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CONVENTI agostinianI: Paola

L'edificio conventuale di Paola

L'edificio conventuale di Paola

 

 

CONVENTO AGOSTINIANO DI PAOLA

 

 

 

Il complesso architettonico di quello che fu il convento di di S. Agostino risale al tardo Medioevo. Dobbiamo tornate all'epoca in cui un benestante cittadino paolano, Francesco Piscione fece erigere una cappella là dove ora c'è la Chiesa. Non si conoscono resti di questa cappella nè si può pensare che ne restino tracce in alcune strutture tardo gotiche della moderna chiesa. Siamo nell'anno 1390.

A quel tempo l'Ordine degli Agostiniani cominciava a diffondersi in Calabria e pare che i primi due conventi agostiniani della diocesi di Cosenza, cioè, Sant'Agostino a Paola e San Giovanni Vecchio Fuori le mura a Fuscaldo, risalgano al Trecento. L'arrivo nel territorio di Paola degli Agostiniani va legata alla donazione della cappella di proprietà della famiglia Piscione che si riservò tuttavia alcuni privilegi. Nel Cinqeucento al tempo delle riforme monastiche dagli Agostiniani si staccò un ramo detto dei Recolletti o Romitani Scalzi di S. Agostino. che in Calabria fecero capo ad un riformatore, Francesco da Zumpano. Gli agostiniani seguaci di questa riforma furono anche detti Zumpani.

La riforma degli Zumpani non interessò il convento di Paola la cui rigorosità spirituale era tale da dare nel Seicento alla provincia agostiniana di Calabria numerosi superiori, visitatori e vicari generali.

Tra questi i più celebri sono Ferrante da Paola nel 1630, Lorenzo da Paola nel 1652, Giambattista da Paola nel 1685, Gregorio Gagliardi da Paola nel 1687, Ambrogio Marchesi da Paola nel 1691 e Tommaso Sanniti da Paola nel 1695. Quando gli Agostiniani si insediarono a Paola la chiesa conventuale era intitolata a S. Caterina V. M.: per qualche tempo ne conservarono il titolo che poi trasferirono ad un'altra cappella, riservando alla loro chiesa quello di S. Agostino.

Il 2 luglio 1555 il monastero fu assalito dai turchi che devastarono la città. Non si sa se i monaci riuscirono a fuggire, certo è che l'edificio fu saccheggiato e danneggiato. La chiesa e il monastero furono ristrutturati nel 1570 a cura della famiglia Piscione il cui nobile Marco Antonio si adoperò per riportarla all'antico splendore. Nella chiesa furono sepolti alcuni ufficiali paolani, Camillo Carbonelli, Cola Zincone e un certo Canonici, morti nella battaglia navale di Lepanto del 1571. Oltre a queste insigni figure, in periodi diversi furono tumulate le salme delle maggiori famiglie di Paola, che contribuirono ad abbellire la chiesa con offerte cospicue. I sei altari laterali disposti un tempo lungo la parete sinistra della navata centrale sono scomparsi: in origine si distinguevano grazie agli stemmi araldici delle varie famiglie. Uno di questi altari fu eretto nel Settecento da Don Muzio Rosso, che fu eletto nel 1704 capo dei Nobili della città. Costui era discendente di Muzio Rosso noto nel 1648 come lo zio segreto del marchese di Fuscaldo. Il notaio Francesco Maddalena di Paola, l'11 febbraio del 1706 aveva protocollato un rogito di Don Andrea Miceli, figlio del fu Giuseppe, nel quale il testatore disponeva che fosse stato sepolto nella chiesa del convento di S. Agostino, "nella tomba gentilizia della sua Cappella sotto il titolo di S. Nicola".

Oltre a questi, altrettante famiglie benestanti fecero a gara per accaparrarsi gli altri altari.

 

 

Il monastero

L'abate Pacichelli ha lasciato scritto che gli Agostiniani fondarono il convento "da più secoli". Dentro le mura fiorì una "scuola di Huomini grandi dè secondi dè quali scrive bene il P. Herrera, ecc.", fra cui "il P. Maestro F. Tommaso Maria Franza dè Predicatori Lettor Publico in Napoli, e nell'Accademia oggi vescovo di d'Oria, fra i numerosi paolani ad aver indossato il saio agostiniano, viene ricordato particolarmente il padre F. Crisostomo Cubelli vissuto nel secolo XVIII, il quale fu confessore dell'Imperatrice Maria d'Austria e poi Vescovo di Rosone o Rossow in Germania, mensionato dal Pacichelli e dallo storico Elia Amato il quale scrive testualmente "... Chrysostomus Cubelli, Agustianus excalceatus imperatricis Mariae de Austria confessarius deinde Roxoni in Germania antises ...", un dato storico, questo molto prestigioso per l'Ordine Agostiniano e per la stessa città di Paola, ma controverso secondo altri studiosi.

Il vasto appezzamento di terra che circondava il monastero, una vasta area delimitata in parte da mura, per secoli fu possesso dai monaci, che lo coltivavano a giardino. Questo monastero doveva essere molto importante in Calabria, poiché oltre ad assolvere alle funzioni di convento, nel 1693 vantava anche un noviziato. Con la conquista francese del Sud nel 1806, iniziano per il monastero momenti drammatici, che portano alla sua soppressione nel 1809. Al momento dell'abbandono risultava abitato da otto sacerdoti e sei laici. Tutti i documenti che anticamente facevano parte del suo archivio-biblioteca, furono trasferiti all'Amministrazione Diocesana di Cosenza nel 1819.

L'inventario di tutti i libri, documenti, pergamene, manoscritti, scritture, utili per una proficua ricostruzione della sua storia, furono raccolti e catalogati dal Direttore del Registro e bollo dell'allora provincia di Calabria Citra. La relazione elenca la natura e la composizione dell'archivio-biblioteca:

"Libro di censi dell'infermeria in due parti. Prima parte di carte in fogli tot. 36 che contiene le somme scritte della (poco chiaro) censo dal 1671 al 1797. Seconda parte di carte fogli tot. 20, le somme entrate in cassa sui censi affrancati dal 1696 al 1790. Libro dei censi (poco chiaro) dal 1779 al 1809. Libro manuale di esenzione di carte scritte, tot. 49. Platee su carte comuni del (poco chiaro) convento di scritte tot. 141. Platee in carta pergamena di tutti gli effetti del monastero di carte scritte, tot. 143 di (poco chiaro), di altre carte scritte, tot. 10. Dal libro sono in tutto carte scritte tot. 153".

Il monastero dei frati Agostiniani non venne riaperto dopo la caduta di Napoleone. Inizia così un deplorevole stato di abbandono che risuona già negli atti della visita pastorale del 16 maggio 1828 fatta dall'Arcivescovo di Cosenza. Il cronista scrive che fra le visite condotte a Paola nel corso della giornata, la terza fu dedicata "alla chiesa del soppresso Monastero dei PP. Agostiniani, fatto il discorso di S. Eminenza del buon consiglio, la quale si è trovata in pessimo stato, per cui gli alberi, dove il maggiore, quello di S. Biagio, situato nella parte destra dell'ingresso della porta maggiore, di padronato di Don Nicola Focarelli, erano in mediocre stato, sono stati tutti interdetti".

Il monastero rimase chiuso a lungo, mentre la chiesa fu associata a quella del Duomo. Poco è rimasto a ricordare l'attività dell'Ordine Agostiniano nella comunità paolana. Una nenia che le anziane del paese cantavano ai bambini per addormentarli si riferisce proprio a quei tempi. Essa recita: "S. Agostino nun vulia lu lattu vulia calamai pinna e carta. S. Agostino nun vulia la minna vulia calamai carta e pinna."

Nell'Ottocento il convento conobbe una nuova destinazione pubblica: un'ala del vasto edificio fu adibito ad ospedale. Un'altra divenne un quartiere militare, da qui poi il nome "u quartieri." I piani sottostanti all'ospedale furono in seguito usati come carcere fino ai primi anni sessanta. Chiuso da tempo l'ospedale, i locali oggi ospitano la Scuola Media Dante Alighieri.

Nei medesimi anni sessanta fu allestita una capiente mensa che diede da mangiare ai bambini delle scuole elementari. Essa raccoglieva attorno a sé numerosi giovani che si ritrovavano con il Sig. Scerra Menotti, uno degli ultimi autentici artigiani paolani, maestro nell'arte della scultura del legno. Nel tempo, istaurarono anche il museo dell'Arte Popolare.