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Torelli: Secoli Agostiniani - Tomo IV

Agostino e san Giovanni: affresco a Tolentino

Agostino e san Giovanni: affresco a Tolentino

 

 

ANNO 1274

Anni di Christo 1274 - del secolo XXI – della Religione 888

 

 

 

 

1 - Richiede, non tanto l’ordine del tempo, quanto ancora la dignità della cosa, che noi diamo felice principio a quest’Anno presente del 1274 col sagrosanto, et ecumenico Concilio Generale congregato quest’Anno appunto nella famosa Città di Lione in Francia, quale appunto dicessimo havere intimato fin nel passato Anno il Sommo Pontefice Gregorio, doppo che egli si fu d’Italia in quella Città trasferito. Vennero dunque i Padri al Concilio nel principio di quest’Anno, ed è fama, che fra questi vi fossero 500 Vescovi, fra quali alcuni dell’Ordine nostro, come appresso scriveremo 60 Abbati, et altri Prelati minori fino al numero di mille, e fra questi vi fu il nostro Generale, con molti altri Padri, come espressamente si raccoglie da un Registro antico della nostra Provincia Romana, nel quale appunto si dice, parlando di quest’Anno: In nomine Domini Amen. Anno Domini 1274 tempore Domini Gregorij Papae X celebratum fuit Concilium Generale, apud Lugdunum in Provincia Franciae, et eodem Anno Fratres nostri redierunt, et in Mense Octobris, etc. Nelle quali parole evidentemente si cava, che molti nostri Padri intervennero a questo Concilio.

2 - Fu celebrata la prima Sessione alli 7 di Maggio, nel quale fu aperto il Concilio, e si diede principio alle funtioni di quello. Le cose, che in questo Concilio trattaronsi, furono molte, ma le più principali furono le seguenti. Primieramente, l’Unione della Chiesa Greca, e Latina, la quale col Divino aiuto, felicemente si concluse, massime intorno a’ due punti principali, cioè a dire, alla Processione dello Spirito Santo egualmente dal Figlio, come dal Padre, non come da due Principi, o due Spiratoti, ma come da un solo Principio, e Spiratore, e non due, ma con una sola Apiratione; poiché li Greci sciocchi, follemente davansi a credere, che i nostri Latini, dicendo, che lo Spirito Santo procedeva dal Padre, e dal Figlio, intendessero, ch’egli procedesse da due Principj, e Spiratori, ed anco con due Spirationi, cosa, che mai, né meno per pensiero havevano quelli sognata. Determinossi ancora, che il Primato sopra tutte le Chiese dell’Universo, l’havesse veramente la Romana, et altre cose tali. Alle quali tutte si sottoscrisse di buona voglia Michele Paleologo Imperatore di Costantinopoli, di cui Legati ritrovaronsi nel Concilio, benchè alcuni dicano, che vi si ritrovasse egli medesimo in Persona, il quale in oltre volle, che da tutt’i suoi Sudditi fosse accettato, quanto s’era nel Concilio ordinato, castigando severamente chiunque ricusava d’accettarlo; benchè poi questa Unione, come di tant’altre era successo, non durò lungo tempo, per la perfidia, e superbia di quell’ostinata, ed orgogliosa natione; tanto scrivono Niceforo, Gregora, Pachinero, et altri.

3 - Trattossi ancora in questo Concilio della ricuperatione di Terra Santa, e fu stabilito, che per sei Anni a venire si dovesse pagare, a quest’effetto, la decima parte dell’Ecclesiastiche Entrate; se bene poi anche questa volta, ogni cosa riusci con poco frutto.

4 - E perché il Pontefice haveva osservato di quanto danno, e pregiuditio, riuscissero alla Chiesa le lunghe Vacanti, fece, che in questo Concilio si determinasse di fare per l’avvenire, doppo la morte de’ Papi, il Conclave, cioè a dire, che li Cardinali, doppo fatte le solite Esequie al morto Pontefice, non dovessero più radunarsi in S. Pietro, o S. Giovanni Laterano, dentro di Roma, o nelle Cattedrali dell’altre Città, semplicemente, all’hore stabilite de’ loro congressi, ritornando poi alli loro alloggiamenti, come havevano per lo passato costumato di fare, ma che vi fosse un luogo a posta destinato, nel quale entrassero, e fossero ivi dentro chiusi, nè potessero più d’indi uscire, fin tanto, che non havessero eletto, e creato il nuovo Papa; deliberatione santa, che ben si è poi provato essere stata dallo Spirito Santo dettata, per l’utile grande, che n’è avvennuto alla Chiesa; tanto scrive il Panvinio nell’Annotationi alle Vite del Platina, nella Vita di Gregorio X.

5 - Fu anche determinato, e concluso, che tutte le Religioni, che erano state inventate, ed istituite doppo il gran Concilio di Laterano, ultimamente stato celebrato sotto Innocenzo III l’Anno del 1215 massime Mendicanti, dovessero onninamente estinguersi, senza alcuna dimora, con questa differenza però, che quelle, che erano state inventate, et havevano ottenuta la Confirmatione, ed Approvatione Apostolica, queste dovessero, a poco, a poco, estinguersi, senza più vestire. E perché fra queste v’erano le due Religioni de’ SS. Domenico e Francesco, furono però dal Concilio, con una Clausula espressa eccettuate, per l’utilità grande, che manifestamente vedevasi apportarsi da queste alla Chiesa di Dio, non meno con la santità della vita, che con l’altezza della Celeste Dottrina, che continuamente insegnavano, e predicavano al Popolo Christiano.

6 - Ed affinché il Mondo non istimasse, che la nostra Religione con quella del Carmine, per essere divenute amendue, doppo il suddetto Concilio Lateranense, di Eremitiche semplici, che erano prima, anche Mendicanti, havessero perciò mutato essentialmente Stato, ed Istituto, come con poco senno hanno scritto alcuni, e spetialmente il P. Cresentio nel Presidio Romano, quale a suo tempo confutassimo bastamente, volle il Concilio, con un chiarissimo Testo dichiarare, che di queste due non parlava, perché l’Istituto loro era più antico di quel gran Concilio Laterarense, perciò voleva, che restassero nel loro stato sodo, fermo, e stabile. Ma prima, che più oltre procediamo, gliè bene, che diamo la Copia della Decretale del detto Pontefice, e del Concilio, la quale appunto registrata si legge nel Libro 6 de’ Decretali Tit. de Religiosis Domibus capite unico, corretta, et emendata da Bonifaccio VIII che fu appunto Autore del suddetto Libro 6 et è la seguente:

7 - Religionum diversitatem nimiam (ne confusionem induceret) Generale Concilium consulta prohibitione vetavit. Sed quia non solum petentium inhiatio illorum postmodum multiplicationem extorsit; verum etiam aliquorum praesumptuosa temeritas, diversorum Ordinum, praecipue Mendicantium (quorum nondum approbationis meruere principium) effrenatam quasi multitudinem adinvenit; repetita constitutione districtius inhibentes, ne aliquis de caetero novum Ordinem, aut Religionem adinveniat, vel Habitum novae Religionis assumat. Cunctas affatim Religiones, et Ordines Mendicantes post dictum Concilium adinventos, qui nullam confirmationem Sedis Apostolicae meruerunt, perpetuae prohitioni subijcimus, et quatenus praecesserant revocamus. Confirmatos autem per Sedem eamdem (post idem tamen Concilium institutos quibus ad congruam sustentationem redditus, aut possessionis habere professio, sive Regula quaelibet interdicunt, sed per quaestum publicum tribuere victum solet incerta mendicitas, modo decernimus subsistire infrascripto; ut videlicet Professoribus eorumdem Ordinum, ita liceat in illis remanere si velint, quod nullum deinceps ad eorum Professionem admittant, nec de novo Domum, vel aliquem Locum acquirant; nec Domos, seu Loca, quae habet alienare valeant, sine Sedis eiusdem licentia spetiali. Nos enim ea Sedis Apostolicae dispositioni reservamus, in Terrae Sanctae subsidium, vel Pauperum, vel alios pios usus per locorum Ordinarios, vel eos, quibus Sedes ipsa commiserit, convertenda. Si secus vero praesumptum fuerit, nec Domorum, vel Locorum acquisitio, aut ipsorum caeterorumque bonorum alienatio valeat, et nihilominus contrarium facientes, Sententiam Excommunicationis incurrant. Personis quoque ipsorum Ordinum omnino interdicimus, quo ad extraneos, Praedicationis, et audiendae Confessionis Officium, aut etiam Sepulturam. Sane ad Praedicatorum, et Minorum Ordines (quos evidens ex eis utilitas Ecclesiae universali proveniens perhibet approbatos) praesentem non patimur Constitutionem extendi; caeterum Eremitarum S. Augustini, et Carmelitarum Ordines, quorum institutio dictum Concilium Generale praecessit in solido statu volumus permanere. Ad haec personis Ordinum, ad quos Constitutio praesens extenditur, transeundi ad reliquos Ordines approbatos licentiam concedimus generalem, ita quod nullus Ordo ad alium, vel Conventus ad Conventum, se, ac loca sua totaliter transferrat, Sedis eiusdem super hoc permissione spetialiter non obtenta.

8 - Questa è per appunto la Copia fedele della detta Decretale, in quella forma appunto, che la corresse, come habbiamo detto di sopra, Bonifaccio VIII, imperochè nel vecchio esemplare v'erano alcune particole le quali, o le levò di fatto, o per lo meno le mutò; attesochè, ove prima ne' vecchi Esemplari, parlando delli due Ordini di S. Agostino e del Carmine diceva, in solito statu, overo in suo statu, cancellò egli le dette parole, et in vece di quelle, fece notare, in solido statu, o perché stimasse, che quegli antichi Esemplari nell'accennate parole, fossero errati, o corrotti, o pur anche a bello studio le mutasse egli, o perché fossero oscure, e superflue, o perché le stimasse ancora forse contrarie ad altre Leggi; imperochè, come costa dalla Bolla dello stesso Bonifaccio VIII che impressa si legge nel principio del libro 6 de' mentovati Decretali, egli fece rivedere con molta diligenza li Decretali del detto libro 6 da tre gran Canonisti, cioè a dire, da Guglielmo Arcivesc. Ebrudunense, da Berengario Vescovo Biterense, e da Riccardo da Siena, fra l'altre cose dice, che havendo resecate totalmente dalli detti Decretali molte cose, perché parevano a se stesse, o ad altre Leggi contrarie, o totalmente superflue, et havendone alcun'altre abbreviate, et alcune ancora in tutto, o in parte mutate, e fatte altresì in quelle molte correttioni, detrattioni, et addittioni, l'approvò e confirmò; sentiamo le parole della Bolla, nelle quali tutto ciò s'esprime: Et pluribus ex ipsis (cum sibi ipsis, vel alijs iuribus contrariae, seu omnino superfluaeviderentur) penitus resecatis; reliquis quibusdam ex eis abreviatis, et aliquibus in toto, vel in parte mutatis, multisque correctionibus, detractionibus, et additionibus factis in ipsis, etc. Dal che si cava, che quelle parole, in solito, vel in suo statu, o non furono nella predetta Decretale registrate, o se forse vi furono, furono poi corrette, mutate o levate. Ma siasi la cosa, come si voglia basta a noi di sapere, che nel fine della detta Bolla, lo stesso Bonifaccio prohibisce, che non si debbano ricevere ne' Giuditj, e nelle Scuole, altre Decretali, fuori, che quelle sole fatte da esso correggere, e poste nel detto libro 6 lasciandosi intendere chiaramente nella detta Bolla, come habbiamo motivato di sopra, haver egli resecato molte cose dalle Decretali suddette, perché, sibi ipsis, vel alijs iuribus contrariae, seu omnino superfluae viderentur; ed haverne mutate altre con molte correttioni, detrattioni, et additioni fatte in esse; si che da tutto ciò una di queste due cose manifestamente ne siegue, o che le predette parole non furono in quella Decretale, o se vi furono, Bonifaccio VIII con la sua Autorità Apostolica, le corresse, le mutò, o levò via.

9 - Ma , che diremo di quell'altre parole, le quali immediatamente si leggevano ne' vecchi Esemplari doppo il Paragrafo Caeterum, etc. ove si aggiungeva: Donec de eis alias nobis visum fuerit; intendimus enim, tam de illis, quam de reliquis etiam non Mendicantibus Ordinibus, prout Animarum saluti, et eorum statui expedire videbimus, providere. Rispondo col dottissimo Lezana sotto il num. 7 di quest'Anno nel Tomo 4 de' suoi Annali Eliani, che forse Papa Gregorio in questa clausula, volle dichiarare il Ius, e l'Autorità, che ha la Chiesa sopra le Religioni, etiamdio confirmate, cioè a dire, che di quelle puole ordinare, e provedere tutto ciò che li pare essere espediente per la salute dell'Anime, e per lo stato di quelle, o pure diciamo col medesimo Autore, che il Pontefice, et il Concilio, hebbero intentione per avventura d'aggiungere, o di levare qualche cosa dalle Regole, e dalle Costitutioni de gli Ordini predetti di S. Agostino, e del Carmine, sì come ancora da quelle d'altri Ordini non Mendicanti, et ancora di riformarle, di correggerle, e d'ampliarle; e perciò disse: Donec de ipsis alias nobis visum fuerit; intendimus enim, tam de illis, quam de reliquis, etiam non Mendicantibus Ordinibus, prout Animarum saluti, et eorum statui expedire videbimus, providere. Il senso dunque del Pontefice era questo. Gli Ordini de gli Eremiti di S. Agostino, e de' Carmelitani, rimanghino in quello stato, e modo di vivere, nel quale sono stati fin' hora, fin tanto, che haveremo dati, così ad essi, come a gli altri Ordini, anche non Mendicanti, alcuni Statuti, e Decreti particolari, da osservarsi, come più parerà a noi espediente per la salute dell'Anime, e dello stato loro.

10 - Ma dirà uno, dice pure la Glosa sopra il predetto Testo del Capitolo unico, de Religiosis domibus, etc. sopra le suddette parole: Donec de ipsis alias nobis visum fuerit, etc. Che corse fama, che Gregorio Papa non voleva lasciare in piedi alcun'Ordine de' Mendicanti, fuori che quelli de' Predicatori, e de' Minori; ecco le parole della Glosa: Dicebatur, quod Gregorius nolebat aliquem Mendicantium dimittere, nisi Praedicatores, et Minores; et aggiunge ancora la detta Glosa, che delli non Mendicanti, tre soli ne voleva lasciare, cioè a dire, li Monaci Neri, e li Cistercensi; e de gli Hospitalarj, e Templarj, ne voleva formare un'Ordine solo. Ma a questa oppositione rispondiamo, che di questa Glosa non si deve fare alcuna stima, come quella, che non ha l'appoggio d'alcun Autore grave, che la spalleggi, et è destituita d'ogni fondamento ragionevole; onde non ha altro appoggio, che un falso romore sparso forse fra la minuta Plebe, avvida sempre di cose nuove; e ben l'esito della cosa dimostrò, che era una mera favola inventata dal Volgo, simile a quella della Papessa Giovanna, finta nella Persona di Giovanni VIII imperochè, né il Pontefice, né il Concilio fecero alcuna novità intorno alli detti due Ordini, ma li lasciarono nel loro stato antico, fermo, e stabile, nel quale gli havevano ritrovati; e quand'anche havessero fatta qualche novità, così in essi, come ne gli altri non Mendicanti, ciò non haverebbe punto pregiudicato, né alla nostra Antichità prima del Gran Concilio Lateranense, confessata espressamente dal Papa, e dal Concilio suddetto nel più volte citato Paragrafo Caeterum, etc. né alla nostra buona Fama, già che di noi niuna cosa cattiva dicono, ma solo sarebbe stato un' effetto del loro puro, e mero Arbitrio; e la nostra sorte sarebbe stata uguale a quella di tanti altri Ordini antichi, gravi, e Santi, come quelli de Certosini, de' Vallombrosani, de' Canonici Regolari, e d'altri molti. Ma in effetto la cosa non fu così, ne forse mai passò tal pensiero per la mente, non solo del Sommo Pontefice, ma né tampoco del minimo di que' tanti Padri, che costituivano quel gran Concilio.

11 - S'aggiunge finalmente, ch'essendo li detti Ordini, per la loro antica Istitutione, e Conferma, ricevuta dalla Santa Sede, e prima da' Vescovi Diocesani, per la loro Santità, e lodevole conversatione, grandemente utili, e profittevoli alla Chiesa di Dio in questo tempo; e per qual cagione il Pontefice, et il Concilio gli havevano da distruggere? E s'hebbero questo sentimento, e per qual causa non l'effettuarono? Potevano forse havere, od aspettare tempo più commodo per ciò fare, quanto che questo, in cui tutta la Chiesa Cattolica stava insieme unita in un Concilio Generale? Hor vedi Lettore, quanto per ogni lato, improbabile si renda l'opinione di coloro, che sentono il contrario di questo, che fin'hora, con tanta evidenza habbiamo dimostrato. Vedasi intorno a questo grave Argomento, ciò ch'eruditamente, come sempre suole, scrive il Dottissimo nostro Maestro Giovanni Marquez ne' Paragrafi 4 e 5 del cap. 2 del suo bel Libro dell'Origine de' Frati Eremitani di S. Agostino. L' altre oppositioni, che sono state fatte contro il mentovato Paragrafo Caeterum, etc. dal Navarro, e dal Pennotto, si possono vedere sotto l'anno del 1214 dal num.7 fino al 20 con le loro risposte.

12 - Quanti Ordini poi fossero abboliti, e come si chiamassero, no l'ho potuto fin'hora sapere perochè niun Autore ne parla precisamente. De gli approvati, vi fu di certo quello della Penitenza di Giesù Christo, come altre volte habbiamo detto, il quale ancora, con altro nome si chiamava de Sacciti, o Frati del Sacco, molti Conventi de' quali vennero poi nelle nostre mani, parte comprati, e parte anco donati.

13 - Ma dirà alcuno, l'Ordine de' Servi era pur stato istituito doppo il Concilio Lateranense, e pure non fu abbolito; dunque quella Costitutione, non fu in tutto osservata? Rispondo che l'Ordine de' Servi si salvò, perché fu riputato essere una stessa cosa col nostro, che però nelle Bolle antiche e massime di questo tempo sempre si chiama Ordinis S. Augustini; così Honorio IV in una Bolla diretta al Priore, e Frati dell'Annunciata di Firenza, dice: Dilectis filijs, Priori, et Fratribus Domus Sanctae Mariae de Caphagio Episcopatus Florentini, Ord. Sancti Augustini, etc. E Nicola IV in un'altra del 1290 diretta a tutt'i Padri dell'Ordine, dice: Universis Prioribus, et Fratribus Servorum Sanctae Mariae Ordinis Sancti Augustini. E lo stesso dicono sempre i Pontefici in que' tempi, ed anco doppo, come si può vedere da chi che sia, appresso Arcangelo Gianio nelle Centurie de' Servi, nel primo Tomo. E questo, che diciamo de' Servi, intendesi di tutti gli altri Ordini, che havevano qualche participatione essentiale con l'Ordine nostro di S. Agostino, come appunto l'haveva quello de' Servi accennato, il quale, come vogliono alcuni, e non senza gran fondamento, come habbiamo altrove motivato, si stima havere havuto origine dall'Ordine nostro; per lo meno gli è certo, che da Papa Alessandro IV nell'Anno di Christo 1254, egli fu al nostro aggregato, come anche candidamente confessa, e scrive Maestro Michele Servita nella sua Cronica del detto Ordine sotto dell'Anno mentovato; e noi altresì l'accennassimo pure nell'Anno medesimo sotto il numero 16 producendo ancora le parole formali del poco dianzi mentovato Cronista de' Servi.

14 - Essendo stato chiamato al suddetto Concilio di Lione, dal Sommo Pontefice Gregorio, con molta istanza, l'Angelico Dottore S. Tomaso d'Aquino, affinchè con la sua Celeste Dottrina, dovesse illustrarlo, insieme con il Serafico Padre San Bonaventura, poco dianzi alla Porpora Cardinalitia assunto, e volendo egli, benchè poco sano, ubbidire, appena haveva fatte due giornate, quando infermossi a morte nel Convento insigne di Fossa Nuova dell'Ordine Cisterciense, poco lungi dalla Città di Piperno, et ivi in termine di pochi giorni, stando egli spiegando, così infermo, la sagra cantica, ad istanza di que' divoti Monaci, rese la sua Angelica Anima nelle mani del suo Creatore, per la cui Gloria, tanto haveva affaticato, nel giorno settimo di Marzo, e fu poi Canonizato da Papa Giovanni XXII.

15 - E' fama, e si scrive da molti, che havendo intesa, Gregorio il buon Pontefice, la morte di quel Santo Dottore, ne sentisse grandissimo rammarico, e che in suo luogo facesse al Concilio venire il nostro Beato Agostino Trionfi Anconitano; il che se fosse vero non sarebbe poca lode d'un tant'huomo, che solo fra tanti Huomini insigni, che in questo tempo vivevano, fosse stato riputato degno dal Pastore Universale del Popolo Christiano, di supplire le veci d'un Tomaso d'Aquino. Vedi l'Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto a car.8.

16 - Scrive altresì Agostino Ardinghelli Domenicano nel suo bel Libro intitolato Congeminata vox Turturis, che in questo Concilio vi si ritrovò presente un altro Religioso dell'Ordine nostro, grandissimo Letterato, il quale si chiamava F. Giacomo da Praga; e soggiunge il detto Ardinghelli, che alla presenza del Papa, in compagnia di Placido Vescovo Andrense, il quale era pure anch'egli dell'Ordine nostro, et anche alla presenza dell'Imperatore Paleologo confutò i Teologi Greci, con gran gloria della Romana e Latina Chiesa, et honore immortale del suo nome. Io vuò quivi portare le parole dell'Autore suddetto, acciò non paia un mio Rettorico ingrandimento: Clara ibidem (dice egli) memoria aromata spirans Iacobi Pragiensis, qui cum Placido Episcopo Andrensi, in Concilio Lugdunensi, coram Paleologo Imperatore Graecos confutavit; così riferisce il Dotto Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto a carte 460; avverto io, che s'ingannò il detto Autore mentre disse, che Giacomo da Praga nostro, col suddetto Vescovo Placido havesse confutati li Greci alla presenza dell'Imperatore Paleologo, imperochè questo Principe non si trovò presente nel Concilio predetto; ma forse volle egli dire, che ciò fece alla presenza de gli Ambasciatori del detto Imperatore Paleologo.

17 - Ma già che habbiamo nominato, così quasi per accidente, il suddetto Placido Vescovo Andrense, e detto altresì, che egli era dell'Ordine nostro, e' sarà bene, che registriamo quivi i nomi d'alcuni Vescovi, li quali intervennero in questo famoso Concilio di Lione. Quattro dunque, ritroviamo, che furono li Vecovi nostri, li quali furono in questo Concilio, e tutti quattro, stimiamo, che fossero Oltramontani, e spetialmente delle parti d'Ungheria, di Boemia, e di Germania, perché quasi tutti nell'andarvi, passarono per Ratisbona, e fors'anche allogiarono nel nostro Monistero; il primo fu questo Placido, di cui poco dianzi habbiamo favellato, il quale concesse alcune Indulgenze alla sudetta Chiesa nostra di Ratisbona.

18 - Il secondo fu Giacomo Vescovo Magiorense, di cui ancora conservasi la memoria nel suddetto Convento di Ratisbona, imperochè, passando anch'egli per la detta Città in quest'Anno, concesse alcune Indulgenze al Santo Crocefisso miracoloso della nostra Chiesa, in certe Feste particolari, quali non esprime il Milensio, che ciò riferisce, come né tampoco l'Errera, e ciò fu, come dicono entrambi a' 29 di Maggio di quest'Anno.

19 - Il terzo fu un altro Religioso dell'Ordine nostro, per nome Imerio, il quale era Vescovo Acciense, et anch'egli, ad immitatione de gli altri due Vescovi mentovati, Placido e Giacomo, concesse alla medesima Chiesa di Ratisbona alcune Indulgenze; e ciò fu a' 30 di Maggio di quest'Anno medesimo. Questo poi è quel medesimo F. Imerio Vescovo Acciense, il quale, per Ordine, o con licenza d'Alberto Vescovo di Volterra, consagrò la nostra Chiesa di S. Lucia di Rosia della Diocese Volaterana a' 22 di Maggio l'Anno di Christo 1267, come ancor noi sotto di quell'Anno notassimo.

20 - Fu finalmente il quarto Vescovo de' nostri Agostiniani, che si trovò presente in questo Concilio, un certo F. Tolomeo Vescovo Bardanense, o più tosto Buduense, come in vero attesta il P. Errera leggersi ne' suoi Diplomi, che si conservano nel nostro Monistero di Melnich nella Germania, alla cui Chiesa concesse anch'egli questo Vescovo in questo medesimo Anno, alcune Indulgenze; tanto ancora testifica, e scrive l'erudito P. Milensio nel suo Alfabeto Germanico. Hor se tanti Vescovi dell'Ordine Agostiniano dalle parti della Germania, andarono al Concilio di Lione, gli è ben da credere, che anche li Vescovi dell'Italia, e de gli altri Regni v'andassero, se bene noi non habbiamo havuto fortuna di ritrovarne alcuna memoria particolare.

21 - Riferisse Gioseffo Vescovo di Segni nella sua brieve Cronica Agostiniana a car. 31, che essendosi radunato Capitolo Generale nella stessa Città di Lione, e da tutte le parti dell'Ordine, essendo convenuti in quello li Padri Vocali della Religione, a quello chiamati dal Santo Generale, il Beato F. Clemente da Osimo; e ciò a fine di trattare delle cose importanti della Religione, e spetialmente per fare nuovi Decreti, Definitioni, e Statuti, et altre cose necessarie per il publico bene dell'Ordine; ma come poi il Santo Generale facesse grandissima istanza a' Padri Capitolari di venire all'eletione d'un nuovo Capo, perché egli pretendeva di rinonciare in ogni conto quella gravissima Carica, non fu mai possibile, che que' buoni Padri volessero condescendere alle di lui brame ardenti, imperochè havevano deliberato, o d' havere esso per Generale, o nissuno, onde convenne, che havesse per questa volta patienza, e proseguisse a governare la Religione; fu fatto questo Capitolo a' 16 di Maggio.

22 - Finito poi il Concilio e licentiatisi, così il Generale, come gli altri Padri, dalla Santità del Pontefice, se ne ritornarono in Italia, ove giunti, subito il P. Generale sudetto intimò un nuovo Capitolo Generale nella nobil terra in quel tempo di Molara, la quale era Feudo della Casa Anibaldense, e di questa era Rampollo Illustre Riccardo Diacono Cardinale di S. Angelo nostro benignissimo Protettore, il quale non era altrimenti morto nel Concilio di Lione, come scrive l’Errera haver notato alcuni Autori; anzi che a sua istanza fecesi il Capitolo nella Terra, et egli medesimo vi si ritrovò presente, come appresso vedremo; e tutto ciò espressamente si legge in quel Registro antico della Romana Provincia, quale abbiamo citato più sopra sotto il numero primo di quest’anno. E questo Capitolo non fu celebrato a’ 18 di Novembre, come per errore scrive il suddetto Panfilo nel luogo citato, ma ben sì a’ 18 di Ottobre, come leggesi nel mentovato Registro. In questo Capitolo poi, come il B. Clemente di nuovo facesse istanza grande, che si venisse all’elettione d’un nuovo Generale, e non fosse possibile, che alcuno, per di grande autorità, ch'egli fosse, a cui bastasse l’animo di persuadergli il contrario, al per fine, più per non disgustare quell’Huomo Santo, che per volontà, che n’havessero, si ridussero a fare l’elettione d’un altro il quale fu, come piacque a Dio, un soggetto egualmente Santo, che Scientiato, e Sapiente, e questo fu F. Francesco da Reggio famoso Lettore di Teologia. Et uno de’ più eruditi Oratori del suo tempo; di cui appunto favellando il Beato Arrigo d’Urimaria dice, che fu Religioso di gran riverenza, di maravigliosa facondia, e di grande honestà: Quartus fuit (dice egli nel suo brieve trattato dell'Origine dell’Ordine) Generalis post unionem, fratrer Franciscus, Vir magnae reverentiae, et mirae facundiae, ac honorestatis eximiae.

23 - Ma per maggiore autentica di quanto qui scriviamo, vogliamo qui trascrivere le parole precise del sudetto Registro antico della Provincia Romana; le quali appunto sono le seguenti: Eodem Anno 1274 Fratres nostri redierunt de Lugduno, et in Mense Octobris in Festo S. Lucae Evangelistae celebraverunt Generalissimum Capitulum in Loco Novo in Castro de Molario tunc accepto in prasentia Rever. Patris, et D. Riccardi Anibaldensis Diaconi Cardin. S. Angeli, etc. et tunc complevit offitium suum Generalatus Frater Clemens de Auximo. Et Tunc electus fuit Ven. Lector Frater Franciscus de Regio, in praesentia Domini Cardinalis Protectoris, etc.

24 - Nello stesso Capitolo furono Diffinitori Generali, per la Provincia Romana, come leggesi nello stesso Registro, due religiosi di molta stima, li quali furono F. Francesco Romano del Mercato, e F. Matteo da Viterbo, il quale pur anche all’hora era stato fatto dal Card. Protettore primo Priore del Luogo Nuovo di Molara, ove s’era il Capitolo celebrato: fu altresì eletto Provinciale della stessa Provincia F. Paolo da Perugia, huomo di santissima vita; e li Diffinitori della Provincia, furono F. Simone da Corneto Priore di Centocelle, e F. Filippo da Montelupone; furono ancora fatti due Visitatori, li quali furono F. Donato da Spoleto, e F. Vitale da Gubbio.

25 - In quest’anno istesso, celebrossi il Capitolo Provinciale della Provincia Romana, come leggesi nello stesso Registro manoscritto, e l’afferma anche il Padre Girolamo Romano nella sua Cronica manoscritta dell’Ordine nel convento di Corneto nella Festa solenne di Tutti li Santi, e vi fu presente il Generale nuovamente eletto; non si fece in questo Capitolo alcuna elettione, perochè erano state fatte prima tutte nel Capitolo Generale, ma solamente mi penso, che si trattasse d’alcune cose spettanti al buon governo della Provincia; e qui notar si deve, che il sudetto Convento di Molara, era stato pur poco dianzi fondato dal Card. Riccardo Protettore a sue proprie spese, come certamente si crede, e bisogna, che fosse un Convento anche assai capace, mentre vi si puote celebrare un capitolo Generale; et anche poco appresso, come fra poco vedremo, vi fu posto lo Studio; con la distruttione poi della detta Terra di Molara, si stima, che rimanesse anche distrutto il detto Convento; et é fama, che le facoltà di quello fossero applicate al Convento di S. Agostino di Roma: la di lui estintione, o distrutione, successe doppo l’anno 1290. Perochè in quello ancora era in buon stato, come in quel tempo, a Dio piacendo, dimostraremo.