Agostino, il Battista e san Gerolamo
ANNO 1334
Anni di Christo 1334 - della Religione 948
1 - L'Anno del Signore del 1334 restò grandemente funestato dalla morte del Santo Pontefice Giovanni XXII il quale doppo havere regnato lo spatio d'Anni 18 e Mesi 4 in tempi molto torbidi, e turbolenti, finalmente in età d'Anni 90 cessò di vivere alli 4 di Decembre; e doppo 15 giorni li fu dato per successore il Card. Giacomo del Forno, nato in Savarduno picciolo Castello della Diocesi di Appamia Monaco prima Cisterciense. Ma perché il sopramentovato Giovanni nel corso di tutto quest'Anno, fece alcune Gratie alla nosta Religione, fa di mestieri, che prima di queste discorriamo, e poi entraremo a favellare del Pontefice suo successore.
2 - Essendo dunque stata sucitata di nuovo la Controversia, o Lite fra li due Conventi di S. Francesco, e di S. Agostino della Terra di Morovalle, della quale trattassimo nell'Anno scorso; et essendo ricorse le Parti di nuovo alla S. Sede per la decisione di quella, il Pontefice invio una sua Bolla al Cardinale Bertrando suo Legato Apostolico in Italia, affinchè dovesse di nuovo rivedere, et esaminare la sudetta Controversia: e nel progresso della detta Bolla soggiunge la Santità Sua, che li Padri Francescani havevano a viva forza invaso il nostro Convento di Reccanati, e da quello ne havevano violentemente cavato un Novizzo, e vestitolo dell'Habito loro Francescano. Questa Bolla poi registrata si legge nel Tomo secondo dell'Anno 18 nella seconda parte del libro 2 nel Regesto, et è L'Epistola 285 e poco appresso spedì pure un'altra Bolla al medesimo Cardinale sopra la sudetta Controversia, nella qual Bolla lo costituisse di vantaggio Giudice di quella. Questa altresì registrata si vede nel Tomo secondo dell'Anno 18 et è l'Epistola 947. Ciò che poi determinasse, e sententiasse il detto Cardinale Bertrando non è certo; costa ben si, che il detto Convento nostro da quel tempo in cui fu fondato fino a questa nostra età, mai è stato levato da quel suo primo sito; laonde potiamo probabilmente credere, che promulgasse la Sentenza in nostro favore.
3 - E per tornare a favellare del Pontefice eletto, che si chiamò Benedetto XII per quanto spetta alla di lui elettione, ci giova di aggiungere, che fu stimata da qual si sia più assennato maravigliosa, e specialmente da gl'istessi Cardinali, anzi che egli medesimo, come si stimava da quel sovrano Posto più d'ogn'altro lontano, quando si vidde su la Maestosa Cattedra di Pietro, tutto attonito a Cardinali rivolto disse: "E che havete fatto, o Signori, sappiate, che havete fatto Papa un Giumento?" La qual cosa se bene si deve supporre, che egli la dicesse per humiltà, perochè egli era molto dotto, tuttavolta si puole anche credere, che la dicesse, havendo riguardo al suo basso nascimento, perochè egli era stato figlio d'un Molinaio; e perché fors'anche conosceva d'essere di natura poco accommodato, et habile a gravissimi negotij del Pontificato. Nell'Anno seguente tornaremo a favellare di lui, e di ciò, che facesse nel bel principio del suo Pontificato.
4 - Se bene alcuni Autori apresso il P. Errera nel Tomo primo dell'Alfabeto a carte 225 stimano, che il B. Francesco da Ravenna, communemente chiamato col nome diminutivo di Franceschino (o ciò fosse, perché era di picciola statura, o fors'anche, il che io più certo stimo, per la di lui rara, e profonda humiltà) con la sua maravigliosa Santità rendesse chiara, et illustre intorno a gli Anni del Signore 1341 e 1343 la sua Patria, e la nostra Religione. E Girolamo Romano nella Centuria 11 a carte 75 scrive di vantaggio essere arrivato fino all'Anno di Christo 1395 tuttavolta evidentemente costa non havere egli passato con la sua santa vita più oltre di ques'Anno 1334 attesochè il B. Enrico d'Urimaria, il quale visse nel suo tempo, e più volte lo vidde, e lo conobbe, nel suo brieve Trattato, che scrisse, e compilò dell'origine, e progresso dell'Ordine nostro, quale per appunto in quest'Anno presente del 1334 espose alla luce, fa mentione di questo Santo Religioso fra gli altri Beati dell'Ordine, dicendo: Decimus fuit Beatus Francischinus de Ravenna. Laonde stando in questa guisa la cosa, bisogna necessariamente concludere, che questo Sant'Huomo fosse di già in questo tempo passato a gli eterni godimenti della Celeste Gloria; che però fa di mestieri, che quivi diamo, conforme il nostro solito, un succinto ragguaglio della sua santa, e gloriosa Vita.
Vita santa, e Morte pretiosa del Beato, e miracoloso Servo di Dio F. Franceschino da Ravenna.
5 - Come è incerto il tempo in cui precisamente morì questo glorioso Servo del Signore, così incerto è pure il tempo della nascita sua. Ciò, ch'è certissimo si è, che egli nacque nell'antichissima, e nobilissima Città di Ravenna, che fu già famosa Metropoli, nella quale fecero per lungo tempo la loro residenza alcuni Re potenti, e vi dimorarono ancora molti Esarchi per gl'Imperatori dell'Oriente, E se bene si sa, che egli fu di Casa Sassoli Famiglia Nobile in que' tempi, nulladimeno ignoti sono i nomi, e le conditioni de' suoi Genitori: supponiamo però con molta probabilità, che fossero timorati di Dio, e che perciò allevassero questo loro Figlio molto Christianamente; che però non fu poi maraviglia se giunto all'età giovanile, sprezzando il Mondo con le sue pompe, e vanità, et abbandonando la Casa, i Parenti, e le Ricchezze, se n'entrasse poi nella Santa religione del glorioso Patriarca Agostino, per servire in essa fin'all'ultimo spirito di sua vita al Sovrano Monarca del Cielo, e della Terra.
6 - Arruolatosi dunque il buon Franceschino fra nostri Eremiti, non si puole, con humana lingua spiegare, con quanta applicatione si studiasse di fare acquisto di tutte le più rare virtù, che sogliono rendere ammirabili negli occhi di Dio, e degli huomini li più perfetti Religiosi, e ben felicemente li riuscirono li suoi sforzi beati; attesochè appena haveva egli terminato l'anno della sua Approbatione, che suole essere l'arringo degl'Incipienti, quando viddesi da ciascheduno già trapassato, non solo a quello de' Proficienti, ma di vantaggio al terzo, et ultimo stato de' Perfetti; che però fu da' Padri di quel Convento ammesso, con applauso commune, alla solenne Professione.
7 - Indi a non vedendo i Padri sudetti, che il Santo Giovine correva più che mai con i giganteschi passi per il regio camino di tutte le più riguardevoli virtù, lo fecero per tanto ordinare Sacerdote, e poi apresso, come lo conoscessero in sommo grado discreto, e guardingo in tutte le sue attioni, pensarono di darle l'ufficio di Portinanaio, ufficio appunto, che in que' tempi felici non si dava fuori che a Religiosi molto saggi, prudenti, e Santi. E se bene quello è un'impiego di gran distratione, nulladimeno stava egli così unito con Dio, e così in se stesso raccolto con l'Anima, e con lo Spirito, e così applicato all'esercitio di tutte le virtù, come se fosse stato nella sua Cella racchiuso.
8 - Di questo Beato Servo di Dio parlando il B. Giordano di Sassonia nel capitolo 8 del libro 4 delle Vite de' Frati, disse, che quantunque nell'Anima sua trionfassero tutte le virtù, tuttavolta stando in quell'ufficio di Portinaio si rese ammirabile ad ogn'uno per una rigorosa, e quasi dissi straordinaria osservanza del religioso Silentio, a segno tale, che mai si sa, che lo volesse nè pure in un puntino sciogliere, o rompere ne' luoghi a quello deputati: imperciochè se alcuno voleva parlare con esso ne' Chiostri, egli nulla rispodeva, ma tacendo, lo conduceva in luogo, in cui non fosse necessario il Silentio; laonde conclude l'Historico Santo, che questa virtù non poteva essere scompagnata da moltissime altre: ecco le sue parole, le quali formano di vero un nobile Elogio al nostro Beato. Item ad idem est exemplum in Fratre Francischino de Ravenna, qui praeter alias virtutes, cum Praesbyter esset, in eo relucentes, hanc Virtutem habuisse fertur; quod quamvis Portarius esset in eodem Conventu, nunquam tamen Silentium solvere in Claustro, et in alijs locis pro Silentio deputatis voluit; sed si quis cum eo loqui habuit, illum ad locum licitum ad loquendum duxit. Quae sancta observantia nullatenus sine alijsvirtutibus esse potuit, sicut deus in fine illius demonstravit. Multis enim Miraculis claruit, et claret usque ad praesens.
9 - Et haveva ben somma ragione il Beato franceschino di far tanto conto, e tanta stima del religioso Silentio; attesochè sapeva molto bene per l'isperienza, che in se stesso continuamente haveva, essere quello il vero padre dell'oratione, così vocale, come mentale: imperciochè di vero, senza un divoto Silentio è moramente impossibile, che l'Anima divota perfettamente possa orare: hor già poi si sa, che come per mezzo dell'oratione facilmente si fa acquisto di tutte le virtù, così in conseguenza si può concludere, che il Silentio sia Padre delle medesime: sapeva di vantaggio haver lasciato scritto S. Girolamo; che senza il Silentio non puole un Religioso essere Santo: così egli in un'Epistola delle sue apresso Marco Marullo: Religio sancta non potest esse in loquacibus. E gli era anche noto havere altresì detto S. Bonaventura nel Libro, che scrisse de Professione Vitae cap. 4 con la scorta dell'Apostolo S. Giacomo nella sua Epistola Canonica; essere, cioè a dire, vana la religione di colui, che col morso del silentio non sa rafrenare, e custodire la sua lingua. Certe frustra, audeo dicere, quod ille Religiosus gloriatur de possessione virtutis in corde, qui dissipat disciplinam Silentij per inquietudinem multiloquij. Si quis (teste scriptura) putat se Religiosum esse, non refrenans linguam suam, sed seducens cor suum, huius vana est Religio, Sapeva finalmente, che il Silentio era in sommo grado caro, ed accetto al grand'Iddio, che però egli medesimo, per quanto cantando disse il Re Profeta nel Salmo 61 per tutta l'eternità non ha mai parlato fuori che una volta sola: semel locutus est Deus.
10 - Ramentavasi in oltre il nostro Santo Eremita d'havere più volte detto nelle Vite de' Santi Padri antichi, che molti di essi, per fare più facile acquisto delle più eroiche virtù, si avalsero di questo efficacissimo mezzo del religioso Silentio. Così fecero Agatone Abbate, e Paolo Monaco, il primo de quali, tenendo un sasso in bocca per tre anni continui, impose silentio alla sua lingua, et il secondo altresì, mai disse una sola parola per tre altri Anni continui; così fecero per molto tempo Pambo, e Boone: e di Teone si narra, che stette nella sua Cella racchiuso senza mai favellare con alcuno per il lungo spatio di 30 Anni intieri; così da Marco Marullo riferisce il Lezana nel suo Libro d'Oro, che scrisse De Reformatione Regularium. Hora il nostro Beato, per seguire le vestigia di questi insigni Maestri della Monastica perfettione, con tanta esattezza, procurò mai sempre, per fin ch'ei visse di custodire il religioso Silentio.
11 - Nè perché il B. Giordano di Sassonia cotanto magnifichi questa santa virtù nel B. Franceschino, deve in verun conto darsi a credere alcuno, che nell'altre virtù egli meno si esercitasse; anzi che dall'esatta osservanza di questa, puole ogn'uno efficacemente argomentare, che molto più nell'altre egli perfetto fosse; attesoche se nella custodia del Silentio, che a prima faccia sembra d'essere molto inferiore all'altre virtù, fu così occulato, e guardingo; quanto più poi stimaremo noi, che egli si affaticasse nel mantenere intatte le tre divine Virtù Teologali, Fede, Speranza, e Carità, cotanto necessarie non solo a Religiosi, ma etiamdio a più tiepidi Secolari? E le tre altre parimente, che sono maggiormente essentiali allo stato Monastico, Povertà, Ubbidienza, e Castità, delle quali nella sua Professione ne haveva fatto publicamente in faccia della Chiesa solennissimo Voto; così finalmente si può concludere, che fosse puntuale osservatore delle quattro Cardinali, e delle dodici Morali, come anche di tutte l'altre, le quali, o a quelle annesse sono, o da quelle in qualche modo dipendano.
12 - Così dunque il B. Franceschino proseguendo per lunga serie d'Anni a custodire l'amato Silentio, et a coltivare tutte l'altre virtù per arricchirne a dovitia la felice Anima sua; alla perfine il benignissimo Iddio volendolo hoggimai premiare con la sua eterna Gloria, quale con tante sue eroiche virtù, e penitenze non mai interrotte, meritata haveva, ecco, che intorno a quest'Anno, in giorno a noi ignoto, mentre stava ne' suoi santi esercitij fruttuosamente occupato, Sua Divina Maestà fece, che, per mezzo d'un Fulmine repentino, alla maniera del B. Simone Stilita, di questo nome il terzo, dolcemente morendo, senza provare l'angoscie della morte, spirasse in un baleno l'Anima sua purissima, la quale tantosto presa da gli Angeli, fu incontanente portata nel Cielo, e posta a sedere in quella Beata Sede, la quale fino ab aeterno era stata destinata a suoi altissimi meriti, dalla Divina Misericordia: et all'hora rompendo il suo rigoroso Silentio, comincio tutto lieto a cantare quel beato Trisagio, che notte, e giorno si canta a gloria, et honore della Santissima Trinità da gli Angeli, e da' Santi.
13 - Nè alcuno prenda dalla morte in apparenza strana, e disastrosa del nostro Beato, alcuna occasione di fare sinistro giudicio, o della di lui Santità, o della Divina Providenza, imperciochè se egli è punto istrutto, et erudito nella Sagra Scrittura, si ricordarà haver detto Iddio, per bocca del Saggio, che l'Huomo giusto, e da bene, per qual si voglia sorte di morte, quantunque strana, e disastrosa dalla quale ei venghi oppresso, sempre si ritrova in refrigerio: Iustus quacumque morte praeocupatus fuerit in refrigerio erit. Con la quale non meno vera, che sensata Sentenza, il B. Giordano, quinto Generale del sagro Ordine de' Predicatori, il quale poco dianzi erasi sommerso nel Mare, essendo per divino volere, doppo morte, apparito ad un Religioso Carmelitano, il quale, per tal sua morte disastrosa erasi grandemente scandalizzato, e di vantaggio ancora haveva poco bene, così della Santità sua, come della Divina Provvidenza giudicato, e parlato, et andava altresì rivolgendo nella sua mente strani pensieri d'abbandonare la Religione, e fare al Secolo ritorno, mostrandoseli il sudetto Beato tutto circondato di Gloria, aspramente lo riprese, e lo corresse: così riferisce F. Ferdinando del Castiglio nella prima Parte della Cronica di S. Domenico lib. 2 cap. 13.
14 - Ma torniamo a vedere ciò, che succedesse doppo la beata morte del glorioso Servo di Dio. Avenne dunque, che essendosi sparsa la fama del suo beato passaggio per la Città, come era egli in altissimo concetto di Santità apresso di ciascheduno, così tutti, con frettolosi passi si portarono alla nostra Chiesa per riverire, e venerare il sagrosanto Cadavere di quel divoto Religioso, la di cui Anima Santa certamente stimavano essere dirittamente volata in Paradiso, et il Signore Iddio volendo infin dal Cielo autenticare li loro divoti pensieri, et insieme la vera Santità del suo Servo fedele, incominciò ad operare, per la di lui intercessione, tanti, e così stupendi Miracoli, a prò, e beneficio di quelli, che viva fede al sudetto Beato si raccomandavano, che il B. Enrico d'Urimaria, il quale, come più sopra accennassimo, in questo tempo viveva, e publicò altresì in quest'Anno il suo Libretto dell'Origine dell'Ordine nostro, si arrischiò di dire, che Iddio per esso lui operò infiniti Miracoli; sono queste per appunto le di lui parole formali: Decimus fuit Frater Franciscus de Ravenna, per quem Dominus infinita Miracula ostendit. Et il B. Giordano nostro di Sassonia, il quale pur anch'egli in questa medesima età fioriva non meno nella Santità, che nella Dottrina nel sopramentovato cap. 8 del lib. 4 delle Vite de' Frati, parlando dello stesso Beato, e de' Miracoli grandi, che Iddio haveva fatti per amor suo, e tuttavia faceva, dice: Item idem est exemplum in Fratre Francischino, etc. con il rimanere, che più sopra producessimo sotto il num. 8 e poi soggiunge apresso, parlando de' Miracoli, dice queste parole: Multis enim Miraculis claruit, et claret usque ad praesens. De' quali uno solo ne racconta d'un Gentilhuomo di Ravenna, il quale essendo tutto attratto nelle sue membra, fecesi condurre al Sepolcro del Beato, a cui essendosi raccomandato di cuore, in un momento restò sano; e lasciò per gratitudine la sua Carozza al Convento nostro.
15 - Per queste meraviglie dunque operate da Dio a gloria del suo Servo, fu ben tosto non solo dal Popolo di Ravenna, ma anche da gli altri della circovicine Città acclamato con applauso universale per Beato, e per Santo, e come tale publicamente riverito, et honorato, a segno tale, che essendone poi volata la fama in progresso di tempo in Avignone, e pervenuta all'orecchie del Pontefice Urbano V come ciò si faceva senza l'espressa approbatione della S. Sede, fu perciò il sudetto Culto da esso lui sospeso, con quello d'alcuni altri Servi di Dio d'Ordini diversi, come in quel tempo promettiamo, a Dio piacendo di scrivere, con produrre anche la Bolla della detta Sospensione, dalla qual Bolla si cava altresì, che egli morisse dal Fulmine percosso.
16 - Gli è ben vero però, che noi certamente stimiamo, che in termine di poco tempo fosse restituito il Culto sudetto al nostro Beato; attesochè gli è certo, che da tempo immemorabile egli l'ha goduto, e tutta via lo gode; et il suo Capo si conserva in un bellissimo Reliquiario, il quale si espone sopra dell'Altare, sotto di cui riposano l'altre sue Ossa, nel giorno della sua Festa.
17 - Riferisce l'Errera nel Tomo primo a car. 225 che anticamente vedevasi la di lui Immagine nella nostra Chiesa di S. Nicolò di Ravenna dipinta inginocchioni davanti un Crocefisso in atto di orare, e da un lato si vedeva un Angelo con una Corona nella destra mano, il quale faceva mostra di volere con quella coronare il Capo del Beato, e forse chi fece dipingere il Servo di Dio in questa forma, volle dare a divedere a' Posteri, che il Beato Franceschino, mentre stava facendo divotamente oratione davanti Nostro Signore Crocefisso, fosse per mezzo d'un Fulmine, chiamato a ricevere la Corona della Gloria nell'alto Campidoglio del Paradiso. Trattano di questo Beato, oltre degli accennati Scrittori nostri, anche il Panfilo, l'Orosco, il Romano, il Crusenio, il Marquez; e degli Esteri, più de gli altri Girolamo Rossi lib. 11 dell'Historie di Ravenna, e Girolamo Fabri nelle memorie Historiche dell'istessa Città.
18 - F. Nascimbene, il quale come scrivessimo sotto l'Anno del Signore 1326 fu da Papa Giovanni XXII creato Vescovo d'Avelino sotto la Metropoli di Benevento, in quest'Anno, per la vacanza della Chiesa Cattedrale di Trivento, fu dalla Santità del medesimo a quella trasferito. Tutto ciò testifica l'Abbate D. Ferdinando Ughelli nel Tomo 8 della sua Italia Sagra in Ecclesia Avelinensi col. 272.
19 - Gìà fin sotto l'Anno del Signore 1324 al num. 12 motivassimo, come Donna Sancia Moglie di Roberto Re di Napoli, con l'autorità di Giovanni XXII fondò nella sua Reggia Metropoli un Monistero di nostra Religione, nel quale racchiuse da 182 Donne di Mondo, affinchè in quello sotto il gran Vessillo del nostro Padre S. Agostino facessero condegna penitenza della loro gravi colpe trascorse. E perché, per provare la loro costanza, giudicò la zelante Regina, non essere bastante il breve spatio d'uno, o di due Anni, non volle ella, che facessero la solenne Professione se non dopo un intiero decennio; così per appunto scrive Cesare Engenio nel suo Napoli Sagro, il quale dice, che in quest'Anno appunto professarono nel detto Monistero 166 di quelle; e molte poi di loro divennero in brieve tempo un vivo specchio di Santità. E questa Professione la fecero, dice lo stesso Autore, nelle mani di Giovanni Orsini Arcivesc. di Napoli.
20 - Non habbiamo in quest'Anno fuori che una sola Fondatione d'un Monistero di nostri Religiosi nella Provincia di Castiglia; e questo fu il Convento di Duegnas 18 miglia lontano dalla nobile Città di Vagliadolid. Il Fondatore poi fu Michele Tis, figlio dell'Illustre Cavaliere Giovanni, detto il Rosso; e questa Fondatione la fece fuori della Terra. Come poi indi a non molto fosse questo Monistero privilegiato dal Re D. Alfonso XI di Castiglia, e poi anche doppo 70 Anni fosse, col favore, et agiuto di Giovanni II o più tosto dell'Infanta Maria della medesima Castiglia; trasferito dentro della detta Terra, ci riserbiamo di dirlo, col favore divino, ne' suoi tempi, e luoghi dovuti, con la scorta di Girolamo Romano, e dell'Errera, da' quali habbiamo cavata la presente notitia.