Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Novecento > Bessac

CICLI AGOSTINIANI in AFRICA: IPPONA

L'estasi di Ostia con Agostino e Monica

L'estasi di Ostia con Agostino e Monica

 

 

ANTOINE BESSAC

1924

Basilica di sant'Agostino a Ippona

 

L'estasi di Ostia con Monica ed Agostino

 

 

 

Nel 387 mentre soggiornava a Ostia in attesa di potersi imbarcare per l'Africa Agostino ricorda un fatto che lo vide protagonista con Monica: "Accadde allora per una tua misteriosa intenzione, credo, che ci trovassimo soli io e lei, affacciati a una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là nei pressi di Ostia Tiberina, dove c'eravamo appartati lontano da ogni trambusto, per riposarci della fatica di un lungo viaggio e prepararci alla navigazione. Conversavamo dunque assai dolcemente noi due soli, e dimentichi del passato, protesi verso quello che ci era davanti ragionavamo fra noi, alla presenza della verità - vale a dire alla tua presenza.

Passa l'estate e gran parte dell'autunno, senza prendere una decisione. Un giorno verso la fine di ottobre Agostino e Monica sono soli, affacciati alla finestra prospiciente il giardino. Il silenzio, l'intimità, la luce dell'anima, le dolcezze celesti, le armonie del creato li avvolgono come in una atmosfera celeste. Ma ascoltiamo come Agostino ci descrive in modo mirabile quegli istanti: "Conversavamo, soli, con grande dolcezza. Dimentichi delle cose passate e protesi verso quelle che stanno innanzi, cercavamo fra noi, alla presenza della Verità che sei tu, o Dio, quale sarebbe stata la vita eterna e ci santi, che occhio non vide, orecchio non udì, ne sorse in cuore di uomo.

Aprivamo avidamente la bocca del cuore al getto supremo della tua fonte, la fonte della vita, che è presso di te, per essere irrorati in qualche modo ... Percorremmo su tutte le cose corporee, ascendemmo in noi stessi e superammo anche le nostre anime per attingere la plaga inesauribile dove la vita è la Sapienza ... E mentre ne parlavamo e anelavamo verso di lei, la cogliemmo un poco con lo slancio totale della mente e sospirando vi lasciammo avvinte le primizie dello spirito" (Conf. 9, 10, 23-24).

L'estasi è un istante, ma è come tuffarsi nella luce di Dio; il sospiro dell'anima però non cessa, perché l'anima, imbevuta di Dio, vuol fermare lassù il volo, come librata sulle ali dell'amore. Qualche giorno dopo questa estasi, Monica si ammala ed ha un ultimo colloquio col figlio: è il testamento spirituale di Monica: "Figlio mio, ogni cosa umana per me non ha più nessuna attrattiva, le mie speranze sulla terra sono tutte esaurite. Una cosa sola c'era che mi faceva desiderare di rimanere quaggiù: il vederti cristiano cattolico prima di morire. Il mio Dio mi ha soddisfatto ampiamente, poiché ti vedo addirittura disprezzare la felicità terrena per servire Lui " (Conf. 9, 11, 26).

Purtroppo Monica non riesce a riaversi; ormai è vicina la fine. Ella stessa ritiene che quel letto sia la sua ultima sponda, più vicina all'eternità. Si rivolge agli astanti così: "Seppellirete vostra madre qui, senza darvene pena. Di una cosa sola vi prego. Ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all'altare del Signore" (Conf. 9, 11, 27).

La malattia si aggrava e la mamma adorata di Agostino giunge alla fine: è maggio del 387. Dopo la morte di Monica, Agostino si ferma a Roma circa un anno. L'esperienza romana ha così un'appendice ascetica e culturale insieme, perché Agostino entra in contatto con la vita dei monasteri maschili e femminili e continua la stesura di due opere: La Grandezza dell'Anima e Il libero Arbitrio. Nella primavera avanzata dell'anno seguente salpa con i suoi amici per tornare in Africa.