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Percorso : HOME > Opera Omnia > Dialoghi > Soliloquiaopera omnia di sant'agostino: I SOLILOQUI
Agostino vescovo
I SOLILOQUI
Libro secondo
PRIMA DISCUSSIONE
L'immortalità dell'anima: Agostino desidera certezze su questo problema
1, 1. Agostino - Già per troppo tempo è rimasta sospesa la nostra ricerca. L'amore è impaziente e le lacrime non conoscono limite, se non si dà all'amore ciò che egli ama. Cominciamo allora il libro secondo
Ragione - Cominciamolo.
Agostino - Ed abbiamo fede che Dio ci assisterà.
Ragione - Abbiamo fede certamente, per quanto possiamo.
Agostino - Egli stesso è il nostro potere.
Ragione - Allora prega nel modo più breve e più perfetto possibile.
Agostino - O Dio, che sempre sei il medesimo, ch'io conosca me, ch'io conosca te. La mia preghiera è fatta.
Ragionee - Tu che vuoi conoscerti, sai che esisti?
Agostino - Lo so.
Ragione - Donde lo sai?
Agostino - L'ignoro.
Ragione - Ti esperimenti uno o molteplice?
Agostino - Non lo so.
Ragione - Hai coscienza di essere soggetto al divenire?
Agostino - Non lo so.
Ragione - Sai che pensi?
Agostino - Lo so.
Ragione - Dunque è vero che tu pensi.
Agostino - È vero.
Ragione - Sai di essere immortale?
Agostino - L'ignoro.
Ragione - Di tutte quelle cose che hai detto di non sapere, quale preferisci conoscere per prima?
Agostino - Se sono immortale.
Ragione - Desideri dunque vivere?
Agostino - Non lo nascondo.
Ragione - Allora sapendoti immortale, sarai soddisfatto?
Agostino - Sarà certo molto, ma per me ancora poco.
Ragione - E di questo poco, quanto sarai felice?
Agostino - Moltissimo.
Ragione - E non piangerai più?
Agostino - Sicuramente, non più.
Ragione - Bene; ma se scopriamo che la vita è tale che, finché dura, non ti è permesso conoscere più di quanto già sai, porrai fine alle tue lacrime?
Agostino - No, anzi piangerò tanto, che la vita stessa non avrà più senso.
Ragione - Dunque ami la vita non per la vita in se stessa, ma per il sapere.
Agostino - Ammetto questa conclusione.
Ragione - E se proprio l'avere conoscenza ti rendesse infelice?
Agostino - Questo non è assolutamente possibile, a quanto penso. Se così fosse, nessuno potrebbe infatti essere felice. Del resto ora io sono infelice unicamente perché sono ignorante. Ma se la conoscenza rende infelice, allora la nostra infelicità è perenne.
Agostino vuole vivere per conoscere; vivere senza fine per possedere la scienza infinita
Ragione - Capisco ora quello che vuoi. Convinto che la conoscenza non rende infelice nessuno, ne concludi, come cosa probabile che il sapere rende felici. Ma nessuno è felice se non vive e nessuno vive se non esiste; tu vuoi esistere, vivere, sapere; precisamente esistere per vivere e vivere per sapere. Dunque tu sai di esistere, sai di vivere, sai di sapere. Però vuoi anche sapere se queste tre cose dureranno sempre, oppure se non esisteranno più, oppure se in parte dureranno e in parte periranno, o ancora se avranno diminuzione o aumento, nel caso che tutte e tre rimangano.
Agostino - Precisamente.
Ragione - E se riusciremo a dimostrare che vivremo per sempre, ne conseguirà che esisteremo per sempre.
Agostino - Proprio così.
Ragione - Resterà tuttavia ancora il problema della conoscenza.
La verità non può perire
2, 2. Agostino - Vedo che il tuo metodo è molto chiaro e breve.
Ragione - A questo punto sii ben attento, per rispondere alle mie domande con prudenza e sicurezza.
Agostino - Eccomi pronto.
Ragione - Facciamo l'ipotesi che questo mondo rimanga per sempre; è vero che esso rimarrà per sempre?
Agostino - Chi ne potrà dubitare?
Ragione - E se formuliamo l'ipotesi che esso non durerà, non è ugualmente vero che il mondo non durerà?
Agostino - Non eccepisco.
Ragione - Se invece deve finire, quando finirà, non sarà forse vero che il mondo è finito? Ma finché non è vero che il mondo è finito, certo esso non è finito. È infatti contraddittorio dire che il mondo è finito e dire che non è vero che il mondo è finito.
Agostino - Ammetto anche questo.
Ragione - E allora? Ti sembra possibile che esista qualche cosa di vero, se la verità non esiste?
Agostino - Non è certo possibile.
Ragione - Dunque la verità esisterà, anche se il mondo finirà.
Agostino - Devo ammetterlo.
Ragione - E se la verità stessa scomparisse, non sarebbe forse vero che la verità sarebbe scomparsa?
Agostino - E chi lo nega?
Ragione - Ma non può esistere il vero, se la verità non esiste.
Agostino - L'ho ammesso poco fa.
Ragione - Bisogna dunque concludere che la verità non scomparirà mai.
Agostino - Continua come hai cominciato: nulla infatti è più giusto di questo ragionamento.
Persino gli errori dei sensi provano indirettamente l'immortalità dell'anima
3, 3. Ragione - Ora vorrei che mi rispondessi: a tuo avviso, è l'anima che sente oppure il corpo?
Agostino - Ritengo che sia l'anima.
Ragione - E ti sembra che l'intelligenza sia parte dell'anima?
Agostino - Senza alcun dubbio.
Ragione - Di essa soltanto o anche di qualche altro essere?
Agostino - Eccetto Dio, non conosco altro essere che l'anima, in cui credo sussista l'intelligenza.
Ragione - Esaminiamo questo punto. Se qualcuno ti dicesse che questo non è un muro, ma un albero, che cosa penseresti?
Agostino - Direi che s'inganna o il suo senso o il mio o che con un tal nome egli chiama ciò che io denomino muro.
Ragione - E se a lui il muro apparisse sotto l'immagine di un albero e a te sotto l'immagine di muro, non potrebbe esser vera questa duplice rappresentazione?
Agostino - No sicuramente, perché una stessa cosa non può essere insieme albero e muro. Sebbene le cose possano apparire a ciascuno di noi in modo assolutamente diverso, è indiscutibile che uno di noi è ingannato da una falsa rappresentazione.
Ragione - E se la cosa non è né un albero né un muro e vi ingannaste entrambi?
Agostino - È possibile anche questo.
Ragione - Questa alternativa però poco fa ti è sfuggita.
Agostino - Lo ammetto.
Ragione - Ma se riconoscete che la cosa vi appare effettivamente diversa da quello che è, questo sarebbe ancora ingannarsi?
Agostino - No.
Ragione - Bisogna perciò convenire che ingannarsi non significa vedere false rappresentazioni, ma prenderle come vere.
Agostino - Bisogna ammetterlo senza difficoltà.
Ragione - Ma il falso, perché è falso?
Agostino - Perché è differente da come si manifesta.
Ragione - Perciò se non c'è nessuno a cui il falso si mostra, ne consegue che il falso non c'è.
Agostino - È logico.
Ragione - La falsità dunque non è nelle cose, ma nel senso; chi non dà il suo assenso alle false rappresentazioni, non si inganna; ne deriva che noi e il senso siamo cose distinte, poiché il senso può ingannarsi, mentre noi possiamo non ingannarci, proprio mentre il senso si inganna.
Agostino - Non ho nulla da opporre.
Ragione - Ma quando l'anima si inganna, osi forse dire che anche tu non sei ingannato?
Agostino - Come ne avrei l'ardire?
Ragione - Ora: non vi è un senso senza un'anima e non esiste errore senza senso: l'anima dunque o è causa di errori o ad essi vi coopera.
Agostino - Le premesse mi costringono all'assenso.
4. Ragione - Rispondimi ora: secondo te, è possibile che talvolta l'errore non esista?
Agostino - Come mi può sembrare possibile questo, quando la difficoltà di trovare il vero è tanta che è più assurdo dire: l'errore non può esistere, piuttosto che dire: la verità non può esistere?
Ragione - E ritieni forse che chi non vive possa avere conoscenza sensibile?
Agostino - No di certo.
Ragione - Si conclude dunque che l'anima vive sempre.
Agostino - Troppo in fretta mi porti alla gioia; seguiamo il ragionamento passo per passo, te ne prego.
Ragione - Eppure se le tue precedenti ammissioni sono state logiche, non capisco di che cosa si debba ancora dubitare su questo argomento.
Agostino - È accaduto troppo in fretta, te lo ripeto. Preferirei piuttosto credere di avere fatto qualche concessione non giustificata, che di ritenermi già sicuro riguardo all'immortalità dell'anima. Tuttavia svolgi questo tuo ragionamento e dimostra come giungi alla conclusione.
Ragione - Hai detto che non può esserci errore là dove non vi è conoscenza sensibile; hai detto che è impossibile che l'errore non esista; dunque il senso esiste sempre. Ma non si dà senso senza un'anima, dunque, l'anima è sempre. E non può sentire senza vivere, dunque vive per sempre.
Riserve di Agostino sulla dimostrazione appena conclusa
4, 5. Agostino - O pugnale di piombo! Potresti parimenti concludere che l'uomo è immortale, se io avessi ammesso che questo mondo non può esistere senza l'uomo, o anche che questo mondo è eterno.
Ragione - Sei certo molto vigile. Però è pur qualche cosa quanto abbiamo stabilito e cioè che la natura sensibile non può esistere senza l'anima, a meno di supporre che un giorno ciò che è falso non esisterà più nella natura sensibile.
Agostino - Riconosco la pertinenza di questa conseguenza; penso però di dover esaminare più dettagliatamente se i principi precedentemente ammessi siano ben sicuri. Vedo infatti che abbiamo fatto un non piccolo passo verso l'immortalità dell'anima.
Ragione - Hai ripensato a sufficienza, se per caso hai ammesso qualcosa senza necessario esame?
Agostino - A sufficienza. Non vedo però motivo per rimproverarmi di leggerezza.
Ragione - Dunque è dimostrato che la natura sensibile non può esistere senza un'anima che vive.
Agostino - Sì, ma con questi limiti: che reciprocamente le anime possono le une nascere e le altre morire.
Ragione - E se dal mondo sensibile si elimina l'errore, non ne deriverà forse che tutto sia vero?
Agostino - È logico.
Ragione - Rispondimi: donde sai che questo muro è veramente un muro?
Agostino - Perché la sua apparenza non mi inganna.
Ragione - Cioè: perché è come appare.
Agostino - Sì.
Ragione - Dunque: se una cosa è falsa perché si manifesta diversa da quello che veramente è, se una cosa è vera perché si manifesta per quello che veramente è, ne consegue che, una volta tolto colui che la vede, non vi è più né falso, né vero. Ma se nella natura non esiste falsità, allora tutto è vero. Ora nulla può mostrarsi vero o falso, se non ad un'anima vivente. Ne consegue che l'anima persiste nella natura, se non si può eliminare il falso; e che persiste parimenti, se lo si può fare.
Agostino - Vedo che ne esce rafforzata la conclusione precedente; con questa aggiunta però, non abbiamo fatto nessun progresso. Tuttavia c'è un punto che molto mi tiene in ansia: che le anime nascono e muoiono; e che, se esse non mancano nel mondo, ciò deriva non dalla loro immortalità, ma dal loro avvicendarsi.
6. Ragione - Ti sembra che tutte le cose corporee, cioè sensibili, possano essere comprese dall'intelligenza?
Agostino - Non mi pare.
Ragione - E ti pare che Dio debba usare i sensi per conoscere le cose?
Agostino - Non presumo di arrischiare su questo argomento delle affermazioni. Però, per quanto ci è dato di congetturare, Dio non usa affatto dei sensi.
Ragione - Dunque concludiamo che solo l'anima può avere conoscenza sensibile.
Agostino - Tu concludi provvisoriamente, invero secondo probabilità.
Ragione - Inoltre: ammetti che quel muro, se non è vero, non è un muro?
Agostino - Nulla mi è più facile da ammettere.
Ragione - E anche che non vi sia nulla che sia corpo, se non è veramente un corpo?
Agostino - Anche questo è proprio così.
Ragione - Dunque, se nulla è vero, se non ciò che è come si manifesta; se nessuna cosa corporale non può essere vista, se non per mezzo dei sensi; se l'anima sola può avere conoscenza sensibile; se infine un corpo non esiste, a meno di essere un vero corpo, ne deriva che non può esistere un corpo, se non esiste un'anima.
Agostino - Sei troppo incalzante, non ho di che ribattere.
Tentativo di definire il vero e il falso
5, 7. Ragione - Attento a questo ora, con maggiore diligenza.
Agostino - Eccomi pronto.
Ragione - Questa è certamente una pietra e lo è sicuramente, se non è diversa da come si manifesta; non è invece una pietra, se non è una vera pietra; ad ogni modo essa non può essere vista se non per mezzo dei sensi.
Agostino - Vero.
Ragione - Allora si deve dire che non esistono pietre nel più profondo della terra, né in generale là dove non c'è chi le veda. Questa pietra non esisterebbe di certo, se noi non la vedessimo; e non esisterebbe più nessuna pietra nel caso che noi ce ne andassimo e che nessun altro fosse presente per vederla. E se tu chiudi bene i cofani, sebbene li abbia riempiti di oggetti, saranno vuoti. Di più: lo stesso legno, all'interno, non sarà più legno. Dal momento che un corpo non è trasparente, tutto quello che è contenuto all'interno di quel corpo sfugge ai sensi e, necessariamente, non esiste. Se esistesse, infatti, sarebbe vero; ma non è vero, se non quando è realmente ciò che si manifesta. Ora non si vedono cose che sono nascoste e dunque esse non sono. Hai qualcosa da eccepire?
Agostino - Dalle ammissioni che ho fatto, deriva, come ben vedo, questo ragionamento. Esso però è così assurdo, che mi sarebbe più facile negare una qualunque di quelle premesse, piuttosto di ammettere che tutto questo sia vero.
Ragione - Non mi oppongo di certo. Bada dunque bene a quello che vuoi dire. Ammetti che i corpi possano essere conosciuti in maniera diversa che con i sensi; che vi sia qualcosa che senta, oltre all'anima; che possa esistere una pietra o una qualsiasi altra cosa senza essere vera? Oppure che è necessario cambiare la stessa definizione di vero?
Agostino - Consideriamo, ti prego, questo ultimo punto.
8. Ragione - Definisci dunque il vero.
Agostino - Vero è ciò che è in realtà tale quale appare a colui che conosce, se questi vuole e può conoscere.
Ragione - E non sarà dunque vero quello che nessuno può conoscere? Inoltre se falso è ciò che appare diversamente da quello che è realmente, allora se questa pietra ad uno si manifesta come pietra e ad un altro come legno, la stessa cosa sarà contemporaneamente falsa e vera?
Agostino - È la prima affermazione che maggiormente mi turba. In qual modo una cosa per il fatto di non essere conosciuta, cesserebbe per questo di essere vera? Invece che una stessa identica cosa sia contemporaneamente vera e falsa, non mi preoccupa troppo; vedo infatti che una medesima cosa, paragonata a cose diverse, può essere più grande o più piccola. Queste sono espressioni che implicano un rapporto.
Ragione - Ma se tu dici che nulla è vero di per sé, non temi che parimenti ne consegua che più nulla sia di per sé? La ragione per cui questo legno è legno, è pure la ragione per cui questo legno è vero legno. Né è possibile che esso sia legno di per se stesso - indipendentemente cioè dal conoscente - e non sia vero legno.
Agostino - Ecco dunque quanto dico e così esprimo una definizione; né ho timore di essere rimproverato, perché essa è troppo breve: a me pare che il vero sia ciò che è.
Ragione - Non esisterà dunque più niente di falso, perché allora tutto ciò che è, è vero.
Agostino - Mi getti in grande difficoltà e non trovo assolutamente più risposta. Così, mentre non voglio istruirmi altrimenti se non mediante le tue interrogazioni, temo ormai di essere interrogato.
SECONDA DISCUSSIONE
Ciò che genera il falso, è una rassomiglianza con il vero, sebbene questo principio sollevi difficoltà
6, 9. Ragione - Dio, a cui ci siamo affidati, senza dubbio ci verrà in aiuto e ci libererà da queste angustie, purché crediamo e lo preghiamo con massima devozione.
Agostino - In nessun caso lo farei più volentieri che a questo punto; infatti non ho mai provato un'oscurità così profonda. Dio, Padre nostro, che ci inviti a pregare; che ci accordi ciò che ti domandiamo; poiché quando ti preghiamo, viviamo meglio e diventiamo migliori, esaudiscimi nell'affanno di queste tenebre e tendimi la tua destra. Precedimi con la tua luce, richiamami dagli errori; sotto la tua guida, io possa rientrare in me e in te. Amen.
Ragione - Sta dunque attento quanto puoi e prestami la più vigile attenzione.
Agostino - Dimmi ti prego se un qualche cosa ti è stato suggerito, per non smarrirci del tutto.
Ragione - Sta attento.
Agostino - Vedi ben che non sto facendo null'altro.
10. Ragione - Anzitutto: che cos'è il falso? Studiamolo ancora a fondo.
Agostino - Mi stupirei se il falso non fosse quanto è diverso da come si manifesta.
Ragione - Attenzione piuttosto. Interroghiamo anzitutto i sensi. Quello che gli occhi vedono, non è certamente detto falso, se non ha una qualche somiglianza di vero. Ad esempio: un uomo che vediamo in sogno, non è evidentemente un vero uomo, ma è falso, proprio perché ha un'apparenza di vero. Infatti chi vede nel sogno un cane e dice di avere sognato un uomo? Dunque anche quello è un cane falso, per il fatto di essere simile ad un cane vero.
Agostino - È proprio come dici.
Ragione - E se uno, quando è sveglio, vede un cavallo e crede di aver visto un uomo, non si inganna forse perché gli si è manifestato un qualcosa che aveva una somiglianza di uomo? Infatti se non gli apparisse nient'altro che una figura di cavallo, non potrebbe certo pensare di vedere un uomo.
Agostino - Accetto pienamente.
Ragione - Parimenti diciamo falso l'albero che vediamo dipinto, falso il volto che viene riflesso dallo specchio, falso il movimento che sembrano fare le torri agli occhi dei naviganti, falso lo spezzarsi del remo nell'acqua: tutto questo diciamo non per altra ragione, se non perché tali fenomeni sono simili al vero
Agostino - Ne convengo.
Ragione - Ugualmente ci inganniamo ancora confondendo dei gemelli, delle uova, delle impronte fornite da un solo sigillo e molte altre simili realtà.
Agostino - Ti seguo bene e ti accordo tutto ciò.
Ragione - Dunque la somiglianza degli oggetti, che colpisce gli occhi, è l'origine dell'errore.
Agostino - Non posso negarlo.
11. Ragione - Tutta questa materia ingarbugliata, si può dividere, se non vado errato, in due categorie: quella in cui si tratta di cose di uguale grado e quella in cui si tratta di cose di grado disuguale. Le cose sono di uguale grado quando possiamo dire indifferentemente di questa o di quella, che l'una è simile all'altra: è il caso dei gemelli e delle impronte del sigillo. Sono invece di grado disuguale quando affermiamo la somiglianza del meno perfetto con il più perfetto. Come accade quando uno si guarda allo specchio: giustamente non dice di assomigliare all'immagine che vi vede riflessa ma piuttosto dice che è questa immagine a rassomigliargli. Questa seconda categoria comprende sia le impressioni ricevute dall'anima e sia le manifestazioni stesse delle cose. Le impressioni dell'anima o provengono dai sensi, come l'illusorio movimento della torre, oppure sono frutto del lavoro che essa stessa compie sui dati ricevuti dai sensi, come i sogni dei dormienti o forse anche le allucinazioni dei pazzi. Gli errori, che hanno la loro origine nelle cose stesse che vediamo, sono espressi e formati sia dalla natura e sia dagli esseri viventi. La natura produce somiglianze di valore disuguale, sia attraverso gli esseri che cosa stessa crea e sia attraverso le risultanze che produce; il primo caso è quello dei bambini che nascono simili ai loro genitori; il secondo caso è quello degli specchi di ogni specie. Gli specchi sono certo costruiti quasi tutti dagli uomini, ma non è l'uomo a fare le immagini che essi riflettono. Quanto poi alle azioni tipiche degli esseri viventi, esse sono pitture e altre analoghe rappresentazioni. In questa categoria si possono includere anche quelle rappresentazioni che sono opera dei demoni, se tuttavia esse esistono veramente. Riguardo poi alle ombre che fanno i corpi, non si è certo lontani dalla realtà se le si ritiene come simili ai corpi, anzi come dei falsi corpi; non si può infatti negare che esse rilevino dal giudizio degli occhi; riteniamo quindi giusto collocarle nella categoria delle rappresentazioni che produce la natura, mediante i riflessi che procura. Infatti ogni corpo esposto alla luce la riflette e proietta l'ombra nella parte opposta. Hai qualche obiezione da formulare?
Agostino - Nulla di certo. Attendo però con impazienza di vedere dove miri con questo discorso.
12. Ragione - Al contrario bisogna attendere con pazienza finché tutti gli altri sensi non ci certifichino che il falso consiste in una somiglianza del vero. Infatti anche nell'udito si verificano altrettanti casi di somiglianza: come accade quando udiamo la voce di una persona che noi non vediamo e crediamo che sia un'altra persona con un simile timbro di voce. Fra le somiglianze di valore disuguale, possiamo citare come esempio l'eco, o persino il ronzio delle orecchie, o ancora negli orologi l'imitazione del fischio del merlo o del gracchiare del corvo, o infine le allucinazioni uditive delle persone che sognano e persino dei pazzi. Per parte loro i musici parlano di suoni in falsetto, fenomeno che aiuta in maniera assai notevole a comprendere proprio questa verità, come ci sarà dato di vedere in seguito; basti per ora rilevare come questi suoni non differiscono, quanto a somiglianza, dalle note che essi chiamano giuste. Segui bene l'assunto?
Agostino - Con grandissimo interesse e non fatico minimamente a comprenderti.
Ragione - Dunque non indugiamo ulteriormente. Ti sembra che si possa facilmente distinguere all'olfatto un giglio da un altro giglio; al gusto, il miele di timo di un alveare dal miele di timo di un altro alveare; al tatto la morbidezza delle piume del cigno dalla morbidezza delle piume di un'oca?
Agostino - Non mi pare che si possano distinguere.
Ragione - E quando sogniamo di fiutare o gustare o toccare quelle cose, non ci inganna forse la somiglianza delle sensazioni, tanto più imperfetta quanto più irreale?
Agostino - È vero.
Ragione - Dunque è evidente questa conclusione: nell'esercizio di tutti i nostri sensi ci capita di essere ingannati dalla seduzione di una rassomiglianza, sia che gli elementi siano di valore uguale e sia che siano di valore disuguale. E anche quando non siamo tratti in inganno, perché sospendiamo l'assenso o riconosciamo la differenza, nondimeno chiamiamo false le cose che riconosciamo simili alle vere
Agostino - Non posso dubitarne.
7, 13. Ragione - Attento ora: ritorniamo sulle medesime idee, perché diventi più chiara la nostra dimostrazione.
Agostino - Eccomi pronto, di quello che vuoi. Ho deciso infatti una volta per tutte di sopportare questo lungo giro, né mi stancherò, tanta è la speranza di pervenire alla meta, alla quale, come avverto, stiamo tendendo.
Ragione - Bravo. Ma sta ben attento: quando vediamo delle uova del tutto simili, ti sembra che possiamo dire che qualcuna di esse è falsa?
Agostino - Non lo credo affatto: tutte le uova se veramente sono uova, sono vere uova.
Ragione - Ma quando vediamo riflessa un'immagine allo specchio, da quali segni scopriamo che essa è illusoria?
Agostino - Naturalmente perché non la si può toccare, non ha voce, non si muove da sé, non è viva e per altre innumerevoli particolarità che sarebbe lungo enumerare.
Ragione - Vedo che non vuoi trattenerti a lungo su queste cose e bisogna adattarsi un poco alla tua premura. Non riprenderò dunque tutti gli esempi citati. Solo dirò questo: facciamo l'ipotesi che quegli uomini che vediamo nel sonno possano vivere, parlare, essere toccati da chi è in stato di veglia e che non ci sia differenza alcuna tra essi e coloro che noi, svegli e sani di mente, vediamo e con cui parliamo: li chiameremo ancora falsi?
Agostino - Come potremmo affermare questo a buon diritto?
Ragione - Supponiamo allora: se essi fossero veri per la sola ragione che appaiono del tutto verosimili e se non ci fosse la benché minima differenza tra loro e uomini che in realtà sono veri; se fossero falsi per la sola ragione che questa o quella differenza li manifesta come dissimili; allora la somiglianza non sarebbe madre della verità e la dissomiglianza madre della falsità?
Agostino - Non ho nulla da controbattere e mi vergogno del mio temerario assenso di poco fa.
14. Ragione - Sei ridicolo, se te ne vergogni come se non avessimo scelto apposta proprio questo metodo: sono discorsi tra noi soli, che voglio chiamare e intitolare Soliloqui, parola certo nuova e forse dura, ma abbastanza idonea a rendere quanto vuol dire. Non si può infatti cercare la verità con metodo migliore che per via di domanda e di risposta. D'altra parte si trova raramente un interlocutore cui nella disputa pubblica non rincresce di essere confutato; cosicché quasi sempre accade che l'impuntatura con il suo immoderato clamore, rovini una discussione ben avviata, senza contare quella esacerbazione delle anime, per lo più dissimulata, ma talora anche manifesta; invece tu, a mio giudizio, hai voluto molto pacatamente e a tutto tuo agio ricercare il vero, con l'aiuto di Dio, mediante le mie interrogazioni e le tue risposte. Non devi dunque affatto temere di tornare indietro e di disimpegnarti, se ti sei imprudentemente compromesso. Non ne puoi venire fuori in altra maniera.
8, 15. Agostino - Dici bene, ma non vedo chiaramente quale concessione sbagliata io mai abbia potuto fare, se non questa: che si può giustamente dire falso, ciò che ha una qualche somiglianza con il vero. Però null'altro mi si presenta che meriti questa qualifica di falso. E tuttavia sono anche costretto a riaffermare che le cose false sono così chiamate, proprio perché sono differenti dalle vere. Donde deriva che è la dissomiglianza stessa ad essere causa della falsità. Ecco perché sono turbato. Infatti non mi viene in mente nulla che sia originato da cause opposte.
Ragione - Ma se questo fosse un caso eccezionale in natura ed il solo che sia così? Non sai forse che potresti passare in rassegna tutte le innumerevoli specie di animali, senza trovare un caso analogo a quello del coccodrillo che per mangiare muove la mascella superiore. Non si possono d'altronde trovare cose totalmente simili che non abbiano sotto qualche aspetto una qualche differenza.
Agostino - Vedo bene tutto ciò. Quando però considero che ciò che chiamiamo falso offre contemporaneamente qualche rassomiglianza e qualche dissomiglianza rispetto al vero, non riesco più a distinguere se è a causa dell'uno o a causa dell'altro che merita questo nome di falso. Se affermerò che è a causa della dissomiglianza, non vi sarà più nulla che non possa essere chiamato falso poiché non c'è nulla che non differisca da quello che noi riconosciamo come vero. Parimenti se affermerò che è la somiglianza a fare sì che si chiami falsa una cosa, non solo mi si rinfaccerà l'esempio delle uova, che sono vere appunto perché del tutto simili, ma anche non riuscirò a sfuggire a quanti mi vorranno costringere ad ammettere che tutto è falso perché ogni cosa - e non lo posso certo negare - ha qualche aspetto di rassomiglianza. Ma supponi pure che io senza timore risponda a costoro che la somiglianza e la dissomiglianza contribuiscano entrambe a fare sì che una cosa possa essere chiamata falsa a buon diritto. Quale via di scampo potrei mai avere? Mi si forzerà senz'altro ad affermare che tutto è falso poiché tutte le cose, come ho appena detto, sono per un aspetto simili e per un altro dissimili. Potrei anche dire che il falso è semplicemente quanto è altro da ciò che si manifesta, se non avessi paura di tutti quei mostri, che pensavo di avere infine evitato. Un'inattesa vertigine mi sospinge di nuovo infatti ad affermare che il vero è ciò che realmente è come appare; da ciò deriva che nulla può essere vero, senza che qualcuno lo riconosca tale. Qui però debbo temere di far naufragio su scogli ben nascosti, che certo sono veri, anche se non conosciuti. Ed infine se affermerò che il vero è ciò che è, si concluderà che non c'è più alcun posto per il falso, conclusione che a tutti ripugna. Pertanto rinascono tutte le mie perplessità e non vedo come la mia pazienza nel sopportare tutte le tue soste, mi sia stato di grande giovamento nel condurmi più avanti.
La vera definizione del falso
9, 16. Ragione - Fa attenzione piuttosto! Infatti non potrò mai indurmi a credere che abbiamo invocato inutilmente l'aiuto di Dio. Tentate tutte le soluzioni possibili, vedo bene che ce n'è rimasta una sola: a rigor di logica non si può dire falso se non ciò che finge di essere ciò che non è; oppure vuole assolutamente essere, mentre invece non è. Nella prima specie di falsità sono inclusi tanto l'inganno che la finzione. Si parla a buon diritto di inganno, allorché si intravede un desiderio d'ingannare; il che implica necessariamente un'anima e procede sia dalla ragione (negli esseri ragionevoli, come l'uomo) e sia dalla natura (negli animali, come ad esempio la volpe). Chiamo invece finzione l'azione di coloro che producono simulazioni; costoro differiscono dagli ingannatori perché ogni ingannatore mira all'inganno mentre non necessariamente ogni simulatore vuole ingannare. Così i mimi, le commedie, numerosi poemi sono pieni di finzioni, ispirate però dal desiderio di dilettare, piuttosto che da quello di ingannare. D'altronde quasi tutti quelli che scherzano, ricorrono alla finzione. Però a buon diritto chiamiamo ingannatore o impostore quelli, la cui azione mira a ingannare qualcuno. Coloro invece che non agiscono per ingannare, eppure ricorrono a finzioni, senza esitazione sono da tutti chiamati operatori di finzioni, oppure, se questa parola è eccessiva, creatori di illusioni. Hai qualche obiezione da farmi, a questo riguardo?
17. Agostino - Continua, per favore; infatti solo ora forse hai cominciato ad insegnarmi sul falso una dottrina non falsa. Però aspetto ancora che tu mi spieghi la categoria di cui hai detto: pretende di essere e invece non è.
Ragione - Ma perché aspetti? Questo caso è il medesimo, di cui abbiamo citato in precedenza molti esempi. Forse non ti sembra che la tua figura riflessa nello specchio, voglia in qualche modo essere te stesso, mentre invece è falsa, proprio perché non è te?
Agostino - È molto giusto.
Ragione - Tutte le pitture, tutte le immagini, tutte le creazioni artistiche non mirano forse ad essere somiglianze dell'originale?
Agostino - Ne sono pienamente convinto.
Ragione - E le immagini che ingannano coloro che sognano o che sono pazzi, penso che ammetterai appartengano a questa categoria.
Agostino - Vi rientrano senza dubbio più di ogni altra: infatti nessuna immagine tende maggiormente a confondersi con la realtà, così come la si vede da svegli ed in piena salute intellettuale; e se sono false è proprio perché non possono essere veramente ciò che pure pretendono di essere.
Ragione - E sul movimento delle torri, sul remo immerso nell'acqua, sulle ombre che fanno i corpi, che mai dovrei aggiungere? È infatti evidente, a quanto mi pare, che debbano essere misurati alla stessa stregua.
Agostino - È certamente evidente.
Ragione - Non parlo poi degli altri sensi; chiunque riflettendo un poco, riuscirà a capire che chiamiamo falso, nelle cose che colpiscono i nostri sensi, quanto pretende di essere quello che in verità non è.
10, 18. Agostino - Hai parlato perfettamente. Mi stupisce però che tu abbia creduto opportuno distinguere da questa categoria i poemi, i giochi di prestigio e le altre finzioni.
Ragione - Perché una cosa è voler essere falso, un'altra cosa è non poter esser vero. Ecco perché possiamo collegare le rappresentazioni degli uomini (come commedie, tragedie, i mimi e altre simili cose) alle opere dei pittori e degli scultori. Un uomo dipinto, sebbene tenda alle sembianze d'uomo, non può essere un uomo vero; e così accade per le forme di vita descritte dai comici nei loro libri. Queste immagini non vogliono certo essere false; non lo sono nella loro intenzione; lo sono per una sorta di necessità e nella misura in cui corrispondono alla volontà dell'autore. Sulla scena Roscio per sua volontà era una falsa Ecuba, per natura un uomo vero. Per quella stessa volontà era anche un vero tragico per la parte che recitava, ma era un falso Priamo, perché rappresentava Priamo, senza esserlo realmente. Di qui sorge una conclusione sorprendente, che però nessuno può mettere in dubbio.
Agostino - Quale dunque?
Ragione - Ma che altra, se non questa? Tutte queste finzioni sono per certi aspetti vere, proprio perché sono per altri aspetti false; ciò che contribuisce a renderle vere è proprio il fatto che, per altri aspetti, sono false. Ed ecco perché esse non potrebbero raggiungere in alcun modo la forma voluta o dovuta, se rifiutassero di essere false. In che modo l'attore che ho appena ricordato sarebbe un vero tragico, se non volesse essere un falso Ettore, una falsa Andromaca, un falso Ercole e così via altri innumerevoli personaggi? Come ci potrebbe essere una vera pittura, se il cavallo rappresentato non fosse falso? Come potrebbe riflettersi nello specchio la vera immagine di un uomo, se non fosse un falso uomo? Se dunque vi sono cose che, per essere vere sotto un certo aspetto, debbono essere false sotto un altro, perché abbiamo tanto paura del falso e desideriamo la verità come un gran bene?
Agostino - Non lo so e me ne stupisco molto; ma forse è perché in questi esempi non trovo nulla che sia degno di servire da modello. Infatti, per essere veri nella nostra individualità specifica, noi non dobbiamo affatto adattarci e assimilarci ad un'individualità esterna e divenire falsi proprio per questo, come accade agli istrioni, alle immagini riflesse nello specchio, alle vacche di bronzo di Mirone. Dobbiamo invece cercare quella verità che non è bifronte e contraddittoria con una faccia vera e l'altra falsa.
Ragione - Grandi, e divine veramente, sono le cose che tu cerchi. Se le troveremo, non ammetteremo forse che con esse si costruisce e si elabora pienamente quella verità, che dà il nome a tutto ciò che è vero, con qualunque nome lo si chiami?
Agostino - L'ammetto volentieri.
Il caso della grammatica: in che senso è vera?
11, 19. Ragione - Procediamo. Dimmi dunque: la dialettica è vera o falsa?
Agostino - Nessuno può dubitare che sia vera; però anche la grammatica è vera
Ragione - Lo è come la dialettica?
Agostino - Non concepisco un vero più vero di un altro vero.
Ragione - Lo è senza dubbio ciò che non ha nulla di falso. Mentre riflettevi poco fa, eri perplesso a causa di quelle rappresentazioni che, non so come, se non fossero false, non potrebbero essere vere. Ignori forse che tutte quelle favolose invenzioni e quelle evidenti finzioni sono pertinenti alla grammatica?
Agostino - Non lo ignoro certamente però, a mio avviso, la loro falsità non deriva dalla grammatica, poiché questa le espone così come sono. Le invenzioni favolose sono finzioni composte per utilità e per diletto; per parte sua la grammatica è invece la disciplina che custodisce e regola la parola articolata; necessariamente quindi, per suo compito, essa deve registrare tutte le espressioni del linguaggio umano, anche le finzioni, affidate alla tradizione e alla letteratura, non per renderle false, ma per stabilire partendo da questi testi e per dimostrare una metodologia che sia vera.
Ragione - Molto bene; ora però non esamino se tali concetti siano stati da te ben definiti e distinti; solamente ti domando se sia la grammatica oppure la dialettica ad insegnarti a costruirli.
Agostino - Non nego che la facoltà tecnica di definire con efficacia, da me usata per operare delle distinzioni in questa materia, appartenga alla dialettica.
20. Ragione - Ma la grammatica, nell'ipotesi che sia vera, non lo è appunto perché è una disciplina? Disciplina infatti deriva da discere, cioè imparare; ora di nessuno si può dire che non sa ciò che ha imparato e ritenuto; parimenti si deve dire che nessuno ha scienza di ciò che è falso; dunque ogni disciplina è vera.
Agostino - Non vedo in questa breve argomentazione nessun rischio di affermazioni pregiudiziali. Ciò che tuttavia m'imbarazza è il timore che da essa si possa concludere che persino quelle favole siano vere, poiché le impariamo e le riteniamo a mente.
Ragione - Forse che per caso il maestro che ci intuiva non voleva che noi accertassimo e sapessimo quanto egli insegnava?
Agostino - Anzi, insisteva con veemenza perché lo sapessimo.
Ragione - Forse che talora ha insistito, perché credessimo che Dedalo volasse realmente?
Agostino - Questo invero mai, ma se non sapevamo bene la favola, ci faceva le mani in un tale stato che a stento potevamo stringere qualcosa.
Ragione - Tu neghi dunque che sia vero che questa è una favola e che Dedalo abbia acquistato tramite essa la sua fama?
Agostino - No, non nego affatto che questo sia vero.
Ragione - Non neghi dunque di aver imparato il vero, quando hai imparato questa favola. Se infatti il volo di Dedalo fosse vero e se i ragazzi lo imparassero e ripetessero come una finzione essi riterrebbero il falso, proprio per il fatto che sarebbe vero ciò che ripetono. Di qui deriva quella conseguenza che poco fa ci stupiva e cioè che la favola del volo di Dedalo non potrebbe essere vera, se proprio non fosse falso che Dedalo abbia volato.
Agostino - Comprendo ormai questo punto; ma aspetto che, andando oltre, ne ricaviamo profitto.
Ragione - E quale altro profitto mai, se non questo, di confermarci cioè nella giustezza del ragionamento, per cui abbiamo concluso che una disciplina non può essere veramente tale, se non insegna realmente il vero?
Agostino - E questa conclusione che rapporto ha con il nostro ragionamento?
Ragione - Eccolo: voglio che mi dica perché la grammatica è una disciplina, poiché quanto la costituisce vera è ciò che la costituisce disciplina.
Agostino - Non so che cosa risponderti.
Ragione - Non ti pare che se non ammettesse definizioni, distinzioni, divisioni in genere e parti, essa non potrebbe essere in nessun modo una disciplina?
Agostino - Capisco ora quello che vuoi dire. Infatti non mi si presenta effettivamente alcuna disciplina che non contenga definizioni, distinzioni, ragionamenti. Determinare la natura propria di ogni elemento, evitare la confusione delle parti ordinandole ciascuna al suo posto, non omettere nulla di essenziale e non incorporare elementi eterogenei: è questo l'oggetto fondamentale che costituisce ogni disciplina.
Ragione - Ed è quel complesso omogeneo di cose per cui ogni disciplina è detta vera.
Agostino - È ben evidente la conclusione.
21. Ragione - Dimmi ora: qual è la disciplina che insegna a ben definire, a ben dividere, a ben classificare?
Agostino - È stato già detto prima: questi elementi sono contenuti nelle regole della dialettica.
Ragione - Così anche la grammatica è stata costituita come disciplina, e come disciplina vera, dalla medesima arte della dialettica, che tu poco fa hai difeso contro ogni rimprovero di falsità. E la conclusione che io traggo per la grammatica è certo valida per tutte le discipline. Infatti tu stesso hai detto, e hai avuto ragione di dire, di non conoscere nessuna disciplina che possa fare a meno di definizioni e di distinzioni e che proprio esse la costituiscono a giusto titolo come disciplina. Ma se le discipline sono vere proprio perché sono discipline, non si potrà certo negare che è proprio in forza della verità che tutte le discipline sono vere.
Agostino - Sono molto vicino ad accordartelo; vi è però ancora una cosa che mi crea difficoltà; ed è che tra le discipline computiamo anche la dialettica; ora io penso che sia piuttosto la verità a fare si che questo metodo sia vero.
Ragione - Ottima osservazione, che mostra quanto sia vigile! Non vorrai però negare, io penso, che la dialettica è vera proprio perché è una disciplina.
Agostino - È proprio questa la mia difficoltà: ho riconosciuto infatti che è una disciplina e che la si dichiara vera proprio per questo.
Ragione - Credi forse che avrebbe potuto essere una disciplina, se non usasse per ogni cosa definizioni e distinzioni?
Agostino - Non ho nulla da obiettare.
Ragione - Ma se proprio questo è il suo compito, allora essa è una disciplina vera di per se stessa. Chi dunque potrà stupirsi se la disciplina, per cui tutto è vero, sia la verità vera, per se stessa e in se stessa?
Agostino - Non ho obiezioni che ostacolino la mia completa adesione a questa tesi.
Vi sono realtà inseparabili dal loro soggetto, non catalogabili perciò come accidenti provvisori
12, 22. Ragione - Allora fa attenzione al resto, che è poco.
Agostino - Esponi quello che hai da dire, purché io comprenda e possa facilmente dichiarare il mio accordo.
Ragione - Sappiamo che si può dire in due modi diversi che una cosa è in un'altra. Nel primo, quando essa vi è in modo che potrebbe esserne separata e trovarsi altrove, come questo pezzo di legno che ora è in questo luogo o come il sole nel luogo dove sorge; nel secondo modo, quando una cosa è talmente unita al soggetto da non poterne essere separata, come in questo medesimo pezzo di legno la forma e la figura che noi vediamo, come nel sole la luce, come nel fuoco il calore, come nello spirito la scienza, e altre cose del medesimo genere. Non condividi forse?
Agostino - Queste affermazioni sono per me di vecchia data; infatti fin dai primi anni dell'adolescenza le ho studiate e capite con somma diligenza; interrogato ora su di esse, non posso far a meno di ammetterle, senza alcun bisogno di riflettervi.
Ragione - E adesso questo: non ammetti forse che quanto è inseparabile dal soggetto non può sussistere, nel caso che il soggetto perisca?
Agostino - Anche questo mi sembra sia necessario ammettere, ma esaminando la cosa con attenzione, si comprende che è ben possibile che, quand'anche il soggetto sussista, questa o quella qualità che vi è attaccata non sussista più. Il colore di questo mio corpo può mutare o sotto l'influsso della malattia o per l'età, senza che per questo il mio corpo perisca. Questo non vale certo allo stesso modo per tutte le proprietà del soggetto, ma solo per quelle che, non costituendo esse stesse il soggetto, pure con lui coesistono. Non è perché questo muro esiste, che acquista il colore che vediamo; parimenti se per un caso diventa nero o bianco o prende un altro colore, tuttavia non per questo non rimane e non è chiamato muro. Ma se il fuoco perde il calore, allora non sarà più fuoco; così non potremmo conservare il suo nome a neve che non fosse bianca.
Essendo l'anima l'abitacolo della verità, è immortale come la verità stessa
13, 23. Quanto poi alla tua domanda (se cioè la proprietà inerente a un soggetto sussista, una volta distrutto il soggetto), chi mai potrebbe ammetterla, chi mai potrebbe ritenerla possibile? È assurdo e assolutamente opposto alla verità che quanto non può sussistere se non nel soggetto possa esistere anche quando questo soggetto non esiste più.
Ragione - Allora abbiamo trovato l'oggetto della nostra ricerca.
Agostino - Che dici mai?
Ragione - Ciò che ascolti.
Agostino - Forse che è già chiaramente acquisito che l'anima è immortale?
Ragione - Se le affermazioni che hai concesso sono vere, lo è molto chiaramente; a meno che tu non affermi che lo spirito, anche se muore, è ugualmente spirito.
Agostino - Non potrei mai affermarlo; anzi affermo che per il fatto stesso che perisce, un'anima non è più un'anima. E non mi lascio distogliere da questa convinzione, malgrado l'insegnamento di grandi filosofi che dicono: una sostanza che dà la vita, dovunque è presente, non può ammettere in sé la morte. Infatti, sebbene la luce, dovunque può entrare, faccia splendere quel luogo e sia inconciliabile con le tenebre per la ben nota legge dei contrari, tuttavia essa si estingue e il luogo, spenta la luce, ritorna nelle tenebre. Essa ha resistito alle tenebre, non le ha però assorbite in alcun modo; e venendo meno, ha fatto loro posto, così come avrebbe fatto ritraendosi. Ecco perché temo che la morte sia per il nostro corpo ciò che le tenebre sono per quel luogo, sia che l'anima se ne allontani come una luce, sia che muoia con il corpo medesimo. Ne consegue che non è la morte fisica a garantire la sopravvivenza dell'anima. Si deve certo desiderare un genere di morte per cui l'anima possa uscire incolume dal corpo e incamminarsi verso un luogo, se mai esiste un tal luogo, dove sia inestinguibile. Se questo non è possibile, se l'anima è come un luce che si accende nel corpo e non può durare fuori di esso, se ogni morte è come l'estinzione dell'anima o della vita nel corpo, allora bisogna stabilire un genere di vita in cui, per quanto lo consente la condizione umana, si viva in una quiete sicura. Non so d'altronde come ciò sia possibile, se l'anima muore. Felici, sì, veramente felici coloro che si sono persuasi da se stessi o si sono lasciati persuadere da altri, che non si deve temere la morte, anche se l'anima deve morire. Per me, infelice, nessun ragionamento, nessun libro ha potuto creare simile persuasione!
24. Ragione - Cessa di affliggerti: l'anima umana è immortale.
Agostino - Donde lo provi?
Ragione - Dai principi che mi hai accordato precedentemente e non senza grandi precauzioni, a quanto mi pare.
Agostino - Ricordo bene di essermi molto sorvegliato nelle risposte alle tue domande. Ma ti prego ora di tirare le somme; vediamo a che punto siamo arrivati con un così lungo cammino; vorrei che tu non mi interrogassi più. Se tu enumeri in breve i principi che ti ho accordato, perché le mie risposte sono nuovamente desiderate? A che io ritardo inutilmente la mia felicità, se per caso abbiamo raggiunto un qualche buon risultato?
Ragione - Farò quella che vedo essere la tua volontà; porgi però somma attenzione.
Agostino - Parla dunque; perché farmi morire?
Ragione - Se tutte le proprietà di un soggetto devono sussistere sempre, è necessario che il soggetto stesso sussista sempre; ora ogni disciplina ha l'anima come soggetto; è necessario dunque che l'anima sussista sempre, se sempre sussiste la disciplina stessa. Ma la disciplina altro non è che la verità e la verità sussiste per sempre, come all'inizio di questo libro ci ha persuaso la ragione. Dunque l'anima sussiste sempre e non dire che l'anima è morta; non significa proprio nulla. Solo può negare senza contraddizione che l'anima è immortale, colui che ci convincerà di aver temerariamente ammesso precedentemente qualche principio sbagliato.
Se era sufficiente un ragionamento così breve, perché un percorso così sinuoso?
14, 25. Agostino - Vorrei orinai abbandonarmi alla gioia; ma ho due ragioni che mi trattengono. La prima è che abbiamo avuto bisogno di un così lungo percorso, che abbiamo dovuto seguire una così lunga catena di ragionamenti, mentre il problema avrebbe potuto essere risolto brevemente, come ora è stato dimostrato. Perciò sono sconvolto, per il fatto che la discussione abbia dovuto seguire tante sinuosità, quasi per farci cadere in qualche trappola. E per seconda cosa non vedo in che modo nell'anima sussista sempre una disciplina, specialmente la dialettica, essendo tanto pochi quelli che la conoscono; costoro inoltre, per un lungo tempo, cioè dalla loro infanzia, ne sono stati privi. Non ci è possibile dire infatti che le anime degli ignoranti non sono anime, né che essi abbiano nell'anima una scienza che essi ignorano. Se vi è assurdità manifesta, occorre dunque o che la verità non sia sempre nell'anima oppure che questa disciplina non sia la verità.
26. Ragione - Vedi bene che non invano il nostro ragionamento ha fatto tanti giri; noi cercavamo infatti che cosa fosse la verità; e costato che neanche ora, in questa selva di cose, dopo aver percorso tutti i sentieri, non ci è stato possibile trovarla. Che faremo dunque? Abbandoneremo forse l'impresa, aspettando che ci capiti tra mano qualche argomento di libri scritti da altri, che risponda a questa questione? Infatti io credo che molti libri siano stati scritti prima dei nostri tempi, libri che non abbiamo potuto leggere. D'altronde, per non fare supposizioni gratuite, sappiamo bene che anche ora queste questioni sono trattate, in prosa e in versi e da uomini i cui scritti non possono rimanere nascosti ed il cui genio ben conosciuto ci consente di sperare di trovare presso di loro quanto desideriamo trovare. Non abbiamo forse proprio qui, davanti ai nostri occhi, quel grande uomo che ha fatto rivivere nella sua perfezione quella eloquenza, di cui piangevamo la morte? Avendoci insegnato nei suoi scritti la maniera di vivere, potrà forse lasciarci ignari sulla natura della vita?
Agostino - Non lo penso proprio; anzi spero molto da questo lato. La sola cosa che mi affligge è che noi non possiamo fargli conoscere come vorremmo il nostro amore sia verso di lui e sia verso la sapienza. Subito infatti avrebbe pietà della nostra sete e la sazierebbe più in fretta di quanto non pensi a farlo ora. Essendo assolutamente convinto dell'immortalità dell'anima, egli ne ha la sicurezza e non sa che forse vi sono degli uomini che hanno conosciuto ormai abbastanza la miseria di questa loro ignoranza ed ai quali sarebbe crudeltà rifiutare un soccorso, specialmente quando lo domandano. E vi è un altro uomo che, in forza della sua amicizia, è al corrente del nostro fervore. È però tanto lontano e noi siamo attualmente in una situazione in cui difficilmente potremo rivolgerci a lui anche solo per lettera. Ma penso che, nel tempo libero di cui usufruisce al di là delle Alpi, abbia già terminato il poema con cui scongiurare e mettere in fuga il timore delle morte, sciogliendo il torpido irrigidimento dell'anima, resa come dura da un antico gelo. Frattanto, nell'attesa che giungano questi aiuti che ancora non sono a nostra disposizione, non è forse cosa molto vergognosa perdere il nostro tempo e lasciare la nostra anima come sospesa e legata tutta quanta ad una volontà, di cui non siamo sicuri?
TERZA DISCUSSIONE
Sì, la verità è immortale, poiché, se venisse a scomparire, sarebbe vero che è scomparsa
15, 27. Non abbiamo forse pregato Dio, non lo preghiamo forse ancora che ci accordi non le ricchezze, i piaceri del corpo, i favori popolari, gli onori, ma ci orienti nella nostra ricerca sull'anima e su lui stesso? Ci abbandonerà forse? Sarà forse da noi, abbandonato?
Ragione - Egli è certo ben lontano dall'abbandonare coloro che hanno tali desideri; parimenti noi pure dobbiamo allontanare il pensiero di abbandonare una tale guida. Perciò, se non ti dispiace, richiamiamo brevemente come siamo riusciti a formare queste due proposizioni: da un lato che la verità sussiste sempre; dall'altro che la dialettica è la verità. Hai detto infatti che l'incertezza su questi principi avrebbe tolto ogni sicurezza all'insieme della nostra argomentazione. Oppure vuoi che cerchiamo piuttosto come la scienza possa esistere in un'anima ignorante, che tuttavia bisogna pur chiamare anima? Tu parevi inquieto a questo riguardo, al punto da sentirti obbligato a rimettere in dubbio quanto già avevi accordato.
Agostino - No; discutiamo innanzitutto quelle mie prime difficoltà; poi vedremo quale debba essere il seguito. Così, mi pare, sarà del tutto esaurita la discussione.
Ragione - Sia pure, ma sta ben attento e sii molto cauto; so infatti che cosa ti succede quando sei attento; completamente teso verso la conclusione, desideroso di vederla derivare in tutta fretta, tu non esamini con diligenza sufficiente l'oggetto dell'interrogazione e fai la tua ammissione.
Agostino - Probabilmente dici il vero: lotterò con tutte le mie forze contro questo difetto. Tu ora inizia dunque questa ricerca e non indugiamo in ragionamenti superflui.
28. Ragione - Per quanto mi ricordo, dalla constatazione che la verità non può perire abbiamo concluso che se tutto il mondo perisse e con esso la verità stessa, sarebbe vero che il mondo e la verità stessa sono periti; ora, nulla vi è di vero senza la verità; dunque in nessun caso la verità perisce.
Agostino - Riconosco la giustezza di questa affermazione e mi stupirei molto se risultasse falsa.
Ragione - Veniamo dunque al secondo principio.
Agostino - Lasciami riflettere un poco, per favore, per risparmiarmi l'umiliazione di tornare sui miei passi un'altra volta.
Ragione - Veniamo dunque all'ipotesi che la verità perisca. Se non è vera, non perisce; se invece è vera, come potrà esser ancora vera dopo il tramonto della verità, quando ormai non ci sarà più verità?
Agostino - Non ho più motivo di pensare e di considerare ulteriormente; passa pure ad altro; faremo il possibile, senza alcun dubbio, affinché le persone dotte e i prudenti leggano queste discussioni e ne correggano le imprudenze, se mai ce ne sono. Non vedo infatti, per quanto mi riguarda, che si possa trovare qualcosa da obiettare circa questo, né ora, né mai.
Il falso e il vero
29. Ragione - La verità, dunque, non è forse ciò che rende vero tutto quanto è vero?
Agostino - Sì, certamente.
Ragione - Forse che non si dice a buon diritto vero, se non ciò che non è falso?
Agostino - Dubitare su questo sarebbe pazzia.
Ragione - E il falso non è forse ciò che s'approssima alla somiglianza di una qualche altra cosa, senza essere quella cosa stessa, cui appare simile?
Agostino - Nulla conosco che più facilmente io possa chiamare falso. Tuttavia si è soliti chiamare falso anche ciò che è molto lontano dalla rassomiglianza con il vero.
Ragione - Chi può negarlo? Però ci deve pur essere una certa imitazione del vero.
Agostino - E come? Quando si dice che Medea ha volato nell'aria con un groviglio di serpenti alati, questa finzione non imita in nulla il vero, poiché non esiste; e non si può certo imitare una cosa che non esiste assolutamente.
Ragione - Ben detto; non ti accorgi però che una cosa assolutamente non esistente, non la si può neanche chiamare falsa. Se è falsa, esiste; se non esiste, non è falsa.
Agostino - Non potremmo dire dunque di questo preteso prodigio attribuito a Medea, che esso è falso?
Ragione - No, di certo: perché se è un fatto, come può essere falso; e se non è un fatto, come può essere un prodigio?
Agostino - Stupisco: così quando sento il verso: "dei grandi serpenti alati, uniti al giogo" non esprimo il falso?
Ragione - Esprimi il falso certamente: lì c'è infatti una cosa che puoi ben dire falsa.
Agostino - Quale, per favore?
Ragione - La proposizione stessa enunciata nel verso.
Agostino - Ed essa quale imitazione del vero mai contiene?
Ragione - La somiglianza è nella formulazione, come se Medea avesse veramente compiuto quel fatto. Dunque nell'enunciazione una proposizione falsa imita le proposizioni vere; se non è creduta, imita le proposizioni vere solo per l'espressione: è falsa soltanto, non ingannevole; se invece ottiene credito, imita parimenti le proposizioni credute vere.
Agostino - Ora capisco che c'è molta differenza tra le cose che diciamo e le cose di cui parliamo; per questo do il mio assenso; infatti una sola difficoltà mi tratteneva e cioè che tutto ciò che noi affermiamo falso, non può essere affermato, se non ha rassomiglianza con alcunché di vero. Non si avrebbe forse ragione di ridere se uno dicesse che una pietra è falso argento? Eppure se qualcuno dice che una pietra è argento, noi affermiamo che dice una cosa falsa, perché enuncia una proposizione falsa. Però non è assurdo, così mi sembra, chiamare lo stagno o il piombo falso argento, perché questi due metalli ne sono una imitazione. Ciò che è falso in questo caso non è la nostra proposizione, ma lo stesso oggetto su cui essa porta.
16, 30. Ragione - Hai compreso perfettamente; ma vedi un po' ora se possiamo convenientemente chiamare l'argento con il nome di falso piombo.
Agostino - Non mi va.
Ragione - Perché mai?
Agostino - Non lo so, ma istintivamente mi ripugna questa maniera di dire.
Ragione - Non è forse perché l'argento è più pregiato e con quella affermazione sarebbe quasi deprezzarlo, mentre quella stessa affermazione è come una rivalutazione per il piombo, se è chiamato falso argento?
Agostino - Hai spiegato perfettamente ciò che intendevo. Ecco senza dubbio perché la legge considera come infami e incapaci di testimoniare quegli uomini che si mostrano in abito muliebre. Non so se debbo chiamarli false donne o falsi uomini. In ogni caso possiamo chiamarli senza esitazione autentici istrioni e veri infami, oppure se restano nascosti, non potendo chiamare infame se non colui che è diffamato tra la pubblica opinione, credo che restiamo nel vero, se li chiamiamo autentici perversi.
Ragione - Altra occasione avremo di discutere questo argomento. Infatti sono compiute molte cose che sembrano turpi nell'aspetto a tutti accessibile, ma di cui tuttavia si può dimostrare che sono oneste, tenendo conto dell'intenzione lodevole che vi presiede. Si fa una gran questione per sapere se, al fine di liberare la patria, si può tentare d'ingannare il nemico rivestendo una tunica muliebre (non è forse questo il modo di mostrarsi tanto più uomini, proprio per aver finto di essere una donna?). Parimenti si fa gran discussione per sapere se il saggio, persuaso che la sua vita sia in qualche modo necessaria al bene dell'umanità, debba preferire di morire per il freddo, piuttosto che usare vesti da donna, in mancanza di altro. Ma di questo, come ho detto, discuteremo un'altra volta; tu infatti vedi certamente quante ricerche siano necessarie per far progredire il discorso e non cadere in storture non scusabili. Per quanto attiene alla questione di cui parliamo, penso che ormai sia chiara quanto basta e che non si possa più dubitare che nulla è falso, senza una qualche imitazione del vero.
Vi sono cose vere che per nessun rapporto possano essere false?
17, 31. Agostino - Passa ad altro argomento: di questo sono ormai perfettamente persuaso.
Ragione - Ecco dunque ciò che io cerco: all'infuori delle discipline che costituiscono la nostra cultura e tra le quali si deve annoverare anche lo studio della sapienza, è possibile trovare qualcosa che sia vero, senza essere, come un Achille del teatro, in parte falso, proprio per poter essere in parte vero?
Agostino - È possibile, mi pare, trovare molti riferimenti. Questa pietra è certo estranea alle discipline di cui abbiamo detto e tuttavia, per essere una pietra vera, non ha bisogno di somigliare a qualcosa, in rapporto alla quale la si debba dire falsa. Questo solo esempio addotto mi dispensa, come vedi, dal citarne altri innumerevoli, che s'affacciano spontaneamente al pensiero.
Ragione - Lo vedo decisamente. Ma non ti pare che questi esempi ricadano tutti sotto la categoria dei corpi?
Agostino - Riterrei così, se fossi sicuro che il vuoto non sia assolutamente nulla, o che l'anima stessa dovesse annoverarsi tra i corpi, o che anche Dio fosse un corpo. Ma se tutti questi esseri esistono, non vedo che siano falsi e veri in rapporto all'imitazione di una qualsiasi cosa.
Ragione - Ci porti lontano, ma cercherò di essere il più breve possibile. Quello che tu chiami vuoto è certamente ben diverso da ciò che tu chiami verità.
Agostino - È certo molto diverso; che cosa vi sarebbe di più vuoto di me, se ritenessi la verità come un qualcosa di vuoto e se questo qualcosa di vuoto lo perseguissi con questo ardore? Che cosa in effetti, se non la verità, desidero trovare?
Ragione - Probabilmente mi ammetti che nulla è vero senza che la verità lo faccia vero?
Agostino - Questo già prima ci è parso evidente.
Ragione - Dubiti forse che nulla sia vuoto fuorché il vuoto o che tutto certamente sia corpo?
Agostino - Non ne dubito affatto.
Ragione - Allora ne concludo che tu credi che la verità sia un corpo.
Agostino - No certamente, in nessun modo.
Ragione - Che cosa vi è in un corpo?
Agostino - Non lo so.
Ragione - Non fa nulla per la nostra questione; penso infatti che tu sappia che, se il vuoto esiste, è maggiore là dove non c'è corpo.
Agostino - Questo è evidente.
Ragione - Perché dunque indugiamo? Ti sembra forse che la verità abbia creato il vuoto o che possa esistere qualcosa di vero dove non c'è la verità?
Agostino - Non mi sembra.
Ragione - È vuoto dunque non è vero. Il vuoto infatti non può nascere da qualcosa che non sia vuoto; inoltre ciò che è vuoto di verità, non può evidentemente essere vero; per cui ciò che diciamo vuoto, lo diciamo proprio perché non è. Come dunque può essere vero ciò che non è? Come dunque può essere ciò che assolutamente non è?
Agostino - Procediamo: lasciamo il vuoto andarsene come cosa vuota. Degli altri esseri che mi dici?
L'eternità della verità postula l'eternità di Dio e l'immortalità dell'anima
18, 32. Ragione - Che cosa mai se non quanto, tu lo vedi, mi è molto favorevole? Restano infatti due sole questioni, l'anima e Dio. Se questi due esseri sono veri perché in essi c'è la verità, nessuno può dubitare dell'immortalità di Dio. E l'anima deve essere creduta ugualmente immortale, se la verità, che non può perire, sussiste in essa con tutta evidenza. Esaminiamo dunque quest'ultima questione: il corpo non è veramente vero, cioè la verità non è in esso, ma solo vi è come una somiglianza di verità. Infatti se anche nel corpo, che certamente va incontro alla morte, troviamo altrettanto vero quanto troviamo nelle scienze, allora la dialettica non sarà più quella verità che rende vere tutte le discipline, poiché non pare proprio che abbia formato questo corpo, che pure è vero. Se invece il corpo è vero solo per la somiglianza con qualcosa, e proprio per questo non è vero in assoluto, senza dubbio non c'è più alcun ostacolo ad ammettere, che la dialettica sia proposta come la verità medesima.
Agostino - Intanto discutiamo sulla realtà del corpo. Vedo bene che, anche dopo aver assodato questo punto, la controversia non sarà ancora terminata.
Ragione - Come puoi conoscere la volontà di Dio? Pertanto seguimi bene: ritengo che il corpo sia delimitato da una forma, da una figura; se non l'avesse, non sarebbe un corpo; se avesse quella vera, allora sarebbe un'anima. Pensi forse diversamente?
Agostino - Consento in parte e in parte nutro dubbi. Ammetto che se non è contenuto in una figura il corpo non può esistere. Ma che, se avesse una figura vera, allora sarebbe un'anima, questo non lo capisco.
Ragione - Non ricordi dunque nulla dell'inizio del primo libro e delle tue nozioni di geometria ?
Agostino - Hai fatto bene a ricordarmelo; l'ho presente; vi ritorno su con molto piacere.
Ragione - Trovi forse nei corpi delle figure come quelle descritte in questa disciplina?
Agostino - No di certo; anzi è incredibile fino a che punto esse si mostrino meno perfette!
Ragione - Di queste, quali ritieni come vere?
Agostino - Non pensare, ti prego, di dovermi interrogare anche su questo. Chi sarebbe tanto cieco di mente da non vedere che le forme insegnate nella geometria o sussistono nella verità o la verità sussiste in esse, mentre le figure corporee, proprio perché sembrano tendere verso quelle, possiedono solo una certa quale mutazione della verità e perciò, sotto questo aspetto, sono false? Ormai intendo tutto quello che ti sforzavi di dimostrarmi.
L'immortalità dell'anima è garantita anche dal fatto che essa contiene le forme geometriche, assolutamente vere
19, 33. Ragione - Allora che bisogno abbiamo ancora di parlare di questa disciplina dialettica? Infatti sia che le figure geometriche sussistano nella verità, sia che la verità sussista in esse, nessuno può dubitare che la nostra anima, cioè la nostra intelligenza, non le contenga e che di conseguenza la nostra anima non rinchiuda sicuramente in se stessa la verità. Se poi ogni disciplina è nella nostra anima come in un soggetto da cui è inseparabile e se d'altra parte la verità non può perire, come conservare sull'eterna vita dell'anima quel dubbio che ci suggerisce una non so quale familiarità con la morte? La linea, la quadratura, la circonferenza devono forse imitare qualche altra cosa per essere vere?
Agostino - Non lo posso certo supporre, perché allora bisognerebbe credere che la linea sia altra cosa che una lunghezza senza larghezza e che la circonferenza sia altro che una linea curva i cui punti sono ugualmente lontani dal centro.
Ragione - Perché allora indugiamo ancora? Là dove ci sono simili figure, non c'è anche la verità?
Agostino - Dio ci preservi dall'essere così stolti da contestarlo!
Ragione - E forse che la disciplina non esiste nell'anima?
Agostino - Chi mai oserebbe negarlo?
Ragione - E potrebbe ciò che è nel soggetto continuare a sussistere, se il soggetto venisse a mancare?
Agostino - Chi mai potrebbe persuadermi di questo?
Ragione - Resta allora da supporre che la verità possa perire.
Agostino - E come sarebbe concepibile?
Ragione - Dunque l'anima è immortale. Abbi fiducia ormai nelle tue argomentazioni, credi ormai alla verità: essa grida forte che abita in te, che è immortale, che nessuna morte del corpo le può sottrarre la sua dimora. Abbandona dunque la tua ombra, ritorna in te; impossibile è la tua morte, a meno che tu non dimentichi di non poter morire.
Agostino - Raccolgo l'invito, rientro in me stesso, comincio a riconoscermi. Ma, ti prego, sciogli le mie ultime difficoltà. Come in un'anima non istruita, che non possiamo certo dire mortale, si può concepire che abitino la scienza e la verità.
Ragione - Questa questione richiederebbe un altro volume, a volerla trattare con diligenza. È meglio per te riepilogare i punti, che finora abbiamo esposto nei limiti del possibile; se non resterà più alcun dubbio sui principi ammessi, credo che avremo fatto molto; solo se sicuri infatti, possiamo prolungare le nostre ricerche.
La differenza fra l'idea e l'immagine
20, 34. Agostino - È proprio come dici e volentieri seguo le tue indicazioni. Però, prima di porre fine a quest'opera, ti chiedo di spiegarmi brevemente la differenza tra una figura vera, tale quale è contenuta nell'intelligenza e una figura creata dall'immaginazione, che i Greci chiamano fantasia o fantasma.
Ragione - Ciò che tu cerchi, per vederlo occorre una grande purezza e tu non sei ancora ben preparato a tale visione. I lunghi percorsi che abbiamo effettuato non hanno avuto altro fine, se non quello di esercitare il tuo spirito e renderlo capace di sopportarla. Tuttavia la differenza di cui parli, e che è capitale, può, a mio avviso, esserti resa accessibile con qualche parola semplicissima.
Il problema della reminiscenza dei ricordi
Supponi che tu abbia dimenticato qualche cosa e voglia che altri te la ricordi. Ti dicono: è questo? è quello? presentando cose differenti come analoghe; tu non riconosci ciò che desideri ricordare; però vedi almeno che non è quello che ti si suggerisce. Quando ti succede questo fatto, ti sembra che si possa dire che vi sia dimenticanza completa? Questo discernimento, che fa rifiutare come false le loro indicazioni, non è forse come una specie di ricordo?
Agostino - Mi pare di sì.
Ragione - Così si può non vedere ancora la verità, e tuttavia si può non essere ingannati ed illusi e sapere abbastanza bene ciò che si cerca. Ma se qualcuno ti dicesse che hai riso pochi giorni dopo la nascita, non oseresti certo affermare che ciò è falso; se il testimone è degno di fede, anche senza ricordare personalmente, gli presti fede, poiché tutto quel periodo è sepolto per te in un oblio profondo. Non pensi forse così?
Agostino - Assento pienamente.
Ragione - Questa seconda forma di dimenticanza è molto differente dalla prima ed è intermedia, poiché c'è ancora un'altra specie di dimenticanza più prossima e affine al ricordo e al riconoscimento della verità. Eccone un esempio: vediamo una cosa e ricordiamo con certezza che già l'abbiamo vista un'altra volta; affermiamo di conoscerla; ma ci affanniamo a richiamare e a rievocare dove, quando, come, presso chi ne abbiamo avuto notizia. Se si tratta di una persona, rimuginiamo dove l'abbiamo incontrata; non appena quella persona ce lo ricorda, improvvisamente, tutto il passato si ricostituisce nella memoria come si accende una luce, senza fatica da parte nostra. Questa forma di dimenticanza ti è sconosciuta od oscura?
Agostino - Nulla di più evidente e nulla di più frequente.
Questo fenomeno spiega la maniera in cui la scienza si forma nella nostra intelligenza
35. Ragione - Così sono coloro che sono stati ben istruiti nelle discipline liberali; queste conoscenze, senza dubbio sepolte nel più profondo di loro stessi, le scoprono con lo studio; per così dire, le dissotterrano. Ed ancora non sono contenti; non si fermano finché non riescono a contemplare in tutta ampiezza e pienamente quella verità, il cui splendore lascia filtrare in queste arti alcuni suoi raggi. Ma da queste stesse discipline si distaccano come dei colori e delle forme ingannevoli che si spandono, per dire così, sullo specchio del pensiero, illudendo spesso coloro che cercano e ingannando coloro che credono che quello sia tutto ciò che conoscono o tutto ciò che cercano. Sono illusioni da evitare con grande precauzione e la cui falsità si scopre perché sono mutevoli come lo specchio del pensiero, mentre l'aspetto della verità rimane unico ed immutabile. Così l'immaginazione si rappresenta un quadrato di questa o di quell'altra grandezza e, per così dire, se lo mette davanti agli occhi. Ma lo spirito interiore, che vuol vedere il vero, deve rivolgersi piuttosto, se gli è possibile, verso quel principio, partendo dal quale può giudicare che tutte quelle figure sono proprio dei quadrati.
Agostino - Sì, certo; ma se ci si obiettasse che la mente non giudica se non rappresentandosi i vari dati sensibili?
Ragione - Come allora la mente, se è istruita, giudica che ogni vera sfera, di qualunque dimensione, è tangente ad un piano ideale in un sol punto? L'occhio non ha mai visto, né può vedere una tale proprietà, che non può essere rappresentata dall'immaginazione. Non proviamo la stessa cosa quando con l'immaginazione descriviamo un cerchio, anche piccolissimo e ne tracciamo i raggi al centro? Se ne tracciamo due, tra cui si potrebbe appena infiggere la punta di un ago, non possiamo anche, con la forza dell'immaginazione, tracciare in mezzo ad essi altri raggi che giungano al centro senza confondersi. Eppure la ragione afferma chiaramente che se ne possono tracciare all'infinito e che in questo spazio incredibilmente piccolo essi non si incontrano se non al centro, a tal punto che si potrebbe ancora inscrivere un cerchio nello spazio che c'è tra loro. L'immaginazione non può rappresentarsi nulla di simile e la sua deficienza è ancora più rilevante di quella degli occhi, perché è per mezzo di questi che la rappresentazione s'impone allo spirito. È dunque evidente che l'immaginazione è molto differente dalla verità e che l'una scompare quando l'altra si manifesta.
Programma futuro
36. Queste nozioni saranno esposte con maggiore cura e precisione, quando abborderemo la trattazione sull'intelligenza. Ci proponiamo di farlo non appena avremo esposto o discusso, per quanto ci è possibile, tutti i problemi che ci preoccupano sulla vita dell'anima. Poiché tu temi molto, a quanto vedo, che la morte dell'uomo, qualora anche non sopprima l'anima, inferisca l'oblio di tutto e della stessa verità, che si è venuta apprendendo.
Agostino - Non è possibile esprimere quanto debba temersi questa disgrazia; quale sarebbe infatti quella vita eterna, quale morte non dovrebbe esserle preferibile, se l'anima dovesse vivere come la vediamo vivere in un bambino appena nato (per non parlare della vita uterina, che non credo inesistente)?
Ragione - Sta di buon animo. Come fin d'ora già sentiamo, Dio verrà in nostro soccorso, se lo preghiamo. Egli ci promette, senza inganno, dopo questa vita corporale, una vita felice con la pienezza della verità.
Agostino - Possa avverarsi la nostra speranza.