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Agostino insegna dalla cattedra episcopale
LA COMPOSIZIONE DELLO STUDIO GENERALE AGOSTINIANO DI BOLOGNA NEL TRECENTO
di B. Hackett
Uno degli sviluppi più sorprendenti della formazione, nel 1256, dell'Ordine dei Frati Eremiti di S. Agostino fu la rapidità con cui esso entrò nel mondo culturale di allora, come venne notato dal Cardinale Franz Ehrle, editore degli Statuti originari della facoltà di teologia dell'Università di Bologna (EHRLE, I più antichi statuti della facoltà teologica dell'Università di Bologna (Bologna 1932) p. xcv). Fu veramente uno sviluppo sorprendente perchè l'Ordine era principalmente l'insieme di tre ordini preesistenti, che in origine erano "prodotti della foresta". È vero che nel 1256 ognuno aveva degli insediamenti dentro o vicino ai centri popolati, predominantemente eremitici. Nel 1290 circa, quando un membro dell'Ordine, il B. Agostino Novello, fu presentato alla curia papale come penitenziere, venne sarcasticamente chiesto in quale foresta fosse stato trovato un tale tipo! (Acta Sanctorum, Maii 4.620; R. ARBESMANN e W. HMPFENER, Jordani de Saxonia ordinis eremitarum S.Augustini liber vitasfratrum (New York), 1943, p. 117). Sconosciuto ai cardinali, egli era stato doctor utriusque iuris all'Università di Bologna già prima di entrare tra gli agostiniani (ARBESMANN, A legendary of early Augustinian saints, in Analecta Augustiniana, XXXIX (l966) p. 44-51).
In breve, la tradizione eremitica dei tre ordini che vennero uniti nel 1256, come terzo ordine mendicante di frati, rimase radicata nell'Ordine. Adesso però questa tradizione doveva essere completata dall'impegno nell'apostolato attivo, un apostolato largamente urbano per cui era essenziale una preparazione intellettuale, soprattutto a causa del ministero della parola e dell'amministrazione del sacramento della riconciliazione (F. ROTH, Cardinal Richard Annibaldi forst protector of the Augustinian order 1243-1276, in "Augustiniana", II, (l952), pp, 230-40). Questo necessario passaggio venne effettuato dal primo priore generale dell'Ordine unito, Lanfranco da Milano. Dopo tre anni dalla Grande Unione degli agostiniani del 1256 egli aveva già acquistato una residenza a Parigi, la quale doveva servire proprio come casa di studio per gli studenti dell'Ordine destinati a laurearsi come maestri di teologia all'Università (E. YPMA, La formation des professeurs chez les Ermites de Saint Augustin (Paris, l956), pp. l-9). Era qualcosa di ben diverso dalla foresta! Forse non ci sorprende il fatto che fosse un prodotto della città, Egidio da Viterbo, il primo studente agostiniano inviato a Parigi, dove ebbe l'inestimabile fortuna di avere come maestro Tommaso d'Aquino (1269-1272), benché questo avvenisse circa 10 anni dopo l'arrivo di Egidio a Parigi (Ibid., p. 38; D. GUTIERREZ, Storia dell’ordine di S. Agostino - gli Agostiniani nel Medioevo 1256-1356, 1/1 (traduzione dallo spagnolo), Roma l986, pp. 244-245). Una volta deciso di inviare degli studenti a Parigi per ottenere il magisterium in teologia, era inevitabile che venissero stabilite case di studio anche in Italia. Prima e soprattutto dopo il 1256 erano stati fondati degli insediamenti fuori dall'Italia, però l'Ordine era e rimaneva soprattutto italiano.
Le case di studio avrebbero permesso al priore generale insieme ai provinciali di scegliere per Parigi gli studenti più promettenti (YPMA, pp. l4, 28). Inoltre tali case avrebbero offerto un solido fondamento intellettuale per quegli studenti che altrimenti non sarebbero stati capaci di seguire all'Università di Parigi i corsi avanzati di filosofia e teologia. Non solo, ma si doveva provvedere anche alla vasta maggioranza degli studenti non destinati a Parigi, ma che avrebbero avuto bisogno almeno di buone basi teologiche, se dopo l'ordinazione dovevano impegnarsi nell'apostolato attivo (GUTIERREZ, pp. 256-8). In altre parole le case di studio avrebbero assolto ad un doppio fine. Ma dove e quante stabilirne? A questo punto è necessario sapere che la documentazione riguardante la formazione agostiniana nel XIII secolo, come per altri periodi storici più recenti, è troppo incompleta. Le due fonti che dovrebbero fornire informazioni sulle case di studio, i professori e gli studenti, e cioè gli atti dei capitoli generali e provinciali, sono stranamente di poco aiuto. I più antichi atti di un capitolo generale ancora esistenti risalgono solo al 1281, a parte un riferimento molto breve ad uno del 1274 (Analecta Augustiniana, II (1907-8), 225, 249). Il più antico documento di un capitolo provinciale è quello della provincia romana che risale anch'esso al 1274. Riguardo ai registri dei priori generali la situazione è particolarmente frustrante. Infatti il primo registro ancora esistente è quello di Gregorio da Rimini (1357-1358) (A. DE MEIJER, Gregorii de Arimino OSA - Registrum generalatus 1357-1358, Roma 1976).
Qualche aiuto, invece, è fornito dalle Costituzioni dell'Ordine, datate 1290 (Constitutiones fratrum heremitarum Sancti Augustini, cap. XXXVI, (Editio princeps, Venezia, l508), ff. 32/33). Anche quando sono disponibili gli atti di un capitolo generale riguardo al periodo formativo nelle case di studio agostiniane, come per esempio nella seconda metà del XIII secolo, essi devono essere usati con cautela. Un decreto del capitolo generale del 1287 parla come se g1i studentia generalia, un termine che sarà necessario spiegare nel suo contesto agostiniano, non fossero quell'anno ancora stabiliti. Ciò è fuorviante (M. D’ALATARI in Le scuole degli ordini mendicanti (secoli XIII-XIV). Convegno di studi sulla spiritualità medievale, XVII ottobre 1976 (Todi 1978), pp. 68-69. Erra dissentendo con Gutierrez (pp. 253-4) riguardo all'interpretazione del decreto del 1287. Si può osservare, in aggiunta a quanto scrive Gutierrez, che talvolta un capitolo generale emana un decreto come fosse per la prima volta, non tenendo conto che era stato già emanato precedentemente. C. PINNA non tiene conto di questo nel suo notevole studio Studenti agostiniani a Bologna negli anni 1381-1386, in Analecta Augustiniana, XI (l977), p. 82). È certo, come vedremo, che nel 1264 esisteva a S. Giacomo di Savena, fuori delle mura di Bologna, uno studio generale. Può essere preso come provato che prima della morte del priore generale Lanfranco nel 1264 c'erano già quattro studi generali. I 4 centri prescelti erano: Bologna, Padova, Napoli e la Curia romana. Non c'è dubbio che Bologna, Padova e Napoli furono scelte perchè erano città universitarie, benché nessuna di esse avesse una facoltà di teologia autorizzata a rilasciare il magisterium. Bologna aveva in più un ulteriore, più familiare motivo per essere prescelta come sede di uno studio generale dell'Ordine. Ciascuno dei tre ordini religiosi, protagonisti della Grande Unione del 1256, aveva connessioni con Bologna già prima di questa data. Il primo era il cosiddetto Ordine degli Eremiti, popolarmente conosciuto come Gianboniti a causa del loro fondatore, il beato Giovanni Bono da Mantova (†1249). Nel 1246 essi fecero una fondazione vicino al Savena e la dedicarono a S Giacomo. I Frati Eremiti di S. Agostino, nati in Toscana, arrivarono a Bologna un po’ più tardi, certamente già nel 1254 e si stabilirono a Fossa Cavallina, abbastanza vicino, forse anche troppo, ai Gianboniti. Il terzo Ordine, gli Eremiti di Brettino località a nord ovest di Fano, ricevettero nel 1247 l'aggregazione dei benedettini di S Maria Maddalena di Valle Pietra, a sud-ovest di Bologna (ROTH (n. 4), III (1953), 298, 302, 313). È molto probabile che, come risultato della Grande Unione del 1256, i due Ordini più vicini alla città, i Gianboniti ed i Toscani per così dire, abbiano formato in S. Giacomo una sola comunità e lì venne stabilito entro il 1264 lo studio generale. La sola prova rimasta di tutto questo è il fatto che il religioso tedesco Enrico di Frimaria, che sarebbe poi diventato maestro di teologia all'Università di Parigi, era studente a Bologna durante la vita di Lanfranco, primo priore generale dell'Ordine che, come abbiamo visto, morì nel 1264 (Enrico stesso scriveva quanto segue: "primus prior generalis fuit frater Lanfrancus de Mediolano... quem oculis meis vidi Mediolani (Cioè nel o prima del 1264), cum primitus irem in Bononiam pro studente": ARBESMANN, Henry of Friemar's "trestise on the origin and development of the order of the Hemit Friars and its true and real title", in Augustiniana, VI (1956), 113. Se nel 1264 a Bologna non vi fosse stato uno studio generale, Enrico non vi sarebbe stato inviato dalla propria provincia. Evidentemente vi è stato inviato per conseguire il lettorato).
Lanfranco prima della sua elezione a generale era stato priore di S. Giacomo di Savena nel 1253. Nel 1262 a S. Giacomo c'era una comunità di 35 religiosi; uno di essi era senz'altro Enrico di Frimaria (M. FANTI, Gli Agostiniani a Bologna e la Chiesa di San Giacomo - gli inizi (l247-13l5), in Il Tempio di San Giacomo Maggiore in Bologna (Bologna 1967), p. 10). Lo studio era destinato fin dai suoi inizi a diventare il più importante d'Italia. È annoverato accanto a quello di Parigi, di cui divenne la controparte italiana in seguito al Grande Scisma d'Occidente, che chiuse l'accesso allo studio parigino agli studenti del settore urbanistico dell'Ordine. Fortunatamente l'erezione della facoltà di teologia all'Università di Bologna con la bolla papale Quasi lignum vitae di Innocenzo VI del 30 Giugno 1362, che autorizzava la facoltà a concedere il magisterum in teologia, compensò la chiusura dello studio parigino, anche se non poteva in alcun modo sostituire il prestigio di un grado accademico in teologia presso l'Università di Parigi. Ora siamo in grado di venire alle prese con il tema di questa conferenza: la composizione dello studio generale agostiniano a Bologna nel XIV secolo. Qui il termine composizione ha un doppio significato: quello di strutture e quello di personale. Il termine "studio generale", come ho affermato nella mia edizione dei primi Statuti dell'Università di Cambridge, è uno di quei termini accademici difficile da definire in modo tale da poter essere accettato universalmente da tutti gli storici delle università medievali (M. BACKETT, The Original statues of Cambridge University, Cambridge, 1970, p. l76). Si potrebbe dire, e a buon diritto, che uno studio generale era l'equivalente di una università, ma non è ciò che esso generalmente significava nell'uso agostiniano, uso che non è facile, per inciso, da precisare. Comunque è chiaro che nell'Ordine vi erano due categorie di studi generali, che potevano o no, secondo i casi, sovrapporsi (YPMA (n. 5), pp. 54-60 e passim). Sembra che in Bologna ci fosse una sovrapposizione: lo Studium generale ordinis oppure totius ordinis e lo Studium generale provinciae, quello della privincia romagnola a cui apparteneva il convento di Bologna. Vediamo prima di tutto cosa i due tipi di studio generale significassero precisamente nel contesto di Bologna. Uno studium generale ordinis aveva un carattere internazionale. Ogni provincia dell’Ordine poteva inviarvi uno studente per farlo qualificare come lettore (Ibid., pp. 22, 33-34, 39, 54-55). Questi erano studenti scelti; si potrebbe dire il fior fiore di una provincia. Lo studente assegnato da una provincia veniva scelto dal provinciale e dal definitorio al capitolo provinciale. Gli studenti venivano inviati in uno studio generale con lo scopo di avere professori qualificati per il corpo degli studenti della provincia. Per fare questo il professore doveva avere il lettorato, che non era un grado accademico, ma un semplice titolo di comodo, inventato dagli ordini religiosi accademicamente impegnati (Ibid., pp. 42-44). Oltre lo scopo di avere professori qualificati per le case provinciali di studio, quando lo studente dimostrava in una scuola provinciale di logica di avere un talento eccezionale veniva destinato a Parigi per ottenervi il tanto auspicato grado di maestro in teologia. Non veniva promosso allo studio di Parigi se prima non si era qualificato come lettore in un altro studio generale, meno prestigioso, come quello del convento dell'Ordine a Bologna, riconosciuto senza rivali in Italia (GUTIERREZ (n. 6), 143; Ibid., De Antiquis ordinis eremitarum sancti Augustinii bibliothecis, in Analecta Augustiniana , XXIII (1954), p. 180).
A Bologna, come in altri studi generali dell'Ordine, per esempio Padova e Napoli, il corpo insegnante era composto da due lettori, uno principale ed uno secondario. Il principale poteva essere un maestro in teologia come Prospero da Reggio Emilia, il primo maestro reggente di uno studio conosciuto, come vedremo (Vedi nn. 30-32); quando invece non c'era un maestro, come avvenne il 19 marzo 1333, allora un baccelliere in teologia, come Giovanni Di Lana da Bologna, che si laureò a Parigi nel l3l6 proprio con tale titolo, poteva ben meritare il ruolo di lettore principale (Vedi n. 39). Il compito di questi consisteva nel dirigere lo studio, nel leggere, cioè dare lezioni sulla Bibbia, nel tenere dispute ed anche nel dare un corso di filosofia, ancella della teologia. Il lettore secondario aveva il compito di leggere i quattro libri delle Sentenze di Pietro Lombardo e di dare anche lezioni di logica e filosofia (YPMA (n. 50), pp. 40, 48-49). Il corso per diventare lettore durava cinque anni. Nell'ordine l'ammissione al lettorato dipendeva da un esame che il candidato doveva sostenere al capitolo generale oppure davanti al priore generale, il quale poteva nominare come esaminatore al suo posto alcuni maestri (Ibid., p. 43). Prima di procedere a considerare gli sviluppi della ratio studiorum agostiniana, che pose lo studio generale di Bologna più o meno allo stesso livello di quello di Parigi, si può qui dire qualcosa sull'altra designazione di studio generale, cioè, provinciale (pp. 47-60; GUTIERREZ (n. 6), pp. 250-252; ROTH, The English Austin Frias, 1240-1538, X, (New York 1966), p. 146; ARBESMANN-HUMPENER (vedi n. 2), p. XII). Abbiamo già affermato che lo studio di Bologna non era soltanto uno studio generale dell'Ordine, ma anche uno studio della provincia romagnola. Perciò nello stesso convento vi erano due classi di studenti; una seguiva il corso superiore per il lettorato, l'altra il corso inferiore, sufficiente a renderli idonei dopo l'ordinazione a predicare ed ascoltare le confessioni. Non erano molti gli studenti a ciascuno dei due corsi. Spesso ci si dimentica che nel Medioevo e fino all'inizio del XVI secolo la maggioranza dei sacerdoti erano i cosiddetti "preti da Messa", cioè non ricevevano formazione filosofica o teologica. Per l'ordinazione era sufficiente conoscere abbastanza latino per essere in grado di dire messa e cantare l'ufficio (ROTH, (n. 25), pp. 140-142; GUTIERREZ (n. 6), pp. 257-58). Questo era tutto! Il primo graduato allo studio generale di Bologna, fu nel 1293 Giovanni da Orte, il quale ottenne il lettorato; non c'è dubbio però, che egli non fu il primo studente di tale studio generale a conseguire il lettorato. Giovanni fu assegnato allo studio di Bologna nel 1287 dal provinciale e dal capitolo della sua provincia, quella di Roma (Analecta Augustiniana, II (1907-8) 271, 344 e n. 4, 345, 390, 396-7).
Ovviamente egli completò i cinque anni richiesti dal programma di studio per il lettorato poichè si laureò prima del 17 maggio 1293; contemporaneamente forse insegnò filosofia come cursor nel 1292-1293. Dopo tutto, se doveva essere lettore nella sua provincia aveva bisogno di esperienza, sotto supervisione dell'arte di insegnare. Non sappiamo chi sia stato il suo supervisore, cioè il reggente degli studi. Il primo reggente dello studio di Bologna ricordato è Prospero da Reggio Emilia, ma, come vedremo subito, fino al 1316 egli non era ancora maestro in teologia e non svolse la funzione di reggente a Bologna prima del 1321. In ogni caso Giovanni da Orte, da non confondere con Giacomo da Orte che studiò a Parigi e divenne lettore nel 1285, fu eletto definitore della sua provincia e visitatore prima di iniziare ad insegnare come lettore principale nello studio di Napoli (Ibid., 365, n. 4; III, (1909-10), 15 e n. 2, 150, n. 3. Egli fu eletto priore generale nel 1308). L'importanza, o meglio, la fama dello studio generale di Bologna, si riflette nel numero di maestri di teologia che vi insegnarono come reggenti e, come conseguenza di ciò, la qualità degli studenti di altre parti d'Italia e fuori che venivano destinati dalla propria provincia allo studio di Bologna, particolarmente quelli che avevano come ultima destinazione lo studio generale di Parigi. Bisogna però ricordarsi che i documenti e le fonti di informazione dei secoli XIII e XIV, fino all'erezione della facoltà di teologia all'Università nel 1364, sono molto imperfette. Poco o nessun aiuto proviene dagli archivi generali dell'Ordine, perchè sono perduti i registri dal 1360 al 1383 e dal 1393 al 1419. Forse ci sarebbe solo da aspettarsi che il primo maestro conosciuto dello studio di Bologna sia stato un membro della provincia romagnola, Prospero da Reggio Emilia, il cui convento aveva le sue radici in un eremo stabilito fuori delle mura della città dai Gianboniti nel 1236 (ROTH, (n. 4), III, (1953), 305-6). Si può presumere senza paura di smentite che Prospero abbia iniziato la sua carriera scolastica a Bologna, ottenendovi il lettorato, prima di essere inviato allo studio di Parigi con lo scopo di conseguirvi il magistero in teologia. È probabile che, dopo essersi laureato a Parigi come baccelliere delle Sentenze di Pietro Lombardo, sia ritornato ad insegnare teologia nello studio bolognese (A. PELZER, Prosper de Reggio Emilia, des eremites de Saint-Augustin, et le manuscrit latin 1086 de la Bibliotheque Vaticaine, in "Revue neonscolastique", XXX, (1928), 349; ARBESMANN-HUMPFNER (n. 2), pp. XI-XII), (anni 1306-1315), leggendo le Sentenze, presumibilmente a Bologna, benché insegnasse anche nello studio agostiniano di Milano, prima di recarsi come maestro in teologia a Parigi il 1 marzo 1316. A Parigi aveva studiato per un certo tempo sotto il famoso maestro Enrico di Gent, da cui si dissociò, o meglio confessò di non capire, ma da cui invece imparò molto, come egli stesso dichiarò (PELZER, 350). Il manoscritto, ora nella Biblioteca Vaticana, del commento di Prospero al primo Libro delle Sentenze è d'interesse fuori del comune, perchè contiene una lista, composta da Prospero, delle questioni disputate a Parigi, a cui egli prendeva parte, insieme ai nomi dei disputanti, alcuni molto famosi (Per il manoscritto Vat. Lat. 1086 vedi PELZER, 316-51; Ibid., Codices Vaticani latini, 679-1134 (Città del Vaticano, 1931), pp. 654-83). Nel 1318, dopo il suo ritorno da Parigi, venne nominato esaminatore degli studi generali dell'Ordine in Italia e poi insegnò di nuovo nello studio bolognese come maestro. Era ancora lì quando ricevette dal Papa Giovanni XXII, per motivi non specificati, il dono di 50 fiorini (H. DENIFLE et A. CHATELAIN, Chartularium universitatis Parisiensis, II/I (Paris 1891), 404, n. 4).
Uno dei suoi studenti fu Giordano di Sassonia, un religioso tedesco che poi divenne uno dei personaggi importanti dell'Ordine e uno scrittore di grande merito. La sua opera principale è il Liber Vitasfratrum, che è un ampio trattato sulla vita agostiniana, illustrata con esempi tratti dalla vita dei religiosi dell'Ordine distintisi per santità. In quest'opera Prospero da Reggio Emilia, suo maestro, è ricordato in modo particolare per la sua umiltà (ARBESMANN-HUMPFNER, (n. 2), pp. 108-109). Un esempio ancor più sorprendente di umiltà è quello di Giovanni di Lana da Bologna, che morì nel 1350, ma che non anticipiamo. Alla morte di Prospero nel 1333 ci fu un curioso seguito. Il 19 marzo il Papa Giovanni XXII scrisse al suo legato a Parigi, il Cardinale Bertrando da Poggeto, di aver ricevuto lettere dal priore generale degli agostiniani, Guglielmo da Cremona, dalla provincia romagnola e dai religiosi del convento di Bo1ogna. Tutti chiedevano che Dionigi da Modena, che per 14 anni aveva insegnato teologia a Parigi e in altri studi generali, venisse promosso al magistero, poichè morto Prospero, non c'era nello studio di Bologna alcun maestro per insegnare teologia, mentre in precedenza per molti anni c’era sempre stato un reggente. Dionigi ricevette il magistero (DENIFLE-CHATELAIN, 404, n. 982). L'episodio conferma quello che si presume: lo studio generale di Bologna era così importante che era un maestro in teologia a dirigerlo e ad insegnarvi come lettore principale. Si è parlato finora di Prospero da Reggio Emilia; possiamo anche annotare un altro maestro di teologia, Alberto da Padova, il quale insegnò a Bologna e a Parigi prima della sua morte avvenuta nel l323 o nel 1328 (ARBESMANN-HUMPFNER, pp. XI, XIII, XIV, XXXIII-XXXIV; D. PERINI, Bibliografia Augustiniana, III, (Firenze 1938), pp. 69 -71). Forse il più grande esponente del pensiero di S. Agostino nel Medioevo fu Gregorio da Rimini; egli però insegnò a Bologna nel 1329 non come maestro, ma come semplice lettore, dopo aver fatto il primo corso di studi a Parigi. Nel 1345, quando venne nominato maestro di teologia in tale Università, già era stato da 22 anni studente o professore: nel 1357 divenne priore generale dell'Ordine. Egli era riconosciuto come "dottore autentico" (DE MEIJER, (n. 10), p. VII; PERINI, I, (1929), pp. 53-57; D. TRAPP, Augustinian theology of the 14th century, in "Augustiniana" VI (1956), pp. 182-211). Giovanni di Lana da Bologna fu il solo agostiniano, insieme con il suo confratello inglese Guglielmo Flete (HACKETT, (n. 16), Catherine of Siena and William of England: a curios partnerschip, in "Proceedings of the PMR Conference", (Villanova, PA. 1980), pp. 29-30), che, dopo aver raggiunto il magistero, il titolo più alto e prestigioso per uno studioso, preferì rimanere semplice baccelliere in teologia. Nato intorno al 1270 a Bologna, prometteva molto bene come studente, tanto che fu inviato allo studio generale di Parigi dove lesse i libri delle Sentenze di Pietro Lombardo ed entro il 1316 fu ordinato sacerdote e fu priore del convento di Bologna, incluso, inutile dirlo, lo studio generale. Era un religioso di profonda umiltà e per questo declinò l'invito ad essere maestro in teologia. Secondo Giordano di Sassonia o da Quedlinburg, uno dei suoi allievi a Bologna, oltre al suo amore per l'umiltà, egli pensava di essere più utile all'Ordine in una posizione inferiore piuttosto che in una superiore. Giordano, testimone oculare, riferisce come esempio della sua umiltà il seguente episodio: Giovanni, in quanto priore del convento, si sentì obbligato a correggere alcuni membri della comunità per la loro negligenza; allora uno di essi lo denunciò pubblicamente senza mezzi termini come inadatto all'ufficio di priore.
Giovanni, senza dire una parola, lasciò il convento ed andò a vivere in solitudine a S. Bartolo, una villa appartenente alla comunità. Lì passava i suoi giorni nel silenzio, pregando e digiunando. Si racconta che il priore generale, saputo l’accaduto e fatta un'inchiesta, chiese a Giovanni la cortesia di riassumere, e con onore, l'ufficio di priore. Giovanni lo fece e quando morì intorno al 1350 era venerato come santo (ARBESMANN-HUMPFNER, (n. 2), pp. XI-XII, 120-3; GUTIERREZ (n. 6), De fratre Ioanne de Bononia qui dicitur de Lana OESA (ca. 1350) Baccalaureo Parisiensi, in Analecta Augustiniana XIX, (1943) pp. 180-209; PIANA, (n. 12) 83-4, 87-8, 92). Non è necessario sostenere che i due famosi agostiniani, Ugolino da Orvieto e Bonaventura da Padova, abbiano fatto parte della commissione dei nove incaricati nel 1364 di elaborare gli Statuti della facoltà di teologia dell'Università (EHRLE, (n. 1), pp. 5-6; cfr. n. 44. Più tardi Bonaventura fu incaricato da Urbano V con due altri cardinali a redigere alcuni statuti per la facoltà di teologia dell’università bolognese e delle altre università italiane, vedi Analecta Augustiniana, V ( 1913-14), 145-7). Non ci sono prove che qualcuno dei due abbia studiato o insegnato nello studio generale del loro ordine, benché nel 1359 Ugolino fosse a Bologna, ma non sappiamo quale fosse il suo compito (Ibid., 292. Il cognome tradizionalmente assegnato a Ugolino è infondato; cfr. GUTIERREZ (n. 39), 180, n. 2. Lo stesso probabilmente vale anche per il cognome Baduario attribuito a Bonaventura. Su Ugolino cfr. A. ZUMKELLER, Hugolin von Orvieto und seine theologische erkenntnislehre (Würzburg, 1941). Su Bonaventura cfr. PERINI (n. 36), I (1929) 75-9 ed il suo Il Bonaventura Baduario- Peraga (Roma 1912)). In ogni caso è tempo di concludere questa conferenza parlando del periodo d'oro dello studio generale agostiniano di Bologna. Ho già fatto riferimento in antecedenza all’inizio del Grande Scisma d'Occidente e al bando imposto allo studio generale di Parigi dal settore urbanista dell'Ordine agostiniano. Si potrebbe dire che Parigi perse e Bologna guadagnò. In effetti la facoltà di teologia dell'università bolognese, provvidenzialmente inaugurata nel 1364 e modellata direttamente su quella di Parigi, fece sì che nel 1385 lo studio di Bologna divenisse l'unico centro in Italia dove si conseguiva, per gli studenti dell'Ordine, il baccalaureato in teologia e conseguentemente il magistero (Analecta Augustiniana, I (1913-14) 53-54). Non va dimenticato comunque, come dato di fatto, che molto tempo prima che Bologna ricevesse il privilegio di creare maestri in teologia, agostiniani ed altri potevano ottenere il magistero non solo a Parigi, ma anche in Inghilterra ad Oxford e Cambridge. Queste erano le sole università autorizzate a creare dottori in teologia. Ancora nel 1355 scopriamo che il Papa Innocenzo VI, tramite il priore generale, proibisce agli agostiniani di iscriversi per conseguire il magistero in altre università, eccetto queste tre (Ibid., 97-98). Perciò non sorprende il fatto che gli Statuti delle facoltà di teologia di Bologna, che furono escogitati di fatto solo da Ugolino da Orvieto (EHRLE (n. 1), p. cli), riconoscono la posizione privilegiata ed unica di Parigi, Oxford e Cambridge. Gli Statuti dicono esplicitamente che solo gli studenti laureatisi come baccellieri in queste tre Università sono ammessi ad eundem a Bologna. In altre parole, essi non devono di nuovo qualificarsi come baccellieri per avere il permesso di iscriversi ai corsi per il magistero (Ibid., pp. 32-33). Gli Statuti del 1364 della facoltà di Teologia dell'Università di Bologna sono presi quasi alla lettera da quelli di Parigi, per essere più precisi possibile, dalle consuetudini della facoltà di teologia di Parigi. Questo significa che lo studio generale agostiniano di Bologna doveva avere la stessa organizzazione dell'omonimo di Parigi, o se non proprio la stessa, mutatis mutandis, si avvicinò ad essa alla fine del XIII o all'inizio del XIV secolo. La famosa frase pro forma Parisiensi, che ricorre così spesso negli anni dopo il Grande Scisma nei registri del priore generale Bartolomeo da Venezia, era applicata per eccellenza allo studio di Bologna. Ciò significava che uno studente inviato allo studio bolognese pro forma Parisiensi avrebbe goduto, in caso di buona riuscita, di tutti i favori, immunità e sussidi tradizionali associati allo studio di Parigi (Ibid., pp. XCVI-CVII). Non solo ci si prendeva cura delle loro spese ordinarie, ma anche ognuno riceveva denaro per comprare libri, non come Giovanni da Orte che, come nuovo lettore creato a Bologna nel 1287, è detto "multum pauper in libris" (molto povero di libri) (Analecta Augustiniana II, (I907-8), p. 344).
Gli studenti inviati a Bologna dalle loro province in forma comune non ricevevano attenzioni particolari, presumibilmente perchè non erano destinati a prendere gradi accademici presso l'Università. L'elevazione dello studio bolognese al rango di quello di Parigi ebbe ripercussioni sull'organizzazione della facoltà di teologia (YPMA (n. 5), Le Mare Magnum: un code medievale du convent augustinien de Paris, in Augustiniana VI (1956), pp. 275-321, specialmente 306-10; GUTIERREZ, (n. 254)). Lo staff ora comprendeva due maestri in teologia. Vi erano cinque tipi di baccellieri a vari livelli di carriera scolastica: uno di essi ricopriva il ruolo di maestro degli studenti ed aveva le mansioni abituali di tali persone (per esempio dare agli studenti il permesso di frequentare corsi fuori del convento, dare loro i soldi per le cose necessarie, ecc.); doveva però anche stabilire l'ordine con cui gli studenti agivano come disputanti in casa il sabato, in dispute distinte da quelle all'Università. Sarebbe imperdonabile concludere questa conferenza, per forza di cose molto ridotta, senza menzionare un figlio di Bologna che divenne in pratica capo della facoltà teologica dell'Università. Il cancelliere era il vescovo, ma egli delegava i suoi poteri ad un sostituto, un vice-cancelliere. Ora uno dei tratti frustranti della storia dell'Ordine agostiniano è quello di dover solo supporre, a causa della mancanza di dati precisi, il curriculum vitae di alcuni suoi uomini famosi. Egidio da Roma fu senz'altro il più grande professore dell'Ordine; eppure non sappiamo quando diventò di fatto maestro di teologia. Un altro caso è quello di Michele Seccadenari, il figlio di Bologna a cui accennavo. Benché in un caso sia presentato come carmelitano e in un altro come domenicano, egli era di fatto un religioso agostiniano. Il 3 gennaio 1372 (1373?) appare all'improvviso come maestro di teologia all'università (L. FRATI, Chartularium Studii Bononiensis IV (Bologna 1919), III: "magister Michael de Sechadenariis de Bononia ordinis Carmelitarium" (sic), vedi n. 51. Nonostante che egli fosse proprio agostiniano (cfr. ibid., 146), era chiamato domenicano il 10 ottobre 1380 (ibid., 155). L'identità del maestro non costituisce un problema. La difficoltà è questa: come si può risolvere il fatto che egli è notato come maestro nel 1372 (1373?), ma due anni dopo è chiaramente bacceliere (FRATI, iii; PIANA (n. 12), 89). Non è verosimile che fossero due Micheli de Sechadenariis da Bologna, tutti e due agostiniani proprio contemporanei). Il suo nome non appare nella matricola degli addottorati della facoltà di teologia bolognese, ma nella matricola degli incorporati, cioè doctores alibi magistrati (EHRLE (n. 1), p. 128, n. 11. Cf. p. 127: Isti sunt sacrae paginae professores egregii Parisii et in aliis famosis locis et universitatibus solemniter in sacra scriptura doctorati). Doveva essere un teologo fuori della norma se l' 11 luglio 1379 venne nominato vice-cancelliere dello studio teologico dell'Università (Magister Michael de Sechadenariis ordinis Heremitarum sacre theologie professor vicecancellarius studii theologie (FRATI, p. 147; cfr. 148-55, p. 188). Egli non è da confondere con un altro Michele, suo più famoso coetaneo e concittadino, mag. Michele Aiguani, O. Carm.
C'è soltanto un brevissimo riferimento a Michele Seccadenario in G. SABAZIO, Lo studio di Bologna: lettori agostiniani, in Bollettino Storico Agostiniano, anno I, fasc. 6, (1925), p. 185. Michele è accolto come vice-cancelliere finalmente i1 23 settembre 1380 (FRATI, 155). Evidentemente continuava ad essere associato alla facoltà teologica, perché ne era decano i1 22 maggio 1382, ma rinunziava a questa carica prima del 7 marzo 1383 (1384). Cfr. PIANA (n. 12), p. 99; FRATI, p. 188). Aveva così il diritto e il dovere di ammettere o no gli studenti a leggere le Sentenze e di concedere la licenza di bachelari formati per accedere ai gradi conclusivi per il magistero in teologia. Aveva a sua disposizione il decano della Facoltà per provvedere alla amministrazione ordinaria dello studio. Rimase in ufficio fino all'inizio dell'anno scolastico 1380. Non sappiamo dire quando riprese ad insegnare nello studio generale agostiniano, ma nel 1384 il priore generale gli chiese di agire come maestro più anziano (Archivio Generale Agostiniano, Roma Dd 2, fo. 17; cfr. fo. 14). L'ultima cosa che sappiamo di lui è il privilegio concessogli di essere direttamente sottoposto all'autorità del priore generale e, contemporaneamente il 17 ottobre 1385, venne richiesto dalle monache come istruttore nella vita spirituale; così si esprime il priore generale, Bartolomeo da Venezia, concedendogli il permesso necessario (Ibidem, fo. 45. La data 17 settembre in L. TORELLI, Secoli Agostiniani, VI (Bologna, 1680), p. 220, è erronea, Michele mori dopo il 28 ottobre 1389 (PIANA, 89)). Forse questo è un buon modo per concludere la nostra presentazione dello studio generale agostiniano di Bologna nel Trecento.