Agostino, il Battista e san Gerolamo
ANNO 1349
Anni di Christo 1349 - della Religione 963
1 - Con occasione dell'horribilissima Peste, la quale in questo tempo travagliava grandemente l'Europa, anzi pure tutto il rimanente del Mondo, si sollevò nelle parti della Germania una gran Compagnia di Persone divote, le quali, per placare la giusta Ira di Dio, aspramente si flagellavano fino all'uscita del sangue, e di giorno, e di notte facevano molte altre divotioni: ma perché a costoro si aggregarono molti Eretici Lolardi, e Begardi, et anche alcune Monache, non si sa poi se Cattoliche, o d'alcuna delle dette Sette, cominciò per tanto la divotione, e pietà della sudetta Compagnia a degenerare in una superstitiosa Ereticale impietà: della quale, essendo stato pienamente informato il zelante Pontefice, ben tosto la condannò, e la disfece. Così riferiscono di commune accordo Gio. Tritemio, Genebrardo, il Bzovio, il Rainaldi, et altri.
2 - Li Romani intanto vedendo anch'essi l'horribil strage, che faceva la mentovata Peste, così in Roma, come in ogn'altra parte dell'Italia, bramosi d'impetrare dal Signor Dio la liberatione da un così gran malore, supplicarono il Sommo Pontefice Clemente a volere ridurre l'Anno del gran Giubileo, che haveva già istituto Papa Bonifacio VIII doversi celebrare di 100 in 100 Anni, al numero 50 perché così con tale occasione molti sarebbero andati a Roma, e con le loro divote pellegrinationi, et orationi, si sarebbe facilmente placata la Divina Giustitia, et anche i Christiani haverebbero potuto sperare di potere godere una volta in vita loro il mentovato gran Giubileo. Hebbero poi li sudetti Romani così propitia la sorte, che ottennero quanto bramavano dal Santo Pontefice, il quale spedì poi poco appresso la Bolla solenne del sudetto Santo Giubileo da doversi celebrare nell'Anno seguente del 1350 e di questa gratia ottenuta dal Pontefice, ne diedero subito parte i Rettori di Roma a' nostri Bolognesi, e la Lettera loro viene prodotta dal nostro Ghirardacci nel Tomo 2 dell'Historia di Bologna sotto di quest'Anno 1349 a carte 193.
3 - Se bene Gioseffo Panfilo nella sua Cronica Agostiniana a carte 73 e Guglielmo Ensengremio a carte 159 parlando del Beato Riccardo Rolli Inglese, chiamato communemente Hampolitano, per la cagione, che più a basso diremo, scrivono, che egli terminasse la sua santa vita sotto l'Anno del Signore 1419 nulladimeno gli è cosa certa, che s'ingannarono di 70 Anni; attesochè li Scrittori più accreditati dell'Inghilterra, e specialmente Giovanni Pitseo autor Cattolico, e grave, e Giovanni Baleo, tutto che Eretico, Scrittore però molto diligente, et erudito, scrivono di commune accordo, che egli morisse in quest'Anno di Christo 1349. E perché egli fu professore della Vita Eremitica, viene perciò fra gli altri nostri Eremiti annoverato dal sudetto Panfilo nel luogo sopracitato, e dal Crusenio altresì nella terza parte del suo Monastico Agostiniano cap. 24 a car. 168. E se bene pare, che il P. Errera nel Tomo 2 del suo Alfabeto Agostiniano a carte 332 poco si sodisfi del fondamento di cui si servono li due sudetti Autori nostri, cioè, perché professò la Vita Eremitana, nulladimeno gli è certissimo, che se il B. Riccardo rinuntiò perfettamente il Secolo, e professò la Vita Eremitana, come scrivono tutti gli Autori Inglesi, dunque egli fu vero Religioso Regolare; perochè gli Eremiti, che Regolari non sono, non rinonciano mai perfettamente il Secolo, ma in quello possono sempre a voglia loro ritornare. Che poi fosse Agostiniano se fu vero Regolare, mentre non si specifica l'Ordine preciso, che professò, gli è fuori di dubbio; imperciochè un Eremita Regolare senz'altro aggiunto, antonomasticamente sempre s'intende un'Eremita Agostiniano, conforme dimostrassimo noi, con varj esempj, nel Tomo 2 de' nostri Secoli sotto l'Anno 601 dal num. 6 fino al 30 inclusivè. Hor mentre la nostra Religione ha tanta ragione sopra questo gran Servo di Dio, perché non potrà ella annoverarlo fra gli altri suoi Santi Eremiti? E noi, perché non dovremo quivi tesserne la Vita?
Vita di S. Riccardo Rolli Inglese detto volgarmente Hampolitano
4 - Nacque ben si questo Santo Eremita nel Regno d'Inghilterra, e precisamente nel Territorio, e Diocesi della Nobile Città d'Eborac in un luogo poco lontano dalla detta Città, et anche in vicinanza della Terra di Doncastro, e d'un insigne Monistero di Monache, che si chiamava d'Hampolo: così testificano li due Scrittori Inglesi di sopra mentovati nelli loro Cattalogi, che composero delli Scrittori dell'Inghilterra. Quali poi fossero li suoi Genitori, e come si chiamassero, non v'è alcuno, che lo dica, potiamo però credere, che fossero molto timorati di Dio, perochè allevarono questo loro Figlio fin dalla più tenera età, con tanta Christianità, che egli, che era stato dotato da Dio, d'un'ottima indole, si approffitò di tal sorte de' buoni documenti, che li davano i suoi Genitori, più con l'esempio, che con le parole; che però fin da Fanciullino diede segni manifesti, et evidenti di dovere riuscire un gran Santo.
5 - Giunto a' confini dell'adolescenza, io mi faccio certamente a credere, che lo mandassero nella vicina Città d'Eborac a studiare le Lettere humane, nelle quali havendo fatto non ordinario profitto, prendesse poi nella medesima Città, così ispirato dal Signor Dio, l'Habito Eremitano nel nostro Monistero di S. Agostino; nel quale havendo fatta a suo tempo la solenne Professione, fu poi da' Superiori dell'Ordine applicato allo studio delle Scienze più gravi, tanto naturali, quanto divine, nelle quali essendosi in sommo grado approfittato, non fu poi maraviglia se nell'età più matura egli compose, e diede alla luce alcune Opere molto gravi, e divote, delle quali faremo, nel fine di questa Vita, mentione. Ma se nello studio delle Lettere cotanto progrediva, molto più poi si avanzava nell'acquisto della santità, e della perfettione Religiosa; laonde era così grande la di lui fama, che già ne risuonava il rimbombo per ogni angolo di quel vastissimo Regno dell'Inghilterra.
6 - Per la qualcosa essendone arrivato il rumore all'orecchie delle Monache del sopramentovato Monistero Hampolitano, le quali fors'anche dovevano essere dell'Ordine nostro, o lo richiesero esse per loro Confessore, e P. Spirituale, o pure li fosse assegnato per tale dalla Religione; communque sia, gli riuscì poi il buon Riccardo di tanto profitto nella vita spirituale, e nell'acquisto, che li fece fare in brieve tempo di tutte le più eroiche virtù, non meno col vivo esempio suo, che con i suoi santi insegnamenti, che mai più, per fin ch'ei visse, se ne vollero privare. Erano le sue penitenze, et austerezze continue, e così rigorose, che facevano inorridire, non che maravigliare chiunque le considerava. La di lui humiltà era profondissima; la castità Angelica; la carità ardentissima; i digiuni, le astinenze, le discipline, e l'altre così fatte mortificazioni, con le quali continuamente domava la sua carne, acciò non si ribellasse allo spirito, erano quasi senza esempio.
7 - Havendo dunque nello spatio di molti Anni, con la sua santa vita, fatto un'immenso acquisto di meriti appresso Iddio, fu finalmente da Sua Divina Maesta, per mezzo d'una morte beata, tolto alla Terra per arricchirne il Cielo nel giorno solenne del glorioso Arcangelo S. Michele, nel qual giorno ancora fu depositato il di lui Santo Corpo nella Chiesa del sopramentovato Monistero Hampolitano. E soggiunge il Pitseo, che doppo alcun tempo, per i molti Miracoli, che Nostro Signore si compiacque di fare per i meriti del suo Servo Riccardo, a pro, e beneficio di diversi bisognosi, fu dal Sommo Pontefice annoverato fra Santi. Non dice però quest'Autore qual fosse il Pontefice, che lo Canonizò, né meno il tempo in cui fu fatta questa solenne funtione. Ma meglio è, che quivi per maggior autentica di quanto habbiamo detto, produciamo le parole formali dello stesso Pitseo nel suo Cattalogo a carte 465. Sancte mortuus, et honorifice sepultus est in Hampolensi Coenobio, ipso die sesto S. Michaelis Archangeli, Angelorum Societati adiunctus in Caelis, qui Angelicam vitam egit in terris Anno post apparitionem Fili Dei in carne humana 1349. Porro Richardus, post mortem Miraculis corruscans, successu temporis in numerum Sanctorum Confessorum relatus est. E della medesima Canonizatione ne parla altresì il citato Baleo nel suo Cattalogo de' Scrittori dell'Inghilterra a carte 431.
8 - E perché più sopra habbiamo promesso di registrare nel fine della Vita di questo glorioso Santo il Cattalogo dell'Opere, che egli compose, e diede alla luce, eccolo appunto. Compose dunque una brieve Espositione sopra il Salterio di David, la quale comincia Magna spiritualis incunditas. Compose parimente un Libretto particolare sopra il Salmo 20 Domine in Virtute tua. Scrisse altresì due Libri sopra Lettioni dell'Officio de' Morti, che sono state cavate dal cap. 7 e 10 della sagra Historia di Giob. E finalmente diede pur anche alla luce un Libro molto divoto sopra i sagri Treni del piangente Profeta Geremia, che incomincia Threni, ut ait Hieronymus. Questo brieve Cattalogo viene prodotto dal Panfilo nel luogo sopracitato, et egli lo cavò senza dubbio dal mentovato Cattalogo del Pitseo.
9 - Nostro Signore Giesù Christo si compiacque in quest'Anno di operare un gran Miracolo in questa nostra Patria di Bologna, a gloria, et honore del suo Servo S. Nicola da Tolentino, per mezzo del suo Pane benedetto: il caso poi nella seguente guisa passò. Alli 4 del Mese di Luglio, essendosi attaccato il fuoco disgratiatamente nella Casa di Dardo di Francesco di Bonaventura Paleotti nella Strada di S. Donato, Famiglia Nobilissima, che fino al giorno d'hoggi conserva più che mai l'antico splendore della sua Nobiltà, e non potendosi ritrovare per qual si voglia sforzo dell'humana fatica, et ingegno, il modo di smorzare un così grande incedio; alla perfine, mentre già la detta Casa in ogni parte avampava per la furia del fuoco, un Religioso nostro, mosso a pietà, prese un Pane di S. Nicola, e lo gettò dentro quel fuoco, e subito, come gettato vi havesse un fiume d'acqua, si smorzò, e si estinse quel grande incendio. E qui notare dobbiamo, quanto sia antica nella Chiesa Santa questa divotione del Pane benedetto di S. Nicola; imperciochè questo glorioso Servo di Dio in questo tempo, non era ancora stato Canonizato, e forse né meno Beatificato. Riferisce poi questo Miracolo il nostro Cherubino Ghirardacci nel Tomo 2 dell'Historia di Bologna lib. 22 a car. 193.
10 - E già, che stiamo favellando delle virtù di questo benedetto Pane, nell'ismorzare gl'Incendij, mi giova di quivi soggiungere un altro bellissimo Miracolo successo nella Sereniss. Città di Venetia, quale viene riferito da F. Ambrosio Frigerio nella Vita di S. Nicola a cart. 187 dice dunque quest'Autore, che essendo Doge di Venetia Giovanni Mozenigo, si accese una volta all'improviso un fuoco così grande nel Palazzo di S. Marco, che ogn'uno stimava cosa impossibile il poterlo smorzare, tanto s'era egli impossessato con le sue fiamme voraci, di tutta quella maestosa machina; ma ecco, che un Senatore di quella gran Republica, il quale era gran divoto di S. Nicola, et haveva gran fede nella virtù del suo Pane benedetto, ne gettò uno in quelle fiamme, e subito restò estinto quel gran fuoco, con gran meraviglia, e stupore di tutta la Città. E di questi Casi ne potrei portare le centinaia, e non solo in materia di Fuoco, ma di tempeste di Mare, d'infettione d'Aria, di Pestilenze contagiose, e d'altri mille malori, per rimedio de' quali si sono veduti Miracoli stupendissimi operati da Dio, a gloria del suo Servo S. Nicola, per mezzo di questo suo santissimo Pane, li quali si possono leggere da' Divoti nelle Vite, che da varj Autori sono state composte del detto Santo.
11 - A questi due prodigiosi Miracoli operati da Dio, per mezzo del Pane benedetto del glorioso S. Nicola, mi giova d'aggiungerne tre altri dell'istesso tenore riferiti dal P. F. Antonio Dulciati Fiorentino, Religioso nostro di vita esemplare, nella Vita di S. Nicola, che diede alle Stampe in Firenze sua Patria l'Anno del Signore 1515 dice dunque, che essendosi improvisamente appicciato un gran fuoco nel Palazzo de' Signori Medici, a segno tale, che già le fiamme divoratrici s'erano avanzate alcune braccia sopra di quello, laonde stimavasi impossibile il potersi estinguere con arte humana un così grande incedio, quando ciò considerando un Religioso nostro molto divoto del Santo, salì sopra del tetto, e con gran confidenza, getto un Pane benedetto nell'accennato fuoco, e questo subito trattenendo l'impeto suo furioso, miracolosamente si estinse. Riferisce in oltre l'istesso Autore, che essendosi nella medesima Città di Firenze attaccato un gran fuoco nella Casa d'un Fornaio, né potendo in verun conto estinguersi, fu da un divoto del Santo gettato con gran fede un suo Pane benedetto in quel fuoco, e subito con gran meraviglia di tutti, rimase estinto totalmente quel grande incendio: e ciò, che fece maggiormente innarcare le ciglia, per lo stupore a' riguardanti, fu, che doppo il sudetto incendio, già miracolosamente cessato, fu ritrovato il Pane gettato nelle sudette fiamme, bianco, bello, et intiero, com'era prima d'essere in quelle gettato. Racconta altresì il medesimo P. Dulciati, che essendosi parimente acceso un gran fuoco fuori di Castel Gofredo in Lombardia, in un Fenile, che era vicino a due Case, in tempo di notte, e temendo la gente, che si abbruggiassero insieme col Fenile anche le dette Case; ciò inteso dal Priore del nostro Convento, che è nel detto Castello, corse veloce mezzo spogliato alla volta del detto fuoco, e gettando con gran fede un Pane benedetto di S. Nicola in quello, e tosto ritornando indietro, prestamente si estinse senz'altro danno.
12 - E già, che habbiamo quivi riferiti questi Miracoli operati da Dio, per mezzo del Pane di S. Nicola nell'estintione del fuoco, non potiamo di meno di non ne raccontare un altro ben grande operato col medesimo Pane nell'acqua, quale pure viene narrato dal sopramentovato Autore: il caso fu, che nel suo tempo essendosi ingrossato smodatamente il gran Fiume del Po, et havendo già cominciato con le sue onde furiose a rompere un argine vicino alla nobil Terra di Viadana, e ritrovandosi in così gran pericolo que' poveri Terrazzani, né sapendo come ripararsi da una così iminente ruina, ecco, che il Priore del nostro Convento, che è situato poco fuori della detta Terra, et è dedicato per appunto al glorioso Padre S. Nicola, tutto confidato nella divina Misericordia, e nella virtù grande dell'accennato Pane del predetto Santo, s'incaminò veloce con tutti i suoi Religiosi in Processione alla volta del luogo, ove il fiume sudetto haveva cominciato a rompere, et a scavare, e colà giunto prese di questo Pane benedetto, e rivoltolo in un Mantello religioso, lo gettò nella voragine già fatta dall'acque, dalla quale già stavano di momento per sboccare l'acque impetuose di quell'infuriato fiume, ad allargare con irreparabile ruina quelle fertilissime Campagne; et in un momento si viddero, con maraviglia universale di tutti, ritirarsi l'onde impetuose dell'acennata voragine, restando libera dal concepito spavento quella divota Terra: chiamavasi il sudetto Priore F. Alfonso da Musco. Potrei quivi aggiungere molti altri Miracoli operati da Dio, per mezzo di questo Pane nello stesso elemento dell'acque, e specialmente di moltissimi, che per mezzo di quello furono liberati da evidentissimi naufragi di Mare, e di Fiumi; come anche altri molti, che con l'istesso Pane restarono illesi dall'infettioni dell'aria, cioè, dal Contaggio, e dalla Peste; ma perché questi sono in gran numero, e sono successi in varj tempi mi riserbo per tanto di riferirli ne' loro luoghi, e tempi dovuti.
13 - Dicessimo già sotto l'Anno del 1347 che Papa Clemente VI creò Vescovo di Ferna in Inghilterra, un nostro dottissimo Maestro chiamato F. Galfrido di Grosffeld; hor questi essendo passato in quel Regno per prendere il possesso della sua Chiesa, giunto, che vi fu, ritrovò, che nel tempo della Sede Vacante erano stati usurpati molti Beni di quella; laonde ricorrendo al Re, e litigando ancora in varj Tribunali, hebbe molto che dire, e che fare per tornare a ricuperarli, il che felicemente li riuscì verso il fine dell'Anno 1348. Hor mentre già tutto quieto, e tutto lieto se ne stava per il sudetto felice successo, fu in quest'Anno, dalla morte, fatto passare da questa all'altra vita; et in vero perdè in un momento la sua Chiesa d'Inghilterra, e la Religione tutta, un gran Dottore, et un insigne Prelato. Errera nel Tomo primo del suo Alfabeto a carte 294.
14 - Ma se la Religione restò priva di questo Vescovo nell'Inghilterra tre altri in vece di quello n'acquistò nell'Italia; il primo fu Maestro F. Nicola da Pisa Religioso letteratissimo, il quale fu dal Pontefice Clemente promosso al Vescovato di Iesi, Città molto nobile, et antica nella Marca d'Ancona, e fu sostituito in luogo di Francesco Brancalei, quale dice l'Ughelli, che fu trasferito, alla Chiesa d'Urbino. Fu poi spedita la Bolla di questa sua Promotione alli 2 di Marzo nell'Anno non ottavo, come scrive egli per errore, ma settimo del Pontificato di Clemente VI s'inganna però il sudetto Ughelli mentre dice, che l'antecessore del nostro Nicola fosse trasferito in quest'Anno alla Chiesa d'Urbino, attesochè questa non vacava, né vacò fino all'Anno seguente del 1350 nel quale appunto morì il nostro famoso Maestro F. Bartolomeo d'Urbino, che n'era Vescovo; si che se fu trasferito alla detta Chiesa non fu, come habbiamo detto, se non nel detto Anno 1350 ma cresce maggiormente l'errore del sudetto Ughelli, mentre parlando dell'accennato Nicola, soggiunge, che nello stesso Anno 1349 in cui fu creato Vescovo di Iesi, fu altresì trasferito indi a poco alla Chiesa d'Urbino: ma dico io, se n'era stato trasferito pur all'hora il suo Antecessore Francesco, come vi puote poi essere trasferito ancor egli? E ciò, che maggior maraviglia mi reca si è, che produce, e cita la Bolla della detta Traslatione di Nicola alla sudetta Cattedrale d'Urbino, e soggiunge essere nel Regesto Pontificio nella parte prima lib. 3 a car. 76 l'Epistola 135.
15 - Hora noi per sciogliere questo intricatissimo nodo più che Gordiano, siamo necessitati a dire, che Francesco Brancalei, non fosse trasferito alla Chiesa d'Urbino prima dell'Anno 1350 doppo la morte del mentovato Bartolomeo, e che nell'Anno istesso fosse sostituito nella Chiesa di Iesi il nostro Nicola; e che la Bolla, che egli cita della Traslatione di Nicola alla Chiesa d'Urbino, non sia veramente tale, ma sia più tosto la Bolla della di lui promotione alla Chiesa di Iesi; il che tanto più facilmente stimiamo vero, quanto che non vediamo, che egli citi di quella alcuna Bolla: e così resta sciolto ogni nodo, et ogni difficolta appianata.
16 - Essendo rimasta parimente priva del suo Pastore, che Giovanni chiamavasi, la Chiesa Cattedrale della Città d'Andria in Puglia sotto la Metropoli di Trani, il Pontefice Clemente VI sostituì in luogo del Defonto Giovanni un Religioso dell'Ordine nostro per nome F. Andrea; così succintamente riferisce l'Ughelli nel Tomo 7 della sua Italia Sagra alla colonna 1256 numero 10 ove dice, che la Bolla della di lui promotione fu data in Avignone alli 13 di Marzo nell'Anno ottavo del Pontificato del sudetto Clemente: s'inganna però, perché nel Mese di Marzo di quest'Anno 1349 non era ancora terminato l'Anno settimo. Chi poi fosse questo F. Andrea, di qual Natione, di qual Patria, e Famiglia, come il sudetto Autore, nulla ne dice, così né meno noi potiamo soggiungere alcun'altra cosa di vantaggio.
17 - Fu pur anche promosso in terzo luogo al Vescovato di Comacchio, sotto la nobilissima Metropoli di Ravenna, un altro Religioso del nostro Sagro Istituto chiamato F. Remigio, il quale successe ad un Religioso dell'Ordine de' Minori, per nome F. Pace, come lo chiama il Vadingo sotto di quest'Anno nel Tomo 3 o pure Pacio, come scrive l'Ughelli nel Tomo 2 dell'Italia Sagra alla colonna 505 num. 19 il quale era stato pur poco dianzi creato Vescovo della sudetta Città; verso della quale, mentre s'invia dalla Corte Romana, prima di giungervi, soprafatto dalla morte termina i giorni suoi. La Bolla poi della promotione del nostro Remigio, fu data in Avignone alli 22 di Giugno l'Anno ottavo del Pontificato di Clemente VI et è appunto nel Regesto Pontificio l'Epistola 19 come testifica il mentovato Ughelli.
18 - Essendo morto in Francia il Vescovo d'Ancona nell'Anno 1348 che chiamavasi Agostino del Poggio Luchese, li fu sostituito dal Pontefice Clemente VI il Priore del Monistero della Gudella dell'Ordine di S. Benedetto, il quale chiamavasi Ugo di natione Francese, Alunno del Monistero d'Auriaco, il quale tutto che nel principio non ricusasse la Carica, nulladimeno ripensando poi meglio a' casi suoi, prima, che si spedissero le Bolle, rinonttiò spontaneamente quella nobile Dignità nelle mani delllo stesso Pontefice; il quale ciò vedendo, promosse alla sudetta Chiesa un Vescovo Titolare del nostro Sagro Istituto, che chiamavasi F. Giovanni de' Todeschi: il titolo poi del Vescovato sudetto era di Capituglio, o Capituglia. E questi per appunto è quel Vescovo Capitugliense Agostiniano, il quale nell'Anno 1345 insieme con Rogiero Arcivescovo di Bourges, et un altro Vescovo Domenicano, fece la Traslatione del Corpo di S. Odilone, come notassimo sotto del detto Anno, con produrre l'autentico Testimonio della detta funtione: et in tal tempo doveva essere Suffraganeo di qualche Arcivescovo, o pure Vescovo di Francia. Il P. Ughelli non lo nomina Agostiniano, non so poi perché; e se il nostro P. Errera Agostiniano lo chiama, non è, perché habbi riguardo al primo Vescovato, ch'egli hebbe, nel quale anch'egli lo chiamò Agostiniano nel Tomo 2 dell'Alfabeto Agostiniano a carte 184. Ma quando poi fu fatto Vescovo d'Ancona, per provarlo Agostiniano non si servì del testimonio del sopramentovato Rogiero, registrato nella Blioteca Cluniacense, come già fatto haveva, quanto tale lo provò, quando era Vescovo Capitugliense nel luogo dell'Alfabeto poco dianzi citato: ma si serve ben si d'un testimonio di Lazaro Bernabei Historico Anconitano, il quale dice, che quando il Card. Egidio Albornozzi Legato Apostolico in Italia, entrò in Ancona nell'Anno 1357 andò ad incontrarlo fuori della Città Giovanni Todeschi Agostianiano Vescovo d'Ancona. La Bolla poi della di lui promotione a cotesta insigne Chiesa, fu data in Avignone a 21 di Ottobre in quest'Anno del 1349 e del Pontificato di Clemente VI l'ottavo. E nel Regesto Pontificio è l'Epistola 74 foglio 48 nel libro 3 come scrive l'Ughelli nel Tomo primo alla colonn. 382, num. 26.
19 - Firiva in questo tempo nella Città di Piacenza, e nell'antico Convento nostro un insigne Maestro chiamato F. Michele della nobilissima Casa Borghi, il quale, oltre l'essere dotato di gran dottrina, e sapere, fu altresì Religioso di somma bontà; che però, e per l'una, e per l'altra ottima qualità, Rogiero Caccia Vescovo di Piacenza grandemente l'amò, e molto lo stimò per fin ch'ei visse; laonde non solo l'elesse per suo Confessore, ma di vantaggio ancora lo creò suo Vicario Generale in Spiritualibus, nel quale ufficio stette poi fino alla morte del detto Vescovo, e fu poi altresì confirmato dal di lui Successore; così per appunto riferisce Antonio Maria Campi nella terza parte della sua Historia Ecclesiastica di Piacenza nel lib. 22 a carte 103 e soggiunge il detto Autore, che il mentovato Vescovo Caccia, havendo fatto il suo Testamento in quest'Anno del 1349 fra gli altri Legati uno ne fece a beneficio del sudetto Maestro F. Michele suo Vicario, il quale fu di dieci Fiorini d'oro, somma in quel tempo considerabile; ben'è vero, dice il detto Campi, che quel Vescovo non morì poi se non sei Anni doppo.
20 - Fu terminata finalmente in quest'Anno medesimo la bellissima Torre di questa nostra Chiesa di S. Giacomo di Bologna, la quale era stata incominciata 13 Anni prima, cioè nell'Anno del Signore 1336 questa, e per le maravigliose fondamenta, che consistono in quattro Pilastri isolati, e per la vaghezza della struttura, che è d'ordine Corintio, mirabilmente adornata di 36 bellissimi Finestroni, e finalmente per l'altezza, che doppo la maravigliosissima degli Asinelli, supera tutte l'altre della Città, si rende oltre modo mirabile, e vaga a gli occhi de' riguardanti. Di questa ne parla ancora il nostro Ghirardacci nel Tomo 2 lib. 22 a car. 192 delle sue Historie di Bologna.