Agostino "summum vas scientiae
insegna ai suoi monaci
CXLI° VICARIO GENERALE
GUILELMO DI TORINO
(1593)
Questo è quel Guilelmo di Torino, che per haver perpetuo il nome di Dio nella bocca, ma per sempre lodarlo, et glorificarlo, era communemente chiamato il Padre Domenedio. Padre di gran spirito, di gran osservanza, di gran credito,
[Pag. 377] che consumava l'hore notturne la maggior parte in oratione, che procurava con ogni affetto ne suoi sudditi l'essemplarità de costumi; che con l'essercitio della predicatione si rese nel Piemonte famoso, e per tutta la Lombardia conosciuto. Ove Guilelmo compariva, ogni vano, et mondano discorso si sepeliva, ogni atto d'immodestia, rilassatione, et inosservanza si dileguava, componendo ogn'uno al suo apparire non meno la lingua, che l'attioni, non meno il parlare che l'operare, perché anco l'interno rassegnato fosse, et composto alla divina volontà. In gran stima lo teneva Carlo Emanuele Duca di Savoia, che per lui voleva sempre fossero le portiere alzate, e togliendo da Guilelmo i consigli dell'anima, conosceva non v'esser altra strada per rassicurare la di lei salute, che quella li veniva dal buon Padre addittata. Non isdegnavano i più grandi della Corte abbassarsi frequentemente a suoi piedi, divenuto il Confessore di tutta la Nobiltà di Torino, onde il Proverbio per quella Metropoli correva, che la plebe, perché men aggravata di colpe si confessava da gl'huomini; ma li Nobili, et grandi, havendo più onerosi peccati bisognava ricorressero da Domenedio; alludendo al nome di Domenedio con cui Guilelmo era chiamato. All'industria, et diligenza sua devesi attribuire la degna fabrica della Chiesa di S. Agostino della sua Città che poteva fra le più belle comparire; che poi modernamente ristorata rende invidia alle conspicue di Torino. Oltre l'amministratione de Monasteri alla sua cura consegnati quattro volte fu Visitatore, cinque Deffinitore, entrò ne Capitoli Presidente; et l'anno 1593, si trovò al posto supremo di Vicario Generale nel Capitolo di Milano sollevato. Dopo alcuni anni l'affetto de PP. l'acclamò di nuovo in sovrano superiore, ma egli che a se stesso solamente, et al suo Dio viver voleva, rese al publico Capitolo humilissime gratie ne rifiutò l'incombenza. Fabricavasi vicino alla terminatione del secolo in Torino la nuova sepoltura de PP., onde Guilelmo con gran premura la speditione ne sollecitava dicendo, che lui era destinato primiero ad albergarvi, e con sommo desiderio
[Pag. 378] n'attendeva l'essecutione, come in effetto seguì. Vicino all'hora estrema fece della sua cella asportare quanto in essa teneva, volendo qual altro S. Tomaso di Villa nova poveramente morire. Così fattosi sopra un ignudo pagliariccio collocare, con le pupille al Cielo rivolte, et nome di Giesù su le labra passò, come si spera, a vivere fra Beati dell'Empireo.