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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Trecento: Vitale da BolognaPITTORI: Vitale da Bologna
La pala di Vitale da Bologna nella chiesa del Santissimo Salvatore a Bologna
VITALE DA BOLOGNA
1353
Bologna, chiesa del Santissimo Salvatore
Sant'Agostino e Sant'Ambrogio seduti a colloquio
Nel quarto altare a sinistra (transetto) della chiesa bolognese del Santissimo Salvatore è conservato un prezioso e celebre polittico di Vitale degli Equi, meglio conosciuto come Vitale da Bologna (1308- 360) che raffigura nel suo tema centrale la "Incoronazione della Vergine". Il pittore è documentato a Bologna fra i 1330 e il 1359. In un documento datato 6 luglio 1353, Vitale da Bologna si assume "l'obbligo di eseguire un tavola dipinta davanti all'altare di San Tommaso di Canterbury, costruito nella chiesa del Santissimo Salvatore, bel dipinto di dieci forme e storie". La pala è composta da sette pannelli uniti fra loro da archi gotici in legno intagliato e dorato, ciascuno dei quali raffigura una scena con santi. Procedendo da sinistra verso destra e dall'alto verso il basso troviamo una Natività, quindi in un rettangolo San Benedetto da Norcia che conversa con la sorella Santa Scolastica: nella nicchia ad angolo acuto gotico che segue la scena presenta San Thomas Becket e inginocchiato ai suoi piedi il superiore del convento. Nella scena centrale è descritta la Vergine Maria viene incoronata dal Figlio: nella nicchia successiva trova posto San Giovanni Battista e in basso a sinistra, in dimensioni estremamente rimpicciolite, probabilmente chi ha ordinato il polittico. Nella parte destra superiormente è dipinto il Martirio di Santa Caterina d'Alessandria, mentre nel riquadro sottostante troviamo Sant'Agostino e Sant'Ambrogio seduti a colloquio. I colori sono stati restituiti al loro splendore originale, grazie a una ripulitura e un restauro eseguiti fra il 1981 e il 1982 da Ottorino Nonfarmale e dal prof. Otello Caprara mettendo in risalto la tonalità leggermente rosata dell'opera.
La chiesa bolognese del Santissimo Salvatore ha origini molto antiche e si tramanda che già intorno all'VIII secolo dei monaci greci vi celebrassero le sacre funzioni e le pratiche di culto. Tuttavia notizie certe si ritrovano solo verso il 1100-1150 quando l'edificio fu occupato dai Canonici Regolari di Santa Maria di Reno che seguivano la regola di sant'Agostino. In seguito essi vennero chiamati Canonici Lateranensi del Santissimo Salvatore. Questi ultimi, intorno alla metà del 1400, la ingrandirono su progetto del maestro muratore bolognese Gaspare Nadi (1418-1504). Con la costruzione nel 1517 di un nuovo chiostro attiguo alla chiesa, si provvide anche alla costruzione di una nuova chiesa più capiente, con l'abbattimento della preesistente. Il disegno fu affidato al padre barnabita milanese, nonché architetto, Ambrogio Mazenta o Magenta (1565-1635). L'esecuzione dell'opera venne affidata all'architetto bolognese Tommaso Martelli (1575-1633), i cui lavori furono avviati nel 1606 e conclusi nel 1623. La fiancata, di linee classiche, denota un carattere maestoso, dovuto per lo più alle due cappelle sporgenti alte quanto la chiesa stessa. La facciata leggermente più sobria, è arricchita di quattro statue in cotto che rappresentano gli evangelisti, opere dello scultore Giovanni Tedeschi, mentre sul tetto nel cornicione del frontone sono collocate tre enormi statue in rame eseguite da Orazio Provaglia nella prima metà del Seicento.
Esse raffigurano Cristo (al centro) e due angeli (ai lati).
L'interno della chiesa è luminoso, con tonalità chiare dei muri sia per le decorazioni che per le colonne che s'intonano con il complesso architettonico. Questa chiesa costituisce il trapasso fra l'architettura rinascimentale e quella barocca e l'originalità dell'architetto Ambrogio Magenta fu quella di progettare una chiesa a navata unica e a pianta longitudinale, dove la campata mediana fosse più larga delle altre due cappelle. Ciò ha permesso la realizzazione di una chiesa molto spaziosa e solenne. Sull'altare maggiore campeggia la pala del "Salvatore" del pittore bolognese Giovanni Francesco Gessi (1588- 649), eseguita nel 1620 su disegno e con l'aiuto di Guido Reni.