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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > BiennoCICLo AGOSTINIANo del Fiammenghino a Bienno
La cappella Bontempi con il ciclo di affreschi del Fiammenghino
GIOVAN MAURO DELLA ROVERE detto il Fiammenghino
1620-1622
Cappella Bontempi nella chiesa parrocchiale di Bienno
Episodi della vita di sant'Agostino
Bienno è un bel paesino dell'alta Val Camonica, arroccato su un'altura e con un impianto urbanistico d'epoca medioevale. Nella medioevale chiesa di S. Maria si conserva un pregevole ciclo di affreschi attribuito a Pietro da Cemmo. Nella seicentesca chiesa parrocchiale si conservano invece affreschi del Fiammenghino, fra cui, nella seconda cappella di destra, sotto il patronato della famiglia Bontempi, un ciclo di sant'Agostino.
L'impostazione ornamentale ricalca altri lavori nella stessa chiesa e a Lenno, realizzati fra il 1620 e il 1622. Sulla parete di fondo la pala con Madonna e Gesù Bambino che appare a S. Agostino e ai santi Antonio, Carlo e Francesco (firmata 1622), è affiancata dagli affreschi di Monica a destra e Agostino a sinistra. Sulle parete laterali si dispiegano gli affreschi con episodi della Vita di Agostino entro riquadri e volute alternati a specchiature minori con raffigurazioni allegoriche monocrome.
La chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Faustino e Giovita, è stata riedificata nei primissimi anni del 1600 nel rispetto delle norme urbanistiche imposte da san Carlo. L'edificio presenta una unica navata con sei altari laterali; imponente ciclo pittorico per la maggior parte di Giovanni Mauro della Rovere (detto il Fiamminghino); alcune bellissime cancellate in ferro battuto del 1647; un organo seicentesco di origini antegnatiane e rimaneggiato dal Serassi. Ogni altare laterale è una vera e propria cappella autonoma con proprio ciclo pittorico. La volta a tutto sesto è affrescata a medaglioni a trompe l'oeil, mentre nell'abside alle spalle dell'altare maggiore si trova una pregevole pala settecentesca del pittore veneziano Giovan Battista Pittoni, che rappresenta il martirio dei due Santi cui è dedicata la chiesa. Il campanile è quello della costruzione preesistente, infatti è ruotato di una decina di gradi rispetto all'edificio attuale. Bellissimo il sagrato pensile ed impressionante il piccolo oratorio con affreschi settecenteschi rappresentanti l'Apocalisse.
I Fiammenghini, Giovanni Battista e Giovanni Mauro Della Rovere
Due insigni pittori che hanno lasciato traccia della loro presenza artistica nel milanese, sono i fratelli Fiammenghini. Come ci indica Giacinto Coldani nel suo manoscritto al capitolo VIII e capitolo IX, relativo alla "... descrizione delle Cappelle, Battisterio, Sepolcri, e altre cose che si trovano nella nave laterale a mano destra (della chiesa di Melegnano) ... e successivamente quella sinistra ...." troviamo elencati i dipinti in essa contenuti, fra i quali, appunto i telèri riguardanti l'opera dei fratelli Fiamminghini.
Una di queste opere giunta sino ai giorni nostri è "Pio IV che pone in testa al nipote Carlo Borromeo il cappello cardinalizio" una mise en scène composta da diversi elementi che ricordano i più importanti fatti del tempo: Pio IV che nomina cardinale il nipote Carlo Borromeo, espresso con il gesto del Santo Padre volto a posare sul capo del cardinale appunto il galéro, avvenimento che sappiamo datato 31 gennaio 1560; il Concilio di Trento chiusosi il 3 dicembre 1563, ivi rappresentato dalla presenza di alcuni cardinali fra cui uno in particolare che detiene con sé un grosso volume di raccolta dei decreti del Concilio Ecumenico di Trento; ed infine la concessione dell'indulgenza plenaria alla chiesa di Melegnano con la Bolla del Perdono del 18 gennaio 1563. Il telèro è attribuito dal sacerdote melegnanese don Giacinto Coldani, morto ivi nel 1752, a Giovanni Battista della Rovere (1561-1630) figlio di Riccardo, originario di Anversa, fratello di Giovanni Mauro e di Marco, noti anch'essi come i Fiammenghini , l'origine anversese del padre spiega il soprannome che specificamente viene attribuito a Giovanni Battista e al fratello minore Giovan Mauro.
I due si trovarono spesso a lavorare insieme, e anzi le più prestigiose committenze vennero da loro affrontate congiuntamente: ciò ha provocato qualche confusione, risolta di solito con la precisazione di "Giovan Battista Fiamminghino" per uno e con il semplice "Fiamminghino" (o Fiammenghino) per Giovan Mauro. Peraltro, la notevole differenza d'età giustifica le distinzioni che si possono fare tra le loro mani, specie quando si considera il cospicuo corpus grafico di entrambi. Giovan Battista appare ai suoi esordi , legato ai motivi centroitaliani portati dall'attività lombarda di Federico Zuccari e Cesare Nebbia; inoltre, la provenienza stessa della sua famiglia chiarisce il rapporto con la pittura anversese della seconda metà del Cinquecento, che ebbe in Italia a Genova un preciso punto di riferimento. Le prime opere firmate e datate risalgono all'inizio degli anni Ottanta, quando Giovan Battista comincia gli affreschi della cappella di San Francesco in Sant'Angelo a Milano, completati poi nel 1595 con la collaborazione di Giovan Mauro, e sempre a Milano, dipinse la "Presentazione al Tempio" in Santa Maria della Passione (1582).
Nel 1586 viene chiamato ad un'impresa prestigiosa, il completamento degli affreschi sulla vita di San Giovanni Battista nel transetto sinistro del Duomo di Monza lasciati incompiutii da Giuseppe Meda. Dopo il 1590 inizia l'attività dei Fiamminghini per i Sacri Monti: a Crea dipingono la cappella dell'Annunciazione, a Varalla le cappelle della Strage degli Innocenti e dell'Entrata in Gerusalemme, a Orta diverse cappelle, a iniziare da quella con la Rinuncia ai beni terreni. Nel 1593 con gli affreschi nella chiesa di Sabbioncello, Giovan Battista inizia la lunga serie degli interventi suoi e del fratello nel comasco, mentre nel 1596 prende avvio il complesso ciclo di affreschi nella chiesa di Cassano d'Adda.
Chiesa parrocchiale di Bienno dei santi Faustino e Giovita
Nel 1602 risale la commissione più importante per Giovan Battista, i quattro "quadroni" con episodi della vita di San Carlo voluti dal cardinale Federico Borromeo nell'ambito del complesso programma iconografico preludio per la beatificazione di San Carlo. Fra queste tele si distingue per forza suggestiva la "Visita di San Carlo al Sacro Monte di Varallo" oltre alla "Processione del Sacro Chiodo". Nel 1610 Giovan Battista è a Cantù per decorare la cappella di Santa Caterina in San Paolo; quattro anni dopo , nel 1614 affronta insieme al fratello il ciclo più famoso, gli affreschi sui pilastri e sulla controfacciata dell'Abbazia di Chiaravalle. Brizio e Rosci datano al 1618 le tre tele in San Giovanni Battista a Melegnano dei "Fiamminghini", la tela in particolare di Papa Pio IV che crea cardinale Carlo Borromeo fu commissionata dalla "Comunità di Melegnano" unitamente ad altre sulle quali appare evidente lo stemma municipale.
Il telèro fu finito e consegnato come sappiamo al prevosto di Melegnano Massimo Pusterla (1607-1638) il quale lo mostrò in occasione della visita pastorale dell'Arcivescovo Federico Borromeo effettuata nella parrocchia melegnanese nel gennaio 1621. Fu lo stesso Pusterla che sospinto dal Borromeo iniziò successivamente i lavori per il cambiamento stilistico della chiesa di San Giovanni con gli ornati di gusto barocco giunti sino ai nostri giorni. Dopo la parentesi melegnanese Giovan Battista collabora col fratello ad altre esecuzioni di affreschi fra cui quelli delle cappelle di San Carlo e del Crocefisso nella parrocchiale di Peglio. La data di morte di Giovan Battista della Rovere si colloca tra il 1627 e il 1630.
Brizio e Rosci sono due coautori di una pubblicazione concernente "I quadroni di San Carlo" edita nel 1965, dal quale abbiamo allargato la nostra conoscenza dei Fiammenghini circa la parte relativa alle serie cicliche Carliane; mentre Ward Neilson nella sua "Notes on the frescoes at S. Dionigi at Cassano d'Adda" pubblicata nel 1968 ci ha proposto il percorso artistico dei "Fiammenghini". La commissione dei tre quadri per la Colleggiata di San Giovanni Battista in Melegnano quindi è datata nell'anno di grazia 1618: essi rappresentano tre importanti temi tra i quali il già citato "Pio IV che nomina cardinale il nipote Carlo Borromeo" facente parte della serie ciclica Carliana, pennellato con la mano di Giovanni Battista Della Rovere, mentre il dipinto raffigurante "S. Veronica che asciuga l'adorabile volto di Cristo cadente sotto il peso della Croce" è attribuito da don Giacinto Coldani all'eccellente mano di Giovanni Mauro Della Rovere detto "Il Fiamminghino".
Giovan Mauro Della Rovere detto anche tout court "Il Fiamminghino" o "Fiammenghino" era il più giovane e ancor più vivacemente attivo del fratello Gio(vanni) Battista. Formatosi accanto a Giovanni Battista nell'ambiente manieristico milanese del Lomazzo e del Figino e voltosi in seguito come lui verso i Procaccini, il Cerano e Pier Francesco Mazzucchelli detto "il Morazzone" di Varese se ne distingue per modi più larghi ed esuberanti ispirati a Gaudenzio Ferrari. Dotato di una vena narrativa facile e popolare, che ben rispondeva alle esigenze celebrative della Controriforma, sostenute in Lombardia dal cardinale Federico Borromeo, ebbe larghissima parte nelle numerosissime imprese decorative della regione, volte a celebrare la vita dei santi e i nuovi dogmi tridentini. I due fratelli Della Rovere si trovano comunque spesso a lavorare insieme, specie per imprese di ampio respiro: l'attività dei Fiammenghini è anzi uno dei pilastri del programma di divulgazione iconografica perseguito nel primo Seicento in Lombardia, da Milano alle più remote valli; I frequenti rapporti di collaborazione coi fratelli, in particolare con Giovanni Battista, non rendono sempre agevole distinguere quanto gli spetta nelle opere che sono tradizionalmente e genericamente ascritte ai Fiammenghini.
Si è riusciti a individuare le cinque tempere eseguite dai due fratelli per il ciclo carliano del Duomo di Milano (1602-1604), è più arduo indicare con certezza le parti eseguite da Giovanni Mauro; che si è creduto tuttavia di poter indicare nella Predica di San Carlo, nella Visita agli infermi e nel gruppo dei cavalieri di sinistra del San Carlo che visita la diocesi. Collaborò in seguito col fratello agli affreschi con storie della Passione in Santa Maria presso San Celso (1605-1606), a quelli con Storie di San Francesco del Sacro Monte d'Orta (1608-1616) con Martiri Cistercensi dell'Abbazia di Chiaravalle (1615), con Storie della Vergine dell'Oratorio di San Dionigi a Cassano d'Adda. In tali dipinti può essere individuata la parte spettante a Giovanni Mauro considerando le opere eseguite in proprio a Gravedona (Chiesa dei Santi Gusmeo e Matteo: Gloria, presbiterio, firmata e datata 1608), Stazzona (Chiesa di San Giuliano: affreschi con Storie della Vergine nella cappella del Rosario, datati 1619), Montemezzo (Chiesa di San Martino: Storie della Vergine nella cappella del Rosario, datate 1619), Como (Chiesa di San Donnino: Storie della Vergine nella Cappella dell'Addolorata, firmate e datate 1620), Peglio (Chiesa dei Santi Eusebio e Vittore: affreschi del coro datati 1614, della Cappella del Crocefisso datati 1615, di San Carlo firmati e datati 1623), Brenzio (Chiesa del Battista: affreschi con Storie di Cristo e del Battista firmati e datati 1628, affreschi con Storie della Vergine nella cappella della Madonna datati 1629), Groppello d'Adda (Oratorio di Sant'Antonio: Storie del Santo firmate e datate 1638).
E ancora ad Argesio, Biennio, Dongo, Garzeno, Préstine, Sorico e la serie di tele con Storie di San Gaudenzio per la chiesa omonima di Novara. La lunga lista di produzioni pittoriche del Fiammenghino è destinata quindi, oltre agli interventi nel territorio milanese, a due distinte zone geografiche relative al bacino del Lario e la Valcamonica come si evince dalla corposa presenza già citata. Alla parentesi della Valcamonica, testimonianza della feracità del Fiamminghino come creatore di immagini di piacevole leggibilità, segue probabilmente il raffinato affresco con la Gloria di San Bruno nell'oratorio della Certosa di Pavia. L'ultima opera conosciuta sono gli affreschi dell'oratorio di Groppello d'Adda, eseguiti due anni prima della morte avvenuta nel 1640.