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CICLo AGOSTINIANo a Montalcino

Agostino libera i prigionieri dal carcere dei Malaspina

Agostino libera i prigionieri dal carcere dei Malaspina

 

 

BARTOLO DI FREDI

1384-1388

Montalcino, chiesa di S. Agostino

 

Agostino libera i prigionieri dal carcere dei Malaspina

 

 

 

La scena narra un episodio miracoloso che veniva attribuito all'intervento diretto di sant'Agostino. L'episodio viene narrato dall'artista sul registro inferiore sinistro della parete centrale e ci mostra un Agostino in volo mentre sta svolgendo la sua azione salvifica. I prigionieri che stanno per essere liberati protendono le mani verso il santo che scende su di loro con le mani aperte ad accoglierli. Il loro volti sono rivolti verso Agostino e sono colti nel momento in cui, con grande stupore e felicità, sono in procinto di uscire dalla torre sono tenuti prigionieri. L'edificio, possente e ben equilibrato presenta una apertura a tutto sesto da dove si affacciano i prigionieri. La scena probabilmente è stata inserita nel ciclo con lo scopo di accostare il popolo ad un santo considerato fin troppo "intellettuale": il fatto che si avvicini al popolo e lo salvi in situazioni anche drammatiche rende il santo certamente più familiare alla gente.

Non a caso, anche nei secoli successivi, Agostino avrà un ruolo di santo taumaturgo in diverse occasioni e circostanze.

Concretamente l'episodio è tratto da un racconto che si trova nella biografia del santo descritta da Jacopo da Varagine nella sua Legenda Aurea. Al miracolo 10 racconta che "Alcuni Pavesi erano prigionieri del Duca di Malaspina, che rifiutava dare loro da bere per estorcere un forte riscatto. Alcuni erano già in agonia ed altri si sorreggevano bevendo dell'urina. Uno di loro molto giovane e che aveva per S. Agostino una devozione speciale ne implorò l'aiuto. Verso mezzanotte il santo gli comparve, presolo per mano, lo condusse sulle rive del fiume, con delle foglie di vite bagnate nell'acqua gli temperò l'arsura."

 

 

 

Bartolo di Fredi

Bartolo di Fredi fu un pittore italiano attivo nella seconda metà del secolo XIV (Siena 1330 circa - San Gimignano 1410), uno dei più operosi del tempo. Ma le sue numerose opere svelano l'intrinseca debolezza del suo linguaggio artistico, ridotto a una sigla eclettica, derivata da Simone Martini, dai Lorenzetti e da Niccolò Tegliacci, di cui forse fu scolaro. Il primo documento che lo ricorda è del 1353, associato con Andrea Vanni.