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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Settecento: Serpotta GiacomoPITTORI: Serpotta Giacomo
Santa Monica: particolare del volto
GIACOMO SERPOTTA
1711-1729
Palermo, chiesa di S. Agostino
Santa Monica
Si tratta di una notevole opera a stucco addossata a una parete sopra un portale che fu eseguito da Giacomo Serpotta per la chiesa di sant'Agostino a Palermo. La scena ha un aspetto drammatico e probabilmente rappresenta la disperazione di Monica quando si accorge che il figlio l'ha abbandonata a Cartagine fuggendo su una nave alla volta di Roma. Potrebbe anche trattarsi di una rivisitazione del sogno di Monica. La santa indossa una ampia tunica con una specie di cintura che le pende dal petto. Il capo è leggermente reclinato su un fianco, mentre l'espressione del viso evidenzia un travaglio interiore della santa.
Alcuni angioletti, variamente posizionati, partecipano alla scena con un ruolo marginale. Un insieme di nuvole lega tutti questi personaggi, facendo anche da sfondo. Dello stesso autore è un pregevole stucco che raffigura sant'Agostino. Gli oratori decorati a Palermo da Serpotta, rimasti intatti nel corso del tempo, costituiscono l'esempio più alto della produzione artistica del Serpotta. Ricordiamo soprattutto l'oratorio di S. Lorenzo (1699-1706) con storie dei SS. Lorenzo e Francesco, l'oratorio del Rosario in S. Domenico, (1710-1717); l'oratorio del Rosario in S. Cita (1686-1718), con la celeberrima scultura sulla parete all'ingresso con i misteri del Rosario e la scena della battaglia di Lepanto.
Nel 1680 realizza la statua equestre di Carlo II a Messina, oggi scomparsa. Al 1711-20 risale l'intervento in S. Agostino, l'impresa più monumentale e difficile della sua carriera, a motivo delle dimensioni della chiesa. Verso il 1723 realizza le statue allegoriche della basilica di S. Francesco, mentre al 1729 risale l'ultimo intervento dell'artista a Palermo, cioè la decorazione plastica del presbiterio della chiesa di S. Matteo, sede della Congregazione del Miseremini, di cui Serpotta faceva parte. Giacomo Serpotta muore il 27 febbraio del 1732 dopo aver completato la decorazione dell'oratorio di S. Francesco di Paola (distrutto nel 1942) e il suo corpo verrà tumulato per disposizione testamentaria nella chiesa di S. Matteo al Cassaro.
La arte passerà, sia pure con minore ispirazione, al figlio Procopio e da questi al nipote Giovan Maria, figura minore ma testimone dell'attività di questa famiglia di artigiani-artisti fino alla prima metà del secolo XIX.
La madre di Agostino viene spesso raffigurata nell'iconografia agostiniana, da sola o assieme al figlio. Ella partecipa a scene fondamentali, come l'estasi di Ostia, la partenza da Cartagine o il soggiorno milanese e poi a Cassiciaco. La ritroviamo ancora assieme ai monaci ed ella stessa monaca o vestita da monaca mentre illustra la regola agostiniana nella versione femminile. Toccanti sono pure le scene che la vedono in azioni caritative. Con Agostino lasciò Milano diretta a Roma, e poi a Ostia, dove affittarono una casa, in attesa di una nave in partenza per l'Africa. Fu un periodo carico di dialoghi spirituali, che Agostino ci riporta nelle sue Confessioni. Lì si ammalò, forse di malaria, e in nove giorni morì, all'età di 56 anni. Drammatiche e toccanti sono le rappresentazioni della sua morte a Ostia. Di lei Agostino offre una biografia stupenda nella parte finale del libro IX delle Confessioni.
Finalmente guadagnò a te anche il marito, già quasi al limite estremo della vita temporale: e in lui che ormai era credente non rimpianse ciò che aveva tollerato nel miscredente. Era poi la serva dei tuoi servi. Chi di loro l'aveva conosciuta, in lei rendeva lode e onore e amore a te, sentendo nel suo cuore la tua presenza, testimoniata dai frutti di una vita consacrata a te. Era stata la moglie d'un solo uomo, aveva reso ai genitori il bene ricevuto, aveva retto con devozione la sua casa, a testimonio aveva le sue buone opere. Aveva allevato dei figli, partorendoli di nuovo ogni volta che li vedeva allontanarsi da te. Infine di tutti noi, Signore, che possiamo per tuo gratuito favore dirci servi tuoi, e ricevuta la grazia del tuo battesimo vivevamo già in una nostra comunità, al tempo in cui ancora lei non s'era addormentata in te, di tutti noi si prese cura quasi fossimo tutti figli suoi, e quasi fosse figlia di noi tutti ci servì.
AGOSTINO, Confessioni, 9, 22
Riposi dunque in pace con l'uomo di cui fu sposa, il solo di cui lo fu, e che servì portandoti il suo frutto con pazienza, per guadagnare anche lui a te. E tu ispira, mio Signore e Dio mio, ispira tu i tuoi servi e miei fratelli, i tuoi figli e padroni miei, che io servo col cuore e la voce e la penna: e ogni volta che leggeranno queste pagine si ricorderanno davanti al tuo altare di Monica, tua ancella, con Patrizio che fu un tempo suo sposo. Attraverso la loro carne mi hai fatto entrare in questa vita - come, non so. Con devozione si ricorderanno di loro: genitori miei in questa luce provvisoria, e miei fratelli in te che ci sei Padre e nella madre cattolica, e miei concittadini nella Gerusalemme eterna, a cui sospira il tuo popolo lungo tutto il suo cammino dall'inizio al ritorno. Così sia meglio appagato in virtù di queste confessioni il suo estremo desiderio: lo sia nella preghiera di molti, piuttosto che nella mia soltanto.
AGOSTINO, Confessioni, 9, 37