonti certe si sa comunque che Giacomo lavorò nel 1667 per la chiesa di S. Maria dell'Itria a Monreale dove il suo intervento, ancora inesperto, prefigura i suoi futuri virtuosismi solo in piccoli dettagli. Il segno della evoluzione artistica del Serpotta va rintracciato in un intervento del 1678 per l'oratorio di S. Mercurio.
E' bene ricordare in tal senso, quanto la congregazioni laiche e religiose abbiano favorito se non decisivamente influenzato l'evoluzione artistica dell'artista. La tipologia estremamente semplice delle aule assembleari di tali istituti, sempre più numerosi e facoltosi, bene si prestava infatti con le sue lisce e semplici pareti all'estrosità e alla fantasia dell'artista.
Giacomo Serpotta nacque a Palermo nel 1656 e morì nella stessa città nel 1732. Fu un ottimo scultore e decoratore; il principale esponente di una famiglia di scultori siciliani. I suoi metodi per la generazione dell'illusione della prospettiva e delle sue disposizioni asimmetriche decorazioni di due o più indipendenti si sono trasformati in principi di base del sistema del ornamentale usato dagli artisti tedeschi del periodo di Rococo.
Gli oratori decorati a Palermo da Serpotta, rimasti intatti nel corso del tempo, costituiscono l'esempio più alto della produzione artistica del Serpotta. Ricordiamo soprattutto l'oratorio di S. Lorenzo (1699-1706) con storie dei SS. Lorenzo e Francesco, l'oratorio del Rosario in S. Domenico, (1710-1717); l'oratorio del Rosario in S. Cita (1686-1718), con la celeberrima scultura sulla parete all'ingresso con i misteri del Rosario e la scena della battaglia di Lepanto.
Nel 1680 realizza la statua equestre di Carlo II a Messina, oggi scomparsa. Al 1711-20 risale l'intervento in S. Agostino, l'impresa più monumentale e difficile della sua carriera, a motivo delle dimensioni della chiesa. Verso il 1723 realizza le statue allegoriche della basilica di S. Francesco, mentre al 1729 risale l'ultimo intervento dell'artista a Palermo, cioè la decorazione plastica del presbiterio della chiesa di S. Matteo, sede della Congregazione del Miseremini, di cui Serpotta faceva parte. Giacomo Serpotta muore il 27 febbraio del 1732 dopo aver completato la decorazione dell'oratorio di S. Francesco di Paola (distrutto nel 1942) e il suo corpo verrà tumulato per disposizione testamentaria nella chiesa di S. Matteo al Cassaro.
La arte passerà, sia pure con minore ispirazione, al figlio Procopio e da questi al nipote Giovan Maria, figura minore ma testimone dell'attività di questa famiglia di artigiani-artisti fino alla prima metà del secolo XIX.
8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.
8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.
8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.
8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.
8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.
8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.
POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6