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CICLo AGOSTINIANo dEL MAESTRO DI BRUGES

La Pala del Maestro di Bruges: Agostino sogna san Gerolamo alla National Gallery di Dublino

La Pala del Maestro di Bruges: Agostino sogna

san Gerolamo (National Gallery di Dublino)

 

 

MAESTRO DI BRUGES

1490 ca.

Metropolitan Museum di New York e National Gallery di Dublino

 

Agostino sogna san Gerolamo che gli rivela la gloria celeste

 

 

 

Per l'anta destra il pittore usa la stessa soluzione che per il corpo centrale: una piccola scena superiore cui soggiace un episodio ben più ampio. Qui la parte superiore è dedicata al sogno di Girolamo. A destra è stata raffigurata l'immagine sorridente di un convento illuminato dal sole, con gli edifici ben disposti e una fila di canonici che passeggiano nel giardino.

Altri due sono seduti su una panca. A sinistra invece Agostino è allo scrittoio nel suo studio, quando gli appare san Gerolamo con il cappello da cardinale in una mandorla di luce. Agostino pota la mano sinistra agli occhi come se non riuscisse a sopportare il chiarore. L'episodio è comune a molti cicli, ad esempio san Gimignano, ed anche a pittori fra il XV e il XVII secolo.

L'episodio viene citato dallo Pseudo-Agostino, Ep. ad Cyrillum 33

 

La leggenda viene riferita da Petrus Calo Clugiensis (il frate predicatore domenicano Petrus Calo de Clugia ossia da Chioggia) nel 1348 (Acta Sanctorum, settembre, VII, 423) e ripresa da Ludovicus de Angelis nel suo Libri VI de vita et laudibus S. Patris Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et Ecclesiae doctoris eximii, pubblicato a Conimbricae nel 1612.

Questo episodio si riferisce al contenuto di una lettera apocrifa in cui Agostino assicura di avere visto in sogno Gerolamo e san Giovanni Battista. Quest'ultimo gli spiega che la sua terza corona è quella del martirio:

"Cogitas Augustine quid laudis debeas de Hieronymo in veritate proferre ... Sertum vero tertium, quod plus illo fero, aureola martyrii est ... Serta vero duo alia, quae habemus, aureolae sunt quae solum virginibus et doctoribus dantur, ut ab aliis discernantur." Il testo prosegue cercando di introdurre il senso della beatitudine celeste e riporta ancora: "Avide cogitans, qualis inesset animabus beatorum, qui cum Christo gaudent, gloriae et laetitiam quantitatis ... ut brevem scriberem epistolam sanctissimo Hieronymo destinandam, ut quidquid ex hoc sentiret, responderet ... cumque iam scribens salutatio-nis exordium Hieronymo praenotarem, ineffabile subito lumen nostris invisum temporibus nostrisque minime linguis declarandum cum ineffabili inauditaque odorum omnium fragrantia, cellulam, in qua stabam, intravit, hora iam completorii. Quo a me viso, stupore admirationeque commotus, animi et membrorum virtutes repente amisi. Nesciebam enim tunc quod dextera mirabilis Dei exaltasset servum suum, notas faciens in populis vitutes suas; nesciebam etenim quod Deus antiquae miserationis servuum suum fidelem a carnis immunditiis dissolvisset et tam sublimen ei in caelo sedem parasset ... Inter haec autem meis in me perstrepentibus cogitationibus quid hoc esset, de luce haec dicens verba vox emicuit: Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?"

PSEUDO AGOSTINO, Epistola ad Cyrillum Ierosolymitanum episcopum 33, 1126