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PITTORI: Diziani Gaspare

Agostino cardioforo Dottore della Chiesa

Agostino cardioforo Dottore della Chiesa

 

 

DIZIANI GASPARE

1750-1767

Monselice, chiesa di san Martino

 

Agostino cardioforo Dottore della Chiesa

 

 

 

La lunetta raffigura sant'Agostino, uno dei quattro Dottori della Chiesa. Il santo è dipinto su tela a figura intera, mentre è chinato nella lettura di un libro. Nella mani tiene stretto un cuore rosso fiammante, simbolo secolare identificativo nella sua iconografia. Indossa i paramenti episcopali con un bel manto verde scuro. In testa porta una elegante mitra. Il suo volto ci restituisce un Agostino maturo in età, dai lineamenti gentili e intensi. Una folta barba ben curata arricchisce il suo volto.

 

La chiesa di san Martino è un'antica cappella del X secolo che appartenne al monastero benedettino di S. Giustina in Padova. Nel tardo medioevo subì nel tempo un degrado che s'arrestò solo alla fine del Seicento, quando ne venne ampliata l'aula (1682) e risistemati gli altari, che dal 1713 sono in numero di cinque. Questa chiesa fu anche sede parrocchiale per la zona periferica del sud est di Monselice fino al 1919, quando divenne cappellania della parrocchia di Santa Giustina.

Una serie di dodici quadroni raffigura gli Apostoli, la cui paternità, oggetto d'approfondimento, sembra doversi attribuire a Vincenzo Damini (1670-1750), un pittore veneto, figlio del più famoso Pietro, trapiantatosi in Umbria ed operante come ritrattista in Inghilterra; pure le tre finestre del presbiterio e quella in contro facciata sono incorniciate da pennacchi con varie raffigurazioni presumibilmente della stessa mano, mentre gli altri dipinti del presbiterio con due ampi teleri sarebbero da avvicinare ai modi di Gaspare Diziani (1698-1767). Di minori artisti le pale agli altari laterali e quella, secentesca, dedicata al titolare S. Martino rappresentato, secondo la classica iconografia, mentre divide il proprio mantello di soldato con un povero.

Nel libro nono delle Confessioni Agostino si esprime con queste parole: sagittaveras tu cor meum charitate tua, hai ferito il mio cuore - ricorda Agostino - con il tuo amore. Esse esprimono in forma poetica il grande amore che Agostino aveva per Dio. Un amore così grande da essere rappresentato simbolicamente con un cuore fiammante trafitto da una freccia. Questo tipo di rappresentazione godrà di grandissima fortuna iconografica dal 1600 in poi, tanto da essere un punto fermo nel logo che lo stesso Ordine Agostiniano adotterà per il suo Stemma Ufficiale. Il cuore è l'elemento caratteristico di questo tema iconografico: Agostino lo tiene in mano, talvolta è attraversato da una freccia, o anche viene offerto al Signore.

 

 

Gaspare Diziani

Gaspare Diziani o De Cian nacque a Belluno nel 1689 figlio di Giuseppe e di Giustina Lina. Ebbe come primo maestro il pittore locale Antonio Lazzarini, un mediocre pittore bellunese. Si trasferì poi a Venezia nella bottega di Gregorio Lazzarini e successivamente in quella di Sebastiano Ricci (1709-1711).

Sorretto da una notevole facilità esecutiva, nel secondo decennio del Settecento iniziò una prolifica attività dipingendo opere a carattere sacro, decorazioni in residenze private e scenografie teatrali. Nel 1717 accompagnò a Monaco di Baviera e Dresda lo scenografo Alessandro Mauro, con cui collaborò presso vari teatri. Nel 1720 tornò a Venezia, dove rimase fino al 1726, quando, su invito del cardinale Pietro Ottoboni, si trasferì a Roma per lavorare in S. Lorenzo in Damaso.

Nel 1727 realizzò l'Estasi di san Francesco in S. Rocco a Belluno, che è considerato il suo primo dipinto firmato e datato. Tra il 1750 e il 1751 lo troviamo a Bergamo, dove affrescò il soffitto di S. Bartolomeo. Fra il 1755 e il 1758 decorò alcune stanze di Ca' Rezzonico a Venezia, dove nel 1760 eseguì alcune tele per la chiesa del Carmine e per la scuola di S. Giovanni Evangelista. La frequenza delle commissioni testimoniano come dal 1740 Diziani fosse considerato uno tra i principali interpreti della pittura di figura veneziana. In particolare era apprezzato per il suo linguaggio semplice quanto raffinato e contraddistinto da un vibrante cromatismo. Nel 1755 fu tra i fondatori dell'Accademia veneziana di pittura, diventandone presidente nel periodo 1760-1762. Morì improvvisamente a Venezia nel 1767. Anche i figli Antonio e Giuseppe divennero pittori paesaggisti, di cui si ricordano gli affreschi della villa Barbini a Casella d'Asolo.

La sua intensa produzione è attestata anche in Friuli, dove si conserva un consistente nucleo di dipinti. Ne troviamo nel duomo di San Vito al Tagliamento (Madonna del Carmine con i santi Giuseppe e Nicolò e l'Immacolata tra i santi Francesco da Paola e Sebastiano del 1750 circa); nella parrocchiale di Prodolone (la Visitazione del 1750 circa); nella parrocchiale di Colloredo di Monte Albano (Annunciazione); nella chiesa di S. Pietro ai Volti di Cividale del Friuli (la Vergine adorata da quattro frati cappuccini); nel duomo di Tolmezzo (Madonna con il Bambino, santi e le anime del Purgatorio)  e nella parrocchiale di Codroipo (San Giuseppe che appare ai santi Giovanni Evangelista, Pietro e Giovanni Battista).