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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Quattrocento: Martino di BartolomeoPITTORI: Martino di Bartolomeo
Agostino in trono consegna la regola alle monache
e ai monaci agostiniani
MARTINO DI BARTOLOMEO DI BIAGIO
1389-1434
Siena, Convento di Santa Marta
Sant'Agostino consegna la Regola
L'opera è di Martino di Bartolomeo di Biagio, pittore a cavallo fra Trecento e Quattrocento. Ci presenta un Agostino in trono con i paramenti del vescovo: seduto in atteggiamento ieratico tiene in entrambe le mani due rotoli su cui sono scritte le Regole per le due Comunità agostiniane, quella maschile e quella femminile. Sul lato sinistro in ginocchio si notano cinque suore e una conversa, su quello destro sei frati che si guardano e guardano Agostino e la regola che viene loro consegnata. La dicitura sul cordone violaceo in basso riporta Sanctus Agustinus Doctor. L'intero vestito e la stoffa del trono sono riccamente damascati. L'affresco fu dipinto nel coro del convento di S. Marta a Siena ed aveva il chiaro intento pedagogico di sottolineare la diretta filiazione dell'Ordine da Agostino.
11. 1. Progredendo intanto l'insegnamento divino, coloro che nel monastero servivano a Dio sotto la guida del santo Agostino e insieme con lui, cominciarono ad essere ordinati preti della chiesa di Ippona.
11. 2. Così di giorno in giorno s'imponeva e diventava più evidente la verità della predicazione della chiesa cattolica, e così anche il modo di vita dei santi servi di Dio, la loro continenza e assoluta povertà: perciò dal monastero che quel grande uomo aveva fondato e fatto prosperare con gran desiderio (varie comunità) cominciarono a chiedere e ricevere vescovi e chierici, sì che allora prima ebbe inizio e poi si affermò la pace e l'unità della chiesa.
11. 3. In fatti circa dieci uomini santi e venerabili, continenti e dotti, che io stesso ho conosciuto, il beato Agostino, richiesto, dette a diverse chiese, alcune anche molto importanti.
11. 4. D'altra parte costoro, che dal loro santo modo di vita venivano a chiese di Dio diffuse in vari luoghi, si dettero ad istituire monasteri, e poiché cresceva lo zelo per l'edificazione della parola di Dio, preparavano a ricevere il sacerdozio fratelli, che furono messi a capo di altre chiese.
11. 5. Pertanto progrediva per mezzo di molti e in molti la dottrina di fede salutare, di speranza e di carità insegnata nella chiesa, non solo in tutte le parti d'Africa ma anche nelle regioni d'oltremare: infatti con la pubblicazione di libri, tradotti anche in greco, grazie a quel solo uomo, con l'aiuto di Dio, tutto il complesso della dottrina cristiana venne a conoscenza di molti.
11. 6. Allora - com'è scritto - il peccatore a veder questo s'adirava, digrignava i denti e si struggeva (Sal. 111, 10); invece i tuoi servi - secondo quanto sta scritto - erano in pace con quelli che odiavano la pace e quando parlavano erano combattuti da quelli senza motivo (Sal. 119, 7).
POSSIDIO, Gesta Augustini 11, 1-6
La grande diffusione della Regola di Agostino come norma di vita monacale ricominciò nel secolo XI, soprattutto dopo che venne adottata dalle comunità dei Canonici Regolari prima in Francia e poi negli altri Stati europei. Quando si parla di Regola agostiniana nelle comunità canonicali, ci si riferisce sia alla Regula tertia o Praeceptum, che alla Regula secunda o Ordo monasterii.
L'Ordo monasterii, più esigente in quanto a disciplina, fu adottato tra gli altri, dai Canonici di Springiersbach e dai Canonici Regolari Premostratensi; tuttavia dopo il XIII secolo ad esso fu preferita la Regula tertia.
L'affermarsi della Regula tertia fu dovuto anche alla decisione del Concilio Lateranense IV del 1215 di considerarla una delle regole di riferimento per le nuove fondazioni religiose. Essa venne assunta dai Frati Predicatori, dai Servi di Maria e, in modo speciale, dagli Agostiniani i quali, però, aggiunsero all'inizio della Regula tertia la prima frase dell'Ordo monasterii. Fu subito chiaro per le nuove fondazioni agostiniane che il solo Praeceptum non poteva regolare la vita complessa di un Ordine: ad esso fu quindi aggiunta una serie di costituzioni, dichiarazioni, regolamenti, che avrebbero dovuto regolare con più precisione la vita monastica.
È stato stimato che il numero complessivo degli istituti che nel corso dei secoli hanno adottato la Regola agostiniana sia di circa 500. Il recupero della Regula ad servos Dei si può spiegare con l'autorità morale e dottrinale che Agostino aveva acquistato soprattutto come esempio di vita clericale povera, la concentrazione della Regula sulla vita apostolica della chiesa primitiva, l'essenzialità che la rendeva facilmente adottabile in qualunque contesto monastico.
Martino di Bartolomeo di Biagio
Martino di Bartolomeo è stato uno dei principali pittori di scuola senese della sua epoca. Figlio dell'orafo Bartolomeo di Biagio, nacque a Siena tra il 1365 e il 1370. Ben presto si trasferì a Pisa dove lo troviamo nel 1393 al seguito di Taddeo di Bartolo. La sua attività si svolse come pittore e doratore di manoscritti tra il 1389 e il 1434. Si ipotizza che abbia frequentato e si sia formato nella bottega di Taddeo di Bartolo (1362-1422). Da giovane Martino collaborò con Giovanni di Pietro da Napoli a Pisa. Al 1398 risale l'affresco che dipinse nell'oratorio di San Giovanni Battista di Cascina, a circa 10 chilometri da Pisa. Nel 1405 ritornò definitivamente a Siena dove realizzò vari affreschi nel Duomo, nella chiesa di San Cristoforo e nel Palazzo Pubblico. Nel 1407 ricevette l'incarico più importante della sua carriera: la raffigurazione a fresco delle sedici Virtù, vero capolavoro di grazia nel disegno e di ricerca cromatica, nelle volte della nuova sala del palazzo pubblico di Siena, detta sala di Balia, dove era attivo anche Spinello Aretino.
Nel 1428 risulta ancora iscritto al «Breve dei pittori», quindi i documenti tacciono fino al 1334, quando fece testamento. Lasciava come unico il figlio Bartolomeo, che si era fatto monaco olivetano, e usufruttuaria la moglie. Non si conoscono il luogo e la sua data di morte, che dovette avvenire attorno al 1435.