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VICARI GENERALI: BEATO GIovanni di Novara

Agostino insegna ai suoi monaci in una miniatura medioevale

Agostino e i suoi monaci

 

 

II° VICARIO GENERALE

BEATO GIOVANNI DI NOVARA

(1450)

 

 

 

Nella città di Novara verso la fine del quartodecimo secolo, uscì Giovanni a mirar le stelle; et passata nelle scuole l'età più tenera, deliberò la più matura a Dio consagrare. Così dato d'occhio a quelle Religioni, che a suoi tempi la Patria illustravano, ancor fresca vivendo la memoria di Guilelmo di Cremona Agostiniano, che Vescovo di Novara, haveva quella Città, et Convento suo con moltiplicati splendori di santità, e dottrina rabellito, scielse fra gl'altri l'habito d'Agostino, per incaminarsi con esso nel sentiero della perfettione, et sotto il vessillo d'un tanto Duce, fatto guerriere di Christo attendere a debellare l'Inferno. Qui dunque valoroso s'accinse al combattere con l'inimico, et sapendo esser l'ignoranza tenebrosa caligine, che la mente offuscando la rendeva incapace alla cognitione del vero Bene, con l'assiduità de studij, ne sgombrò si perfettamente l'ombre, che potè poi con purgatissimo intelletto d'ogni humana, et divina scienza impossessarsi, et con esse all'acquisto della più sublime cognitione

[Pag. 26] felicemente arrivare. Con ritirata, et solitaria vita al solo Crocifisso, o a suoi libri le espressioni confidava del suo religioso cuore; et a pena vedendosi nell'hore alla Chiesa, al Choro, et alle fontioni pubbliche destinate, dava ad intendere, haver della sua cella un Cielo formato, ove godendo dell'angeliche conversationi, ogn'altra terrena domestichezza aborriva. Essequiva in se stesso Giovanni quello vedeva ne suoi fratelli mancare, et bramoso veder l'osservanza nella religione fiorire, cominciava ad addotrinarsi con la mortificazione, discipline, digiuni, ritiratezza, et penitenze nelle sue leggi, per poi render più agile il piede della volontà nella carriera dell'evangelica perfettione. Nel Convento di Padova l'anno 1442 diede a suoi ben avventurati theologici studij principio, che terminati con la laurea Maestrale, obligorno la religione al collocare si luminoso torcio sopra il candegliere delle cathedre, perché coi suoi splendori tutto l'ordine illustrasse. Hebbe nel 1431 la prima lettura del Monastero di Rimini, et nel seguente salì in Padova la terza cathdra lettorale, indi successivamente con varie cariche, et più cospicue Prioranze honorato, finchè poi piacque al Cielo darlo compagno, et collega al Beato nostro Padre Giovanni Rocco, perché la nascente osservanza di Lombardia con l'esercitio d'opre sante, et infiniti meriti coltivasse, et così coltivata frutti non meno odorosi, che soavi all'Italia tutta producesse. Era Priore di San Marco di Milano il nostro Giovanni l'anno 1440, quando l'officio di Provinciale havendo obbligato il Beato Padre Giovanni Rocco al portarvisi per la visita, diede all'occulta mina della santa sua intentione il fuoco, a fine scopiasse nell'espressione de divampati desiderij. Così trattosi il devoto Priore in cella con il Beato Provinciale, a suoi piedi prostrato, accompagnado alle parole ruscelli di lagrime, supplice scongiurò lo volesse nel rollo de suoi figli osservanti descrivere, protestando esser ferma sua deliberatione, sotto la sua disciplina il rimanente di sua vita terminare, in ciò avvantaggiosamente felice, in haver il modo ritrovato per assicurarsi l'eterna.

[Pag. 27] L'accolse con sereno ciglio, et lieto sembiante Giovanni Rocco, et stringendoselo al seno, pria con il cuore, che con la lingua le communicò il giubilo de suoi interni sentimenti per si caro acquisto, ben prevedendo, quanto fosse per accrescer gloria, et decoro alla sua novellamente nata osservanza questo novello Campione, ch'esser doveva il cooperatore de suoi fini, coadiutore delle sue fatiche, collega de suoi governi, et non favoloso, ma sacro Ercole, che sopponesse con il vecchio Atlante le spalle nel sostentamento di quel religioso Cielo. L'assolse perciò, con l'auttorità di Provinciale del Priorato di Milano, et condottolo a Crema appoggiò quella santa fameglia, et principiato Monastero alle sue spalle, perché qual Padre i cari figli cibasse, qual Priore quei dovoti fratelli reggesse, et con l'assoluta, et plenaria cura del Convento a suoi accrescimenti con ogni spirito s'adoprasse. Questa fu la Pietra Lidia con cui l'oro si sperimentò della prudenza, conseglio, charità, diligenza, assiduità, et fervore di questo gran servo di Dio. Con occhio linceo prendeva gl'eventi futuri, et con pari accuratezza i necessarij rimedij v'apprestava. Sparsa la fama in Crema del divino saper suo, chiamava al povero tugurio di Giovanni i primi letterati di quella Patria, che armati de consegli, documenti, et dottrina del grand'huomo, si facevano largo in ogni più laboriosa conferenza di virtù. Rendevasi ogn'uno ammiratore delle segnalate prerogative sue, che veramente prodigiose comparivano, accoppiate in esso ad un acutezza sublime d'ingegno, un opulentissima messe di sagre, et profane cognitioni, un filo non men grave, che erudito di discorso, una soprafina prudenza per ogni negotio, che si trattasse, et una general notitia delle più degne scienze; onde non è da stupire se quel Monastero con tal providenza reggesse, che nulla di superfluo vi comparisse, nulla di necessario vi mancasse, conciliasse la veneratione col discorso, allettasse con l'osservanza la benignità, così con duplicato edificio delle mura, e del credito, a se stesso moltiplicasse i meriti, et alla sua Congregatione le glorie.

[Pag. 28] La pace, la charità, et unione de gl'affetti preso havevano dell'anima sua il pieno possesso. Così aperto nemico visse delle discordie, et contentioni, che alla sola voce di dissensione s'inhorridiva. Sembravali infernal vestigio, che sotto la scorta d'un Agnello s'havessero a nodrir spiriti di discordie; sotto il vesssillo d'una Pecorella fomentar sentimenti di rubellione; sotto la condotta d'un Crocifisso, che sin dalla Croce pregava pace, essalar aliti fetenti, che bastassero ad ammorbare la pace de monasteri. Quindi erano di questa bella virtù frequentissimi i suoi discorsi, corroborando con l'opra i sentimenti della lingua, onde sin con minimi laici tal affabilità manifestava, che schiavo ogni cuore a catena si conduceva a suoi piedi volontariamente prostrato. Non avrebbe il Poeta Ferrarese trovata ne Capitoli conventuali di Giovanni trionfar la discordia, mentre con tal benignità estraheva ad uno per uno de suoi vocali il consenso delle cose da proporsi in Capitolo, che pareva fossero per acclamatione stabilite, rese quantunque difficili dalla piacevolezza del Santo Padre facili, et piane, et le più amare al palato d'alcuni, dal miele delle sue soavissime parole raddolcite. Non era però in modo affabile Giovanni, che del vile, o abietto pizzicasse, mentre occorrendo con la sferza del rigore fermar il corso di qualche dissoluto cuore, con tal zelo, et spirito lo faceva, che pareva li suggerisse Elia il profetico zelo suo; perciò tanto da maligni spiriti temuto, ch'impatienti vederlo irato, sfrattavano al primo rimbombo delle severe sue voci da corpi ossessi, et libere lasciavano le creature di Dio. Professò sempre con la volontà del Beato Giovanni Rocco tal uniformità, et subordinatione di voleri, che ad onta de proprij sentimenti, volle fossero perpetuamente a suoi cenni, et dispositioni soggetti; et chi non havesse l'anima di Giovanni ravvisata coi colori dell'humiltà, obbedienza, riverenza, et pace dipinta, et fregiata, tinta forsi l'havrebbe creduta con la pece dell'adulatione, tale, et tanto era l'ossequio, che a Giovanni Rocco, et coram, et scriptis essibiva. Astinentissimo, era la vita sua un perpetuo digiuno; et facendosi con lo scudo della patienza

[Pag. 29] schermo a moltiplicati colpi di dolori, et infirmità, che frequentemente l'assalivano, dava a dividere qual fosse il Santo Giobbe nella calamità sue, et qual habbi ad essere un vero religioso, che la vita austera professi dell'osservanza, et imitatione del Crocefisso. In tal modo sotto la direttione d'un tanto Capitano attendevano quei novelli soldati di Christo, che nel Monastero di Crema erano aqquartierati, al valorosamente con il mondo, et vitio combattere; et quantunque non fossero ancora leggi certe, et fermi statuti stabiliti, a misura de quali havessero a regolare la religiosità de loro costumi, pur havendo in scopo prefisso dell'attioni loro i commandi, et dispositioni di Giovanni, che alcuni ordini per il culto di Dio, et regolar osservanza haveva loro proposti, così bene nella strada della perfettione s'incaminavano, che senza punto dal retto camino traviare alla meta correvano dell'eterna ricompensa. Voglioso in tanto il servo di Dio di rassodare con determinate leggi la sua Congregatione, dispose condursi a Milano per quivi gl'andamenti, et ordini dell'altre osservanze considerare, et dall'essemplare di queste, fatta la scielta delle forme più proprie, cavarne il modello della sua. Così salito un asinello, che per l'esser Giovanni d'una gamba debole non poteva per longo viaggio a piedi caminare, et tolti in compagno Girolamo di Novara, et Benigno di Genova chierici, verso Milano drizzò il camino, et portatosi di primo lancio al Monastero di S. Angelo de Minori osservanti; notò quivi con ammiratione la religiosa charità di que Padri, la gravità de Superiori, la modestia de Giovani, l'affabilità, giocondità, et benignità di tutti, che accompagnata da un total disprezzo delle cose del Mondo, rappresentava quel Monastero un choro d'Angeli nudi de terreni abbigliamenti, ma delle celesti gratie gloriosamente adorni. Passò quindi al luogo detto di S. Maria di Caregnano, che hor l'Incoronata si chiama, ne havendovi trovato ombra di religione, solo una donna filante vi vidde, che ne teneva la cura, che perciò senza dimora a Certosini rivolto, fermò quivi

[Pag. 30] la notte il piede, necessitato dell'amorosa charità di quei boni religiosi al prender con essi riposo. Ammirò ne seguenti giorni in S. Maria di Bagio, con il candore delle vesti, la candidezza de costumi de Monaci Olivetani; al Castellazzo rinovato ne Monaci Gieronimiani il sagro instituto del gran penitente di Betlemme; in S. Celso i fiori dell'osservanza di S. Benedetto, passati ad unirsi coi soavi frutti della nuova riforma di S.Giustina. In S. Pietro Gessate l'antico Monastico decoro ringiovenito, et l'affetto partiale de Benedettini verso la Congregatione nostra con l'opra confermato. Vidde in Casarete a qual apice di perfettione si sollevassero quei Canonici Regolari, che v'habitavano; et così il buon Padre data a varie osservanze non meno con l'osservatione, che con il corpo una scorsa, alla semplicità della propria fece in Crema ritorno. Di puoco era Giovanni in Crema pervenuto, quand'ecco Nontij della Città di Bergamo, che l'osservanza di Crema implorano per la riforma del loro Convento di S. Agostino. V'acconsente il Beato Padre, ma dovendosi l'instanza al Vicario Generale Giovanni Rocco riportare, spedì a Genova Frati a posta, che ne sollecitassero la spedittione, che però così subito non venne, non tanto per l'avversione haveva il Beato Giovanni Rocco all'ampliare la nata sua Congregatione, quanto per il placet del Generale, che per questo Monastero era necessario. Premeva in tanto la Città di Bergamo, et con iterati messaggi il Venerando Giovanni di Novara crucciava, che finalmente conseguiti i bisognevoli ricapiti, con certo numero de suoi religiosi di Crema si trasferì a Bergamo, et l'anno 1443, 20 Genaro, prese di quel Monastero il desiderato possesso; quivi egli rimasto in Priore, mentre quel di Crema sotto il governo del Beato Giorgio di Cremona, era stato dal Vicario Generale riposto. Qual fosse la vita del servo di Dio, et suoi compagni in Bergamo fra rigori d'un asprissima Vernata, in Monastero quasi tutto da gl'incendij, et rapine devastato, nudo d'abbigliamenti, sfornito di suppellettili, vuoto di provigioni per vivere, minacciante da mille parti rovine, ridotta la stessa Chiesa a tanta solitudine;

[Pag. 31] che fin sotto l'altar maggiore s'era una Lupa coi suoi Lupacini ricovrata, senza havere, se non quei miseri soccorsi, che dalla questua delle ben tenui limosine, li venivano da suoi religiosi recati; sia più agile alla meditatione il pensarlo, che alla penna il descriverlo. Basta dire fossero a termine di necessità ridotti, oltre il dormir sopra la nuda paglia con due pure coperte, che per tutti bisognava servissero, d'haver più volte in vece di pane a mangiar semplici legumi; e ciò tuttavia con tanta hilarità, et allegrezza d'animo, ch'il patir per Christo gli sembrava delitie, era loro la fame sollevievo, la sete contento, il freddo consolatione, sempre il giorno e notte al salmeggiare in choro, a digiuni, orationi, austerità, discipline intenti, a tutti non solo servendo di Duce, ma di Maestro il Beato Giovanni, che con la voce i timidi alla patienza, et sofferenza rincorava, i freddi al zelo, et fervor di spirito eccitava, i deboli al coraggio, et allegrezza inanimiva, serviva egli con le proprie mani gl'infermi, assisteva con l'opra a bisognevoli; et l'esempio suo era tersissimo christallo, in cui gl'altri la forma del proprio vivere potevano raffigurare. Passati finalmente della Vernata i rigori, et ringiovenito, per l'arrivo della novella stagione, il mondo, cominciorno le limosine, et oblationi si publiche come private ad allargare de nostri religiosi il cuore, che gratie infinite alla divina providenza rendendo, diedero a risarcimenti del Monastero principio, et coadiuvando la pietà generosa de Cittadini alla sant'opra, fu per giorno prefisso intimata, et publicata una geneal oblatione alla Chiesa, onde con avantaggio della gloria di Dio, andasse sempre più il sagro edificio crescendo, et la novella osservanza con fermo, et sicuro piede potesse nel divin culto sempre più coraggiosa perseverare. Una Domenica di Maggio era la stabilita giornata, in cui al veder dalla Città non solo, et Borghi, ma da monti più alpestri, et lontani, dalle più remoti valli, et territorio tutto all'intimata oblatione le migliaia di persone huomini, et donne concorrere, pareva un giorno di general perdono, et donne concorrere, pareva un giorno di general perdono, che tutta la provincia richiamasse alla participatione delle gratie.

[Pag. 32] Venne da Crema il Beato Giorgio di Cremona a predicare, et terminato il discorso si cominciò processionalmente l'offerta, protratta la curiosa processione dalla piazza al Convento, con tante, et si vaghe rappresentationi di Santi, et Sante, di virtù, et vitij, di Chori d'Angeli, et Demonij, framiste a carri trionfali, machine portatili, et artificiose strutture che tutte per accompagnamento servivano alle sagre limosine, di cera, oglij, frumenti, vini, sete, panni, tele, ori, et argenti, che dalla publica munificenza della Città, et privata charità de Fedeli alla Chiesa di S. Agostino s'offrivano, che mai vidde più gratiosi spettacoli il Cielo di Bergamo, ne con sodisfattione maggiore passorno giornata alcuna dell'anno i suoi magnanimi Cittadini. Chiuse la segnalata fontione una compagnia di soldati a piedi, non finti o simulati, ma veri et reali, a veri et reali, a quali precedendo Nicolò Capitano loro, fin all'Altar maggiore della Chiesa lo condussero, ove fatta ala, et avvanzatosi il generoso Campione a piedi del Beato Priore Giovanni gettate l'arme riverente si prostrò, et l'habito chiedendo della Religione, non pria partì dal quel sagro cospetto, che con il nome di Christoforo, la livrea d'esser soldato di Christo ne riportasse, passato dalla Veneta alla celeste militia, et dall'esser Capitano de fanti a piedi, all'esser seguace de Santi dell'Empireo. Sempre più dopo si felice giorno gl'interessi del Convento di Bergamo sotto la direttione di Giovanni s'avanzorno, che con l'oblationi predette, et con la vendita d'un luogo, ch'in Grassobio il Monasterio possedeva, ben presto la fabrica sì della Chiesa, come de chiostri, dormitorij, et altre necessarie officine alla perfettione ridusse, meritamente creduto e dello spirituale dell'osservanza, et del temporale de gl'edificij di Bergamo, santissimo, et prudentissimo ristoratore. Levati queg'anni ne quali alcun publico impiego obligasse il servo di Dio alla visita della Congregatione, quasi sempre il Monastero di Bergamo fu la diletta stanza de suoi riposi, ove a spirituali essercitij intento, pria di passar a Dio, haveva gl'encomij ricevuto di Santo, et quantunque habitator della terra,

[Pag. 33] pur nel concetto commune de fedeli era di già canonizato per Cittadino del Cielo. Ancorchè zoppicante, accorreva intrepido, ove conosceva apertura di guadagnar un anima, perciò a piedi intraprese il per lui laboriosissimo camino di Como, per richiamar all'ovile della Congregatione due smarrite pecorelle, che disperse, s'erano dall'amato Pastore allontanate. Nel Capitolo di Monte Specchio l'anno 1449 entrò coi primi della Religione fra Definitori, come pur la Congregatione sua sei volte successivamente le conferì tal carica; alcune fiate si vidde de Capitoli Presidente, et anco due volte Vicario Generale gl'anni cioè 1450 et 1457, oltre altri maneggi da lui con ogni prudenza, zelo, et charità essercitati, si del Priorato di Milano, et Crema, come della riforma d'alcuni Monasteri al suo governo assegnati, et in specie di quello delle Monache di Crema, la di cui reggenza per decreto speciale del Capitolo di Tortona l'anno 1455 fu al nostro Giovanni demandata, per quel tempo, cioè, se fosse in Crema fermato, nella forma stessa, che il Monastero Maggiore di Milano, fu sotto la direttione del Beato Giovanni Rocco riposto. Introdusse nel Convento di Bergamo molti sagri riti, et religiose ceremonie, che poi nel corpo delle Constitutioni, et Definitioni inserite, hor all'osservanza nostra le leggi prefiggono del culto di Dio. Trasse la santità della sua vita con celeste magnetismo alla religione buon numero di qualificati soggetti, fra quali annoverandosi un Paolo Olmo, che indi fu specchio dell'osservanza, come a suo luogo diremo, un Ambrogio Calepino, et un Giacomo Filippo Foresti ambi delle lettere, quello per il famoso Dittionario, questo per l'Istorico supplemento luminosi fanali, ne danno motivo di celebrare l'eccellenza d'un tanto Genitore, se è vero, che: Gloria Patris est filius sapiens. Anco con la penna s'essercitò frequentemente il santo Padre in eruditione, et ammaestramento de religiosi, vedendosi nel Monastero di Bergamo varij squarci de suoi devotissimi componimenti; et benchè le sue indispositioni li vietassero l'assiduità del predicare, non è però, che se la Patria sua

[Pag. 34] di Novara n'ammirò in un Quaresimale, pria fosse entrato nell'osservanza, le manierose, et apostoliche prerogative, non ne manifestasse ancora di quando in quando i virtuosi talenti; scielto fra l'altre volte ad orare nei funerali di Mazzolo Suardi principal Cavagliere di Bergamo, indi la latina sua oratione conservata manuscritta a perpetua rimembranza delle sue nobili dottrine. L'ultima sua infirmità, che lo rubbò alla terra, per donarlo alla Gloria fu il crogiuolo, in cui si raffinò l'oro della sua invitta patienza, mentre durata mesi e mesi, le fece ne moltiplicati suoi acerbissimi colpi guadagnare d'un martire di costanza moltiplicate palme, scopertosi il buon servo di Dio mansuetissima pecorella, che senza mai aprir bocca a gemiti, sembrava nelle afflittioni, et tormenti del suo corpo lietamente gibilare. Non era in lui membro, che d'incessanti dolori bersaglio non fosse, arrivato a termine di non haver altro di mobile che la lingua, che solo nelle lodi di Dio, benedittioni perpetue, orationi, et salmi, essortationi a suoi cari figli impiegava; et se alcun accidente havesse cagionato alcun sinistro, che le fosse stato di perturbatione, o alcuno di quelli che lo servivano, fosse in qualche disordine per inavvertenza, o smenticanza circa la sua persona trascorso, con questa parola i suoi interni sentimenti manifestava: Dio ha voluto così. Sij sempre benedetto et lodato il nome Santo di Dio. Rappresentava il povero suo letticciuolo due prodigiosi spettacoli di patienza, et di charità; quella nel santo languente, che imitatore del Crocifisso suo Dio ogni tormento, et pena con chiusa bocca, et lieto cuore soffriva; questa ne religiosi figli, che tutti a gara nella charità si svisceravano in apprestar al Beato infermo i necessarij soccorsi. Piangeva questi, et se stesso accusando di negligente, et trascurato nel servir a Dio, contro la propria dapocaggine essagerava, chiamandosi pazzo, stolto, dissennato, che non havesse i talenti concesseli dal Cielo pienamente in salute dell'anima sua traficato, ma bensì ne terreni essercitij affacendato si fosse, in vece di negotiar i celesti; quindi

[Pag. 35] la divina pietà implorando, le venerande gote inaffiava di lagrime, con tant'affetto gridando misericordia che le pupille di tutti gl'astanti, andavano a nuoto in un mare di pianto. Voleva li si leggessero sopra le Confessioni, o meditationi, o soliloquij del P. S. Agostino; ma ad ogni periodo diluviando da suoi occhi torrenti di calde lagrime, pareva volesse per quell'onde traghettar la nave dell'anima sua al sicuro porto dell'eterne consolationi. Così i S. Sacramenti ricevuti fra gl'amplessi de suoi cari, col nome di Giesù in bocca nel suo eletto Monastero di Bergamo santamente l'anno 1466, alli 14 Settebre, riposò nel Signore; celebrati suoi funerali col pieno concorso della Citta tutta, che all'udire esser morto Giovanni, quel gran servo di Dio, non vi fu persona non si risentisse, onde poi molti invocandolo varie gratie della Divina pietà conseguirno, cagione fosse generalmente acclamato, et dipinto per Beato. Favella di questi Basilio Ripa nell'oratione da lui fatta nel Capitolo di Modana due anni soli dopo la morte di Giovanni, et vaso d'oro l'addimanda di moltiplicate pretiose pietre adorno: Quid de illo aureo vase omni lapide pretioso ornato Magistro videlicet Ioanne de Novara dicam; et altrove lo paragona ad Ur assistente di Mosè apertamente chiamandolo Beato, come nella narratione del Beato Giorgio di Cremona distesamente riferiremo.