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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > Schelte da BolswertCICLo AGOSTINIANo di Schelte
La scena del tolle lege a Milano
SCHELTE DA BOLSWERT
1624
Incisioni apparse a Parigi
La scena del tolle lege a Milano
La scena ci presenta un Agostino seduto sotto un albero, solo, con la mano destra rivolta al cielo, vestito con abiti seicenteschi. L'episodio si svolge in un ampio giardino con una grande ricchezza architettonica di fontane, fiori, alberi e persino edifici e ville di pregio. A destra due persone si parlano fra di loro interrogandosi sul significato di un testo che leggono da un libro. Si tratta dello stesso Agostino che si sta confrontando probabilmente con Alipio.
Agostino, come racconta nelle Confessioni, era stato a casa di un amico Ponticiano, e questi gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di sant'Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di S. Paolo. Ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato poichè peccati della sua gioventù - trascorsa in sensualità e empietà - pesavano sulla sua anima. Steso sotto un fico, gemendo e gridando con molte lacrime, udì, da una casa vicina, una voce giovane che diceva e ripeteva, "Tolle, lege, tolle, lege!" ("Prendi, leggi, prendi, leggi"). Capendo questa voce come un'ammonizione divina, ritornò a dove aveva lasciato il suo amico Alipio, per procurare il rotolo delle epistole di Paolo, che poco tempo prima aveva lasciato. "Afferrai il rotolo", disse descrivendo l'evento, "lo aprii e lessi in silenzio il capitolo che mi capitò". Fu il tredicesimo capitolo di Romani: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).
Tutto fu deciso da una parola. "Non volli leggere più", disse, "e non ce n'era neanche bisogno; ogni dubbio fu bandito."
Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'odierno Cassago in Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti.
E, come racconta nelle Confessioni, recatosi in giardino, si mise sotto una pianta a piangere amaramente, e diceva: - Quanto tempo ancora? Quanto ancora? Domani, domani ! ancora un po' di tempo. Ed era desolato di non sapersi decidere o a restare nel mondo o a consacrarsi a Dio.
JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea
Così parlavo e piangevo nell'amarezza sconfinata del mio cuore affranto. A un tratto dalla casa vicina mi giunge una voce, come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: «Prendi e leggi, prendi e leggi». Mutai d'aspetto all'istante e cominciai a riflettere con la massima cura se fosse una cantilena usata in qualche gioco di ragazzi, ma non ricordavo affatto di averla udita da nessuna parte ... Tornai al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo all'atto di alzarmi.
Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: « Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze... » Non volli leggere oltre né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono.
AGOSTINO, Confessioni 8, 12, 29