Agostino, il Battista e san Gerolamo
ANNO 1300
Anni di Christo 1300 - della Religione 914
1 - Essendosi impadroniti, alcun tempo avanti, i malvagissimi Turchi (Gente barbara, e fiera, uscita già molto prima dalle pantanose pozzanghere della Pallude Meotide ad infettare il Mondo) del nobilissimo Regno dell'Asia Minore, et havendolo in oltre diviso in sette Principati, o Satrapie, ne crearono poi di quelle Principi, e Signori, sette de' più valorosi Capitani della loro pessima razza; hor uno di questi, che Ottomano chiamavasi, a cui era toccata in sorte la Bittina, non trovandosi contento d'una sola Provincia, cominciò a pensare di rendersi Signore dell'altre sei, che possedevano i suoi Compagni; et in effetto movendo guerra, sotto varj pretesti, hora a questo, et hora a quell'altro, in brieve tempo, com'era in vero un prode, e valoroso Guerriero, debellati gli Emoli, si rese Signore di tutto il Regno; il che per appunto successe intorno a quest'anno del 1300 nel quale anche, per tante sue vittorie, divenne terribile, e formidabile, non solo alle Nationi confinanti al suo Regno, ma di vantaggio alle più rimote dell'Africa, e dell'Europa. Da costui trasse poi la sua prima origine la diabolica Casa Ottomana, la quale in meno di quattro Secoli si è fatta così potente, che hoggidì tiraneggia la maggior parte del Mondo vecchio, cioè dell'Asia, dell'Africa, e dell'Europa. Il Bzovio, il Rainaldi, lo Spondano, e tutti gli altri Scrittori del Secolo, e della Chiesa.
2 - All'incontro la nostra Italia in quest'anno fu assai travagliata da' Terremoti molto terribili, e frequenti, a segno, che una gran parte de' Popoli di quella, temendo di non restare vivi sepolti sotto le ruine delle Case loro, abbandonando le Città, e gli altri Luoghi murati, se ne passarono ad habitare nelle aperte Campagne. Per la qual cosa il buon Pontefice Bonifacio VIII così per iscansare tanti mali, e per placare la giusta Ira di Dio, come altresì per ricolmare ancora fra tante miserie, di giubilo, e di contento, i cuori dell'afflitta Christianità, istituì un gran Giubileo da doversi celebrare ogni 100 anni, quale fin dall'hora cominciò a chiamarsi il gran Giubilo dell'Anno Santo. La sostanza poi di questo Giubileo, fu un'Indulgenza plenaria, con la remissione de' peccati, a tutti quelli, che havessero nel detto anno visitato 30 giorni, se erano Romani, e 15 giorni, se erano Forestieri, le sagrosante Basiliche de' Prencipi degli Apostoli S. Pietro, e S. Paolo. Publicata dunque questa grand'Indulgenza per tutta la Christianità, fu così grande il concorso de' Pellegrini a Roma, che testifica Giovanni Villani Historico molto sincero di quel tempo, e che anche si portò a Roma ad acquistare il detto Giubileo, che non vi era giorno in cui non entrassero in Roma (cosa in vero maravigliosa) 200 mila Pellegrini; e con tutto, che fosse così grande il concorso, non vennero mai meno le vittovaglie, anzi che ve n'era in tanta abbondanza, che si vendevano a buonissimo prezzo; laonde conclude il Villani nel cap. 36 del lib. 8 della sua Storia sudetta, che Roma con tale occasione si riempì di immense ricchezze. E perché io mi persuado, che farò cosa grata a miei cortesi, et eruditi Lettori, se qui produco la Bolla del detto Giubileo, eccola appunto tal quale la registra nel Tomo del suo Bollario Romano, Cherubino Laertio, et è la seguente:
Bonifacius Episcopus Servus Servorum Dei.
3 - Ad perpetuam rei memoriam. Antiquorum habet fida relatio, quod accedentibus ad honorabilem Basilicam Principis Apostolorum de Urbe concessae sunt magnae remissiones, et Indulgentiae peccatorum. Nos igitur qui iuxta officij nostri debitum salutem appetemus, et procuramus libentius singolorum, huiusmodi remissionem, et Indulgentias omnes, et singulas, ratas, et gratas habentes, ipsas auctoritate Apostolica Confirmamus, et approbanus. Ut autem Beatissimi Petrus, et Paulus Apostoli eo amplius honorentur, quo eorum Basilicae de Urbe devotius fuerint a fidelibus frequentatae, et fideles ipsi spiritualium largitione munerum ex huiusmodi frequentatione magis senserint se refertos; Nos de Omnipotentis Dei misericordia, et eorundem Apostolorum eius meritis, et auctoritate consisi, de Fratrum nostrorum consilio, et Apostolicae plenitudine potestatis, omnibus in praesenti anno millesimo trecentesimo a Festo Nativitatis Domini Nostri Iesu Christi praeterito proxime inchorato, et in quolibet anno centesimo secuturo, ad Basilicas ipsas accedentibus reverenter, vere poenitentibus, et Confessis, vel qui vere poenitebunt, et consistebuntur, in huiusmodi praesenti, et quolibet centesimo secuturo annis, non solum plenam, et largiorem immo plenissimam omnium suorum concedemus, et concedimus veniam peccatorum. Statuentes, ut qui voluerint huiusmodi Indulgentiae a nobis concessae fieri participes, si fuerint Romani, ad minus triginta diebus continuis, seu interpolatis, et saltem semel in die, si vero Peregrini fuerint, aut Forenses, simili modo diebus quindecim, ad Basilicas easdem accedant. Unusquisque tamen plus merebitur, et Indulgentiam efficatius consequetur, qui Basilicas ipsas amplius, et devotius frequentabit. Nulli ergo, etc. Datum Romae apud S. Petrum 8 Kal Martij Pontificatus nostri anno sexto.
4 - E quantunque Bonifacio havesse intentione, che il detto Giubileo si dovesse celebrare, come habbiamo detto di sopra, e come egli medesimo si specifica in questa sua Bolla, solamente ogni 100 anni, non conseguì però il suo preteso intento; attesochè 50 anni doppo essendo Pontefice Clemente VI lo ridusse a 50 anni. Et Urbano VI 40 anni doppo, lo ridusse a 33 soli, con aggiungervi quello la visita ancora della Chiesa Lateranense; e questi la visita altresì della Chiesa di S. Maria Maggiore. E finalmente Paolo II acciochè ciaschedun'huomo, che giunge all'età senile potesse acquistare il detto Giubileo due, e tre volte, lo ridusse a 25 nel qual termine pur tutt'hora si mantiene.
5 - E già, che stiamo trattando dell'eroiche imprese del Pontefice Bonifacio, ci giova qui di registrare un'altra sua Bolla, e così passeremo a racconti più proprj delle nostre Historie, promulgata dallo stesso a favore del Convento di Castel nuovo di Quedlimburgo nella Diocesi d'Alberstat nella Sassonia, perché havendo cominciato li nostri PP. di quelle parti a fondare il detto Monistero quattr'anni prima, e più, e non vi essendo da questo al Convento de' PP. Minori, la tassata distanza di 140 Canne, si commossero li sudetti PP. Minori, et intimarono a nostri una gravissima Lite, facendo istanza, che sfrattassero dal detto luogo, e che si demolisse la fabrica già fatta. Ma i nostri riccorrendo alla S. Sede, esposero al Papa, che il loro Convento da essi fabricato, se bene non era distante dal Convento de' Francescani lo spatio di 140 Canne, misurate per aria, e sopra d'un fiume, che si frapponeva fra il Convento loro, e quelli de' PP. Minori, nulladimeno misurando le Canne per terra nella strada commune, per la quale si andava dal Castel nuovo di Quedlimburgo, dove era fondato il nostro Convento, al Castel vecchio, ove era quello de' Francescani, vi erano più di 140 Canne, oltre che questi due Catelli stavano sotto diverse Giuridittione, che però supplicavano Sua Santità a volerli fare buona giustitia, e ciò tanto più quanto che il Privilegio de' PP. Francescani, come anche il nostro, e quello d'altri Mendicanti, non parlano de' Conventi, che sono situati in luoghi diversi, come questi, ma nello stesso luogo. Hor havendo il Dotto Pontefice intese le vive ragioni de' nostri Padri, tostamente decise la controversia a favor loro con la seguente Bolla registrata dal P. Empoli nel Bollario Agostiniano a car 47.
Bonifacius Episcopus Servus Servorum Dei.
6 - Dilectis Filijs Priori Provinciali, et Fratribus Eremitarum Ordinis Sancti Augustini in Provincia Thuringiae, et Saxoniae salutem, et Apostolicam Benedictionem. Exhibita Nobis nuper vestra petitio continebat, quod vos iam quatuor annis elapsis, et amplius, in Castro novo Quidelimborch Alberstadensis Dioecesis de consensu Ven. Fratris nostri Episcopi Alberstadensis Loci Diocesani, Locum ad construendum, aedificandum, inhabitandum, et permanendum pro vobis, et Fratribus vestri Ordinis recepistis, ibique ad hoc construxistis, et aedificastis Oratorium, et Domos, ac ea inhabitastis, et tenuistis, et inhabitastis etiam, et tenetis. Verum Guardianus, et Fratres Ordinis Minorum Loci alterius Castri, quod dicitur, Castrum antiquum Quidelimborch praetextu Privilegij eis ab Apostolica Sede concessi, per quod aliorum Religiosorum loca infra mensarum centum quadraginta cannarum prope Loca ipsorum Fratrum Minorum haberi, vel fieri prohibentur, afferentes praedictum Locum vestrum de Castro novo, prope iam dictum Locum eorum de Castro antiquo infra mensarum Cannarum huiusmodi esse situm, nituntur ipsum Locum vestrum facere demoliri. Quare Nobis humiliter supplicastis, ut cum praedicta Castra sint sub diversis Dominijs, et Iurisdictionibus constituta, et Flumen quoddam decurrat per medium inter ea, dictus Locus vester distet a praedicto Loco eorum ultra huismodi mensuram centum quadraginta Cannarum, si per viam scilicet, per quam itur de altero ad alterum eorumdem, et per terram tantummodo mensuretur, licet si fieret mensuratio per aerem, et supra Domos, muros, et Flumen, praedicta mensura Cannarum centum quadraginta comprehenderet Loci distantiam, utriusque providere vobis super hoc de benignitate Apostolica dignaremur. Nos igitur intendentes, ut praefatum Privilegium, seu Cannarum terminatio, vel mensura Locum non habeat inter Religiosorum Loca sita in diversis Civitatibus, Castris, aut Terris, seu Villis, et maxime consistentibus sub diversis Dominijs, et Iurisdictionibus, sed in ijs tantum Religiosorum Locis factis, vel faciendis, quae sub uno, et eodem corpore alicuius Civitatis, vel Castri, seu Terrae, vel Villae comprehendere, seu attingere posset Cannarum mensura, vel terminatio praedictarum, praesentium vobis auctoritate concedimus, ut huiusmodi Privilegio, seu oppositione dictorum Fratrum Minorum, aut quibuscumque Privilegijs, Gratijs, Indulgentijs, et Litteris eis a praedicta Sede concessis nequaquam obstantibus, possitis vos, et alij Fratres vestri Ordinis in praedicto Loco vestro de Castro novo, licite, ac libere remanere, nec ad dirutionem, seu destructionem ipsius Loci vestri, vel ad illum quomodolibet relinquendum aliquatenus teneamini, neque ad id a quoquam compelli, vel coarctari quomodolibet valeatis. Nulli ergo omnino, etc. Datum Laterani 18 Kalendas Februarij Pontificatus nostri Anno sexto.
7 - Da questa Bolla, che fu data 15 di Gennaio in quest'anno, con evidenza si cava, che la fondatione di questo Convento si cominciò a fare sotto l'anno del Signore 1295 attesochè il Papa espressamente dice nella Bolla, che la detta Fondatione erasi cominciata più di quattr'anni avanti, con la dovuta licenza del Vescovo di Alberstat. Di questo Monistero poi fu figlio, e credo, che fosse de' primi, il B. Giordano, che communemente chiamasi di Sassonia, il quale, e per la santità della vita, e per la sua incomparabile Dottrina, si rese chiaro, non solo in tutta la Germania, ma anche in tutta la Religione. Compose molte Opere insigni, e specialmente un Libro delle Vite de' Frati dell'Ordine nostro di S. Agostino, et inispecie di quelli, che havevano illustrata la Religione doppo la grand'Unione, e che tuttavia l'illustravano nel suo tempo. Fin hora l'habbiamo noi citato moltissime volte, e molto più per l'avvenire lo citaremo, massime in questo Tomo.
8 - A questo Privilegio fatto dal Pontefice Bonifacio a nostri Religiosi di Castel nuovo di Quaedlimburgo, ci giova di aggiungerne un altro concesso dal Re D. Giacomo Secondo di Aragona al nostro Monistero di S. Agostino della Reggia Città di Valenza; in questo poi concede il Re sudetto a' Padri nostri nel Convento accennato, che possino, a beneplacito loro, senza alcuna contradittione, comprare Terreno del vicino contorno del Monistero, fino alla misura d'una Casisata, et anche conferma la Casisata dell'altro Terreno, che già possedevano per il commodo, e beneficio loro, non ostante qual si voglia Ordine, o Legge fatta da esso Re, o da altri suoi Predecessori; rendendo in oltre lo stesso Convento, e Padri da qual si voglia peso, o gravezza esenti. Fu dato questo Privilegio in Lorca a 26 di Decembre in quest'anno; il tenore poi di questo Privilegio, qual produce l'Errera nel Tomo 2 del suo Alfabeto a carte 525 è il seguente:
9 - Noverint Universi, quod Nos Iacobus Dei gratia Rex Aragonum, Valentiae, et Murciae, Comes Barchinonensis, volentes ad honorem Omnipotentis Dei, et B. Virginis Mariae, et B. Augustini, ac in remedium nostrorum Peccatorum, Monasterium Fratrum Eremitarum Ordinis Divi Augustini situm, et constructum iuxta Civitatem Valentiae, gratijs, et benficijs ampliare, ex certa scientia damus, et concedimus licentiam, et plenum posse Priori, et Conventui praesentibus, et quibus pro tempore fuerint, ut licite, et libere, et sine alicuius contradictione, per praedecessores nostros, et Nos Foro Valentiae, vel aliqua alia ordinatione facta, quae contravenire videatur, possint emere, vel alio titulo acquirere de Realenquo in circuitu Monasterij supradicti terram usque ad unam Casisatam, et mediam, per eos ad quaecumque servitia dicti Monasterij volverint proprio retinenda, et ut beneficium huiusmodi gratiae, et liberalitatis nostrae plenius sortiatur effectum, Nos, et successores nostri, praesentes, et futuri, tam dictam Casisatam, et mediam Terrae, quam aliam Terram circa dictum Monasterium pertinentem, ab omni iugo cuiuslibet exactoris regalis, vel redemptionis eiusdem quocumque nomine censeatur, praesentis Privilegij auctoritate sic liberamus. Datis in Villa de Lorca 6 Kal. Ianuarij Anno Domini millesimo trecentesimo. Rex Iacobus, et Regni Optimates subscripsere.
10 - Da questo Privilegio del Re D. Giacomo Secondo, con evidenza si deduce, che cotesto Convento di S. Agostino di Valenza, era stato fondato molto prima di questo tempo; imperochè non solo da questo Re fu egli beneficato in quest'anno, ma anche il Re D. Pietro suo Padre l'haveva molto favorito, et hoggidì ancora si conservano nella Sagrestia del detto Monistero alcuni Apparati sagri di Brocato, che donò a quella Chiesa il detto Re, come nota il P. Errera nel citato Tomo 2 del suo Alfabeto Agostiniano a carte 525. E molto più poi fu favorito dal Re D. Giacomo Primo, il quale doppo la presa di Valenza, donò il sito alla nostra Religione per fondarvi il detto Monistero, alla qual Fondatione si diede principio nell'anno di Christo 1239 come sotto di quell'anno, con la scorta dello stesso Errera, nel nostro Tomo 4 con vive ragioni dimostrassimo; che però siamo sforzati a replicare di nuovo, che di lunga mano s'ingannò il P. Lezana, quando sotto l'anno 1307 scrisse, che il sudetto nostro Convento di Valenza era stato fondato in quell'anno del 1307 certo, che se egli havesse veduto, e letto questo Privilegio del Re D. Giacomo Secondo, non haverebbe mai scritta simil cosa.
11 - Ma portiamoci hoggimai di Spagna, e ritorniamo in Italia a considerare una gran risolutione presa dal nostro Santissimo Generale, il B. Agostino Novello. Havendo dunque questo Sant'Huomo terminato il corso di due anni del suo Generalato, e dovendo proseguire un'altr'anno altresì nel suo sovrano governo, come continuamente si sentisse nell'interno del suo cuore, a gran voce richiamare alla beata quiete de' suoi vecchi Eremi della Toscana, determinò finalmente di celebrare il Capitolo Generale in quest'anno; che però mandò ben tosto per ogni parte della Religione le sue Lettere convocatorie, nelle quali invitò tutti i PP. Vocali nella Reggia Città di Napoli, ove per appunto haveva deliberato, che si facesse questa gran funtione. Essendosi dunque colà portati nel dovuto tempo i sudetti Vocali, nel primo giorno di Maggio alla presenza di tutti li medesimi Padri nel Capitolo congregati, fece la solenne rinoncia del suo Offitio, né valsero punto le publiche istanze, che li fecero tutti que' Padri, acciò proseguisse a governare la Religione almeno per quell'anno, che li restava; ma in fatti nulla valsero le dette istanze, e preghiere, perché troppo ardente era il desiderio, che haveva di far ritorno alla sua amata solitudine.
12 - Così dunque lasciata a' Padri questa prattica, si venne all'elettione del nuovo Generale, il quale fu il P. F. Francesco da Monte Rubiano, luogo picciolo della Marca d'Ancona, il quale era Lettore di sagra Teologia; e ciò, che maggiormente rilieva, era Religione di gran bontà, e governò poi con molta giustitia, e rettituddine otto anni intieri la Religione; furono poi fatte in questo Capitolo varie Diffinitioni gravissime, fra le quali, le più principali furono la deputatione, o elettione del Procuratore Generale, il quale fu F. Giacomo da Camerino Penitentiere, e Confessore del Sommo Pontefice, se ben poi poco doppo nello stesso anno deputò in suo luogo, F. Roberto da Monte Rubiano Lettore; e ciò forse successe, perché quello rinunciò la Carica. In oltre fu decretato, che si dovesse recitare l'Officio sotto rito Semidoppio, e celebrare la Messa del glorioso S. Lodovico Re di Francia, come che sapessero essere quel Santo stato Tertiario dell'Ordine nostro, come altresì noi notassimo. Si fecero ancora molte provisioni circa lo Studio di Parigi, e specialmente, che in quello non stassero se non quattro Baccilieri, cioè due, che dovevano presentarsi al Magistero, un altro, che leggesse il Maestro delle Sentenze, et il quarto era quello, che doveva succedere nella medesima Lettura.
13 - Fu altresì Deffinito, che quattro principali Baccilieri dell'Ordine si presentassero al Magistero, e furono questi, F. Alessandro della Provincia d'Ungheria; F. Giacomo da Orto, che riuscì poi Generale dopo F. Francesco da Monte Rubiano; F. Arnaldo da Tolosa, e F. Enrico d'Alemagna, quale certamente stimo, che fosse quel Santo Religioso tanto rinomato nelle nostre Historie, che comunemente si chiama d'Urimaria. Fu parimente determinato, che F. Amadeo da Città di Castello dovesse andare a Parigi a leggere le Sentenze immediatamente dopo F. Pietro da Narni, questo poi fu creato Arcivescovo di Reggio in Calabria l'Anno 1321 e doppo F. Amadeo, andasse a leggere le sudette Sentenze F. Agostino da Bergamo, e doppo esso F. Agostino d'Ancona. Fu Deffinito ancora, che niuno havesse ardire d'accettare Pizzocore, cioè Suore Terziarie, senza espressa licenza del P. Generale, o del P. Provinciale, o almeno de' loro Vicarj.
14 - Le publiche funtioni poi di questo famoso Capitolo, massime quelle che nella Chiesa si fecero, tanto da Scolastici nella Cattedra, quanto da' Predicatori nel Pergamo, furono così insigni, e degne, che il Re Carlo Secondo detto il Zoppo, che sempre a tutte, insieme con la Regina, co' Figli, e con la sua Reggia Corte, volle trovarsi presente, come per quelle ne rimase sommamente ammirato, così in sommo grado le lodò, e commendò; e se bene tutti i Soggetti li piacquero estremamente, cosi sopra d'ogni altro restò maravigliosamente affettionato al non meno Santo, che Dotto Maestro F. Giacomo da Viterbo, et al Beato Agostino Trionfi d'Ancona; che però non si vedeva satio quel divoto Regnante d'honorare, così questi due, come tutti gli altri ancora, mandando grandissime carità al Monistero, fra le quali la maggiore fu il Reggio Donativo, che fece al Monistero sudetto del sagratissimo Capo del Glorioso Evangelista S. Luca, quale consegnò al B. Agostino Trionfi, acciò egli lo presentasse al publico Capitolo a nome di Sua Maestà affinchè poi lo collocassero i Padri nel Reliquiario della Chiesa loro.
15 - E già, che habbiamo fatta particolar mentione di questi due Santi Dottori, io mi vedo obligato a riferire quivivi un Caso molto esemplare del primo, cioè del B. Giacomo, successo in questo Capitolo, che poi appresso soggiungerò qualc'altra cosa del B. Agostino; il caso poi fu questo (e lo riferisce il B. Enrico d'Urimaria, che vi era presente) che essendo stato accusato al P. Generale, prima, che rinunciasse l'Offitio un Religioso di non so quale mancamento, fu perciò pregato il B. Giacomo a volere intercedere appresso il P. Generale per esso, come che veramente era stimato da tutti innocente; il B. Servo di Dio, che haveva un cuore impastato di carità, passò volontieri l'offitio con il B. Generale; ma questi tutto infiammato di zelo, fece radunare i Padri a Capitolo, e con alto discorso, così disse: Padri, con mio estremo dolore vi faccio intendere, che in questo Capitolo vi sono Religiosi nutriti, et innalzati a grandi honori dalla Religione, li quali non si arrossiscono, con gran pregiudicio di quella, di difendere, e di proteggere Frati vitiosi, e cattivi; la qual cosa intesa dal B. Giacomo, egli subito levatosi da sedere, si andò ad inginocchiare davanti il Generale, e con grandissima humiltà, così li prese a dire: P. Generale, Io ho procurato di placare la P.V. Reverendissima, per lo sdegno conceputo contro di quel Religioso, perché l'ho stimato innocente, e in questo fatto, io protesto a V. P. che ho proceduto con ogni sincerità, che se pure a lei pare, che io abbia malamente fatto, ecco, che io ne dico la mia colpa, e sono apparecchiato a fare la dovuta emenda. Al rimbombo delle quali humilissime parole, come restò totalmente quieto l'Animo del Generale, così all'incontro rimasero tutti i Padri del Capitolo in sommo grado attoniti, et insieme edificati per la profonda humiltà di quel grand'Huomo, e questa tanta sommissione fu poi quella senza dubbio, che non molto doppo lo sollevò alli due nobilissimi Arcivescovati di Benevento, e di Napoli, come sotto gli anni di Christo 1302 e 1303 a Dio piacendo, vedremo.
16 - Il B. Agostino poi era già molto ben noto al Re Carlo sudetto, anche prima, che l'avesse veduto, che però, mosso dalla fama della sua gran bontà, e dottrina, procurò a tutto suo potere d'haverlo in Napoli, che però doppo haverne ottenuta la licenza da' Superiori dell'Ordine, lo mandò a levare da Ancona sua Patria con alcune Galere, e l'hebbe poi sempre in somma veneratione, e stima, per fin ch'ei visse, il che fece parimente Roberto suo Primogenito, il quale in quel tempo era Duca di Calabria; laonde scrivono alcuni Autori nostri, e specialmente il Curtio nel Prodromo degli Huomini Illustri Agostiniani, che ad istanza del detto Beato si fondarono alcuni Monisteri nella Calabria sudetta, per ordine del mentovato Roberto; a suo tempo dovuto tesseremo le Vite di amendue.
17 - Passarono in quest'anno, per mezzo d'una beata Morte, da questa bassa valle di miserie, alla felice Patria del Paradiso, alcuni Servi di Dio dell'Ordine nostro, de' quali fa di mestieri, che giusta il nostro consueto, ne tessiamo briviemente le Vite; il primo de' quali fu il Beato Tomaso da Rimini Converso; il secondo, il Beato Ertinodo di Gotta in Sassonia; il terzo, il Beato Giovanni Inglese; e per ultimo, la Beata Cristina discepola della Beata Chiara da Montefalco; incominciamo dunque dal primo a tesserne la Vita, cioè a dire, del Beato Tomaso da Rimini.
Vita, Morte, e Miracoli del Beato Tomaso da Rimini Converso.
18 - Se bene il B. Tomaso, di cui hora stiamo tessendo la Vita, chiamasi communemente da Rimini, non è però, perché egli fosse di quella Cittadino; imperciochè egli nacque in una picciola Terra del Territorio di Rimini chiamata S. Andrea di Patrigniano, come scrive Raffaele Adimari nel libro, che egli divulgò del sito di Rimini; chiamasi però da Rimini, perché nella Religione egli fu figlio dell'insigne Monistero di quella nobilissima Città. Gli è da credere, che da suoi Parenti fosse molto Cristianamente educato, attesochè, quando fu giunto all'età giovanile nella quale gli Huomini, massime allevati con poco timor di Dio, sogliono d'ordinario pur troppo ingolfarsi nel vastissimo Mare delle vanità del Mondo, egli all'incontro appena si sentì chiamare internamente da Dio allo stato Religioso, quando subito, senz'alcuna dimora, sprezzando ogni terreno piacere, et abbandonando la Casa, i Parenti, gli Amici, e quando haveva, si portò nella sudetta Città di Rimini, con risolutione di prendere l'Habito sagro della nostra Religione Agostiniana.
19 - Giunto dunque nella Città, et entrato nel nostro Monistero di S. Giovanni Evangelista, si presentò davanti al Superiore di quello, e prostratosi con molta istanza gli espose il suo desiderio; e se bene il discreto Prelato, non così subito l'accettò per provare il di lui spirito, nulladimeno poco appresso li diede l'Habito, e l'accettò per Converso. In quel principio non ha dubbio alcuno, che la Religione lo dovette esercitare ne' più vili offici del Convento per provare qual fosse la di lui humiltà, ubbidienza, toleranza, e carità; et havendo in termine di poco tempo per isperienza conosciuto, che quantunque in tutte le virtù egli riusciva a meraviglia perfetto, in quella però della Carità, che è la Regina di tutte l'altre, faceva straordinarj progressi, deliberò di darli l'offitio di Canevaro, offitio in vero, che per esercitarlo, come v'è necessaria una gran patienza, così ivi si richiede una ben'ardente carità.
20 - Essendo dunque il B. Tomaso divenuto Canevaro del Monistero, et havendo in conseguenza sotto il suo Dominio il Pane, et il Vino con l'altre cose commestibili per il bisogno de' Padri, e come era grand'amatore de' Poveri, et in sommo grado compativa le loro miserie, così tutto confidato nella Divina Providenza, cominciò a dispensare con larga mano alli sudetti Poveri, non solo quanto sopravanzava al sostentamente de' Padri, ma etiamdio molte volte distribuiva loro parte di quello, che era puramente necessario a Religiosi; così per appunto riferisce il nostro B. Giordano di Sassonia, il quale in questo tempo viveva, nel lib. 2 delle Vite de' Frati al cap. 5 ove in corroboratione di questo, aggiunge un bel Miracolo, che Iddio operò, per manifestare quanto li fosse grata la gran carità di questo suo diletto Servo; il caso poi fu il seguente.
21 - Dovendosi una volta celebrare un Capitolo Provinciale nel mentovato Convento di Rimini, fece perciò il Procuratore del Monistero una gran provisione di pane, e di Vino, ed altre cose necessarie per il vitto, così de' PP. della Famiglia, come degli altri della Provincia, li quali in buon numero dovevano ritrovarsi in quel Capitolo. Il buon Tomaso vedendo una così gran copia di cose commestibili, delle quali sapeva haver gran necessità una numerosa turba di Poveri, che giornalmente alla porta del Convento veniva, per ricevere la limosina, egli tutto lieto, cominciò con larga mano a dispensare più dell'ordinario l'accennata provisione, laonde accortosi il Procuratore, che veramente si era così notabilmente sminuita, che era impossibile, che potesse bastare per il bisogno del Capitolo, fece un'aspra riprensione al buon Tomaso, a cui egli non rispondendo pure una parola, tutto humile si ritirò a fare oratione, e così ardentemente supplicò la Divina Bontà a volere dimostrare la sua innata Misericordia sopra di quella religiosa Famiglia, acciò nulla mancasse al suo necessario sostenimento; e come le di lui preghiere comparvero davanti a Dio accompagnate da un diluvio di lagrime, delle quali tanto Sua Divina Maestà si compiace, fu subito esaudito; laonde levatosi con gran confidenza l'humile Religioso, ed entrato nella Dispensa la ritrovò così ripiena di Pane fresco, e buono, che pareva, che pur poco dianzi fosse stato dal Forno cavato; per la qual cosa allegro oltre modo il buon Servo di Dio, chiamò il Procuratore, e li mostrò la sudetta Dispensa ripiena di quel Pane miracoloso; laonde esso vedendo un così gran Miracolo, ne rese insieme con il Beato, le dovute gratie al benignissimo Iddio.
22 - Così proseguendo poi il buon Tomaso ad esercitare la sua consueta Carità verso de' Poveri, lo rese poi altresì Iddio via sempre più chiaro, et illlustre per molti altri Miracoli, non solo in vita, ma etiamdio molto più doppo la di lui morte, li quali, come soggiunge il B. Giordano nel citato capitolo 5 si conservano scritti nel suo tempo nel Convento di Rimini. Ripieno dunque Tomaso, e ricolmo di meriti innumerabili, e chiaro come habbiamo detto, per molti Miracoli, fu alla perfine dal benedetto Iddio, per mezzo d'una gloriosa Morte, chiamato a godere in Paradiso, per tutta l'Eternità, il premio della Gloria alle sue rare virtù, e fatiche, dovuto.
23 - E se bene si sa qual fosse il giorno del suo beato passaggio, che fu appunto il primo di Agosto, non è però certo l'anno; imperochè, la dove il Panfilo, et il Crusenio nelle loro Croniche, scrivono esser morto il B. Tomaso l'anno 1353 a 2 di Settembre. All'incontro Girolamo Romano nella Centuria II fol. 75 porta per opinione, che egli morisse nell'anno 1302 ma in verità io certamente stimo, che così quelli, come questo s'ingannasse di lungo tratto; attesochè osserva accutatamente il P. Errera, che havendo il B. Enrico di Urimaria (che in questo tempo viveva) annoverato fra Santi, e Beati dell'Ordine, avanti il Glorioso S. Nicola da Tolentino, il B. Tomaso, fa di mestieri (dice egli) che morisse anche prima di lui; laonde essendo poi morto S. Nicola nel 1305 si puole ragionevolmente congetturare, che il B. Tomaso morisse intorno a quest'anno del 1300, si che la sentenza così delli due primi Autori, come del terzo, si rende affatto improbabile, imperciochè, quando il B. Enrico di Urimaria scrisse il brieve Trattato delle cose dell'Ordine nostro nell'anno del 1334 già il Beato Tomaso era morto d'un pezzo prima.
24 - Ha poi sempre goduto questo glorioso Servo di Dio il titolo di Beato fin dal tempo della sua santa Morte, e pur tutt'hora lo gode, anzi che di vantaggio, da tempo immemorabile, ogni anno si celebra la sua festa nel primo giorno di Agosto in un divoto Oratorio, posto fra il Capitolo, et il primo Claustro del Convento, e vi si celebra la S. Messa corrente; e dice l'Adimari di sopra citato, che si fa commemoratione anche del Beato a cui è dedicato l'Oratorio, e vi concorre gran moltitudine di Popolo per divotione.
Vita, e Morte del B. Ertinodo di Gotta di Sassonia.
25 - Quantunque hoggidì la Città di Gotta nella sassonia, per haver bevuto il pestifero veleno dell'Ereticale perfidia, per un Secolo, e mezzo, propinatale dall'empio Eresiarca Lutero, sia divenuta covile d'infernali Dragoni, cioè di scelerati Eretici; nulladimeno anticamente ella era una Città molto Cattolica, et haveva prodotti, e partoriti Huomini Santi alla Chiesa, et al Cielo; e la nostra Religione, che in quella possedeva un nobile Monastero, di molti figli di quello si può pregiare; fra quali, il più cospicuo fu il B. Ertinodo, o pure Artuago, come lo chiama il B. Enrico di Urimaria nel suo brieve Trattato, che scrisse dell'Ordine Eremitano. Questi fu figlio d'un Cittadino altrettanto honorato, quanto ricco, il quale havendolo educato nel santo Timor di Dio, e ne' buoni costumi, divenne poi quello molto perfetto in ogni sorte di Virtù, e spetialmente nella pietà verso de' Poveri, a segno, che scrive il Beato Giordano di Sassonia, per fin che stette Secolare nella Casa paterna, tutto ciò che poteva havere, lo distribuiva a Poverelli.
26 - Ma, perché il Signor Dio lo voleva cavare fuori del vasto Mare del Mondo immondo, e tirarlo, nel Porto quieto, e sicuro della Religione, gl'ispirò per tanto, che abbandonata la paterna Casa, si ricovrasse fra i Figli di Agostino il Grande, e l'Habito di quello divotamente prendesse, il che havendo egli prontamente eseguito, non si puole con humana lingua ridire, quali, e quanti fossero i progressi, ch'egli in brieve tempo fece nell'acquisto delle più eroiche virtù, che adornano l'Anime de' più perfetti Religiosi, cioè dell'Humiltà, della Patienza, dell'Oratione, de' Digiuni, dell'Astinenze, delle Macerationi della Carne, del Silentio, e spetialmente della Misericordia verso de' Poveri, la quale, parve che fosse nata con esso lui, come di se stesso diceva il gran Corifeo de' Sofferenti, Giobbe. E perché non poteva nella Religione fare, come nella Casa Paterna costumò, cioè, prendere la Robba del Monistero, e darla a Poveri, dice il B. Giordano nel Libro delle Vite de' Frati, che però supplicò il Superiore a darli la licenza di potere raccogliere le miche, che avanzavano a Religiosi nella Mensa, e darle a Poveri; il che havendo ottenuto, con sommo contento dell'Anima sua, ogni giorno, per fin ch'ei visse, attese a fare la detta raccolta, dandola poi, con grand'allegrezza, a sudetti Poveri.
27 - Fu poi così gran devoto della Passione di Nostro Signore, che quasi del continuo la meditava, con tanta applicatione, che si sentiva distruggere le viscere per la compassione; et una volta fra l'altre, essendoli apparito Christo Crocefisso rimase egli così soprafatto, e trafitto da un'interno dolore, che sentì nell'Anima sua, per la vista così dolorosa del suo appassionato Signore, che se Iddio, con la sua santa gratia, prestamente non lo soccoreva, restava ivi incontanente morto.
28 - Un'altra volta pure havendoli fatto vedere il Signore, il solenne, glorioso Trionfo con cui la sua Santissima Madre fu assonta al Cielo, provò altresì tanta dolcezza la Beata Anima sua, che poco vi mancò, che non uscisse dal di lui Corpo, e non seguisse la traccia della sua trionfante Signora, della quale era sempre stato divotissimo amante, e servo. Ma se in quel punto ei non morì, s'infermò però di si fatta maniera per il patito deliquio, che indi a pochi giorni, terminando il corso di sua santa vita, se ne passò nel Cielo a godere l'eterna visione della Faccia di Dio, dalla quale non più la morte, ma l'eterna vita si riceve; tutto ciò succintamente racconta il B. Giordano, più sopra da noi citato, il quale aggiunge, che il Signore Iddio lo rese altresì chiaro, et illustre per molti Miracoli, che operò per l'intercessione, et amore del suo gran Servo Ertinodo. La di lui morte poi successe, allo scrivere del Panfilo, e del Bzovio, intorno a gli Anni di Christo 1265 o pure, come più certo stima il P. Errera, a cui mi sottoscrivo anch'io, in questo del 1300 e certo con molta ragione, imperciochè il B. Enrico di Urimaria, nel sopracitato suo trattato dell'Origine dell'Ordine nostro, lo registra doppo il B. Vito di Ungheria, il quale morì l'anno 1296, si che più ragionevole mi pare, che sia il discorso del P. Errera, il quale, mosso da questa congettura, registra la Morte di questo Beato sotto di quest'anno.
29 - Credesi, che pur anche in quest'anno medesimo andasse ad arricchire il Cielo con l'Anima sua beata, un Santo Religioso Inglese, il quale viene registrato fra Santi, e Beati dell'Ordine nostro dal B. Enrico di Urimaria nel suo Trattato come sopra, in quinto luogo; e se bene a prima faccia egli poco dica di lui, nulladimeno, quel poco a me sembra, che molto contenga; imperochè, così dice: Quintus fuit Frater Ioannes de Anglia Vir magnae sanctitatis. Nelle quali parole a me pare, che compendiosamente vi si comprenda un cumulo grande di tuute le più eroiche Virtù, che sogliono rendere Santo un'Huomo nel cospetto appunto degli Huomini, e di Dio. E ben potiamo credere, che se il B. Enrico, il quale viveva in questo tempo, non havesse conosciuto essere stato un perfettissimo Servo del Signore, non l'haverebbe mai chiamato Huomo di gran Santità, né come tale l'averebbe fra gli altri Beati dell'Ordine annoverato. Solo qui mi resta di avvertire, che questo Giovanni, fu differente dal B. Giovanni Sengam, pure Inglese, la di cui Vita scrivessimo nel Tomo 4.
30 - Fioriva parimente in questo tempo una Santa Verginella, che nel Secolo chiamavasi Bizzola, della quale scrivono i nostri Autori, e specialmente Girolamo Romano, che l'occasione di farsi Religiosa del nostro sagro instituto, fu questa. Mentre la B. Chiara da Montefalco stava una volta nel Venerdì Santo meditando la Passione di Nostro Signore, conobbe in ispirito lo stato di questa Verginella, e come dovevasi fare religiosa del suo Convento; laonde havendo poi indi a poco, richiesto l'Habito della Religione, la Gloriosa Chiara di buona voglia accettandola, gli lo diede; e perché haveva fra i dolori di Christo, preveduto il di lei futuro stato Monacale, volle, che lasciato il nome di Bizzola, prendesse quello di Christiana, quasi come figlia de' Dolori di Christo. Fu poi questa una gran Serva di Dio, che però molti de' nostri Autori la fregiano col titolo di Beata; e se bene il P. Romano dice, che ella morì intorno a gli anni di Christo 1397 nulladimeno ciò non pare verisimile al nostro Errera, attesochè bisognarebbe dire, che ella fosse vissuta più di 100 anni. Communque sia, questo è certo, che essendo stata Discepola della B. Chiara, ella fiorì in questo tempo, in cui hora camina la nostra Historia.
31 - Essendo altresì morto, nella nobil Terra di S. Geminiano nella Toscana, un Tertiario dell'Ordine Francescano di gran Santità, quale il P. Vadingo, et altri Autori di quell'Ordine, lo chiamano col titolo di Beato, per nome F. Bartolo, et era Sacerdote, et havendo questi deretato d'essere seppellito in un luogo, fuori della sua Terra, chiamato le Cellette, dice il sudetto Vadingo sotto il num. 9 in quest'anno nel Tomo 2 che prima di morire gli apparve S. Geminiano Vescovo, e li disse, che era volontà di Dio, che egli insieme con esso lui fossero Protettori della sua Patria; e che però dovesse ordinare d'essere dentro di quella seppellito; per la qual cosa fece egli di nuovo venire il Notaio col Testamento, et ordinò di dover essere seppellito nella nostra Chiesa di S. Agostino, come per appunto fu poi fatto con molta solennità. Hebbero poi tanto gusto, e contento i nostri Padri del detto Convento, d'haver fatto accquisto di quel Beato Corpo, che uno di loro, che F. Giunta chiamavasi, compose ben tosto la di lui Vita in lingua Latina; tanto scrive l'Errera nel Tomo 2 a car. 308 e di questa Vita n'hebbe notitia il P. Vadingo, il quale dice, che fu stampata in Firenze l'anno 1575, dell'autore però di quella non ne fa alcuna mentione.
32 - Quando i nostri Padri di Verona passarono dal Convento vecchio, che era fuori della Porta del Vescovo l'anno 1262 dentro della Città ad habitare in quello di S. Eufemia, ove tuttavia dimorano, portarono seco, come sotto di quell'anno scrivessimo, le Venerande Reliquie de' due Beati Compagni, e Religiosi nostri, Evangelista, e Pellegrino, e per all'hora li depositarono nella vecchia Chiesa; doppo poi, che fu edificata la nuova, il B. Teobaldo Vescovo di Verona, e Religioso nostro anch'egli, come scrivessimo nel suo luogo, in quest'anno del 1300, levandoli dal detto luogo, con solennissima pompa li trasferì nella sudetta nuova Chiesa; tanto per appunto scrive il nostro Errera nel Tomo 2 del suo Alfabeto a car. 239.
33 - Essendo stato trasferito in quest'anno medesimo, dalla Cattedrale di Faenza a quella di Firenze, da Papa Bonifacio, Lotario della Tosa Nobile Fiorentino, e rimanendo in questa guisa vacante la sudetta Chiesa di Faenza, fu ben tosto dal Clero di quella eletto per nuovo Vescovo F. Matteo Eschini da Spoleto Lettore di sagra Teologia, Religioso dell'Ordine nostro Agostiniano, nel Mese di Decembre, e fu poi confirmato nel principio dell'anno seguente dal Papa, come vedremo. Perché poi il sudetto Clero elegesse questo Religioso di Paese così lontano, io non lo so, bensì mi persuado, che ciò facesse, o perché ne havesse cognitione per la fama, che per tutta l'Italia correva, della sua gran bontà, e dottrina, o perché havesse forse Predicato in quella Cattedrale, o perché finalmente fosse stato forse Priore del nostro Monistero, che habbiamo in quella Città. Comunque sia, egli si rese poi molto ben degno di quel nobilissimo posto; e se bene egli era molto vecchio (atteso che nel 1272 egli era Provinciale della sua Provincia di Spoleto) nondimeno egli visse ancora dieci anni, e più. Vedasi l'Historia di Faenza del Tonduzzi con l'Aggiunte del Zuccoli, et anche il Rossi nell'Historie di Ravenna.
34 - Troviamo altresì, che in quest'anno fu mandato dal Conte di Santa Fiora, Principe, in quel tempo, di sovrano comando, suo Ambasciatore alla Republica di Siena, F. Adamo nostro Religioso, e Priore del Monistero della sudetta Terra di Santa Fiora; tanto per appunto scrive Orlando Malavolti nella sua Storia Senese appresso l'Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto a car. 53. Chi poi fosse questo Religioso non si sa, gli è però da credere, che fosse dotto, e prudente, mentre quel Principe lo stimò habile a maneggiare importanti affari con una Republica così famosa.
35 - Carlo intanto Re di Napoli come grandemente amava la nostra Religione, come habbiamo più sopra in quest'anno medesimo mostrato, essendo stato richiesto da' Padri nostri con un supplichevole Memoriale, acciò si degnasse di porgere qualche aiuto efficace per la Fabrica della loro Chiesa, e Convento, quale andavano tuttavia proseguendo; egli tutto cortese li concesse un grosso Legato di 89 oncie d'Oro, che pure allora haveva lasciato per Testamento un Cavaliere, come mi penso, per nome Sedotto d'Andria; e tutto ciò costa chiaramente per un Privilegio dello stesso Re, che si conserva nell'Archivio dello Stesso Real Convento di S. Agostino Maggiore, di cui qui ci giova di produrre quella parte, che contiene la Concessione del sudetto Legato, quale appunto la produce il P. Errera nel Tomo 2 dell'Alfabeto a carte 199.
36 - Nos itaque volentes constructioni, et perfectioni operis Ecclesiae B. Augustini de Neapoli, quam de novo ad eius Sancti laudem, et gloriam fundari mandavimus, de pecuniali subsidio benignius providere, dictas uncias Auri 89, Priori, et Conventui dictae Ecclsiae convertendas in opere ipso gratiose providemus, quatenus dictas uncias Auri 89 praedicti ponderis nuncio dicti Prioris, et Conventus de pecunia percipienda per vos ex venditione bonorum Testatoris eiusdem integre, et absque difficultate solvatis, etc. Datum Neapoli per Bartholomaeum de Capua Militem, etc. Die 12 Martij anno 1300. Indictione 13.
37 - Altre volte parlando dell'antichità de' nostri Conventi della Serenissima Città di Venetia, e specialmente di quello di S. Maria di Nazarette, ci ricordiamo d'havere detto, essere più antico dell'anno 1120 imperciochè essendo stato in quell'anno eletto Vecovo di Venetia F. Bonifacio Faliero nostro Religioso, in giorno di Sabbato, fu nel seguente giorno di Domenica cavato dal suo Monistero, e consagrato Vescovo; e questo Monistero altro essere non puote fuori, che questo di Nazarette, il quale era situato ove hora è il Lazaretto vecchio. Questo poi com'era fuori, non conveniva con gli altri Religiosi alle pubbliche Processioni, et altri Atti publici; laonde, quando si tratta di precedenza de' nostri Religiosi in Venetia, prima, o doppo d'altri, non s'intende mai del Convento di Nazarette, ma di quello di S. Stefano, il quale, come precisamente non si sa in qual tempo egli fosse fondato, nondimeno, a senno del nostro P. Errera, egli è più antico di quest'anno del 1300, attesochè eravi stato di stanza il B. Agostino Trionfi, il quale poi in quest'anno, trovandosi in Ancona, fu mandato a levare, con alcune Galere dal Re Carlo II e condurre a Napoli per servirsene negli affari più importanti della Corona, come habbiamo motivato altresì noi in questo medesimo anno.
38 - Ma io quivi sono necessitato a dire, che il Convento di S. Stefano non solo sia più antico di quest'anno 1300 come dice l'Errera, havendo massime riguardo al luogo, che tiene nelle Processioni, ma anche prima dell'anno 1206 imperciochè nelle pubbliche Processioni egli precede a' PP. Carmelitani, li quali fondarono il loro Monistero nel detto anno 1206 come scrive, e sodamente prova il P. Lezana nel Tomo 4 de' suoi Annali nel citato anno 1206, num. 7, e se alcuno ostasse a quanto ho detto, con dire, che il nostro Convento non puole havere tanta antichità in Venetia, stante, che è preceduto da' PP. Domenicani, e Francescani, li quali di certo fondarono li loro Monisteri doppo l'anno 1206. Io rispondo, che ciò punto non osta, perché puol'essere, che li nostri Padri, come anche quelli del Carmine, facendo professione di Vita Eremitica, in que' tempi antichi, non andassero con gli altri alle publiche Processioni, ma che ciò solo cominciassero a fare doppo, che per ordine della S. Sede presero lo stato di Mendicanti, e così trovando li Padri Domenicani, e Francescani nel possesso del luogo nelle publiche funtioni, fossero poi necessitati di prendere quel luogo, che puotero havere.
39 - Più antico di quest'anno fu altresì il Convento di Monte Rubbiano nella Marca, attesochè in quest'anno appunto uno de' suoi Figli, fu eletto Generale di tutto l'Ordine, e fu il Lettor Francesco, come habbiamo veduto di sopra; et un altro ancora fu poco doppo il Capitolo eletto Procuratore generale doppo F. Giacomo da Camerino, chiamato F. Roberto; sì che bisogna concludere, che fosse fondato questo Convento prima della grand'Unione. Un altro suo figlio chiamato F. Pietro, scrisse la Vita del Glorioso S. Nicola da Tolentino nell'anno 1336, et è quella medesima, che inserì nel Tomo 5 il P. Lorenzo Surio Cartusiano; questa Vita poi manoscritta conservasi nella nostra Biblioteca Angelica di Roma.
40 - Maestro Ambrosio Coriolano, che fu Generale dell'Ordine 200 anni sono, nella sua brieve Cronica, che scrisse dell'Ordine, dalla pagina 36 fino alla 55, interpolatamente fa mentione d'un Monistero nella Germania, membro della Provincia di Sassonia, a cui da nome d'Erben, hora d'Erbinia, et hora anche Erbipoli, nel qual luogo dice conservasi molti Privilegi, concessi da varj Pontefici all'Ordine nostro, fra quali vi sono, dice egli, ancora alcuni trasunti sigillati co' Sigilli d'alcuni Vescovi d'Erben, o d'Erbinia; hor, come certamente costa, che non v'è alcuna notitia fra le cattedrali della Germania di questa d'Erben, o d'Erbinia, congettura per tanto il nostro acuto Errera, che forse la Città d'Erbipoli nella Franconia sia stata chiamata ne' tempi antichi con questi tre nomi d'Erben, d'Erbinia, e d'Erbipoli, qual'è veramente il suo vero, e proprio nome. Il Convento dunque, che ha la religione nella detta Città, deve godere quell'antichità di Fondatione, che il sudetto Errera, assegna a quello d'Erben, o d'Erbinia; quella appunto successe com'egli scrive nel suo primo Tomo dell'Alfabeto a car. 360 e 361 in quest'anno del 1300. In questo Convento nell'anno 1357 santamente morì il B. Ermano de Schildis, di cui tesseremo in quel tempo, a Dio piacendo, la Vita. Vi fu altresì celebrato un Capitolo Generale nell'anno 1391 sotto il governo del P. Maestro Bartolomeo da Venetia; vedansi il Panfilo, e l'Errera, et altri.
41 - Fu anche più antico di quest'anno il Convento della nobil Terra d'Alcaraz nella Provincia dell'Andaluzia in Ispagna; io non parlo di quello, che hoggidì possiede la religione sotto il titolo di S. Nicasio, ma ben sì d'un altro, che era fuori del luogo col titolo del P. S. Agostino; di cui scrive l'Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto a carte 84, havere ritrovato nella Libraria del Card. Agostino Spinola Arcivescovo di Compostella, di cui era egli Teologo, e Confessore, un Libro delle Famiglie di Castiglia manoscritto, in cui v'era questa memoria notata, cioè, che Alfonso Fernandez di Cordova figlio di Fernando Nugnez di Temes (che fu uno de' primi espugnatori della detta Città di Cordova, la quale fu tolta dalle mani de' Mori dal Re D. Ferdinando III detto il Santo l'anno 1236, comandò nel tempo della sua morte, che il suo Corpo fosse seppellito nella Chiesa di S. Agostino d'Alcaraz; dal che poi si deduce essere stato il detto Monistero più antico di quest'anno 1300.
42 - Fu parimente fondato in quest'anno medesimo il Convento di S. Agostino della Terra d'Alcodio nella Provincia d'Aragona, e ne fu fondatrice Donna Margarita Lauria, moglie di Nicolò Gianvillani, Conte di Terra nuova, e figlia di Ruggiero di Lauria, e di Donna Saurina de Entenza Cugina di Giacomo Primo Re di Aragona; il motivo poi, che ebbe questa Signora di fondare questo Monistero, fu per restituire all'Ordine nostro il contracambio del Convento di S. Maria di Puche, che haveva levato all'Ordine nostro medesimo, per darlo, come fece, all'Ordine di S. Maria della Mercede; tanto per appunto testifica Giacomo Boil nell'Historia del mentovato Convento di Puche; dice però quivi l'accennato Errera, che di lungo tratto s'inganna questo Autore, mentre dice, e pensa, che gli Agostiniani, che stavano nel mentovato Monistero di Puche fossero Canonici Regolari, attesochè la restitutione sarebbe stata fatta non a gli Eremiti, ma a Canonici medesimi; laonde con evidenza si convince, che non i Canonici, ma gli Eremiti Agostiniani stassero prima nel Convento di Puche, altrimente la detta restitutione sarebbe stata molto impropria. Molti Religiosi poi figli di questo Convento l'hanno in varj tempi grandemente illustrato, fra quali vengono molto commendati per li loro meriti, e virtù, li PP. F. Luisio Giordano, e F. Pietro Sans. Vedi l'Errera nel Tomo 2 del suo Alfabeto a car. 537.
43 - Il poco dianzi mentovato Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto a carte 172 parlando del Convento di Corciano nella Provincia dell'Umbria, dice di non haver trovata ne' Registri dell'Ordine memoria di questo Convento, prima dell'Anno 1425 ma se egli, quando fu in Roma, havesse havuto sorte come havessimo noi, di ritrovare un Registro antico della Provincia Romana, quale incomincia dall'anno 1274 e dura fino al 1339, quale più volte habbiamo citato negli anni scorsi, e proseguiremo altresì a citarlo fino al detto anno 1339, havrebbe egli ritrovata la vera, e reale antichità di quello; imperciochè egli fu per appunto fondato in quest'anno del 1300 e si cava evidentemente dagli Atti di un Capitolo Provinciale, che si celebrò in quest'anno nel Convento di Molara, in cui fu eletto Provinciale F. Francesco Romano Lettore, e nota l'Autore del detto Registro, che all'hora fu preso il luogo di Corciano, e fu fatto esente dal pagare alcuna Colletta in quell'anno, e queste sono le parole formali del detto Autore: Additur hoc Anno Provinciae Locus novus de Corciano, et eximitur pro hac vice tamen a Collecta. E' poi Corciano un Castello del Territorio di Perugia, poche miglia lontano dalla detta Città. Questo poi io mi persuado, che quando quello di Perugia si separò dalla provincia Romana, si separasse anch'egli insieme con quello, e divenissero poi l'uno Capo, e l'altro Membro della Provincia dell'Umbria.
44 - E già, che habbiamo per le mani l'accennato Registro della Provincia Romana, fa di mestieri, che soggiungiamo, che fra l'altre Deffinitioni, che furono fatte in quest'anno nel Capitolo Generale, una fu questa, che si dovessero mandare due Padri della detta Provincia a visitare, et riformare ancora il Monistero delle nostre Monache di S. Maria Maddalena d'Orvieto; e soggiunge l'Autore del Registro, che li Visitatori eletti per tale affare, furono F. Bernardino da Orvieto Lettore, e F. Bartolo da Castel della Pieve (hora Città), le parole del Registro sono queste: Creatur, sub Fratre Francisco de Monte Rubbiano, Visitatores, et Reformatores Monasterij S. Mariae Magdalenae de Urbeveteri, Frater Bernardinus de Urbeveteri Lector, et Frater Bartolus de Castroplebis, cum omni potestate Generali, etc. Dalle parole del detto Registro evidentemente si cava, che il Monistero di S. Maria Maddalena era stato fondato molto prima di questo tempo. Io so però, che il P. Errera non hebbe cognitione di questa antichità, mentre stimò, che la Fondatione di quello fosse fatta da' PP. del Convento d'Orvieto, poco prima dell'anno 1398; l'occasione poi di questo suo Giuditio, glie la diede una Bolla di Papa Bonifacio IX data in Roma a 28 Luglio del Detto anno 1398, nella quale il Papa conferma la Fondatione, Dotatione, et Ordinatione del detto Monistero di S. Maria Maddalena secondo gl'Istituti, e Regola di S. Agostino, et in oltre comanda, vuole, e dichiara, che siano solamente soggette a Superiori dell'Ordine, da quali soli debbano essere corrette, visitate, e riformate, etc. Hor questa nuova conferma di Papa Bonifacio IX in ordine alla fondatione del Convento non fu, perché all'hora fosse veramente fondato, havendo in vero in quel tempo più di 100 anni di antichità; ma ciò fece, perochè essendo stato forse occupato il Dominio di quel Convento dal Vescovo di Ovieto, e reclamando appresso Sua Santità li nostri PP. Orvietani, con esporre, che havendo essi fondato quel Monistero, e datoli quanto possedeva, et havendolo sempre governato, e retto la Religione, supplicavano perciò d'essere rimessi nell'antico possesso della loro immemorabile giuridittione, e superiorità sopra di quello; la qual cosa essendo parsa giusta al Pontefice, confirmò per tanto la Fondatione del Monistero, non come fatta di fresco, ma con quell'antichità, che haveva, tal quale ella si fosse; ne' tempi avvenire vi furono molte sconvolture fra li nostri Padri, e li Vescovi d'Orvieto, laonde più d'una volta fu necessario, che li Pontefici v'interponessero la loro sovrana autorità, come ne' suoi tempi, e luoghi, col divino aiuto vedremo.
45 - Fra le sudette Deffinitioni notate nel mentovato Registro, una ve n'è parimente, nella quale li PP. Deffinitori supplicavano il P. Generale a voler restar servito a provedere al Convento di Santa Catterina pure di Orvieto, le quali pur poco dianzi si erano spontaneamente sottoposte all'obbedienza dell'Ordine, come dicevano costare, per un publico Istromento, et insomma si degni di fare a prò di quel Convento, tutto ciò, che stimarà essere necessario per il buon governo, tanto spirituale, quanto temporale di quelle Religiose; ecco le parole del Registro: Item supplicamus (aiunt Diffinitores) Patri nostro Generali, quod provideat de Monialibus S. Catherinae de Urbeveteri, quae se spontanee tradiderunt Ordini nostro, ut asseritur per Instrumentum publicum, et illud agere sua P. dignetur, quod animarum saluti ipsarum, et paci Ordinis viderit expedire.
46 - Da quest'ultime parole del Romano Registro, due cose io ne deduco con evidenza; la prima è, che questo Monistero di S. Catterina di Orvieto, non fu fondato in questo tempo, ma era più antico, e Dio sa poi di quanto tempo; hora essendo poi stato per l'adietro soggetto alla giuridittione dell'Ordinario, in quest'anno levatosi di sotto quella, forse con licenza della S. Sede, con un publico Istromento si sottopose spontaneamente al governo, e giuridittione della nostra Religione. L'altra cosa poi, che ne deduco si è, che il detto Monistero fosse di nostro sagro Istituto, perché se fosse stato d'altra Professione, l'autore del Registro l'haverebbe specificato, e le Monache non haverebbero potuto, per avventura, ottenere la licenza di sottoporsi al governo d'un'Ordine dal loro diverso.
47 - Anche il Convento detto della Stella in Spoleto fu prima di quest'anno fondato dalla B. Marina, per Monache dell'Ordine nostro, benchè precisamente non si sappia in qual tempo; ma essendo poi doppo, in tempo pur anche ignoto, passato lo stesso Convento dall'Ordine nostro a quello delle Canonichesse Regolari, sei Monache di quello, che non havevano volsuto consentire alla mutatione fatta dalle Compagne, separatesi da quelle, uscirono fuori con licenza de' Superiori, e fondarono poi un nuovo Monistero di nostra Religione sotto il titolo degli Angeli; tanto scrive, e testifica Lodovico Giacobilli nel Cattalogo de' Santi dell'Umbria.