S. Agostino in ginocchio dinanzi al Cristo
DIONISIO DA MODENA
(1343 - 1344)
Il capitolo di Milano il l° maggio del 1343 nominò generale Dionisio da Modena, che aveva studiato a Parigi per conseguire il magistero nel marzo del 1333. A Bologna ebbe per discepolo Bartolomeo da Urbino, il quale nella lettera dedicatoria del suo "Milleloquium veritatis Augustini" dice che diede tale titolo a quest'opera per consiglio del suo maestro "mio attua le priore generale". Questi intraprese subito la visita delle province, prima in Italia, poi in Francia e cominciò quella delle province in Germania; ma nel settembre o ai primi di ottobre del 1344 morì nel convento di Colonia, nella cui chiesa si conservò il suo sepolcro vicino all'altare maggiore fino al 1662. Non si conoscono altri suoi scritti oltre alle decisioni che - in collaborazione con i definitori - promulgò nel capitolo del 1343, delle quali ne riassumeremo una sola. Il capitolo del 1308 aveva ordinato che "dovevano ipso facto essere deposti dall'ufficio e condannati al carcere quei superiori, che per ottenere la confessione di un suddito sospettato di colpa, applicassero la tortura o usassero a! tra violenza o diminuissero il vitto". I definitori del 1343 giudicarono opportuno limitare questo decreto nella seguente forma: "Vogliamo e in favore delle correzioni permettiamo, che solamente i provinciali, i vicari generali e i visitatori possono applicare pene corporali, ma con religiosa moderazione e dopo matura ponderazione sui casi, sulle persone e sulle circostanze e dopo aver consultato alcuni religiosi anziani e retti della provincia" (Ib. 234). E dichiaravano che la proibizione di pene corporali fatta dal capitolo del 1308 doveva essere intesa riguardo ai "supplizi e tormenti crudeli, che implicano in qualche modo pericolo corporale della persona... E con le presenti definiamo, ordiniamo e in virtù di santa obbedienza comandiamo a tutti e a ciascun ufficiale o superiore dell'Ordine nostro, che nei loro processi, investigazioni, ammonimenti e castighi mirino lo sguardo verso Dio, depongano ogni rancore o affetto e non procedano, come in un giudizio contenzioso, ma secondo le formalità delle nostre Costituzioni o nelle modalità usate sin dall'antico nel nostro Ordine, piano, senza strepito e osservando sempre quella moderazione, che fu definita in un capitolo generale, che è ormai norma di costituzione, nella quale si dice: Non si condanni nessun religioso senza concedergli udienza e non si ricorra mai ai giuristi. Il religioso del nostro Ordine ... che si appelli o che faccia tale frivolo ricorso, lo condanniamo adesso per allora al carcere, dal quale non sarà liberato senza espressa licenza del nostro priore generale".
Referenze: CRUSENIO, Monasticon