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Frontespizio della regola da seguire dai Cinturati
CREMA: RELIGIOSI E LAICI AL SERVIZIO DELL'OSSERVANZA AGOSTINIANA DI LOMBARDIA
di Walter Venchiarutti
La preistoria agostiniana
Nel XII e XIII sec. sulla scia di nuove spinte riformatrici, non solo gli individui, ma anche i conventi perseguivano un ritorno ai primitivi ideali di povertà evangelica. A Crema il primo insediamento degli Eremitani conventuali di S. Agostino risale al 1257 e avviene tramite Bolla di Alessandro IV [1]. La corrente che caldeggiava l'unione degli Agostiniani proponeva l'abbandono dei luoghi solitari e la prosecuzione dello studio teologico rapportato all'evangelizzazione delle nuove realtà cittadine. I primi padri occuparono la chiesa di S. Giacomo e quella di S. Bartolomeo fuori le mura; è ipotizzabile supporre una appartenenza alla congregazione Giambonita (dal nome del Beato Giovanni Bono) che allora era attiva in Veneto e Lombardia. Questa comunità religiosa da un solo anno, assieme ai Guglielmiti (da San Gugliemo da Malavalle in Toscana) ed ai Brettinesi (di Brettino, nelle Marche e in Umbria) aveva aderito alla "Magna Unio" [2] del '56, insieme ad altre formazioni eremitiche minori. Tra queste era confluito anche l'ordine religioso dei "pauperes catholici" di ispirazione valdese, alla ricerca di una reintegrazione con l'ortodossia ecclesiastica ufficiale [3]. Qualche anno prima nel 1243 il Papa Innocenzo IV aveva promosso la riunione (Parva Unio) delle comunità eremitiche presenti nella Toscana. Le notizie delle prime permanenze agostiniane a Crema arrivano fino al 1348, quando improvvisamente sembrano uscire dalla scena cittadina, forse a causa degli effetti devastanti provocati dalla grande pestilenza [4]. In quel periodo gli ordini mendicanti si distinguevano per la diversa estrazione dei loro membri: i Francescani prendevano addetti dalle classi umili ed emarginate mentre Domenicani e Agostiniani in prevalenza provenivano da una formazione più colta e dottrinale, una scelta che li portava ad intessere con l'aristocrazia e con il ceto borghese intensi rapporti di collaborazione. Le loro finalità pur complementari differivano. Si rivolgevano all'assistenza caritativa i Francescani, al rispetto e all'adempimento della dottrina i Domenicani, all'insegnamento religioso gli Agostiniani. Caratteristica comune restava il servizio volontario svolto in favore della comunità cristiana che presupponeva: una rinuncia alle brame del possesso (la povertà), impegno nello svolgimento dell'apostolato religioso (la predicazione), autonomia e mobilità (indipendenza dal clero secolare). Questi organismi religiosi cooperando con le forze sociali nobiliari, borghesi e popolari, determineranno il sorgere di una nuova coscienza, dando seguito a una compagine urbanistica ideologicamente e tecnicamente avanzata.
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Crema: religiosi e laici al servizio dell'Osservanza Agostiniana di Lombardia di Walter Venchiarutti
La casa di Dio e la città degli uomini
E' per primo S. Agostino nella "Città di Dio" a dettare le caratteristiche delle due città: terrena e celeste. La città ideale, la nuova Gerusalemme traduceva una visione di pace operosa a cui partecipavano, con ruoli diversi, tutte le componenti della società [5]. Compiti precisi e mansioni, scelte in base a conoscenze, inclinazione e attitudini, trovano conferma nell'"Utopia" di Tommaso Moro; comportamenti parentali, solidarismo comunitario, autorità paterna verranno ampiamente auspicati dal Campanella nell'utopistica "Città del sole". A differenza dei complessi monastici precedenti (benedettini e cistercensi) sorti in ampi spazi isolati e aperti della campagna, dove i religiosi lavoravano e meditavano [6], le chiese dei nuovi ordini avevano necessità di doversi inserire nel tessuto urbano già esistente. E' stata quindi constatata all'inizio l'esistenza di una vera e propria tendenza all'osmosi o addirittura al mimetismo con l'edilizia civile e l'adattamento alle tradizioni costruttive locali [7]. Nelle città gli insediamenti si sviluppavano gradualmente nel tempo grazie alle elargizioni dei fedeli, facilitati dalla tenace intraprendenza di padri conventuali. Pur mancando l'architettura degli ordini mendicanti di una preordinata tipologia, come si può invece riscontrare nelle abbazie cistercensi [8], è tuttavia rilevabile la marcata presenza di alcuni elementi significativi [9] alcuni dei quali sono presenti nelle testimonianze locali [10]. Nella tessitura muraria, ad esempio, trova diffusione l'uso del laterizio a vista. Se l'impiego del romanico ricordava i tempi delle catacombe e l'introduzione degli stilemi gotici portava a favorire l'innalzamento trascendente grazie all'isolamento meditativo del fedele, qui aiutavano la vastità delle aule, la riduzione dei partiti decorativi, la sorprendente capacità del potenziamento acustico. All'interno del tempio l'essenzialità dei sostegni conferiva una spaziosa ariosità, una piena visibilità prospettica dell'altare e del pulpito. Il fedele non era colpito dall'effetto figurativo parietale o dalla luminosità quanto dalla sonorità che interessava l'intero impianto volumetrico. Chi ascoltava avvertiva facilitata la consapevolezza di sentirsi parte di una comunità terrena, viva e operante. Si spiegano così la scelta di colonne a rocchi con sezione circolare anziché composita, gli arconi costolati e le volte segnate da fasce bianco-nere a scacchi [11]. La necessità primaria era quella di avere chiese con ambienti predisposti per l'accoglienza di sempre più numerosi fedeli. La scelta prediligeva edifici con ampi vani, solitamente a navata unica [12] o navate laterali di uguale altezza. Queste tipologie sono riscontrabili fin dal tredicesimo secolo nelle architetture strutturali del primitivo ordine eremitano [13]. L'originalità costruttiva secondo cui gli stessi architetti dei conventi e delle prime chiese fossero gli stessi frati [14] troverebbe anche a Crema supporto in una lunetta del refettorio agostiniano, dove l'immagine del barbuto Giovanni Bono [15], a differenza dei confratelli che appaiono sommersi tra libri e scartoffie, è presentata mentre sorveglia attentamente la costruzione di un grande edificio eremitano di cui è considerato fondatore. Anche per l'arte si evidenzierebbe analogo connubio. Mentre è certa l'appartenenza all'ordine di fra Sollecito Arisi, autore della monumentale pala d'altare dedicata alla Madonna della Cintura, dubbia permane l'appartenenza di "Pietro da Cemmo in qualità di monaco agostiniano" [16], quest'ultimo artista strettamente legato alle committenze dell'ordine romitano. Nel complesso urbano cremasco, la distribuzione logistica dei conventi appartenenti agli ordini mendicanti non risultava inserita in modo del tutto arbitrario [17] ma rispondente ad una accurata logica di spartizione del territorio cittadino, distribuito tra Francescani Conventuali, Domenicani e Agostiniani. Tale dislocazione di solito prendeva forma in una triade composta da piazza, convento, chiesa a conferma della singolare dislocazione urbanistica studiata dal Guidoni [18].
Viene così rispettata l'ipotesi di una formazione geometrica a triangolo, i cui vertici corrispondevano alle tre principali case conventuali. Nel caso specifico la figura dell'isoscele idealmente ipotizzata conservava le distanze regolamentari. Il baricentro del triangolo, a differenza delle altre città esaminate, non coincideva però con il duomo ma con la soppressa chiesa di S. Marino, già sede degli Umiliati. Una anomalia che si spiegherebbe considerando la tardiva istituzione della diocesi cremasca (1580) e la prestigiosa preminenza che fin dagli esordi aveva caratterizzato l'Ordine degli Umiliati [19]. Dopo la prima apparizione agostiniana gli Osservanti di Lombardia, arrivati a Crema per ultimi (1439) [20] andavano a presidiare una posizione strategicamente significativa: la vicinia Terni. Il quartiere rientrava nel perimetro della nuova cerchia veneta. Questo cuneo insediativo dalla periferia del Torrion Pavaro si diffondeva fino a lambire il cuore del centro storico e garantiva una sorta di equilibrio nel sapersi destreggiare tra un quartiere occupato da prestigiose famiglie, i cui palazzi si affacciavano sulla strada di Porta Ripalta e la miriade di vicoletti del Canton Valera, dove stanziava un ceto prevalentemente popolare.
La politica agostiniana: dall'eremitaggio all'apostolato riformatore
Il rifiuto nei confronti dell'istituto della proprietà costituiva una prerogativa dei nuovi ordini mendicanti che ricevevano sostentamento dalle elemosine, tuttavia non era tanto preminente l'attività di questua quanto l'offerta del servizio volontario, operazione che a lungo andare era riuscita a fruttare, come nel caso cremasco, lucrose eredità. Oltre a considerazioni di divisione dell'influenza religiosa l'accorpamento di parte della città nella sfera agostiniana rispondeva soprattutto a esigenze pratiche di ordine politico-economico. Questi ordini costretti per scelta di vita ad abitare in pieno centro urbano, sempre a motivo del sostentamento, potevano attingere proventi grazie ai servizi liturgici offerti a tutta la popolazione: dai meno abbienti ai danarosi mercanti, dai signori provenienti dalle casate nobiliari ai piccoli negozianti. Officiavano funzioni religiose, ospitavano i fedeli nelle spaziose chiese dove predicavano, educavano i laici al vangelo ed alle sacre scritture. Gli edifici sacri ospitavano le sepolture dei nobili, lungo le navatelle laterali, presso gli altari privati proliferavano le cappelle gentilizie. Nella chiesa adiacente al convento di S. Agostino a Crema trovavano sede i sepolcreti delle famiglie cremasche più prestigiose [21]: Benzoni, Benvenuti, Suardi, Marazzi, Fogaroli, Terni, Passerotti, Braguti. Sono altresì documentati i finanziamenti concessi dai Sangiovanni Toffetti [22], una famiglia tipica rappresentante di una nobiltà più recente, acquisita grazie agli oculati commerci ed alle sapienti elargizioni. Una ben fitta serie di relazioni intercorreva con i maggiori gruppi aristocratici e finanziari locali. Le protezioni materiali si intrecciavano con quelle spirituali generando un feeling tra fedeli e conventuali che superava anche l'intensità del rapporto religioso e finiva per diventare cemento di una alleanza politica, economica, sociale. Tra i fiancheggiatori laici attestati nell'elenco dei consorziati alla Confraternita della Cintura per l'anno 1726, compaiono una decina di cognomi che confermano una indubbia ascendenza nobiliare [23], altrettanti risultano appartenenti alla borghesia medio-alta [24], i rimanenti (meno di una quarantina) dimostrano una estrazione popolare. Mentre alcune scuole reclutavano membri appartenenti a una precisa categoria sociale finendo a volte per diventare specifiche associazioni di categoria, nei Cinturati Agostiniani la compresenza dei diversi ceti sociali indica un principio di sicura cooperazione cristiana. Nel corso dei secoli la quasi totalità delle biografie che qualificano i religiosi Agostiniani più illustri appartenenti alla Congregazione vanta anch'essa origini gentilizie. Tale predilezione confermata in altri esempi cittadini attesta la strategia di costruire chiese e conventi il più possibilmente vicini a palazzi comunali e centri di potere. Nel caso del Cremasco però il discorso diventa più complesso.
La consistente percentuale di nominativi provenienti da fasce sociali alte, unite alla base dei soggetti di più umile estrazione, dimostra la capacità degli Agostiniani cremaschi nell'aver saputo sviluppare un apostolato cittadino che era riuscito a permeare i differenti strati della comunità locale. La conferma viene dai rapporti con le autorità che li poneva in primo piano rispetto agli altri ordini religiosi conventuali. Va ricordato l'onore spettante a un oratore agostiniano di tenere il discorso di apertura per la festa dedicata al Patrono S. Pantaleone. Il Podestà in persona vantava antichi diritti-doveri verso l'altare della Visitazione sito nella chiesa agostiniana [25]. Le presunte preoccupazioni selettive, il tanto invocato numero chiuso che comparirà nelle aggiunte statutarie volute dai Cinturati, braccio laico degli Eremitani, riflettevano una precisa politica. I confratelli cremaschi, rispetto alle altre associazioni religiose coeve che contavano centinaia di iscritti, perseguivano invece criteri basati più sulla qualità che non sulla quantità. Donazioni e lasciti testamentari faranno nel seicento la floridezza della fraglia, grazie alla concessione di indulgenze, la celebrazione di messe per le anime, mentre all'ospitalità terrena si aggiungeva quella che veniva offerta con l'accoglimento delle salme nella cappella comune della compagnia o nei sepolcreti singoli destinati ai membri delle illustri famiglie.
I sofferti inizi dell'Osservanza
Le Congregazioni di Osservanza costituivano comunità conventuali i cui membri volendo vivere nella più stretta Regola di S. Agostino con autorizzazione Superiore Generale iniziarono a governarsi in autonomia [26]. In Lombardia la nascita a Crema dell'Osservanza Agostiniana (1439) coincide con una nuova stagione epocale e va delineando il tramonto della società medioevale. La popolazione campagnola passava all'inurbamento, il potenziamento della città aveva portato anzitempo allo sviluppo di una nuova coscienza comunale che era già costata cara ai Cremaschi. L'economia feudale centrata sull'agricoltura e sul baratto si trasformava in libero commercio ed anche la religiosità dell'epoca era pervasa da spinte che sentivano la necessità di una riforma. Specialmente in Lombardia da più parti erano già sorti autonomamente moti di condanna verso le forme devianti e di decadimento che riguardavano l'ambito dei diritti e del servizio sacerdotale. Tutti i movimenti di rinnovamento spirituale auspicavano un richiamo alla povertà evangelica, un effettivo ritorno alla tradizione apostolica e un esercizio non solo teorico dei precetti paleocristiani. Queste richieste premevano per una sempre maggiore autonomia dal clero secolare e un affrancamento dalle spesso oppressive prerogative vescovili. Al suo sorgere la fondazione cremasca agostiniana, divenuta poi casa madre della Congregazione Osservante di Lombardia aveva trovato sul suo cammino notevoli contrasti. Il testamento del 1422 di Giovanni Tomaso Vimercati aveva causato il risentimento dei laici (i parenti diseredati dal decuius), l'ostilità degli altri ordini: le gelosie dell'Abate del Cerreto [27], la vicinanza scomoda con i Domenicani [28] che non se la sentivano di spartire con questi potenziali concorrenti i fedeli e le offerte. Anche la voracità fiscale del ducato Milanese, sempre in agguato, non aveva tardato ad arrivare. Dispute tra i diversi ordini mendicanti intorno all'apertura di nuovi complessi religiosi non erano infrequenti [29]. Tuttavia l'abile politica diplomatica condotta dall'accorto Gian Rocco Porzi, dai suoi sodali e successivamente proseguita dall'infaticabile Agostino da Crema alla fine riusciranno a compiere il miracolo. Risponde ad un rigore estremo, ad una perseveranza straordinaria e notevole determinazione,
il superamento progressivo dei vari ostacoli con la messa in opera delle premesse che condurranno a buon fine la definizione del novello insediamento religioso, facendolo diventare stella nascente della riforma agostiniana. Questi primi Padri grazie all'introduzione di un linguaggio iconografico specifico, promossero un valido programma di evangelizzazione culturale, furono fautori di un riformismo che li condurrà alla guida non solo della Lombardia e nel saper creare "un vero cenacolo di cultura umanistica" [30]. Per via diplomatica seppero instaurare rapporti interpersonali e amichevoli con la Corte Ducale di Milano [31], con quella di Mantova e con lo Stato Pontificio. In città iniziò un attento coinvolgimento dei ceti emergenti. Furono reclutati in convento i rampolli e le giovani vergini provenienti dalle più illustri famiglie (Terni, Zurla, Benvenuti, Grifoni di Sant'Angelo) [32].
Per queste ultime fin dal 1452 fu appositamente istituito il monastero femminile delle Agostiniane di Santa Monica che arriverà ad accogliere un centinaio di religiose. L'attivazione del fervore popolare venne sostenuto con quelli che ante litteram potremmo definire atti di sapiente pubblicizzazione mediatica: l'accaparramento di importantissime reliquie (come ad esempio il braccio di S. Pantaleone proveniente da Genova) e la successiva politica delle indulgenze. Il coinvolgimento dei laici ha la sua punta di diamante nella mobilitazione associazionistica delle confraternite. La loro educazione era portata avanti grazie al patrimonio costituito dai manoscritti, incunaboli e cinquecentine che occupavano la prestigiosa biblioteca [33], già alla fine del Cinquecento in grado d'ospitare 200 codici e più di 25000 volumi [34]. Se non proprio sede di un vero scriptorium le frequenti spese riportate nel "Liber Expensarum fabricae" certificano l'esistenza di un attrezzato studium che forniva committenze ad amanuensi esterni [35]. Nel 1596 Clemente VIII con la sua Instructio dava disposizioni censorie. Due anni dopo la Congregazione dell'indice apriva il censimento dei libri posseduti dalle biblioteche conventuali di tutta l'Italia e di quelli che si trovano nelle singole celle dei religiosi. Da questo prima rilevazione si evince che il patrimonio bibliografico di Crema era tra i più rilevanti [36].
Non a torto Bernardo Nicola Zucchi priore del convento nella prima metà del ‘700 ricordava nelle sue memorie[37] come all'ingresso della biblioteca conventuale campeggiasse il motto pretenzioso ma realistico "Sapientia aedificavit sibi domum". Gli Agostiniani cremaschi in seguito sapranno anche dimostrarsi accorti committenti di valenti architetti e rinomati artisti che contribuiranno all'edificazione e all'arredo della seconda chiesa (1642). Il tempio verrà decorato con altari e cappelle, impreziosito da straordinarie opere d'arte [38], al suo interno si arriveranno a celebrare oltre cinquanta messe giornaliere, fonte di copiose e generose offerte.
Le armi simboliche della preghiera della cintura e la diffusione iconografica agostiniana
L'invito all'orazione specifica ripetuta e predominante non è prerogativa di questa devozione ma caratterizza differenti forme di ascetismo [39]. La recita quotidiana del "coronino della cintura" conserva ad esempio sorprendenti analogie con altre realtà religiose. Si tratta di tredici Pater, un Credo e un Salve Regina che andavano offerti in memoria e venerazione di Gesù Cristo e dei dodici Apostoli, i quali avevano composto il Credo riepilogando capitolo dopo capitolo i misteri principali della fede. La meditazione di ogni strofa di questa preghiera portava a cogliere le conoscenze profonde che celavano, dietro il formalismo letterale, significati d'ordine spirituale. Non solo preghiere e offerte venivano chieste al fedele ma anche uno sforzo intellettuale; così si attivavano gli stimoli che inducevano ad uno stato di gnosi. La Vergine dall'alto del cielo o dal trono aveva elargito il dono della cintura, simbolo di penitenza e castità, con tale atto non conferiva solamente il vincolo, il segno di sottomissione e di rinuncia ma, in qualità di Virgo Consolatrix e di Sedes Sapientiae, consegnava un attestato di grazia e di conoscenza anche al mondo laico. Sul versante dei conventuali il fervore sociale rivolto alle opere di carità non andava distolto dalla concezione eremitica con il tempo del silenzio e della meditazione, la ricerca teologica andava conciliata con lo spirito missionario. Nel settore agiografico e nella tradizione iconografica gli Osservanti hanno contribuito non poco a diffondere modelli, culti e devozioni che si sono in parte conservati su tutto il territorio, lasciando segni evidenti anche a distanza di secoli dalla loro partenza. Vita eremitica e sapienza sono binomio ideale di quella perfezione ereditata dai diversi patroni iconografici che in passato avevano trovato apprezzato seguito. I Domenicani e in generale gli eremitani acquisivano come archetipo devozionale la Madonna del Rosario [40] mentre i Carmelitani lo trovavano espresso nella Madonna dello Scapolare.
Anche le iconografie costituite dai clipei monocromi rappresentanti scene dedicate ai racconti evangelici, a fatti e personaggi biblici costituivano nel loro insieme un sermo pictus e come è stato ipotizzato rappresentavano lo straordinario veicolo espresso dalla lezione agostiniana [41]. Ne è esempio la speciale testimonianza fornita dal refettorio agostiniano affrescato da Pietro da Cemmo. In questo campionario delle immagini più frequenti proposte dall'ordine figurano in prima fila in qualità di esecutori pittori chiamati a dipingere per committenti del cremasco e delle zone limitrofe. Le tematiche riguardavano:
- La Madonna della cintura [42], eredità mariana derivata da S. Agostino, propria ai movimenti religiosi ed alle confraternite laiche dei cinturati che si rifanno agli insegnamenti del doctor gratiae di Ippona. La Vergine della tradizione agostiniana, mentre assurge al cielo, lascia cadere dalle mani la cintura simbolo di castità e obbedienza che viene prontamente raccolta dall'apostolo Tommaso. Il tema trova un vasto e significativo riscontro [43]. Nell'iconografia mariana agostiniana appare anche la Vergine Sedes Sapientiae e la Madonna che dona la cintura a S, Monica [44]. Tra le iconografie particolarmente care agli Agostiniani sono individuabili le rappresentazioni dei patroni dell'Ordine: S. Agostino, S. Nicola da Tolentino [45] (modello di vita ideale), S. Tommaso da Villanova, S. Monica, S. Chiara da Montefalco [46]. Più genericamente altri santi legati alla tradizione agostiniana compaiono diffusi in modo capillare sul territorio:
- S. Gerolamo raffigurato con l'abito degli eremitani sotto quello cardinalizio (emblema del connubio tra vita eremitica e sapienza).
- S. Caterina d'Alessandria legame tra eremitica e sapienza, dopo l'episodio della conversione.
- L'Eterno in gloria con Santa Agnese, Maddalena, Monica e Caterina.
- L'Apostolo Tommaso rappresentato nell'atto di ricevere la cintura, simbolo della conoscenza concessa da Maria sedes sapientiae.
- S. Lucia personificazione del concetto agostiniano dell'illuminazione e quindi della sapienza creata. Un aspetto simbolico più raro [47] è fornito dalla rappresentazione de Il torchio mistico (Cristo sotto il peso del torchio assurge ad espressione delle predisposizioni colte agostiniane) [48], mentre la Trinità verticale (Gesù in croce, sormontato da colomba dello Spirito Santo e Padre Creatore) nel cosiddetto Trono di Grazia [49] figura riprodotta dal Da Cemmo. Tale soggetto si trova diffuso in ambito colto [50] quanto a livello popolare [51].
I personaggi religiosi: mistici, diplomatici, teologi, letterati ed astronomi
Certa storiografia ha tramandato in stereotipo il ritratto del primitivo gruppo di religiosi Agostiniani operanti alla realizzazione del convento di Crema paragonandoli alla stregua di una accolita di incolti e sprovveduti fraticelli. Questo in parte contrasta con i fatti che mostrano una realtà alquanto diversa. Crema, piccola città lombarda, in quel periodo si trovò al centro del processo riformatore promosso dall'Osservanza. Il movimento riuscì a coinvolgere e andare ben oltre il raggio delle maggiori città padane. Tale ruolo, anche se temporaneo, non può che esser ascritto alle indubbie capacità di un manipolo di personalità cremasche e non [52] che a più livelli operarono dando vita all'istituzione e riuscendo a sviluppare relazioni a livello nazionale e internazionale con papi, monarchi e principi. Tali personaggi raggiunsero incarichi prestigiosi in veste di predicatori, consiglieri, diplomatici, mediatori, contribuendo all'espansione del rinnovamento all'interno della congregazione [53]. Gli Agostiniani cremaschi diedero prova di sapersi muovere non solo in ambito strettamente locale ma con interventi diretti e indiretti spaziarono ben oltre i limitati confini della cerchia regionale. Di fatto oltre ai più insigni personaggi che nel corso dei secoli daranno lustro all'ordine per tutto il Settecento alla guida del priorato si succederanno i membri delle più importanti e facoltose casate [54].
Gian Rocco Porzi è la figura di primo piano che spicca in veste di più tenace promotore (1389-1461), Padre dell'Osservanza. Una biografia approfondita e completa è stata delineata dal Calvi, cronista ufficiale della congregazione e fonte primaria delle successive citazioni [55].
Il Beato Giovanni Rocco di Pavia, infaticabile politico, maestro di teologia "non bellissimo d'aspetto, ma ne' tratti manieroso, ne' discorsi affabile, nella famigliarità giocondo, nelle compagnie allegro, d'animo libero, ingenuo, sincero" [56], coadiuvato dagli "invitti campioni" Giovanni di Novara e Giorgio di Cremona operava incessantemente affinché la casa madre diventasse il luogo ... "dove convengono studiosi e letterati" [57]. Il Beato Giovanni di Novara (1395-1466) viene considerato il secondo Fondatore della Congregazione. Alla base della scelta per l'abito forse c'è la figura di Guglielmo di Cremona Agostiniano, Vescovo di Novara. Giovanni compiuti gli studi teologici a Padova e conseguita la laurea Maestrale fu Priore nel '40 al San Marco di Milano dove incontrò in qualità di Provinciale Gian Rocco Porzi di cui divenne insostituibile collaboratore e fidato successore al Priorato di Crema. Viene descritto come amante del crocefisso e dei libri. Attratti dalla sua fama approdarono "al povero tugurio di Giovanni i primi letterati di quella patria, che armati de consigli, documenti e dottrina del grand'uomo, si facevano largo in ogni più laboriosa conferenza di virtù". Diffusore delle leggi dell'Osservanza a Milano, Genova, Bergamo e Como molte volte assunse la carica di Presidente dei Capitoli e di Vicario Generale.
Il Beato Giorgio di Cremona (1400 - 1451) è il terzo stimato Fondatore, nato a Cremona dalla famiglia Lazzuoli. "Celermente avanzato negli studi" seguì una carriera ragguardevole divenendo Lettore, Bacelliere, Cursore, Maestro e Reggente,Visitatore Generale nel Convento di Cremona. In qualità di Teologo e Consultore il Cardinale Antonio Corraro lo volle a Roma dove ebbe modo di dimostrare e perfezionare le sue qualità. Divenne priore della città natale nel '42 e poi di Bergamo. Visitò Crema come predicatore quaresimale e intrattenne rapporti di fraterna amicizia e collaborazione con Porzi e Giovanni di Novara. Introdusse a Milano l'Osservanza passando al governo prima nel monastero di S. Pietro in Gessate e a quello di S. Maria Coronata. La fama della sua santità e intelligenza scosse i potenti. Fu confessore e consigliere della Duchessa Bianca Maria Visconti e morì in odore di santità per i miracoli che ottenevano i suoi devoti.
Anche del Venerabile Agostino di Crema (1420 - 1495), terzo priore nel 1450 forniamo notizie succinte in quanto vita ed opere sono state ampiamente studiate in altra sede [58]. Definito da W. Terni agente sforzesco, ma anche "generoso e geniale costruttore di chiese e di conventi, saggio amministratore, predicatore di eccezionale eloquenza, buon politico, accorto diplomatico, instancabile faccendiere" [59] ebbe natali a Crema, discendente dalla antica famiglia Cazzuli. Entrò giovanissimo (1439) negli Agostiniani con il fratello Bartolomeo, in breve salì tutti i gradi fino a diventare Vicario Generale. Ottenuta la reliquia scrisse una storia della vita di S. Pantaleone. Fondò nel '52 il convento di S. Monica per le Vergini Agostiniane. Su richiesta del marchese di Mantova Federico Gonzaga nel 1483 si recò dal papa Sisto IV per definire il processo di canonizzazione di Giovanni Bono. A questo fine scrisse in latino una vita del santo "Historia Sancti Joannis Boni" [60].
Antonio Meli (- /1528) ebbe i natali dalla nobile e illustre famiglia dei Meli. Come raccontano i numerosi biografi [61] vestito l'abito agostiniano nel 1479 divenne Priore e nel 1516 Vicario Generale. Fu teologo, chiarissimo scritturista, perfettissimo canonista, dottissimo predicatore. Portò le sue virtù in tutta Italia, in Francia e Germania, Belgio. Consigliere, guida, direttore di operazioni diplomatiche operò come applaudito docente alla Sorbona di Parigi, a Lovanio, Bruxelles e in molte altre città delle Fiandre. Rientrato in Italia nel 1512 ricoprì l'incarico di pacificatore dei maggiorenti a Reggio. Su mandato di Giulio II risolse una contesa scoppiata tra Frati Minori e Padri Agostiniani. Confessore della Duchessa Lucrezia Borgia scrisse per lei un compendio giudicato divino "La scala del paradiso" ( fig. 4) ricco "d'alti e profondi misteri spiegati sotto l'interpretazione de' nomi Ebraici e de letterali mistici sensi". Ha lasciato altri trattati sull'orazione domenicale e contro le tesi luterane.
Andrea di Crema (-/1522) rampollo della famiglia Gritti, prese i voti nel 1484, fu predicatore di valore, lettore di logica, filosofia e teologia, Priore dei conversi, luogotenente del Padre Vicario Generale, tre volte Visitatore e nel ‘21 ricevette la nomina di Vicario Generale del Monastero di S. Maria del Popolo a Roma. In qualità di insigne maestro dispensò il suo sapere ai numerosi discepoli: Tommaso di Carpendolo, Aurelio di Crema, Aloisio di Crema, Tommaso di Milano e molti altri.
Aurelio di Crema (-/1567) cittadino cremasco della famiglia Piorna fece la sua professione di fede nel 1518 divenendo discepolo del maestro Antonio Meli. Gli sono stati attribuiti diversi titoli: logico sottile, filosofo acuto, teologo insigne, scritturista eccellente, insuperabile matematico e conoscitore delle scienze. In seno alla congregazione diventa Visitatore, Definitore [62], Presidente, molte volte assunse l'incarico di Vicario Generale. Terminò la vita terrena dopo aver ricevuto dal pontefice Paolo IV l'incarico di Priore del Monastero di S. Agostino a Genova.
Gabriele di Crema (1516 - 1570) ebbe i natali dalla famiglia Cristiani, tra le più insigni famiglie patrizie di Crema. Entrato in convento nel '32 diventò un grande Predicatore Apostolico con il suo eloquio riuscì ad infervorare le masse organizzando pellegrinaggi. In qualità di Oratore Straordinario predicò chiamato dai Vescovi di Pavia, Modena, Tortona. E' stato definito con gli appellativi prestigiosi di "Lingua di serafino, organo di Dio et vero Padre dello Spirito". Nella Congragazione ha occupato importanti impieghi: più volte nominato Definitore Compagno, Visitatore e nel '70 Vicario Generale. Gli sono state attribuite due manuali:
- Idea d'un perfetto Predicatore
- Modo ch'usar devono i Predicatori per convertire gli eretici e confermare i fedeli.
Paolo Camillo di Crema (-/1587) rampollo dalla nobile famiglia Guidoni percorse tutti i gradi dell'onore divenendo Predicatore, Lettore, Priore (a Mantova), Visitatore, Definitore, Procuratore Generale e infine Vicario Generale a Bozzolo e a Crema). Stimato teologo ai suoi tempi venne paragonato ad "un luminoso fanale dell'Osservanza".
Ippolito di Crema (1540-1601) discendente della casata dei marchesi Zurla, fin dalla prima infanzia frequentò chiese e religiosi; appena undicenne era già Novizio. Si distinse per versatilità nello studio delle scienze dedicandosi ad approfondire la conoscenza delle opere di Tommaso d'Aquino. Si impegnò nel "regger monasteri" e fu più volte Visitatore, Definitore e Vicario Generale. Anche nel Seicento continuò senza interruzioni la presenza di importanti Agostiniani che con opere caritative, vita esemplare e capacità intellettuali aumentarono il lustro del convento di Crema, tra questi sono ricordati:
Emilio di Crema, nato dalla nobile famiglia Vimercati. Si distinse come uno dei migliori Lettori dell'Ordine e abile letterato. Da vero spirito contemplativo condusse una vita ammirevole fatta di "digiuni, veglie, macerazioni" salendo di volta in volta i vari gradi della Congregazione (Visitatore, Definitore, Vicario Generale nel 1612).
Giorgio Luminati (1549- 1613) entrato a far parte dell'ordine nel 1579 morì in odore di santità [63]. Il Canobio ne descrive la vita virtuosa, operosa e caritativa di maestro e insegnante della dottrina cristiana [64]. Nel suo diario Padre Zucchi racconta la devozione delle donne cremasche che al momento di partorire chiedevano di poter indossare il suo giubbone al fine di facilitare la riuscita del parto. Per onorarne la sua morte Padre Borsati compose una celebre orazione funebre.
Lucrezio Borsati teologo, definito dal Benvenuti panegirista delle donne, dei monaci, dei magistrati e dei santi [65]. Membro dell'Accademia dei Sospinti scrisse nel 1621 un libro dal significativo titolo "La vittoria delle donne" [66] spregiudicato per quei tempi perchè non si limitava a riconoscere alla donna meriti paritetici a quelli dell'uomo ma ne sosteneva la pretesa supremazia. Erano idee indubbiamente controcorrente per l'epoca in cui vennero esposte e per l'ambito da cui provenivano.
Eleuterio di Crema ( - / 1638) della stimata famiglia Anzelli vestì l'abito nel 1580. Dopo gli studi maturò qualificate cognizioni astronomiche disegnando tavole che mostrano la nascita ed il tramonto di stelle e pianeti. "Umile, clemente benigno quanto istruito e amato da tutti" svolse il ruolo di Priore a Macerata e nel 1620 di Vicario Generale a Ferrara.
Bernardo Nicola Zucchi ( - / 1753), priore del convento cremasco, cronachista e storico compose un diario sui fatti che riguardano Crema dal 1710 al 1753.
I personaggi laici, fiancheggiatori dell'ortodossia
La fuga dal mondo era diventata per gli Eremitani solo una esperienza interiore, compensata dall'impegno verso l'evangelizzazione dei centri abitati. A partire dall'XI sec. nuove esigenze di moralizzazione caritativa e devozionale, unite al desiderio di povertà e ritorno ai valori della chiesa primitiva favorivano le aspettative riformiste che agitavano l'opinione pubblica. Spesso nelle critiche al clero si costituivano gruppi che operavano ai margini dell'ortodossia, a volte si sviluppavano correnti che esprimevano contrapposizioni teologiche e passavano dalla disobbedienza al Papa, allo scisma e poi all'eresia. Gli Agostiniani dell'Osservanza avevano assunto un atteggiamento riformatore dei costumi nei confronti della chiesa ufficiale. All'avvento del movimento luterano, come dimostrano i successivi proclami delle numerose indulgenze elargite, si paleseranno fedeli difensori della tradizione romana controriformista. Nel laicato presero allora potenziale spinta, sotto l'egida degli ordini mendicanti, gli istituti delle pie confraternite.
Questi consorzi raggruppavano un vario genere di penitenti dediti a una stretta regola di vita. Senza rinunziare al matrimonio i loro adepti adottavano precisi stili comportamentali: rifiutavano il porto delle armi, non spargevano sangue, evitavano i guadagni illeciti, osservavano segni distintivi dell'abbigliamento, praticavano atti di penitenza e di preghiera comunitaria, aiutavano il prossimo, vivevano in povertà, non possedevano beni propri [67]. Le analogie con Valdesi e Catari che si erano spinti alla separazione dalla chiesa appaiono evidenti [68]. Le confraternite definite "famiglie artificiali i cui membri sono uniti da una fraternità volontaria, con lo scopo di soddisfare in un quadro ristretto i più urgenti bisogni del corpo e dell'anima" [69] rappresenteranno la modalità vincente, i loro interventi sottrarranno i più impegnati devoti al fascino esercitato dalle eresie. Si apriva infatti ai laici un ruolo attivo per seguire la strada che portava ad una vita spirituale partecipata: sceglievano i cappellani, promuovevano il calendario celebrativo delle messe, lucravano benefici spirituali grazie alle indulgenze, gestivano in proprio i loro affari (acquistavano, vendevano, affittavano i beni della compagnia).
Il consorzio laico dei cinturati Agostiniani
Con decreto apostolico Solet pastoralis Sedes del 14.8.1439 papa Eugenio IV approvava la generale fondazione dell'Associazione dei Cinturati, aperta a uomini e donne fondata da Cesareo Orsini, Agostiniano romano [70]. Successivamente nel 1575, sotto Papa Gregorio XIII, avvenne la loro fusione con la Confraternita della Madonna della Consolazione. I due consorzi uniti diedero vita all'Arciconfraternita bolognese detta della S. Cintura del S. P. Agostino e di S. Monica. Solo nel 1922 la sede di Bologna fu trasferita a Roma nella chiesa di S. Agostino. Quattro quadri determinavano l'appartenenza all'Ordine Agostiniano:
I - i frati che pronunciavano i voti e potevano anche non essere sacerdoti
II - le donne che acquisivano l'abito monacale
III - il terz'Ordine costituito da uomini (Oblati) o donne (Beghine) che pur vestendo l'abito prescritto continuavano a dimorare in case private
IV - il quarto Ordine era costituito dai Cinturati.
Gli aderenti conducevano una vita laicale, avevano l'obbligo di portare la cintura e partecipavano alla vita della confraternita frequentando le riunioni, presenziando alle funzioni religiose, organizzando le attività programmate dalla pia unione. Il Manuale di filotea composto dal sacerdote penitenziere milanese Giuseppe Riva [71] al capitolo "sulla devozione della cintura" narra la storia di Santa Monica. La madre di S. Agostino aveva ricevuto la visione di Maria. La Vergine le era apparsa con l'abito scuro che portava dopo la morte del Cristo, stretto ai fianchi da una cintura [72]. Secondo tradizione la santa aveva accettato direttamente dalla Madonna la striscia di pelle con la raccomandazione di indossarla sempre e farla conoscere a tutti, quale segno di venerazione. Monica insegnò tale pratica al figlio Agostino e questa passò poi agli ordini eremitani a lui ispirati. Trovava adempienza la duplice richiesta mariana: fare proseliti e osservare una regola nel seguire l'uso di un abito penitenziale. L'alto patrocinio comportava per gli affiliati il vincolo di dare esecuzione ai prescritti modelli comportamentali. La condotta esteriore non andava soggetta alle mode del momento ma diventava espressione manifesta di una realtà interiore. L'abito usato dalla Vergine era il prototipo della divisa indossata dal vero penitente che dimostrava disprezzo per "la vanità delle pompe e la mortificazione verso i disordinati appetiti". Così si forgiava il carattere del discepolo, destinato a ricevere i ricchi frutti della protezione celeste. Le grazie che la B.V. Maria aveva concesso a S.ta Monica, a S. Agostino e a tutto l'ordine degli Eremitani venivano per riflesso trasmesse anche ai fedeli che professavano il culto arruolandosi sotto lo stendardo della Santa Cintura. A Pietro d'Aragona che chiedeva particolari agevolazioni spirituali Clemente X laconicamente aveva risposto: "Prendete la cintura di S. Agostino e otterrete tutto ciò che desiderate". I pontefici furono sempre prodighi nell'accordare particolari indulgenze agli iscritti del nuovo sodalizio. Infatti non esisteva altra confraternita che come questa potesse vantare maggiori benefici spirituali:
- Privilegi e suffragi speciali erano riservati ai Cinturati che partecipavano alle processioni ed alle funzioni solenni con messe nei giorni dell'Epifania, del Soccorso, della Consolazione e della Presentazione.
- In articulo mortis godevano dell'indulgenza plenaria con assoluzione di tutte le colpe, l'accompagnamento funebre sarebbe avvenuto al suono delle campane, una messa solenne, tre messe basse e l'ufficio dei defunti. L'indulgenza interveniva nel caso in cui "pentiti, confessati e comunicati preghino secondo l'intenzione del Sommo Pontefice" nei giorni delle maggiori feste istituite dal calendario religioso. - Ricorrendo a pratiche devote, tra le quali la recita della "coroncina" gli iscritti potevano lucrare per se e per le anime del purgatorio una infinita serie di altre indulgenze [73] e ottenere ulteriori indulti. Le confraternite dei Cinturati si presentavano al centro di intricate situazioni che frequentemente potevano creare problemi di competenza e conseguenti conflitti giurisdizionali [74].Tali comunità di fedeli erano formate da laici, come tali religiosamente dipendenti dall'ordinario. La loro erezione, l'approvazione della normativa interna, l'esame degli esercizi amministrativi competeva al vescovo che però solo su invito poteva visitarle. Infatti avendo sede nei conventi e nelle chiese soggette al clero regolare non risultavano oggetto di possibile interdetto. Nello stato veneto ai sudditi di dette scuole competeva l'incombenza di sottoporre statuti ed eventuali modifiche all'autorità podestarile. La scuola della B.V. della Cintura operante a Crema era dipendente dall'arciconfraternita di S. Giacomo a Bologna ma, se le patenti di aggregazione così come i privilegi e le indulgenze erano spediti dal padre generale dell'Ordine, la richiesta per la loro istituzione prevedeva obbligatoriamente il benestare vescovile. Un vero e proprio cerimoniale di iniziazione era previsto per l'accettazione dei novizi. Solitamente la cerimonia avveniva il giorno dell'Epifania e si svolgeva nella Cappella della Madonna della Cintura. Il Padre Custode [75] della confraternita chiedeva ritualmente al neofita che desiderava venire a far parte del consorzio degli uomini e delle donne dei Cinturati se intendesse osservarne le regole. Alla risposta affermativa l'officiante faceva seguire con l'aspersione dell'acqua santa la recita dell'Asperges me Domine. Eseguiva poi una triplice benedizione: della cintura, della corona del rosario e del postulante invocando la protezione e la misericordia di Dio. Insieme a queste credenziali al nuovo confratello era consegnata una candela accesa. La cerimonia si concludeva con l'invocazione di assistenza dello Spirito Santo. Il nome e cognome del novizio veniva regolarmente iscritto nel registro della fraglia. La sua entrata nell'associazione comportava una serie di doveri ma anche di vantaggi. Doveva ottemperare ad una serie di pratiche collettive:
- partecipare alle processioni periodicamente programmate, che fruttavano l'acquisto di indulgenze, e terminavano con il bacio della reliquia e la consegna di una immagine della Vergine,
- presenziare agli uffici ed alle celebrazioni dell'anno liturgico, intervenire alle messe in suffragio dei confratelli,
- digiunare alle feste della Madonna, di S. Agostino, di S. Monica e santi dell'ordine eremitano.
Mentre le pratiche religiose individuali riguardavano:
- la recita della coroncina, orazione mentale,
- confessione e comunione solitamente alla quarta domenica del mese,
- visite all'altare della Madonna.
Gli statuti delle confraternite dedicate alla Cintura non vietavano la partecipazione di donne alle varie cariche anche se non risulta che svolgessero all'interno ruoli di particolare responsabilità. Nelle specifico di Crema è possibile ipotizzare dalle cariche statutarie di Priora e Sottopriora l'esistenza di una scuola femminile che affiancava quella maschile e agiva in subordine. I confratelli della Cintura anelavano ad una completa autonomia e in certi casi potevano entrare in conflitto di interesse (questue e cerche) con gli stessi Padri Agostiniani. Infatti costituivano una comunità nella stessa comunità religiosa: avevano un proprio assistente spirituale, un culto, altari e gestivano un loro patrimonio. Nel caso del Cremasco non sono documentati tra laici e religiosi motivi di attrito mentre per diritti di precedenza nelle processioni generali, spesso sorgevano controversie con le altre confraternite.
L'ordinamento dei cinturati cremaschi alle prese con crisi di esuberanza
Una nota del 22.1.1619 [76], riguardante una controversia per diritti di precedenza da seguire durante i riti funebri e le processioni, attesta che erano sorte delle divergenze tra i cinturati e la Compagnia della SS. Croce. Questa scuola risiedeva presso la chiesa di S. Domenico. La sua istituzione risaliva al 1253, decretata da un breve del papa Innocenzo IV. Era più antica di 186 anni rispetto a quella della Cintura e tale motivo forniva pretesti per vantare privilegi di precedenza nelle pubbliche celebrazioni. I romitani cremaschi furono anch'essi ben consci dell'importanza che andavano assumendo le confraternite nello sviluppare i sentimenti della religiosità popolare. La fraglia della sacra cintura gestiva la manutenzione della Cappella dedicata alla Beata Vergine Maria nella chiesa della Santissima Annunciazione che prese poi il nome di S. Agostino. La festa della Madonna della Cintura si celebrava nella domenica successiva al 28 agosto, tradizionale ricorrenza dedicata a S. Agostino. Un Ufficio in suffragio delle anime dei confratelli defunti veniva svolto ogni mese e nel giorno della solennità dell'Ascensione di N. S. si arrivava a spendere "un Capitale di L. 3000 per pagar la Musica, e li Trombetti" (XVI).
La Compagnia il 25.2.1656 aveva ottenuto dal papa Alessandro VII, nel giorno dell'Ascensione di N. S., una indulgenza plenaria perpetua a beneficio dei confratelli confessati e comunicati che avessero partecipato alla processione generale annuale da tenersi in occasione di quella giornata festiva. Il testo originale dell'indulgenza doveva esser reso noto con la pubblicazione e quindi disponibile a tutti. Un'altra indulgenza plenaria il "Gran perdono della Madonna degli Angeli d'Assisi, detta della portioncola" veniva conferito a tutti i confratelli e consorelle veramente pentiti e confessati che, in occasione della Festa della Natività di M.V. e nella domenica immediata dopo la festa di S. Nicola da Tolentino, avessero visitato nella chiesa di S. Agostino, la Cappella della Confraternita e del santo recitando "cinque Pater noster et Ave Maria".
Il gran perdono dei peccati, l'allettamento di poter disporre di simili agevolazioni spirituali, il richiamo dovuto ai miracoli, alle prodigiose guarigioni attribuiti ai santi venerati dal sodalizio [77] rendevano estremamente ambita l'appartenenza alla fratellanza e costantemente facevano lievitare il numero delle richieste d'ammissione. Se da un lato tale situazione procurava prosperità e fama alla compagnia non di rado poneva le premesse per favorire disordini interni. La situazione metteva a dura prova il gruppo dirigente che impegnato in esercizi selettivi non sempre era in grado di individuare ed estromettere gli elementi perturbatori. Queste prime preoccupazioni animavano i "Capitoli e regole per il buon governo del venerando consorzio della B.V. Maria della Cintura eretto nella Chiesa dei Reverendi Padri di S. Agostino della città di Crema approvati con sovrane ducali dell'eccellentissimo senato 11 settembre 1760" [78].
Il fascicolo della regola rappresenta in sintesi l'evoluzione della maturità associativa dei suoi componenti. Uscì alle stampe in Crema nel 1779 a cura di Ottavio Zavetti Stampator Camerale. Direttamente indirizzato al Podestà si prefiggeva, fin dalla prima pagina, di garantire la "... quiete de confratelli a divertimento d'ogni molesta scandalosa insorgenza". A questo proposito era stato adottato l'espediente del numero chiuso che fissava in sessanta la massima consistenza numerica degli iscritti. Ogni associato alla Confraternita della Cintura doveva assolvere a tre formalità:
1. Esser iscritto regolarmente.
2. Portare sempre la cintura che veniva conferita con benedizione all'atto dell'iscrizione.
3. Recitare ogni giorno le preghiere prescritte.
L'unico tributo richiesto dall'associazione cremasca per l'ammissione era rappresentato dall'offerta di "una libra di Cera d'Elemosina" (III) [79]. Le domande di ammissione col tempo erano lievitate, ma il grande numero di iscritti era arrivato a produrre all'interno dell'istituto "una disdicevole confusione" (IV). La preoccupazione maggiore del consiglio responsabile (costituito dal Priore, dal suo Vice e da due Sindaci) era quella di temere degenerazioni così che il manipolo dei confratelli potesse precipitare "in una turba inclinata non da zelo Cristiano, ma da private insinuazioni per far seguire l'elezione della Banca con subordinate ballotazioni in persone inclinanti capricciosamente a tali carichi" (IV). Queste apprensioni trovavano giustificazione nel fatto che in simili disavventure erano già accorse altre scuole religiose presenti in città [80], la petizione con questo provvedimento riteneva necessario limitare il numero degli iscritti. Il comitato direttivo preoccupato del decadimento culturale, sentiva l'irrequietezza serpeggiante tra gli associati. Si decideva a tale proposito di voler elevare lo scaduto livello educativo e provvedere a far rispettare la disciplina. La Compagnia, che era stata istituita a Crema nella chiesa dei Reverendi Padri Agostiniani fin dall'anno 1600 in passato, retta da precise regole, confortata dall'aiuto delle incessanti elemosine e dalla devozione dei fedeli, al momento sembrava disattendere queste antiche e necessarie pratiche. La crisi che aveva colpito l'istituzione era stata individuata nel soprannumero degli iscritti "in gran parte idioti, e di poca cognizione, innobbedienti, ed ignari delle antiche disposizioni del Consorzio" (V). Per questo motivo paventando un aggravio della situazione, in previsione che potesse restare sempre più "... divertito quel buon ordine che fu il fondamento, ed il decoro d'esso Pio Luogo" (V), il preoccupato Corpo dei dieci costituito da Priore [81], sotto Priore [82], due Sindaci [83] e sei Consiglieri [84] "con il cuore prostrato a terra" (V) implorava al Podestà la conferma delle disposizioni limitative e l'applicazione di quei mezzi che avrebbero riportato ad un miglior governo della Compagnia quali: l'allontanamento di pericolosi elementi in grado di procurare disordini e possibili "sconcerti" (V).
I capitoli si aprono quindi con la proposta di selezionare i confratelli più meritevoli e provvedere al licenziamento degli altri. "Che del numero di tutti quelli, che s'attrovano ascritti presentemente in detto Consorzio, debbano scegliersi Confratelli sessanta delli più onorevoli, idonei, e d'integrità, che eccedino l'età d'anni 20. quali uniti con il Priore, sotto Priore, con li due Sindaci, e con li sei Consiglieri attuali formino il numero di detti Confratelli N. 60 tra tutti" (VI). La scelta dell'intera "Congregazione Universale del Consorzio" veniva attuata per ballottaggio dai dieci membri del Comitato direttivo. Il numero degli adepti doveva restare invariato. Lo stesso organo, la domenica prima della Pasqua, provvedeva a reintegrare con l'elezione di nuovi elementi tutti coloro che causa la morte o per assenze avessero abbandonato la scuola. Il documento è preciso nello stabilire che adunanze e convocazioni solitamente dovevano essere tenute presso "la Sacristia vecchia de' Reverendi Padri di S. Agostino" prossima alla chiesa e collegata allo stesso convento. Le cariche avevano durata annuale e gli invitati venivano convocati al suono della campana. " ... la seconda Festa della SS. Pasqua di Pentecoste di ciascun anno debba esser fatto nel loco solito la Convocazione, e Congregazione delli detti 60. Confratelli... ivi trovansi a Scrutinio ed a Balle l'Elezione degl'Officiali in detto Consorzio da sciegliersi dal numero delli detti sessanta" (VI). Tra gli "officiali" oltre ai già citati Priore, Vice e Sindaci figuravano gli incarichi affidati ad un "Tesoriero [85] ed un Ragionato" [86] (VII). Mentre il Priore decaduto rimaneva in carica come Vice, l'ex Vice Priore e i due Sindaci diventavano Consiglieri. Prescrizioni e accorgimenti erano posti al fine di evitare ogni possibile abuso. Ad esempio il Priore non poteva di sua iniziativa por mano a spese straordinarie, se lo faceva spendendo i denari del Consorzio, senza aver ottenuto il preventivo assenso del comitato direttivo era chiamato a "pagarle del proprio" (VIII). Poteva però effettuare spese ordinarie cioè quelle "necessarie al quotidiano mantenimento dell'Altare d'esso Consorzio, e delle Cere, Oglio, Messe, Salariati, e Apparato solito farsi nel giorno dell'Ascensione della B.V. Maria e nella Novena della Cerinola" (VIII).
Il controllo incrociato si estendeva anche agli altri organi: "Che il Ragionato non possa rilasciar mandati sopra Polize, che non siino sottoscritte dal Priore, sotto Priore, e Sindaci, come pure il Tesoriere non possa pagar alcun mandato, se non sarà prima sottoscritto da detti Priore, e sotto Priore, e Sindaci sotto pena di pagar del proprio tanto all'uno quanto all'altro dei suddetti Ministri" (VIII). Ad ogni rinnovo degli incarichi gli uscenti dovevano "render li Conti registrati" presentare le scritture contabili e la situazione dei conti nel "Libro tenuto dal Ragionato" e tali operazioni dovevano essere approvate dai nuovi incaricati. Se li ritenevano in ordine li sottoscrivevano e ne davano approvazione. Risulta singolare la presenza di un incaricato speciale che assunto tra gli associati doveva dare prova "di nota virtù ed abilità con titolo di Contraditore [87] ... sporre liberamente il suo sentimento sopra le Parti stesse, e quelle contraddire, in caso stimasse meritar contradizione, e come meglio crederà proprio a beneficio del Consorzio" (IX). Da vero e proprio avvocato del diavolo, se lo riteneva opportuno, aveva il preciso compito di esporre liberamente le sue considerazioni. Con obiezioni era autorizzato a criticare le scelte e l'operato svolto dai "Ministri reggenti". Annualmente mediante votazione veniva scelto anche un Sacrista [88], che ottemperava all'obbligo di curare la manutenzione dell'altare della B.V. Maria, assisteva a tutte le relative funzioni ed eseguiva gli ordini della direzione. Costui percepiva lo stipendio pattuito nel momento dell'assunzione; non doveva necessariamente appartenere al consorzio ma garantire con la sua condotta "buoni costumi e fedeltà". Se all'interno della pia confraternita non mancava la possibilità di un dialogo critico anche le quote rosa, in anticipo coi tempi, godevano di un certo credito. Due consorelle scelte a scrutinio "tra le più degne e d'integrità" (X) assolvevano al compito di Priora e sotto Priora. A questo proposito dovevano aver cura "... d'onorare il Simulacro della B.V. Maria d'esso Consorzio delle vesti, e suppellettili che alle di loro devozioni pareranno più proprie, ed aggiustate alle Funzioni, e Festività, che di tempo in tempo occorreranno" (X) [89].
Dall'esame dei cognomi che compongono la lista dei confratelli aggregati alla pia unione della cintura non risultano nomi femminili. Le donne frequentavano una distinta parallela associazione operante di concerto con quella maschile. La precauzione fortemente sentita di selezione e ridurre il numero degli aggregati veniva più volte ribadita ad evitare che, come per il passato, durante le "Congregazioni del Consorzio", potessero sorgere nuovi disordini e degenerare in disdicevoli abusi. Alla data del 12 aprile 1726 il Podestà e Capitano Gabriele Bembo, insieme al Cancelliere Giacomo Sicuro, ratificavano la richiesta e successivamente il 20 gennaio 1758 i nuovi capitoli accompagnati dal dispaccio "dell' Ecc.mo Pubblico Rappresentante Niccolò Donato all'Ecc.mo Senato furono approvati colle Ducali" (XIV). Infine l'8 gennaio 1761 anche Giovan Battista Baseggio succeduto nella carica di Podestà e Capitano ne autorizzava la stampa.
I Documenti della contabilità conventuale
All'Archivio di Stato di Milano è conservata la documentazione relativa a due mastri [90]: "mastro B" datato 22 novembre 1800 "Stato attivo e passivo del soppresso Consorzio della B.V. della Cintura" (Dia 140-177) [91] l'altro "Istrumenti" (Dia 1-138). Dopo l'autosoppressione del convento e la liquidazione dei beni decretata dalla Municipalità il 23 maggio 1797 [92], alla data del 31.7.1798 anche il sodalizio della cintura venne liquidato. Il primo registro il "Mastro B" stilato dal Rag.to Gio. Batta. Tesini (Dia 147) fornisce lo stato patrimoniale dell'associazione e riporta un consuntivo dopo la sua chiusura. Dalla lettura delle voci analitiche possiamo cogliere tutta una serie di notizie riguardanti la situazione economica dell'associazione. I cinturati svolgevano un ruolo di supporto essenziale nella vita del convento eremitano. I frati, in quanto ordine mendicante, non potevano possedere beni, ma vivevano di carità. La maggior parte dei cespiti consisteva in lasciti nei quali i testatori cedevano al pio consorzio delle somme affinché in perpetuo venissero celebrate un certo numero di messe a suffragio della propria anima. L'operazione definita "commissaria" non di rado portava ad investire beni nell'acquisto di immobili che avrebbero fruttato una rendita annua. Il totale dei capitali ammontava a L.34000 a cui corrispondevano entrate annue di L.1488. In prima fila tra le attività (Dia 142) figurano una serie di cespiti derivanti dai legati che gli eredi, in base alla volontà testamentaria dei decuius, erano tenuti a versare al pio consorzio [93].
Il loro ammontare complessivo rappresenta la voce più consistente (L.16022) e prevede piani per rimborsi annui. Seguono la disponibilità per un "deposito novissimo (aperto) a Venezia" ( L.687). In precedenza era attivo un conto anche presso la Cassa Depositi del locale Monte di Pietà (Dia 149). Seguono poi i crediti vantati nei confronti di singoli privati (L. 3644) e quelli pubblici ( la Nazione Cremasca aveva un debito di L. 9147 per gli argenti sacri requisiti con la soppressione e l'Estimo della Provincia doveva L.4500). Le argenterie della scuola avevano sempre costituito motivo di prestigio non indifferente e testimoniano la generosa disponibilità dei donatori. Il bilancio delle risorse termina con l'elenco degli affitti riscossi dalla proprietà di tre case poste in Via Valera e per un "pezzo di terra pascolivo con morta". Lo stato passivo (per un totale di L. 1428) (Dia 145-146) evidenzia oneri derivanti: dalle messe in suffragio delle anime di coloro che avevano sottoscritto legati in favore della compagnia, l'ufficio per i confratelli defunti, le spese per la novena celebrata prima della festa dell'Ascensione, gli importi per l'acquisto della cera, per le cinture, coronini, rosari, medaglie dei confratelli, lo stipendio annuale all'amministratore "onorario al ragionato" e quello dovuto al Sacrista "custode dell'altare".
Di quest'ultimo una nota informa che l'incarico per l'anno 1778 era stato ricoperto da Cristoforo Fasolo. Costui aveva abitazione in una casa della compagnia situata in Canton Valera dove risiedeva in concessione gratuita e il suo salario (annue L. 108) comprendeva l'assistenza alla Santissima Novena, la cerca delle elemosine in città. Gli era però proibito trattenere i moccoli e le colature "i quali tutti fedelmente devono esser custoditi dal medesimo per esser poscia con ordine del Sig. Priore consegnati al Sig. Speziale a scarico delle cere provvedute" (Dia 174). Nell'elenco del capitolo successivo "Inventario dei capitali del Venerando Consorzio della B.V. della cintura" sfilano i riassunti dei contratti e delle affittanze che partono dal 1731 e arrivano al 1797. Numerose sono le case date in affitto situate in via Valera e in Chiodera Vicinanza Civerchi (Dia 172) i cui redditi si assommano alle concessioni date a livello che riguardano tutto il territorio [94]. Nell'arco di poco più di cinquant'anni è possibile monitorare la consistenza patrimoniale dei beni posseduti e amministrati dalla confraternita e immaginare anche il ruolo economico affatto secondario che in seno alla comunità doveva essere chiamata a svolgere. Nel secondo registro intestato "Istrumenti" (1715-1792) sono conservati in ordine cronologico una lunga serie di atti notarili riguardanti il Consorzio: testamenti, investiture, debiti, crediti, oltre all'elenco dei beni e dei livelli.
Conclusioni
Da Crema era dunque partita la scintilla che con esiti alterni, sviluppi imprevedibili e diverse interpretazioni si sarebbe diffusa a macchia d'olio in tutta Italia. Il fenomeno, in progressiva evoluzione, finirà per assumere valenze nazionali e porterà a un coinvolgimento europeo toccando oltre gli aspetti religiosi quelli politici e sociali. Con Martin Lutero, già frate della Congregazione riformata degli Agostiniani di Erfurt, quel fermento di rigenerazione era entrato in antitesi con la matrice che lo aveva inizialmente alimentato. Una tradizione da rinnovare si era trasformata a tal punto da rompere ogni vincolo con la teocrazia di Roma. Eppure anche queste lacerazioni ebbero se non altro il merito di facilitare un nuovo risveglio del sentimento religioso e spirituale, aprendo gli animi alla reciproca consapevolezza: i valori cristiani della vita dovevano tornare a occupare la centralità che l'abitudine e il tempo potevano aver solo scalfito.
Note
(1) - Pietro Da Terno, Historia di Crema, 570-1557, Crema 1964, p. 178.
(2) - M. Mattei, Preistoria Agostiniana, in Per corporalia ad incorporalia, Tolentino 2000, p. 131.
(3) - G.G. Merlo, Eretici ed eresie medievali, Bologna 1989, p. 54, 5.
(4) - G. Zucchelli, Architetture dello spirito, f. 9, Crema 2004, p. 4.
(5) - AA. VV, La città e il sacro, Milano 1994.
(6) - Un esempio è dato dalle abbazie cistercensi sparse nella Padania che presentano elementi architettonici specifici ricorrenti come la chiesa regolata ad oriente, il tempio lontano da centri abitati e prossimo ad un corso d'acqua, la pianta a croce latina, la facciata a capanna, mentre all'interno la navata principale è quasi priva di decorazioni, divisa da colonne e affiancata dalle due navate laterali più piccole, illuminata da monofore, abside rettangolare, transetto terminante con le cappelle e volte del soffitto sottolineate da costoloni a crociera.
(7) - M. T. Mazzilli Savini, Tipologie architettoniche predilette dagli ordini mendicanti e la chiesa di san Francesco a Pavia, in Ordini Religiosi e Produzione Artistica, Pavia 1998, p. 50. 8. , p. 19.
(8) - L. Gillet, Histoire artistique des Ordres Mendicants, Paris 1912
(9) - G. Rossigni, L'architettura degli ordini mendicanti in Liguria nel due e trecento, Bordighera, 1981.
(10) - A Soncino esiste il singolare campanile ettagonale della chiesa di S. Giacomo Apostolo eretto nel quattordicesimo secolo dai Canonici Agostiniani di S. Cataldo di Cremona. La stranezza dei sette lati è stata fatta dipendere dal numero dei punti fondamentali elencati da S. Agostino ai fini di una corretta partecipazione alla regola monastica.
(11) - Come nel tipico esempio della chiesa di S. Pietro Martire, oggi S. Domenico a Crema.
(12) - Ad esempio nella chiesa di S. Domenico a Crema.
(13) - P. F. Pistilli, Gli inizi dell'architettura agostiniana nell'Italia settentrionale, in Per corporalia ad incorporalia, Tolentino 2000, p. 43.
(14) - M. Mattei, Il processo di canonizzazione di fra Giovanni Bono (1215-1253/4) fondatore dell'ordine degli Eremiti, Roma 2002, p.130.
(15) - In passato in questa rappresentazione è stato identificato il fondatore del convento agostiniano di Crema Gian Rocco Porzi. Dissentiamo da questa ipotesi per due motivi: la prima tradizione ritrattistica ha sempre identificato nel frate pavese un personaggio calvo dal volto glabro, secondariamente il paesaggio montuoso che circonda il cantiere conventuale è costituito da dirupi scoscesi, difficilmente identificabile con la piatta campagna cremasca.
(16) - M. L. Ferrari, Giovan Pietro da Cemmo, Milano 1956, p. 38.
(17) - W. Venchiarutti, Ipotesi sugli insediamenti degli ordini mendicanti di Crema, in Crema Produce, Cremona 1986, p. 31.
(18) - E. Guidoni, Città e ordini mendicanti,in Quaderni Medievali n 4, Bari 1977, p. 69.
(19) - A Crema gli Umiliati contavano tre antichi insediamenti: la chiesa col convento di S. Martino (situata in Borgo S.Pietro), la chiesa dei santi Filippo e Giacomo (che cedette il posto a S. Maria delle Grazie) e quella di S. Marino (attuale Piazza A. Moro.
(20) - I Domenicani erano giunti nel 1332, i Conventuali Francescani nel 1345.
(21) - M. Luisa Fiorentini - L. Radaelli, L'ex convento di S. Agostino, Note storico-architettoniche sul complesso conventuale, in Insula Fulcheria n° XX, Crema 1990 p. 49.
(22) - Libro delli Atti capitolari sul libro delle memorie di S. Agostino 1583-1689
(23) - Pergami, Schiavini, Della Noce, Martini, Premoli, Bombelli, Dolfini, Torta, Bianchi, Ferrari.
(24) - Perletti, Coldera, Grioni, Marini, Pizzoccheri, Mandricardi, Visconti, Arrigoni, Allocchio, Dell'Era, Riboli,
(25) - M. Perolini, La soppressione del Convento di S. Agostino in Crema, Crema 1972, p. 36.
(26) - Oltre a quella di Lombardia ricordiamo quelle di Genova, Monte Ortone, Dalmazia, Lecceto, S. Giovanni a Carbonara, Perugia, Deliceto, Calabria, Spagna e Germania.
(27) - I monaci cistercensi avevano mal digerito il fatto che le terre ereditate in quel di Credera dagli Agostiniani confinassero con le proprietà di Abbadia Cerreto
(28) - Nelle città la distanza tra le case degli ordini mendicanti preventivava uno spazio di 300 canne corrispondente a poco più m 643,20 (300 canne x 2,144m).
(29) - M. De Conto, Contributo alla vita religiosa in Treviso: la confraternita dei cinturati (1460-1808), Roma 1979, p. 23.
(30) - P. Uberti Foppa, L'Osservanza Agostiniana di Lombardia in Crema e i suoi protagonisti dal 1439 al 1797, in Insula Fulcheria Vol. XI-XII,Crema 1974, p. 21.
(31) - L conte Carlo Sforza, fratello di Francesco, nel 1443 entrerà nell'Ordine Eremitano del Lecceto (B. Hackett, Cinque eremi Agostiniani nei dintorni di Siena, in Lecceto e gli eremi Agostiniani in terra di Siena, Milano 1990, p. 61)
(32) - I. Lasagni (a cura di), Chiese,conventi monasteri in Crema e nel suo territorio dall'inizio del dominio veneto alla fondazione della diocesi, Milano 2008, p.87
(33) - G. Cantoni Alzati, L'erudito Tommaso Verani e la Biblioteca Agostiniana di Crema nel Settecento, in Insula Fulcheria N° XVIII, Crema 1988, p.147. G. Cantoni Alzati, Tracce agostiniane nella Biblioteca del Seminario Vescovile di Crema, in Libri antichi e cultura, Chieve 1977, p. 51.
(34) - G. Degrada, Cenni storici sull'Ordine degli Eremitani in Crema, in Gli interessi Cremaschi, 6.10 e 10.11.1881. nel 1
(35) - C. Piastrella, Il convento agostiniano di Crema e i primi manoscritti della sua dotazione libraria, in Società, cultura, luoghi al tempo di Ambrogio da Calepio, Bergamo 2005, p. 219. C. Piastrella, Le tavolette da soffitto della biblioteca del Convento di S. Agostino di Crema, in Arte Lombarda n 50, Milano 2006, pp. 227-236.
(36) - Per una analitica rassegna di codici, incunaboli e cinquecentine presenti nel convento cremasco alla fine del XVI° sec. rimando al saggio di Vittorio Dornetti. Vedi anche L. Fiorani in Codices Vaticani Latini Num sis Ele3367 Ordine OESA Prov. Lombardia Convento Crema S. Agostino Cod. Vat. Lat. 11285 Fogli 33r 37 r. Inventario dei libri che si trovano nel convento di S. Agostino a Crema. In particolare A. Ganda, La biblioteca degli Agostiniani di Viadana alla fine del cinquecento, in Vitelliana Anno V, Viadana 2010, p. 145.
(37) - B. N. Zucchi, Alcune annotazioni di ciò che giornalmente è succeduto nella città e territorio di Crema, Ms.181 c/o Biblioteca Comunale di Crema.
(38) - M. Belvedere, Crema 1774 Il libro delli Quadri di Giacomo Crespi, Crema 2009, p. 86.
(39) - AA. VV., Il culto del S. Cuore, Storia, Tradizione e Intercultura, Vol. I, Castelleone 2011, p. 14.
(40) - Nel convento di S. Agostino nella chiesa di Maria Vergine Annunciata, come in altre chiese di Crema, era attiva una associazione che aveva fatto della recita comunitaria del Rosario una bandiera. In questo caso la forte dedizione a tale pratica era prerogativa proveniente direttamente dagli eremitani che all'inizio della loro storia, sparsi in gruppi, avevano praticato l'isolamento e la meditazione. Presso i primi anacoreti era invalso l'uso di recitare la corona formata da 150 nodi. Inizialmente si trattava di Pater che sostituivano i Salmi del Salterio di Davide. Per evitare errori nel computo delle preghiere, tra le dita i grani o nodi scorrevano divisi in decine, mentre erano fatti passare su un cordoncino di canapa. Alla fine del primo millennio tale devozione era diventata tipicamente mariana e le Ave avevano sostituito i Pater intercalate dai Misteri della Redenzione: Gaudiosi, Dolorosi e Gloriosi. La Madonna aveva consigliato questa pratica a S. Domenico in qualità di formula più indicata al fine di poter sconfiggere ogni tipo di eresia. Questa modalità di preghiera si diffuse rapidamente e ad essa furono attribuiti innumerevoli benefici umani (infermi risanati, peccatori ed eretici convertiti, ossessi liberati) e naturali (incendi estinti, tempeste sedate, turbini dissipati). I ceti più abbienti facevano generose offerte per accaparrarsi i predicatori del Rosario e celebrare con solennità la festa della prima domenica di ottobre. Le autorità religiose concedevano ogni sorta di privilegi spirituali a quanti professassero questa devozione in modo regolare, affiliati ad una pia unione. Occorreva però che i rosari fossero benedetti da religiosi appartenenti ai Predicatori.
(41) - T. Dittelbach, Nelle distese e negli ampi ricettacoli della memoria. La monocromia come veicolo della propaganda dell'ordine mendicante degli Agostiniani, in Arte e spiritualità nell'ordine agostiniano, Roma 1994.
(42) - .La Madonna della cintura compare magistralmente raffigurata nella pala d'altare dipinta da Benedetto Diana per il santuario di Santa Maria della Croce. Segno indicativo perché attesta una influenza agostiniana estesa oltre il raggio perimetrico propriamente urbano. Un'altra immagine la ritrae con bambino mentre porge la cintura ai santi Agostiniani. Questa pala d'altare, opera di Fra Sollecito Arisi (1650?) un tempo presso la Chiesa S. Agostino è oggi conservata nel Museo Civico di Crema mentre a Romano di Lombardia un analogo dipinto di Mauro Picenardi è presente nella chiesa di S. Maria Assunta
(43) - N. Miscioscia, La cintura: un simbolo dalla pluralità di significati, in Insula Fulcheria N° XXX, Crema 2000, p. 103.
(44) - A Crema in Vicinia Poiani venne fondato nel 1452 il monastero delle Agostiniane con la Chiesa di S. Monica.
(45) - Fin dal 1451-1457, come appare dai regesti del Salomoni (Ms. c/o Biblioteca Civica di Crema), il 10 Ottobre si teneva a Crema una solenne festa di ringraziamento "... essendo stata liberata questa comunità dalla peste coll'invocare questo Santo Nome"
(46) - Di seguito elenchiamo alcuni esempi significativi: - S. Agostino: affresco di Tommaso Pombioli (Torlino Vimercati, parrocchiale), dipinto da Martino Cignaroli (Crema, chiesa S. Benedetto - S. Agostino e il fanciullo), dipinto da Pietro Damiani (da S. Monica oggi a Lovere in collezione Tadini, S. Agostino battezza un giovane).
- S. Nicola da Tolentino: dipinto su tavola di Pasino de Carozellis (Museo Civico Crema), polittico dipinto da Vincenzo Civerchio (Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo), da Tommaso Pombioli (Nembro, olio su tela chiesa di S. Nicola da Tolentino), da Tommaso Pombioli (Torlino Vimercati).
- S.Tommaso da Villanova: dipinto di Felice Boscarati (proveniente dal S. Agostino, attualmente nella Chiesa ospedale maggiore).
- S. Monica: pittore T. Pombioli (Nembro).
- S. Chiara da Montefalco: T. Pombioli (Nembro).
(47) - A Cremona tale soggetto è presente nella chiesa di S. Agostino dove si può ammirare la pala del torchio mistico di A. Mainardi (1550-1613).
(48) - AA. VV., Per corporalia ad incorporalia, Spiritualità, Iconografia e architettura nel medioevo agostiniano, Pollenza 2000.
(49) - M. L. Gatti Perer, Cultura e spiritualità dell'Osservanza agostiniana: l'incoronata di Milano, in Arte Lombarda. N 127 1999/3.
(50) - Il motivo compare in una lunetta nel salone Pietro da Cemmo a Crema e nella chiesa di S. Maria Assunta di Esine.
(51) - Il trono di grazia o Trinità verticale è riscontrabile nelle santelle campestri o negli affreschi votivi dei cascinali.
(52) - Tra i contemporanei confratelli di Padre Porzi basterà ricordare il cartografo Jacopo Foresti (1434- 1520), il letterato umanista Ambrogio di Calepio (1435-1511), il predicatore Paolo Olmo ( - /1484), lo scrittore Benigno Peri ( - /1497).
(53) - Ricordiamo che i primi importanti Capitoli Generali della Congregazione si tennero a Crema nel 1452, 1465, 1480, 1492, 1504, 1521, 1539, 1586.
(54) - Giuseppe Maria Bonzi (1715), Francesco Fanti (1732), Mario Franco Bondenti (1755), Ercole Monticelli (1756), Ferdinando Valenti (1758), come appare nel libro degli "Istrumenti relativi al Convento S. Agostino dal 1695 al 1797" (Ms. 160 Fondo Ospedale degli Infermi c/o Biblioteca Civica Crema).
(55) - D. Calvi, Delle memorie istoriche della congregatione osservante di Lombardia dell'ordine eremitano di S. Agostino, Milano 1669.
(56) - D. Calvi. Delle memorie ... p. 3.
(57) - W. Terni de Gregory, Fra Agostino da Crema agente sforzesco, p. 10, 11.
(58) - G. Lucchi, Crema sacra: gli Agostiniani e l'Osservanza di Lombardia, in Il Nuovo Torrazzo -1.3- 24.3-31.3-7.4-14.4-21.4-28.4-12.5.79 AA.VV., Società, cultura, luoghi al tempo si Ambrogio da Calepio, Bergamo 2005. P. Uberti Foppa, L'Osservanza Agostiniana di Lombardia in Crema e i suoi protagonisti dal 1439 al 1797, in Insula Fulcheria XI-XII, Crema 1973, p. 21; G. Degli Agosti, Miscellanea Cremasca, Crema 2011.
(59) - Cfr. W. Terni de Gregory, Fra Agostino ... p. 2
(60) - Archivio Gonzaga, Fondo materie ecclesiastiche, Religioni e Conventi dei Regolari della Città, n 3305, Agostiniani di S. Agnese, 1. Ms.1484 il cui commento appare nell'intervento curato da Daniela Ronchetti.
(61) - Cfr. D. Calvi, Delle memorie... p. 208; F. S. Benvenuti, Dizionario Biografico Cremasco, Crema 1888, p. 198, 9. L. Canobio, Proseguimento della storia di Crema, Milano 1849, p. 55, 6.
(62) - E' chiamato Definitore negli ordini religiosi il componente del Capitolo Generale a cui è affidato il compito d'assistere il superiore generale dell'ordine.
(63) - Tra le personalità, morte in odore di santità, che appartennero al convento agostiniano cremasco ricordiamo Filippo Vitalba e Angelo Cavaletti (vedi D. Calvi, Effemeride sacro profana di quanto di memorabile sia successo in Bergamo, sua diocesì e territorio (1676-1677),Milano 1676.
(64) - L. Canobio, Proseguimento ... pag. 58
(65) - F. S. Benvenuti, Dizionario biografico cremasco, Crema 1888, p. 73.
(66) - L. Borsati, La vittoria delle donne, Venezia, 1621
(67) - W. Venchiarutti, Quid quaeris frater? in il Nuovo Torrazzo 29.9.90, 6.10.90.
(68) - G. Volpe, Movimenti religiosi e sette ereticali, Bologna 1977,p. 155.
(69) - G. Le Bras, Studi di sociologia religiosa, Milano, 1969, p. 179.
(70) - P. Majocchi, S. Agnese in Lodi e il suo convento, in Archivio Storico Lodigiano, Anno CXXV 2006, Lodi 2007, p.304.
(71) - G. Riva, Manuale di Filotea, Bergamo, 1894, p. 531.
(72) - L'abito degli Agostiniani a questo riguardo è nero e stretto ai fianchi da una cintura.
(73) - Indulgenze delle sette chiese, parziali, delle Stazioni
(74) - M. De Conto, Contributo alla vita religiosa in Treviso: la confraternita dei Cinturati (1460-1806), Roma 1979.
(75) - Chiamato anche Assistente Spirituale o Superiore Spirituale era designato del Priore del convento.
(76) - M. Livraga (a cura di), Archivio Storico Diocesano di Crema Inventario (1274-1993), Crema 1996, p. 517. I documenti da cui trae origine il presente commento sono conservati presso l'archivio diocesano - Associazioni laicali cattoliche, 3 Confraternita della Cintura presso S. Agostino in città, fasc. di cc.12+1 a stampa.
(77) - La chiesa del convento con le dedicazioni delle sue cappelle forniva una significativa campionatura del ricco panorama posto in essere dagli indirizzi devozionali degli Agostiniani attenti a potenziare culti locali (S. Pantaleone) quanto a proporre i loro campioni (S. Agostino, S. Nicola da Tolentino, S. Monica, ecc.).
(78) - Cfr. "Capitoli e regole per il buon governo ...
(79) - Il numero romano indica il riferimento al capitolo disposto nello statuto della Compagnia.
(80) - Viene fatto l'esempio del Venerando Consorzio del SS. Sacramento attivo presso la cattedrale e di quello dell'Invocazione della B. V. Maria del Monte nella chiesa di S. Caterina e della scuola della B. V. in S. Francesco.
(81) - Chiamato anche Rettore ricopriva la carica suprema e soprintendeva a tutte le altre cariche. Di norma ad assumere questa carica veniva designato un laico nobile che godeva la fiducia dei confratelli.
(82) - Il sottopriore sostituiva il priore in caso di assenza
(83) - I Sindaci succedevano al Priore e al Sottopriore, in caso di morte e li sostituivano durante le assenze. Avevano il compito di revisori dei conti.
(84) - Controllavano l'operato dei vari organi.
(85) - Gestiva la cassa e gli argenti della compagnia.
(86) - Il Massaro o Rasonato governava amministrativamente la società. Doveva registrare sui libri contabili le entrate e le uscite sostenute.
(87) - Aveva il compito di vagliare e mettere in discussione le scelte della compagnia.
(88) - Veniva definito anche col il nome di Zappafango o Sottomassaro chi assumeva l'incarico di tenere in ordine l'altare della fraglia.
(89) - In questo caso appare la tradizione della Madonna Vestita. La statua in legno di Maria a grandezza naturale veniva di volta in volta impaludata con ricchi abiti in occasione delle importanti feste religiose. Questa devozione è perdurata anche a livello popolare. In alcune cascine cremasche nella prima metà del secolo scorso, sotto il porticato, in una teca di vetro, era ancora possibile scorgere il simulacro della Madonna.
(90) - A.S.M., Fondo di Religione, busta 3915
(91) - Con questa numerazione viene indicata la progressione fotografica del documento.
(92) - M. Perolini, La soppressione del convento ... p. 13.
(93) - Si tratta di una decina di scritture stilate sulla falsariga "Francesco Caldaroli deve dare un capitale in partita del qm. Antonio Maria Caldarolo"
(94) - Offanengo (Dia 167), Chieve (Dia 166), Casaletto Ceredano (Dia 165), Zappello (Dia 163), Bagnolo (Dia 161), Izano (Dia 159), Pianengo (Dia 156)
BIBLIOGRAFIA
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