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CICLI AGOSTINIANI: Dublino

La morte di Monica ad Ostia

La morte di Monica ad Ostia

 

 

HARRY CLARKE

1925-1930

Dublino, chiesa di sant'Agostino

 

La morte di Monica ad Ostia

 

 

 

 

La scena è tra le più complesse e soprattutto fra le più affollate di personaggi. Monica, avvolta in una runica o lenzuolo bianco, giace immobile sul letto con la testa nimbata. Attorno a lei si scoprono personaggi in piedi e in ginocchio: a destra un prete recita delle preghiere leggendole da un libro. Dietro di lui un altro fedele sembra benedire la morte. In ginocchio, ai piedi del letto, se ne stanno invece i familiari: in primo piano si intravede Agostino che porta il nimbo dei santi e il consueto abito scuro dei monaci agostiniani. Dall'altro capo del letto un'altra persone osserva in raccoglimento: forse è Navigio, il fratello di Agostino. Al capo del letto un bambino prega con le mani giunte: è Adeodato, il figlio di Agostino e nipote di Monica.

 

Volle poi tornare in Africa per rivederla con sua madre, ma essa morì piamente mentre egli era ad Ostia.

JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea

 

Tu che fai abitare in una casa i cuori unanimi, associasti alla nostra comitiva anche Evodio, un nostro giovane concittadino. Era impiegato nell'amministrazione imperiale, e si era convertito a te prima di noi, aveva ricevuto il battesimo e lasciato il servizio nel mondo per dedicarsi al tuo. Vivevamo insieme e avremmo abitato insieme anche in futuro, questo era il nostro solenne impegno. Eravamo in cerca di un luogo in cui potessimo renderci più utili vivendo al tuo servizio: insieme facevamo ritorno in Africa. Giunti vicino a Ostia, sul Tevere, mia madre morì.

AGOSTINO, Confessioni 9, 8, 17

 

Monica morì pochi giorni dopo questo colloquio con il figlio, che così ci racconta gli ultimi istanti della vita della madre. Era l'autunno del 387: "... Entro cinque giorni o non molto più, si mise a letto febbricitante e nel corso della malattia un giorno cadde in deliquio e perdette la conoscenza per qualche tempo. Noi accorremmo, ma in breve riprese i sensi, ci guardò, mio fratello e me, che le stavamo accanto in piedi, e ci domandò, quasi cercando qualcosa: "Dov'ero?"; poi, vedendo il nostro afflitto stupore: "Seppellirete qui, soggiunse, vostra madre".

Io rimasi muto, frenando le lacrime; mio fratello invece pronunziò qualche parola, esprimendo l'augurio che la morte non la cogliesse in terra straniera, ma in patria, che sarebbe stata migliore fortuna. All'udirlo, col volto divenuto ansioso gli lanciò un'occhiata severa per quei suoi pensieri, poi, fissando lo sguardo su di me, esclamò: "Vedi cosa dice", e subito dopo, rivolgendosi a entrambi: "Seppellite questo corpo dove che sia, senza darvene pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all'altare del Signore"

AGOSTINO, Confessioni 9, 11, 27

 

 

Harry Clarke

Nasce a Dublino nel 1889. Sua madre, Brigid MacGonigle, ne incoraggiò la sensibilità artistica, mentre suo padre, Joshua Clarke, gestiva un'attività legata alla produzione del vetro macchiato. Alla morte del padre nel 1921, Clarke subentrò nella direzione dello studio di lavorazione del vetro macchiato e cominciò a realizzare vetri molto curati. W.B. Yeats nel 1924 affermò che "ora il migliore vetro che si conosca al mondo è prodotto da Harry Clarke".

Clarke affrontò anche nel disegno tessile, ma, oltre che per i vetri macchiati, è universalmente noto per le sue eccezionali illustrazioni. Prima della sua morte nel 1931, Clarke realizzò una serie bellissima di illustrazioni, di cui le più preziose e d'effetto sono quelle in bianco e nero.