Agostino "summum vas scientiae
insegna ai suoi monaci
CLXX° VICARIO GENERALE
RAFFAELLE DI ROTONDESCO
(1628-1629)
[Pag. 452] E' Terra Rotondesco in temporale all'Altezza di Mantova sottoposta, ma riconosce nello spirituale il Vescovo di Brescia alla sua giurisditione soggetta. Trasse in questa l'anno 1587, i suoi natali Raffaelle Belinzani, che dopo i primi studij a Brescia condottosi, con l'aquisto delle lettere maggiori, piantò ne conoscenti ferma speranza havesse
[Pag. 453] a riuscire eminente soggetto di Virtù. Alla Religione inchinato, scielse il Monastero di S. Barnaba, per guidare fra Religiosi Agostiniani il rimanente de suoi giorni, da quali con sommo affetto accolto, et ricevuto, parve loro a punto haver accolto un Raffaelle vero Angelo di Dio, sì cari, et amabil erano i costumi, che l'accompagnavano, sì modesta, et savia era la vita, che nel Monastero traheva. Fece nelle scienze segnalati progressi, onde non li fu difficile dall'esser di studente a quello di Maestro ben presto passare; indi su pergami comparso diede a veder esser proprio de Raffaelli portar all'anime la medicina, per questa parte il nome guadagnandosi di dotto, di saggio, et di devoto Predicatore. Nello stile latino trionfar si vidde la sua penna fra mille, et mille, della professione, così dolce, sovave, et ciceroniana vantando la vena, che ancor con invidia, et stupore insieme alcune sue orationi s'ammirano, che manuscritte vengono conservate. Per queste vie venne di modo a rendersi de gl'affetti de Padri della Patria Bresciana padrone, che come per nome loro haveva l'habito della Religione vestito, così nel desiderio di vederlo a posto maggiore inalzato a qualsivoglia altro soggetto l'anteponevano. A ciò la difficoltà d'esser egli nato Mantovano s'opponeva, ma fu ben tosto si fatta oppositione rimossa, mentre per decreto del maggior conseglio di Brescia alla Bresciana Cittadinanza aggregato, n'ottenne poscia dal Prencipe Veneto la confermatione, et venne pian piano in tala guisa ad assicurarsi quegl'honori, che poi furno alla persona sua meritamente conferiti. Con singolar prudenza, et vigilanza molti Conventi dell'osservanza governò, et come fosse zelantissimo dell'honor di Dio, et riputatione dell'habito, amantissimo della religiosa vita, et riformati costumi, diligentissimo in rimover gl'abusi, et conservar l'essemplarità; così da alcuni era fra rigidi, et austeri collocato; ma col paragone dell'esperienza provato l'oro della sua rettissima intentione, per questa strada a punto s'apri al grado sommo il sentiero, et felicemente v'arrivò. Così dopo haver nella Romana Curia parecchi
[Pag. 454] anni l'officio essercitato di Procurator Generale; molto più con pari fedeltà, et prudenza quello di Compagno, finalmente nel Capitolo d'Alessandria 1628, spontò felice al Vicariato Generale; et non ostante da una parte gagliardissimi contrasti insorgessero, tuttavia il pieno della Congregatione a favor suo piegando, superò ogni ostacolo, et ne riportò la corona. Nella carica seppe di modo il rigore con la sovavità temprare, ch'ogni suddito nell'acquisto di sì caro, et amato Pastore giubilava; ma il riso ben presto in pianto si tracangiò, mentre senza poter al fine del governo suo arrivare, troncò la crudel Parca di sua vita il filo, et l'anno 1630, 20 Genaro, di sua vita 63, verso il Cielo l'incaminò; sottoentrato nell'officio per que' puochi mesi che restavano, il P. Cadamosti antecedente Vicario Generale.