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Agostino lava i piedi a Cristo
LANFRANCO GIOVANNI
1582-1647
Roma, chiesa di sant'Agostino
Agostino lava i piedi a Cristo
Anche questa si trova nella Cappella di S. Agostino nella omonima chiesa agostiniana di Roma, ed anch'essa ha una dubbia attribuzione da parte della critica, poichè alcuni autori preferiscono attribuirlo al Guercino, che pure dipinse nella medesima cappella un sant'Agostino con il Battista e Paolo eremita. L'impostazione dell'opera e soprattutto i giochi di luce richiamano tuttavia lo stile nitido del Lanfranco. Esemplare è il viso dell'angelo colpito dalla luce, mentre si volge verso il Cristo e il paesaggio di sfondo che richiamano i suoi lavori nella cappella Buongiovanni della stessa chiesa. La scena raffigurata è un classico della iconografia agostiniana che ebbe molta fortuna sia nel Seicento che nel Settecento.
Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.
Probabilmente fu estrapolata da qualche frase di Giordano di Sassonia, che nel suo Liber vitasfratrum scrisse: "Unde in Vitaspatrum legitur, quod sanctus Apollonius fratribus suis praecipiebat attentius, ut advenientes fratres quasi Domini susciperent adventum: "Nam et adorari adventantes fratres propterea", inquit, "traditio habet ut certum sit in adventu eorum adventum Domini nostri iesu Christi haberi, qui dicit: Hospes fui et susceptistis me". Et hoc sumpta est illa laudabilis observantia Ordinis, ut fratres hospites recipiantur cum genuflexione et manuum deosculatione."
N. CRUSENIUS nel suo Monasticon Augustinianum, I, 7 pubblicato a Vallisoleti nel 1623 a sua volta scrive: "Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes lavat et audit: 'Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti; tibi commendo Ecclesiam meam.' S. Prosper et alii ", dove questi alii sarebbero Ferdinando vescovo di Tarragona e Jean Maburn canonico regolare.
Il primo a produrre questo tema iconografico fu Huguet, ma sarà Bolswert con le sue incisioni a diffonderlo ampiamente. La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perchè abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perchè Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero. Nel 1686 si ribadisce che bisogna lavare i piedi dei pellegrini come se fossero la persona di Cristo.
Il tema di Agostino che lava i piedi al Cristo ha un grande valore anche teologico, poiché secondo la tradizione degli agostiniani eremitani, Agostino quando era monaco a Tagaste si sarebbe ritirato in un eremo con finalità di pura contemplazione. L'apparizione di Cristo in forma di pellegrino, gli avrebbe imposto di ritornare al mondo per testimoniare con la parola e le opere la vita cristiana.
Spesso la scena è accompagnata dal testo "O grande padre Agostino, ti affido la mia Chiesa", tratto da un apocrifo ambrosiano. E' un chiaro segno per giustificare la vita mista fra contemplazione e azione propria degli eremitani, con l'invito a seguire l'esempio del santo fondatore.
Giovanni Lanfranco
Nato a Terenzo, presso Parma nel 1582 e morto a Roma nel 1647, Lanfranco fu tra gli artisti più significativi del barocco romano. Studiò presso Agostino Carracci a Parma con il quale partecipò alla decorazione del Palazzo del Giardino a Parma. Dopo la morte di Agostino, fu inviato dal duca Ranuccio Farnese a Roma per studiare presso Annibale Carracci, con il quale lavorò per la realizzazione della decorazione della Galleria Farnese. Collaborò anche con Guido Reni per la decorazione di San Gregorio al Celio. Nel primo decennio del XVII secolo Lanfranco cominciò a farsi conoscere a Roma, dove avrebbe svolto la maggior parte della sua attività. La popolarità del drammatico stile barocco di Lanfranco è dovuta soprattutto agli affreschi eseguiti nella principali chiese romane. Dopo la morte di Annibale, nel 1609, tornò per qualche tempo in Emilia ma nel 1612 circa ritornò a Roma, dove gradualmente soppiantò il grande avversario Domenichino come più importante affreschista della città. Il loro lavoro può essere messo a confronto nella chiesa di Sant'Andrea della Valle; Domenichino dipinse l'abside e i pennacchi della cupola, ma Lanfranco fu ricompensato con l'incarico dell'Assunzione della Vergine (1625-1627) all'interno della cupola. L'affresco è una delle opere chiave dell'arte barocca e segnò la fine del dominio del classicismo della scuola bolognese a Roma. Lanfranco esercitò una vasta influenza, ispirando direttamente artisti napoletani come Mattia Preti, Francesco Solimena e Luca Giordano. La pittura da cavalletto di Lanfranco è molto meno rinomata ma egli creò splendide opere anche in questo campo. Particolarmente degne di nota sono l'Estasi di santa Margherita da Cortona (1622, Pitti, Firenze) e Maria Maddalena portata in cielo dagli angeli (1605 ca, Museo di Capodimonte, Napoli), un dipinto originalissimo nel quale la santa in estasi è trasportata dagli angeli in volo su una veduta poetica ed evocativa della campagna romana.
Ispirandosi direttamente alle grandi cupole correggesche, giunse a impianti spaziali dominati dallo scorcio e dal dinamismo delle masse, arrivando alla realizzazione di uno dei suoi capolavori: la decorazione della cupola di S. Andrea della Valle che gli diede grande fama e prestigiose commissioni come la decorazione della chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, dove si trasferì dal 1634 al 1647. Sempre a Napoli dipinse i cicli di affreschi per la Certosa di San Martino ed eseguì la decorazione della cupola di San Gennaro (il Duomo). Giovanni Lanfranco morì a Roma nel 1647.