Agostino "summum vas scientiae
insegna ai suoi monaci
XXIV° VICARIO GENERALE
VENERABILE P. TADEO D'INVREA
(1472)
Dalla Città d'Invrea nel Piemonte situata chiamò Dio alla Congregatione Agostiniana di Lombardia questo Ven. suo servo Tadeo della fameglia Boni, et con modo così particolare chiamollo, che ben si vedeva haverlo destinato a gran cose, perchè poi qual luminosa stella risplendesse nel Cielo Agostiniano. Fin da gl'anni piu teneri chiudeva il petto Tadeo singolar inchinatione alla religione. Ma nel crescer de gl'anni scemando il desio soprabondò di modo la tiepidezza, ch'a niuna cosa meno badava di quello facesse all'adempire il santo proponimento. Dormiva dunque nel letargo rivolto di questa negligenza, quando con un sogno, ch'a lui fu visione, toccandoli Dio il cuore lo risvegliò dal profondo sonno, et alla Religione lo spinse. Parve a Tadeo esser rapito avanti il tribunale del Giudicio di Dio, alla cui destra erano gl'eletti collocati, et alla sinistra in moltitudine infinita i reprobi; et mentre con pavido, et tremante cuore attendevan tutti della formidabil sentenza del Giudice lo spaventoso suono, s'accorse Tadeo esser co' capretti alla sinistra parte riposto, onde pieno d'ansietà e timore con viscere nello spavento agghiacciate, et palpitante seno, quanto più segretamente fosse possibile, procurò cangiar sito, et alla destra parte portarsi. Così le venne fatto. Ma ecco comparir l'eterno Giudice, che consolando con la gloriosa presenza i Beati, tale fu, et tanto il terrore, che cagionò nel cuore de presciti, ch'in un momento si vidde di pianti, gemiti, ululati,
[Pag. 108] et stridori quel funesto Teatro ripieno; indi succedendo, fremiti, rumori, et strepiti così gagliardi, che pareva s'abbissasse la terra, et profondasse l'universo. Scoccò in tanto contro reprobi la terribil sentenza di dannatione, onde in un chaos di fuochi, fumi, solfi, fetori, e turbini, que' disgratiati in confuso, et horrido viluppo d'huomini, donne, grandi, e piccioli ravvolti, precipitosamente trovorno ne ciechi abissi dell'Inferno sempiterna sepoltura. Ciò seguito parve si rasserenasse il Cielo, et di giocondissima tranquillità quel Teatro si riempisse; indi il Giudice invitando con faccia ridente i Beati all'eterne felicità, gli addimandò se più alcuno fra loro si trovasse, che meritasse esser coi dannati nell'inferno precipitato.
A questa voce, che fu al cuor di Tadeo un fulmine micidiale, il misero rannicchiandosi, restringendosi, impicciolendosi procurava farsi a gl'occhi di chi tutto vede invisibile, et più di buona voglia havrebbe il Baratro eletto, che udir irata la voce dell'onnipotente. Ma nulla giovò, che il gramo Tadeo fu da Beati scoperto, udì gridare: Eccone uno Signore, eccone uno. Oh voce più a Tadeo formidabile, che cento milla morti. Gemeva, sospirava, piangeva, sudava; quand'ecco Christo con bocca piena di riso, et viso giocondo a lui rivoltosi, richiamò nel suo seno le gioie; et con questo lo risvegliò. Da si fatta visione reso non meno avvertito, che atterrito Tadeo non fu pigro a disporsi alla Religione, et dalla fama rapito del santo instituto dell'osservanza di Lombardia presto si portò a' piedi del Beato Giorgio in Milano, et ne ricevè l'anno 1447, quell'habito, che doveva portarlo alla santità. Hebbe seguaci nella santa impresa, Bartolomeo d'Invrea, Pellegrino di Marsilia, Germano di S. Germano, Daniele, et altri della Piemontese regione, non bastando a Tadeo metter in sicuro la propria salute se insieme quella del prossimo non procurava. Entrato nella Religione ben si vidde, che scopo suo principale era l'acquisto della Gloria, che perciò con astinenze, digiuni, orationi, discipline, et altre mortificationi se n'appianava la strada sicuro, che ad magna praemia (come disse quel Santo)
[Pag. 109] non pervenitur nisi per magnos labores. La visione del Giudicio haveva talmente nel suo cuore impressi gl'eventi della giornata finale, che per ritraher i peccatori dal vitio, o eccittare gl'animi alla virtù, non haveva motivi più efficaci, quanto quelli raccoglieva della perpetua danatione de reprobi, et sempiterna ricompensa de gl'eletti. Mille volte sospirando ripeteva: oh me meschino, et infelice se le mie colpe m' havessero destinato ad esser compagno de capretti nel Giudicio; ma felice poi, et fortunato se la Divina pietà mi serbasse luogo alla destra del Giudice fra predestinati. Accompagnò alla santità la Dottrina stimato ugualmente e dotto, e santo, onde se per la Dottrina meritò gl'applausi, et primi honori della Congregatione, per la santità carissimo si rese ai due Pontefici Sisto IV, et Innocentio VIII ben degno, et meritevole, che dal Ripa fosse poi dopo morte annoverato fra Beati del Paradiso, come si è detto trattandosi del Ven. Agostino di Crema. Governò più anni varij de principali Monasteri, et perchè al suo gran merito era debol mercede il maneggio d'un Convento, fu dalla Congregatione eletto Compagno del P. V. G. l'anno 1467, quindici volte Visitatore, sedici Deffinitore, cinque Presidente a' capitoli, et per fine nove fiate Vicario Generale cioè gl'anni 1472, 1474, 1478, 1481, 1484, 1487, 1491, 1496, et 1502. L'ultima volta, che ascese a questo grado vi fu per forza della publica, et general acclamatione rapito nel Capitolo di Ferrara, che quantunque in età decrepita, et alla morte vicino si ritrovasse, pur lo volle la Congregatione elegger in Padre, perchè come Padre anco dopo morte la protegesse. Varie gratie, et privilegi ottenne dall'Apostolica sede, non solo per l'osservanza di Lombardia, ma per tutto l'ordine, che pur si leggono nel bollario della Religione, e nel Compendio de Privilegi Agostiniani, e se ne trovano gl'originali nell'Archivio di Santa Maria del Popolo di Roma. Da Sisto IV l'anno 1474, riportò la facoltà per la fabrica d'alcuni Monasteri, et di poter nel Capitolo Generale della Congregatione formar Constitutioni per mantenimento dell'osservanza.
[Pag. 110] Da Innocenzo VIII l'anno 1487, la confermatione de privilegi, et gratie tutte per solam signaturam, et vivae vocis oraculo, da Sisto IV concesse, et d'avantaggio, ch'il Vicario Generale della Congregatione havesse sopra suoi sudditi quell'autorità stessa, tiene il Generale in tutto l'ordine; Dal medesimo l'anno stesso, che quelli a' quali in tempo d'interdetto generale per privilegi si concede assistere a' divini officij, possano pure guadagnar l'indulgenze delle stationi di Roma. Ancora con altra signatura, che le festività de Santi Paolo primo Eremita, Guilelmo, Simpliciano, Traslatione di Santa Monica, et Canonizatione di S. Nicola in alcuni luoghi dell'ordine con rito dell'officio duplice celebrati, sijno con particolar concessione nella congregatione tutta osservate. Dallo stesso Pontefice con Bolla speciale 25 Novembre 1487, ottenne la communicatione vicendevole de privilegi delle due Congregationi di Lombardia, et di Liceto, et in spetie, che suoi Vicarij, et Visitatori potessero vesti, corporali, et altri sagri paramenti benedire. I Frati tutti anco prima dell'Aurora havessero facoltà di celebrare; non potessero ad altra Religione, et ciò sotto pena di Scommunica latae sententiae, far passaggio, ne esser assonti ad alcuna dignità fuor della Congregatione senza licenza del Vicario Generale, o Capitolo.
Da Innocentio pure con sua signatura 9 Genaro 1488, potesse il Vicario Generale assolver dalle censure contenute nella Bolla di Paolo II, 1469, nelle quali i Padri Conventuali, et della Congregatione di Lombardia incorrevano per occasione di governi, occupationi di case, risse, dissensioni etc., et erano al solo Pontefice riservate; et in oltre niuno fosse a dette censure sottoposto se non seguita la sentenza, et dichiaratione. Queste, et altre gratie conseguì il nostro Tadeo dalla benignità de Sommi Pontefici, et maggiori ancora riportate n'havrebbe, quando la sua modestia non l'haveesse fermato dal dimandarle. Non si può in somma esprimere quanto questo buon servo di Dio oprasse a beneficio della sua Congregatione.
[Pag. 111] Il credito suo, et fama di santità cooperò al conseguimento di gran parte de Conventi dell'osservanza, come nella terza parte si dirà; havendo meritato alla sua morte vedere moltiplicati questi fin al numero di cinquanta sette, la dove nel tempo dell'ingresso suo nella Congregatione solo quattro ne possedeva. Morì qual visse Tadeo ricco d'innocenza, copioso di meriti, abbondante d'opre buone, havendo dopo di se lasciato a perpetua memoria della sua dottrina un volume d'orationi, et sermoni, ne quali mostrando l'altezza del suo sapere, scopre in uno quanto della vita spirituale fosse infervorato amante. Abbandonò il respiro l'anno 1503, dopo cinquanta sei anni di Religione, ma senza mai morire nella rimembranza de posteri, et vivo certamente alla preferenza di Dio.