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INSEDIAMEnti agostiniani IN AFRICA: Sao Tomé

Cartina civile dell'Africa equatoriale

L'Africa equatoriale

 

 

L'INSEDIAMENTO DI SAO TOME'

 

 

 

L'Annuario Pontificio ci informa che la diocesi di Sao Tomé e Principe (Sancti Thomae in Insula) fu istituita nel 1534. Comprende due isole del Golfo di Guinea ed è ora una nazione indipendente con circa 135.000 abitanti. I primi due vescovi assegnati alla diocesi non arrivarono mai in queste isole. Il terzo fu un agostiniano, Gaspar Cao: nominato nel 1554 arrivò a Sao Tomé due anni (dopo per rimanerci fino al 1565, data che lo vide ritornare in Portogallo dove varie circostanze lo costrinsero a rimanere fino al 1572. Quando nel maggio di quell'anno salpò di nuovo da Lisbona, era accompagnato da dodici frati agostiniani che sembravano destinati alcuni ad un seminario a Sao Tomé, altri a rinforzare la missione in Congo (moderna Angola) ed altri ancora ad avviare una missione nell'area del forte portoghese "San Giorgio" a Elmina (oggi Ghana).

In quest'ultima missione i Portoghesi avevano fondato il forte di Elmina nel 1482 in un luogo che si credeva ricco di oro e che da 'miniera' (A mina in Portoghese) si suppone abbia preso il nome. Questo può aiutare a capire l'importanza sempre attribuita a questa colonia che mantenne il nome sotto i vari colonialismi portoghese, olandese e inglese, fino al 1956, quando la 'Costa d'oro' divenne lo stato indipendente del Ghana. Elmina, comunque, rimane ancora il nome di un piccolo paese sulla costa, vicino alla città di Cape Coast, con il suo notevole forte "San Giorgio" del 15° secolo ancora intatto. I Portoghesi lo persero a favore degli Olandesi nel 1637, i quali furono a loro volta rimpiazzati dagli Inglesi nel 1872. Nella spedizione portoghese del 1482 era già presente un cappellano ed altri furono designati alla sua successione al forte di Elmina.

Ma sembra ci siano state delle forti rimostranze sulla loro condotta tanto che nel 1554 il re di Portogallo invitò la neonata Compagnia di Gesù a mandare lì dei missionari. Nessuna azione fu però intrapresa e così un invito analogo fu formulato qualche tempo dopo alla Provincia Agostiniana Portoghese. Fu allora che il vescovo Gaspar Cao arruolò i dodici frati con i quali salpò per Sao Tomé nel 1572. Quattro di questi - Fr. Gasper dos Anjos (superiore), Peter da Graca, Joseph de Moraes e Jerome da Encarnacao - formarono la prima missione a Elmina. Altri due, Fr. Dominic de Santa Maria e Athanasius da Cruz, si unirono a loro l'anno seguente. Benché fossero tutti sotto l'autorità del cappellano della guarnigione, si sa che gli Agostiniani si spostarono fuori dal forte e costruirono una casa o un monastero nel vicino villaggio di Edina. La loro attività si rivolse alla popolazione locale piuttosto che alla comunità in servizio alla guarnigione e la organizzarono in tre aree pastora li (Edina, Efutu e Komenda), ognuna delle quali ricevette una monasteriola. Entro la fine del 1576 i capi supremi di Efutu e Komenda erano già convertiti insieme a molti membri delle loro famiglie. Tutto sembrava procedere bene, quando, inesplicabilmente, la popolazione locale insorse contro i missionari bastonandone a morte cinque e saccheggiando tutte le chiese. L'unico superstite, Fr. Pe Braca, si salvò solo perché era assente per una visita agli stazionamenti lungo la costa. Più tardi scrisse un resoconto del massacro che non fu mai pubblicato e, a dispetto di una prolungata ricerca, mai ritrovato.

Panoramica del Golfo di Guinea Senza questo documento abbiamo solo i più spogli dettagli della débâcle del 1576. Non si è trattato di un gesto di abitanti selvaggi e violenti per natura: è infatti l'unico esempio di violenza contro i missionari di tutta la storia della Cristianità nella Costa d'Oro (Ghana). Gli studiosi hanno sostenuto che fu il reale successo dell'opera missionaria a provocare la violenta reazione contro gli agostiniani. Lasciatemi citare due stimati autori. L'intrusione della Cristianità all'interno delle corti reali e i circoli di palazzo minacciava la posizione della religione tradizionale, i cui detentori sarebbero stati felici di poter prevenire ogni ulteriore erosione da parte della Cristianità. Per capirlo meglio dobbiamo pensare al re come al rappresentante dell'autorità centrale e i devoti della religione tradizionale come rappresentanti del potere alla periferia. Quando il re abbracciò il Cristianesimo sfidò questi ultimi alterando il normale bilanciamento tra le sue prerogative e l'autorità degli anziani. Per questa ragione l'attacco alla missione agostiniana deve essere correlata con le tensioni politiche interne a Efutu e Komenda" [Lamin Sanneh, West African Christianity: the religious impact (1983), p. 28]. Può anche essere che la causa [del massacro] sia un'incomprensione sorta tra gli ufficiali della Città di Sao Jorge e le tribù. In ogni caso i missionari ne ebbero a soffrire e la fiamma della fede che prima splendeva così lucente fu soffiata via. Nessun altro agostiniano andò a riprendere il lavoro negli insediamenti saccheggiati, né il vicario del cappellano ebbe il coraggio o lo zelo di farlo .. Chiunque crede che i primi missionari non avessero alcun metodo deve solo andarsi a rivedere l'opera degli Agostiniani nella Mina Coast. [Fr. R. M. Wiltgen, Gold Coast Mission Ristory, 1471-1880 (1956), pp. 24-25].

Cartina fisica del Ghana

Lo stato del Ghana

E' lo stesso Fr. Ralph Wùtgen, un missionario SVD, che ha mostrato come gli Agostiniani di Elmina portarono la devozione per San Nicola da Tolentino in Africa occidentale. Infatti, prendendo Crusenio come fonte (Pars Tertia Monastici Augustiniani, 1890), Wiltgen attribuisce parte del successo della missione al nostro santo. Con l'arrivo dei primi agostiniani, la popolazione di Edina deve aver visto una nuova statua in aggiunta a quelle usate per le processioni nei giorni di festa, essendo un'usanza portoghese quella di portare delle statue in processione ogni volta che c'era da festeggiare una ricorrenza di particolare importanza. La nuova statua era quella di un santo agostiniano, Nicola da Tolentino, morto nel 1305. Una confraternita di San Nicola da Tolentino si era stabilita sin quasi dall'inizio della missione, e tramite l'intercessione del Santo molti miracoli furono compiuti, tali da promuovere conversioni a Edina e in tutto il circondario" [op. cit., p. 23].

Questo è tutto ciò che sappiamo della missione agostiniana ad Elmina del 1572-1576. Può sembrare incredibile supporre che qualcosa della missione sia potuto rimanere fino ad oggi, e che io abbia avuto il privilegio di vederlo! Nello stesso studio citato sopra, Fr. Wiltgen ha argomentato che un tempio semicristiano, o pagano, conosciuto come Domo Buv, situato in una zona nelle vicinanze di Elmina chiamata Bantuma, sta in realtà sui resti della chiesa costruita dagli Agostiniani più di 400 anni prima. Sentite la sua argomentazione. Un cambio decisivo nella vita cattolica di Edina avvenne nel 1572 con l'arrivo dei missionari agostiniani che operarono proprio nel villaggio. Prima del 29 settembre di quell'anno questi avevano già issato un'enorme croce con un altare alla sua base dove tutti i giorni veniva celebrata la messa ad un'ora stabilita. Era usanza allora, come lo è tuttora in Brasile, di posizionare una grossa croce sul luogo scelto per la costruzione della chiesa. Visto che gli Agostiniani continuarono il loro lavoro missionario per almeno altri quattro anni, sicuramente ebbero modo di completare la costruzione attorno alla croce. Questa può essere stata la lontana origine del tempio che, ripetutamente ricostruito, è giunto fino ai nostri giorni ... A Bantuma sembra ci siano le tracce di questa chiesa agostiniana in un tempio pagano chiamato 'Domo Buy'." [op. cit., pp. 146-147].

Fr. Wiltgen procede mostrando come 'Domo' sia la corruzione del termine latino Domus, 'casa' (o anche Casa di Preghiera), mentre 'Buy' sia la parola locale [Fante] per 'tempio'. E conclude: "Così abbiamo una costruzione chiamata 'Casa Tempio', o 'Chiesa Tempio', con una parola straniera ed una in vernacolo. È improbabile che la popolazione di Edina di quei tempi possa avere chiamato uno dei propri luoghi di culto aggiungendo una parola sentita dai Portoghesi. È invece molto probabile che abbia aggiunto uno dei propri nomi ai resti di una chiesa portoghese. E questo sembra essere ciò che è accaduto qui" [p. 147]. Fr. Wiltgen continua ipotizzando che questa chiesa sarebbe stata dedicata a San Nicola da Tolentino piuttosto che a Sant'Antonio da Lisbona/Padova: la ragione è che "sembra più probabile che abbiano nominato la chiesa secondo uno dei loro santi, forse San Nicola da Tolentino, visto che avevano fondato la Confraternita di San Nicola da Tolentino ad Edina e tramite l'intercessione di questo Santo erano stati compiuti molti miracoli ..." [pp. 146-147, citando Crusenio, come visto sopra]. È anche possibile che la statua di San Nicola possa essere stata conservata insieme a quella di Sant'Antonio da Lisbona/Padova; infatti i primi missionari SMA (che arrivarono ad Elmina nel 1880) trovarono che i resti di una statua, o statue, erano diventati oggetto di un culto locale in un altro tempio conosciuto come 'Ntona Buy' (cioè Tempio di Antonio).

Ho passato tre settimane ad Elmina all'inizio del 1993 ricercando il background della missione agostiniana del 1572-1576 e visitando questi luoghi di culto pagani o semi-cristiani. I risultati sono stati pubblicati in Augustinian Heritage, con il titolo "Resti di una Missione Agostiniana a Elmina, 1572-1576", e in Orita, con il titolo "Le Missioni Agostiniane del Sedicesimo Secolo rivisitate". C'è qualche speranza, dunque, che questo episodio della storia missionaria agostiniana non sia completamente trascurato o scordato dalle future generazioni. Il settimo centenario della morte di San Nicola da Tolentino nel 2005 aggiunge una nuova dimensione a questa storia e potrà servire, spero, a promuovere la devozione verso il Santo qui in Nigeria e, forse, anche in Ghana. C'è da constatare, tristemente, che benché i frati agostiniani siano ritornati in Africa occidentale nel 1938 (a Jos), poco è stato fatto da allora per promuovere il culto di San Nicola da Tolentino. Di fatto non sono a conoscenza di nessuna chiesa dedicata in suo onore, fino ad oggi, in Nigeria.