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PITTORI: Matteo di Giovanni

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

MATTEO DI GIOVANNI

1482

New York, Asta Cristie's del 18 aprile 2018 lotto 2

 

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesao

 

 

 

Straordinaria raffigurazione di sant'Agostino opera di Matteo di Giovanni, che ci presenta un santo dalla fine espressione, meditativa e allo stesso tempo seriosamente matura. Il volto è abbellito da una delicata barba riccioluta e grigiastra. In testa porta una mitra assai elegante e ricca di pietre preziose. Sulla spalla destra ha appoggiato il bastone pastorale, mentre le mani sono delicatamente incrociate sul petto. Sotto il piviale si nota la presenza del saio nero dei monaci eremitani agostiniani, secondo una consuetudine tipica di quel secolo, in cui si voleva affermare la diretta dipendenza dell'Ordine da Agostino, di cui ne seguiva la regola.

Dipinto in oro su tavola di legno, con misura 42x30 cm circa, l'opera è un vero capolavoro nella resa dell'immagine vivida di Agostino. La piccola tavola doveva appartenere alla lunetta che sormontava la "Strage degli Innocenti" dipinta da Matteo per il primo altare di sinistra dedicato a san Francesco nella chiesa di sant'Agostino a Siena. L'altare fu fondato nel 1463 dalla vedova Andreoccia di Bandino di ser Luca in ricordo del suo primo marito Francesco di Jacobo. La vedova aveva lasciato parte del suo patrimonio agli eremitani senesi perché la concludessero entro due anni, ma purtroppo morì prima nel 1464. Nel 1482 l'altare fi dedicato agli Innocenti e in questa occasione i monaci commissionarono la pala a Matteo di Giovanni. Nella visita pastorale del 1576 Bossio ricorda che esisteva una lunetta a fondo oro che raffigurava la Vergine con il Bambino fra due angeli e i santi Agostino e Francesco.

 

Agostino viene frequentemente raffigurato nelle sue vesti di vescovo e di Dottore della Chiesa. Il primo a parlare di Agostino come Dottore della Chiesa fu Beda il Venerabile che lo elencò assieme ai santi Gerolamo, Ambrogio e Gregorio papa in un suo scritto dell'VIII secolo. Questo elenco fu approvato il 24 settembre 1294 con lettera di conferma liturgica di papa Bonifacio VIII stilata ad Anagni.

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6

 

 

Matteo di Giovanni

Matteo di Giovanni fu attivo a Siena nella seconda metà del Quattrocento è noto per l'amicizia che lo legò a Giovanni di Pietro fratello del Vecchietta. Verso il 1452 è attestata la sua presenza a Borgo San Sepolcro per il completamento di un polittico di Piero della Francesca. Al periodo giovanile della sua attività di pittore risalgono un polittico, ora nel Museo di Asciano e due tavole dipinte per il Duomo di Pienza dove manifesta la conoscenza della visione cromatica e compositiva di Antonio del Pollaiolo e Liberale da Verona.

Tra il 1460 e il 1470 esprime il periodo più fecondo della sua arte, la cui espressione è attestata in diverse opere che eseguì per le chiese senesi. Nella piena maturità si dedicherà ad una pittura che valorizza la miniatura, anche di piccolo formato, influenzata dall'opera di Sano di Pietro. In tarda età le sue composizioni abbandoneranno il rigore spaziale per dilatarsi in spazi al limite dell'astrazione e caratterizzati da una dilatazione volumetrica.