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LE COSTITUZIONI DI RATISBONA

Immagine del convento agostiniano di Ratisbona

Il convento di Ratisbona

 

 

LE COSTITUZIONI DI RATISBONA

 

 

 

Il 21 maggio 1290, solennità di Pentecoste, i Padri Capitolari dell'Ordine Agostiniano sono radunati a Ratisbona (Germania) per la celebrazione del quarantesimo capitolo generale. Il capitolo generale costituisce un evento importante per ogni ordine religioso, ma questo capitolo di Ratisbona riveste per l'Ordine Agostiniano un'importanza eccezionale, in quanto in esso viene approvato e promulgato il testo definitivo delle Costituzioni dell'Ordine, che resterà sostanzialmente immutato fino al Concilio di Trento. E' certo che nel capitolo della "Grande Unione", tenuto a Roma nel 1256, venne steso un primo testo delle Costituzioni. Ma la rapida e consistente diffusione dell'Ordine e i problemi nuovi che si presentavano imposero la revisione del testo definitivo.

Il capitolo generale di Orvieto (Pentecoste 1284) affida al Beato Clemente da Osimo, eletto priore generale per la seconda volta, il compito di tale revisione. Il capitolo generale di Firenze (Pentecoste 1287) accetta e approva il testo revisionato che viene poi ratificato e confermato nel capitolo generale di Ratisbona. Sappiamo che in questa opera di revisione il Beat Clemente associa a sé il Beato Agostino Novello, vero uomo di Dio e grande giurista.

Ecco come parla di questo prezioso lavoro il Ven. Giordano di Sassonia: «Questi due illustrissimi padri revisionarono le Costituzioni dell'Ordine con somma diligenza e, zelantissimi quali erano della nostra Religione, le pubblicarono con più ordine distinguendole per capitoli e rubriche, togliendo alcune cose e aggiungendone altre secondo che loro sembrava più opportuno per il bene della S. Religione e il buon andamento dell'Ordine ».

 

Alcune considerazioni preliminari

E' evidente che un documento di 700 anni fa non può essere giudicato con la mentalità di oggi senza correre seriamente il rischio di non capirlo o addirittura di travisarlo. Infatti una prima impressione potrebbe non essere del tutto positiva. Ci si trova di fronte ad un testo dove sembra prevalere troppo il giuridicismo - quel che si può e si deve fare e quello che non si può e non si deve fare -, con una enumerazione di colpe e relative pene, piuttosto frequenti e se vere. Ma una lettura più attenta e illuminata ci mette in condizione di capire la portata e il significato di questo meraviglioso codice nel suo profondo contesto teologico-ascetico. Non bisogna dimenticare che nel periodo di re dazione delle Costituzioni di Ratisbona al vertice dell'Ordine c'erano persone di spiccate qualità culturali e di indiscutibile santità e che questo testo è stato la guida alla santità non solo nel secolo XIII (basti pensare a San Nicola) e XIV ma anche nei secoli successivi.

S. Giovanni da S. Facondo, S. Tommaso da Villanova, B. Alfonso d'Orozco e tanti altri si sono formati su queste Costituzioni. Per concludere queste osservazioni preliminari dobbiamo sottolineare che ci troviamo di fronte a un codice di leggi e non di fronte ad un trattato di spiritualità, per cui vediamo una notevole differenza fra questo testo e quello oggi in vigore nell'Ordine Agostiniano.

 

Il messaggio, spirituale delle Costituzioni di Ratisbona

Il cristiano che ha fatto la sua scelta di abbracciare lo stato religioso nell'Ordine Agostiniano viene subito a contatto con una struttura di leggi che è struttura di vita e di una vita spesa per il "culto di Dio". Giordano di Sassonia può affermare che nella vita comune, fatto caratterizzante della vita agostiniana, la prima cosa e la più importante è il culto di Dio. Le va rie pratiche di pietà, - Messa conventuale, ore canoni che, capitolo e le altre pratiche di pietà comuni e private - animano la giornata del religioso di giorno e di notte. Il silenzio, che deve essere osservato sempre e dovunque, favorisce lo spirito di raccoglimento e la contemplazione, e così l'esperienza di Dio, l'impegno per l'interiorità diventa esperienza quotidiana e continua. Lo studio ha per oggetto prevalente la S. Scrittura e le scienze sacre. A parte il periodo di seria formazione per gli specializzati a Parigi o negli studi generali e provinciali, ogni religioso deve dedicarvi ogni giorno tempo sufficiente nella sua cella, nella quale può applicarsi "allo studio o alla preghiera".

Questa formazione all'interiorità prende il suo avvio nel noviziato, durante il quale il maestro deve in segnare non solo come pregare e quali preghiere dire ma soprattutto guidare alla conoscenza e alla meditazione della parola di Dio: che il novizio deve «avida mente leggere, devotamente ascoltare e apprendere con ardore». La formazione si approfondisce con l'ascesi e lo studio negli anni della formazione teologica e continua per tutta la vita con la fedeltà all'osservanza regolare che diventa una "formazione permanente". Continuando con perseveranza e fedeltà questo cammino, ci si dispone sempre meglio all'acquisto della scienza spirituale, perché quanto più siamo disposti e preparati tanto più lo Spirito ci riempie e ci fa entrare nel mistero del nostro rapporto con Dio. In questo cammino di ascesi deve avere un posto rilevante la penitenza e il distacco. Una vita abitualmente austera nelle vesti, nella suppellettile e nei cibi; un serio impegno nell'astinenza e nei frequenti digiuni nonché l'uso equilibrato di altre penitenze corporali metteranno il religioso nella reale possibilità di domare il suo corpo e di sentirsi sempre più unito al mistero di Cristo vittima. Da notare però che anche in questo aspetto particolare della vita comune le Costituzioni orientano più per una vita di sano equilibrio che di indiscriminato rigore, raccomandando che nei conventi ci si preoccupi di condurre un genere di vita tale che possa essere sopportato sia dai forti che dai deboli.

E tutto questo perché nella vita conventuale agostiniana deve regnare una uniformità esterna come segno e testimonianza della unifoffi1ità dei cuori. Questo impegnato programma di ascesi trova il suo centro nell'Eucaristia e precisamente nella "messa conventuale", alla quale tutti devono assistere ogni giorno; chi ne fosse impedito per giusti motivi deve assistere ad una messa privata e ad ore stabilite. Anche se la comunione prescritta solo 15 volte l'anno, «ciascun religioso deve essere costantemente disposto interiormente in modo da non trovarsi mai indegno di partecipare ai divini misteri». La confessione è settimanale e il confessore ordinario della comunità è il P. Priore; ma non mancano particolari benevole prescrizioni per venire incontro ai casi più delicati. Singolare la pietà verso i defunti e massima l'attenzione verso i morenti e verso gli ammalati, alla cura dei quali il P. Priore deve deputare un religioso «il cui cuore possieda il timore di Dio». Il P. Priore è al vertice e al centro della vita della comunità, della quale è padre e formatore con autorità in foro interno ed esterno. Nei suoi confronti tutti i religiosi debbono riverenza, ma a lui si raccomandano equilibrio e prudenza nell'agire, comprensione per tutti e particolare attenzione per i malati e gli ospiti. Nella formazione agostiniana lo studio ha un posto importantissimo; deve scaturire da una sincera pietà e deve nutrire la pietà e "apostolato. Le Costituzioni ne parlano ampiamente nel cap. XXXVI.

Dovunque sorgono studi generali, il più celebre dei quali quello di Parigi. Ma esistono studi anche in ogni provincia, dove il religioso dopo il noviziato attende alla sua formazione fino all'ordinazione sacerdotale. Negli studi generali vengono mandati i migliori religiosi, ma si precisa che lo studente deve non solo possedere una adeguata istruzione ma essere soprattutto una persona umile e raccomandabile per la buona fama e la condotta di vita. Negli anni di studio deve essere ben controllato perché faccia profitto degli studi sia fedele alle osservanze regolari e cerchi il vero bene dell'Ordine. Allo studio è legato l'apostolato della parola e della penna; e quanti hanno conseguito gradi accademici devono attendere non solo allo studio e all'insegnamento ma anche alla predicazione della parola di Dio, come dice un grandissimo agostiniano di quei tempi, Agostino Trionfo: «La S. Madre Chiesa stabilì le religioni della povertà (gli Ordini Mendicanti) per questi due scopi principali:

1. perché i fratelli impegnati nello studio delle Lettere Sacre illuminino gli altri con la verità della dottrina;

2. perché vivendo religiosamente secondo la Regola siano in grado di edificare gli altri con la loro condotta».

La storia di quei tempi ci conferma come l'Ordine Agostiniano abbia saputo raccogliere il messaggio della Chiesa con una schiera veramente folta di dotti, di apostoli e di santi.