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luigi beretta: ORIGINI DELLA DEVOZIONE AGOSTINIANA IN CASSAGO

 Pagina del Chronicon che ricorda l'invocazione di Agostino a Patrono di Cassago dopo la peste del 1630

Pagina seicentesca del Chronicon

che invoca Agostino come patrono di Cassago

 

 

 

 

ORIGINI DELLA DEVOZIONE AGOSTINIANA IN CASSAGO

di Luigi Beretta

 

 

 

Certamente una fra le più venerabili forme di religiosità popolare suscitata dalla memoria e dalla devozione per S. Agostino si conserva ancora oggi a Cassago in Brianza, la località che una lunga tradizione identifica con il romano rus Cassiciacum.

Le prime manifestazioni sinora note di questa religiosità denunciano un'origine relativamente tardiva, tuttavia il rapporto che si è instaurato fra la pietà popolare e la figura di S. Agostino rivela in questo paese aspetti così singolari da esigere una rilettura critica delle ragioni che ne hanno promosso e regolato lo sviluppo. Ciò è tanto più necessario in quanto Cassago costituisce un raro esempio di devozione agostiniana legata al ricordo di un capitolo cruciale nella vita del santo, quale fu il suo soggiorno a Cassiciaco fra l'estate del 386 e l'inverno del 387 d.C., allorchè nella fase conclusiva della sua conversione al cristianesimo [1] in compagnia di familiari e amici africani si recò presso la villa dell'amico e grammatico milanese Verecondo a riposarsi e per prepararsi a ricevere il battesimo [2].

Questa specificità caratterizza il caso di Cassago non solo rispetto alle più generali e note forme di devozione agostiniana diffusesi un po' ovunque soprattutto dopo la costituzione nel XIII secolo dell'Ordo Eremitarum Sancti Augustini, ma pure in particolare nei confronti dei non pochi esempi di pietà verso il santo, limitrofi a questo paese o comunque compresi nel perimetro lombardo. Per certi aspetti sembra anzi che il caso di Cassago proceda seguendo canoni e criteri autonomi rispetto all'agostinismo coevo o addirittura anteriore al '600. La sua stessa origine nel primo affacciarsi di questo secolo rivela diverse anomalie che impediscono di comporre un quadro organico e senza ombre dell'intera vicenda. Le ragioni, i presupposti, i motivi di questa, per certi versi, improvvisa esplosione di devozione verso S. Agostino in un piccolo paese di campagna, che all'epoca dei fatti narrati contava poco più di 400 abitanti, sono in effetti conosciuti in modo disorganico ed attendono una esplorazione ancora lungi dall'esaurirsi.

 

Le prime documentazioni scritte seicentesche

La natura stessa delle fonti storiche che ricordano l'avvenimento costituisce un connotato singolare e certamente emblematico: le conoscenze attuali di questa devozione derivano esclusivamente da documentazioni locali. Tacciono a lungo invece le fonti storico-letterarie agostiniana ed ambrosiana, che si occupano della questione in rari casi e solo marginalmente in relazione alla identificazione di Cassiciaco. L'apparire all'orizzonte devozionale agostiniano del caso di Cassago ex abrupto e senza segni premonitori è indubbiamente anomalo ed è tanto più sorprendente in quanto assume da subito i caratteri della ufficialità e della devozione collettiva. Questa origine "ufficiale" ha una data, il 1631, e un'occasione, la peste, ben precisi nel definirne il contesto e lo scenario storico. Due documenti, uno a breve distanza dall'altro, ne attestano i particolari, vere e proprie testimonianze autoctone di una devozione che durerà oltre tre secoli ininterrottamente fino ai nostri giorni.

Il primo si trova nell'ultima pagina di un quadernetto cartaceo che reca il titolo Libro della Schola della Chiesa di S.to Jacomo del loco di Cassago, dove si descrivono le entrate di essa schola et le spese incominciando l'anno 1623. Una breve e concisa nota precisa che nell'anno 1631 si è speso nelle messe di S. Agostino L. 2:-:- . [3]

Per quanto manchi la motivazione non è difficile supporre che l'inciso si riferisca alla celebrazione della festa del santo il 28 agosto di quell'anno. L'appunto però non chiarisce perché a Cassago la festa di S. Agostino nel 1631 avesse così tanta importanza da venir annotata nel registro delle spese della Schola. La spiegazione in effetti la troviamo altrove. Il documento che ne parla, di poco posteriore al precedente, è riportato sotto forma di pro-memoria nel secondo libro dei Registri parrocchiali dei battesimi, morti e matrimoni della parrocchia di Cassago, che va dal 1622 al 1661.

Purtroppo il foglio non è datato nè rivela ancora una volta alcuna firma. Il che pone indubbiamente alcune questioni circa il valore storico delle preziosissime informazioni che ci garantisce, rispetto soprattutto alle coeve testimonianze seicentesche. L'analisi può partire indubbiamente dal testo stesso del documento, piuttosto lungo e organicamente articolato e strutturato in almeno cinque parti. Con un linguaggio ricercato e preciso, l'estensore ci illustra con una serie di vivaci e fresche annotazioni la spontaneità della fede popolare e della devozione diffusasi nel paese verso S. Agostino dopo i tragici eventi della peste, che fra il 1629 e il 1632 infierì nelle campagne lombarde. La trascrizione del brano, che abbiamo analiticamente distinto in cinque sezioni riporta testualmente:

 

1. Gratia Dei meritis sanctorum patronorum huius aecclesiae Iacobi Brigidae et Augustini

2. oppidum istud illesum servatum est, tempore saevissime pestis licet oppida circum circa gravissime afflica fuerint, et hoc ad laudem eiusdem Domini nostri Jesu Christi pariterque beatorum patronorum nostrorum Jacobi Apostili Brigidaeque Virginis.

3. Et cum moris Christiani sit memoriam habere beneficiorum acceptorum illaque attribuere alicui Sancto protectore ideo communitas ista Cassaghi non immemor tantae gratiae ultra predictos Patronos adiungit et sumpicat auxilium Beatissimi Augustini Pontificis Hiponensis et doctoris sanctae Ecclesiae eximij eoque magis cum memoriae proditum sit ipsum sanctum patrios lares habitasse.

4. Insuper in hac ecclesia servatur petra ceriza in qua apparet locum et signum denotans illam fuisse altare imo dicitur super eam eundem sanctum Augustinum celebrasse quae Petra erat posita in quodam altare constructo in oratorio veteri quod erat constructum in loco illo in quo nunc est edificata cella vinaria istius domus parochialis, et ista ecclesia fuit dirupta de mandato Ordinarij uti Apparet per ordinationem factam anno 1611 per emin. um Cardinalem Federicum Borromeum.

5. Attamen illud quod dicitur quod sanctus Augustinus celebraverit super illud altare credo non esse verum quia habet in breviaris sanctum Augustinum sacris in africa fuisse initiatum post discessum suum e Mediolano Valerio episcopo.

 

Questo testo, che fu noto anche ai parroci nel passato, non fu tuttavia oggetto di approfondimenti se non occasionalmente da parte di qualche raro autore, fra cui anche il Manzoni. La ricchezza e l'eterogeneità delle informazioni espresse in queste annotazioni sono tali da esigerne innanzittutto la datazione, tanto più che si fa esplicito riferimento a episodi precedenti, che risalgono al 1611 e che presuppongono collegamenti storici con un'epoca decisamente anteriore ai fatti narrati.

La posizione del brano all'interno del II registro parrocchiale non è purtroppo a questo riguardo particolarmente significativa, poichè il registro stesso è stato rilegato in volume in epoca successiva alla stesura, riunendo diversi fascicoli sparsi e isolati sui quali venivano separatamente annotati i documenti della parrocchia. Ce lo conferma indirettamente il card. Carlo Borromeo quando durante la sua seconda visita pastorale a Cassago nel 1583 ebbe ad annotare " libros mortuorum baptizatorum matrimoniorum habent distintos" [4].

Ebbene questa annotazione seicentesca ricorda tale primitiva origine di foglio pro-memoria isolato appena se ne scruta l'impaginazione: da un lato c'è una utilizzazione quasi esasperata dei margini del foglio per scrivere, dall'altro nelle ultime righe le parole a sinistra sono inghiottite e quasi scompaiono nella rilegatura. Del resto non sappiamo neppure chi decise di formare questi volumi e perchè associò proprio al II registro questa nota.

In ogni caso per varie ragioni appare evidente che costui utilizzò un criterio ben preciso che privilegiava non tanto la tipologia dei documenti quanto la loro coevità. Ne abbiamo una immediata conferma dalla distribuzione dei tipi di filigrana che è sistematicamente unica e tipica per ognuno dei volumi, e sono tre, che spaziano un arco di tempo di vita parrocchiale che va dalla seconda metà del '500 sino agli inizi del '700. Orbene la pagina ove è annotata ufficialmente l'esistenza di una venerazione a S. Agostino in Cassago presenta la stessa filigrana del registro che la contiene, il che ne individua la stesura fra il 1622 e il 1661. Altri elementi di varia natura linguistica e stilistica, nonché alcuni parallelismi e diverse circostanze storiche conducono a circoscrivere ulteriormente questo intervallo di tempo.

Innanzittutto va considerata la lingua utilizzata dall'estensore, che non è la lingua volgare italiana, ma il latino, la cui presenza nei registri parrocchiali di Cassago è attestata con sicurezza per la prima volta solo nei documenti dall'anno 1632 in poi. La proprietà di linguaggio, la ricchezza dei termini, l'eleganza dello stile, l'ordine espositivo, rivelano inoltre alcuni tratti fondamentali della personalità dell'estensore, del quale si può tentare una precisa identificazione grazie soprattutto alla sua tipica calligrafia. La scrittura in stampatello della sezione prima posta all'inizio della pagina richiama ad esempio analoghi caratteri noti nello stesso registro, che ci riportano al 1638 e al 1639. In tutti e tre i casi è possibile riscontrare i medesimi tipi grafici e le stesse abbreviazioni, la I maiuscola puntata e una singolare interpunzione a forma di triangolo.

Ma sono soprattutto le specifiche grafie usate dall'autore per le lettere e, p, b, g, P utilizzate specialmente nel decennio 1631-1640 e progressivamente modificate dopo questa data, che ci permettono di individuarne l'estensore in don Filippo Balsamo, parroco di Cassago per trent'anni dal 1631 fino al 1661. Per quanto sussistano ancora diverse questioni aperte, soprattutto in ordine alla coerenza interna dell'intero brano, è quanto mai probabile che fu il solo don Filippo Balsamo a stendere materialmente l'insieme delle note. Siamo portati tuttavia a credere che la loro stesura sia avvenuta in anni differenti, sotto stimoli ed esigenze profondamente mutati.

Lo suggerisce innanzitutto la natura stessa dei contenuti dei brani 1, 2, 3 rispetto a 4, 5 ma è certamente l'uso di un diverso tipo di inchiostro, sottili differenze nella grafia e una netta linea di separazione tracciata irregolarmente, che ce ne offrono la conferma. Parecchi elementi inducono a credere che la prima stesura dei brani 1, 2, 3 sia avvenuta in concomitanza alla fine della pestilenza, che fu ufficialmente dichiarata nel Ducato di Milano il 7 febbraio 1632, mentre più tarda, forse attorno al 1640, è la scrittura dei brani 4, 5 in cui prevale non tanto l'espressione di gioia per lo scampato e lontano pericolo della peste, quanto piuttosto il desiderio di mettere ordine nelle forme di culto e di devozione popolare.

Quest'ultima preoccupazione è tipica di don Balsamo, che in più occasioni palesò la sua attenzione a episodi della vita parrocchiale annotando con cura e grande precisione molteplici notizie di carattere religioso, sociale o economico. Con lui indubbiamente ha inizio una registrazione canonica locale regolare, sempre più ricca di notizie e sempre più attenta a richiamare l'origine e la valorizzazione delle proprie tradizioni.

 

Filippo Balsamo curato di Cassago (1631-1661)

Conosciamo poco purtroppo della vita di questo parroco ed è un vero peccato, poichè gli scritti che ci ha lasciato e i rari documenti che lo ricordano, fanno intuire una forte personalità, dotata di spirito di osservazione, metodica, precisa, per quanto supportata da studi relativamente poco approfonditi e conclusi in breve tempo. Ce lo conferma una succinta scheda personale conservata negli archivi della curia milanese scritta di pugno con ogni probabilità dello stesso don Filippo Balsamo, non datata, ma riferibile agli anni 1640-1650, dove oltre a scoprire che a quell'epoca aveva 58 anni, veniamo ragguagliati circa gli studi che aveva seguito per accedere al sacerdozio. In questa occasione don Filippo Balsamo dichiara di avere frequentato i corsi di "Grammatica, Humanità e Casi di Conscientia" presso le Scuole del Venerando Collegio di Brera a Milano.

Aperto nel 1572 per volontà di S. Carlo questo Istituto religioso, che viene sovente definito col termine di Università nelle testimonianze contemporanee, era retto dai Padri gesuiti, che vi tenevano "lettori", cioè docenti, in ben dodici discipline, dalla grammatica alla filosofia, alla teologia [5]. Fra questi corsi d'insegnamento impartiti in Brera don Filippo Balsamo aveva dunque frequentato solo i primi tre, il che lascia supporre che a Milano egli sia stato ospite del Collegio di S. Maria della Canonica piuttosto che del seminario maggiore di S. Giovanni Battista a porta orientale.

In effetti i chierici dei due seminari studiavano tutti a Brera [6] ma con programmi differenziati, dato che a Porta orientale " si allevano i Chierici di bone lettere, et esperienza, i quali per il più finiscono il corso della theologia et s'impiegano in servitio della città et diocese", mentre alla Canonica, che dipendeva dal primo, si "allevano i Chierici più poveretti, quali non sono atti a compiere il corso della theologia et attendono allo studio de casi di conscientia et della Scrittura, et l'impiegano nelli beneficii curati, overo nelli Canonicati della diocese " [7].

Don Filippo Balsamo era dunque un prete come tanti altri della prima metà del '600, ai quali non si chiedeva una grande preparazione culturale, quanto piuttosto una solida coscienza cristiana e una buona dose di realismo e di praticità nella conduzione della Cura d'anime loro affidate. Quanto a questo don Filippo Balsamo fu certamente un buon parroco per Cassago. Era giunto in questo paese in un periodo drammatico e terribile non solo per la sua Cura ma per l'intero Ducato di Milano, scosso ancora dai tristi effetti della peste che dilagò in queste campagne e nelle città fra il 1629 e il 1632.

E proprio la peste, suo malgrado, lo trasse dall'anonimato della storia, inducendolo a scrivere quelle brevi note che testimoniano e alimentano la devozione agostiniana di Cassago.

Fu lui ancora probabilmente ad annotare nel registro delle spese della Schola la celebrazione solenne a Cassago della festa di S. Agostino nel 1631, a pochi mesi dalla presa di possesso della sua cura. Già anziano, non sappiamo perchè scelse proprio Cassago, una parrocchia mercenaria scarsamente appetita, da pochi anni eretta in titolo [8], che nel breve volgere di soli tre anni, dal 1628 al 1631, aveva visto succedersi ben sette sacerdoti con funzioni di parroco o vicarie [9]. Forse fu il caso a deciderlo per Cassago, o forse la vicinanza del suo paese natale, come sembra di potersi interpretare il suo possesso di un terreno in affitto a Torrevilla nel 1649 [10] successivamente acquistato in modo definitivo entro il 1651 [11].

Cagionevole di salute, fu costretto nel 1661 a ritirarsi dai suoi pubblici uffici in una condizione di estrema povertà [12]. Tant'è che mons. Filippo Pirovano, uno dei più facoltosi e nobili possidenti di Cassago, gli costituì un patrimonio su certi terreni a S. Salvatore [13]. Stabilitosi altrove, ritornò a Cassago sicuramente nel 1667, quando concelebrò due legati in favore di sacerdoti del paese [14] in quella stessa chiesa che per trent'anni era stata la sua e dove aveva solennemente ringraziato Agostino patrono della Comunità di Cassago forse più di una volta.

Dopo di lui altri parroci rinnoveranno l'espressione di questa devozione, ma è certamente con don Filippo Balsamo che essa entra di forza nel novero della tradizioni più sentite di Cassago. L'identificazione di don Balsamo con l'autore del brano che introduce ufficialmente la venerazione agostiniana in questo paese non venne presa in considerazione da diversi autori, fra i quali spiccano principalmente mons. Luigi Biraghi [15] e Pasquale Cattaneo [16].

Entrambi proposero una datazione anteriore, in stretta connessione alla pestilenza del 1576. Quest'ultima ipotesi tuttavia è da escludersi alla luce dei dati acquisiti in relazione alla calligrafia dell'autore e soprattutto al tipo di filigrana del foglio su cui fu stesa la nota. Il contagio cui si riferisce don Balsamo è in realtà quello che raggiunse l'acme nel 1630 e che fece da sfondo alla mirabile rappresentazione manzoniana, ciò che ci permette di fissare una base di partenza per analizzare il contenuto delle differenti sezioni in cui abbiamo suddiviso il brano in questione.

 

 

 

Note

 

(1) - E' interessante notare come spesso nell'antichità queste scene di conversione trovino la loro collocazione temporale durante le feriae vindemiales. Questo riferimento è proprio non solo ad Agostino ma pure a MINUCIO FELICE, Octavius, II, 3 (Placuit Ostiam petere, amoenissimam civitatem quod esset corpori meo siccandis umoribus de marinis lavacris blanda et adposita curatio sane et ad vindemiam feriae iudiciariam curam relaxaverunt. Nam id temporis post aestivam diem in temperiem semet autumnitas dirigebat ...), a CIPRIANO, Ad Donatum , I, CSEL, t. III, I, 3, 3 (Bene admones Donate carissime: nam et promisisse me memini et reddendi tempestivum prorsus hoc tempus est quo indulgente vindemia solutus animus in quietem solemnes ac statas annis fatigantis inducias sortiatur. Locus etiam cum die convenit, et mulcendis sensibus ac fovendis, ad lenes auras blandientis autumni hortorum facies amoena consentit ...), a ENNODIO nel VI sec., CCCXXXIV, Ep. ad Maximum,VII, in MGH Auct. Antiq. t. VII, 245, 7 (Iustum esse coniciens dum vineta uberem tribuunt liquorem me sobriam alloqui cum iucunda hilaritate personam. Solve ergo Pythagoricam taciturnitatem et mecum peritiae et facundiae tuae bona partire. Sit inter nos felicium vindemiarum vice conloquium, currant dulcia musta sermonum.) e nella Vita et Passio Cypriani.

(2)Conf . 9, 3, 5. Questo ritiro, già progettato in Conf. 6, 14, 24, ha fondamenti nell'otium ciceroniano, cfr. M. TESTARD, Saint Augustin et Cicéron, I, 99, Parigi 1958 e anche in quello pitagorico, di cui i manichei erano impregnati. Cfr. Timeo, ap. Diogene Laerzio, Vita Pythag. VIII, I, 8; GIULIANO, Oratio, VIII, 245 B; CICERONE, De Officiis, I, 16, 51; GEROLAMO, Adversus Rufinum , III, 39, P. L. XXIII, 485 B e AGOSTINO, De Ordine, II 20, 53.

(3) - Arch. parr. Cassago, cart. 4.

(4) - Atti Visita pastorale della parrocchia di S.Giacomo e Brigida di Cassago, 12 agosto 1583. Arch.Curia Milano, Pieve Missaglia, vol.18.

(5) - Cfr. la testimonianza di Jo:Petrus Glussianus (1553-1623), medico milanese e poi sacerdote oblato, trascritta durante il processo diocesano informativo sulla vita di S.Carlo: ".. (S.Carlo) introdusse prima li Padri della Compagnia di Gesù, et a questi assegnò duoi luoghi:l'uno è la casa di S. Fedele, che si chiamava la Casa de i Professi; l'altro è il Collegio di Brera ... acciò potessero quei padri mantenere un florido studio de Teologia,Filosofia et altre scienze, et anco d'humanità, insegnando particolarmente ai poveri ... ", in Codice G30 inf., fol 533r della Biblioteca Ambrosiana " Processi sopra la vita ed Azzioni de S.Carlo ad istanza della Congregatione degli Oblati con l'autorità dell'Ordinario ", 1601-1603 o ancora quella di Jo:Paolo de Clericis (...-1619), milanese, Dottore in Sacra Teologia e Canonico prebendato nella basilica di S. Nazaro in Brolio a Milano, citato da Manzoni ne I Promessi Sposi al cap. 25: "... (S. Carlo) fondò l'università di Brera de Padri Giesuiti ottenuta da Gregorio XIII con entrata sofficiente per mantenere lettori in tutte le professioni,et scientie,et lingue,cominciando dalla grammatica sino alla teologia...", ibidem G inf., fol 533r.

(6) - Cfr. Ludovico Settala (1552-1633), medico, allievo dei Gesuiti, protofisico dello Stato di Milano, rammentato dal Manzonial cap. XXXI: "... introdusse in Milano li Padri della Compagnia del Giesù, da quali proviene tanto frutto, havendo questi Padri il studio compito nel Collegio di Brera,dove sentono le lettioni li giovani del Seminario de Porta Orientale, quelli del Seminario de Porta Nova detto della Canonica ... ", Codice G 30 inf., fol. 220 r.

(7) - Codice G 30 inf., fol. 145, testimonianza di Lanfrancus Regna, protonotario apostolico, monsignore del Duomo di Milano nel 1572. Fu nominato prevosto della Basilica di S. Ambrogio nel 1599.

(8) - Lo stesso don Balsamo avrà a scrivere nel II Registro parrocchiale: "Non vi è dubio chi volesse cercare nel Archivio del Arcivescovato di milano ritrouerebbe facilmente l'anno nel quale fu eretta questa Cura in Titolo che era prima mercenaria et fu l'anno 1599 nella persona di P. Francesco Nava et per questo ritrouerebbe ove è fundato il patrimonio di questa povera chiesa senza il quale non si è potuto titolare et chi dirà perchè io non habbi ricercato, io rispondo essere stato per molti capi, il principale esser stata la negligenza il 2 non hauer denari et ancora poca sanità", Arch. parr. Cassago.

(9) - Alcune date riportate sugli atti conservati nell'archivio parrocchiale di Cassago permettono di stabilire questa cronologia: p. Cristoforo Galbiato curato (1622-1628), p. Josepho Galbiato curato (1628), p. Gabriele Scotto cappellano (1624-1625), p. Fumagallo curato di Cremella e vicecurato di Cassago (1628), p. Gio:Battista Beretta curato (1628-1630), p. Angelo Grilli cappellano e vicecurato (1626-1631), p. Filippo Balsamo (3 marzo 1631-29 marzo 1661). 

(10) - Cfr. Le entrate per affitti della Casa Pirovano di Cassago,in Arch.Visconti di Modrone, fald.I-157, Eredità Visconti di Modrone, testamento 1720, adizione, liquidazione, atti divisionali 1731: "... deve prete Filippo Balsamo per un prato in Torrevilla di pertiche 6 L. 15:-".

(11) - Cfr. Inventario di tutti li Beni Stabili et Mobili lasciati nella sua Morte dal sig. Marchese Giovan- ni Pirovano etc. , in Arch.Visconti di Modrone, fald. I-149: "...Sig. Filippo Balsamo Curato di Cassago deve per un capitale sopra beni situati in toravilla come nel Libro di Cassago L. 460."

(12) - Dal II Registro parrocchiale, I: "Io prete Filippo Balsamo altre volte Curato di Cassago con occasione che mi parto dala Cura et non hauendo chiesa da poter celebrare et per non incomodare alcuno ho leuato dala sacrestia di Cassago con obligo preso di tenerli et restituirli al suo luogo subito che io hauerò hauto una chiesa per poter celebrare liberamente li infrascritta mobilia Due pianete fruste et no più usate cioe una morella et l'altra rossa le quali pianede furono da superiori nostri interdette. Un camise et doi amiti una borsa et duoi corporali quatro purificatori, le quali cose io prometo restituire subito subito."

(13) - Cfr. Istruzione generale e particolare del 21 febbraio 1669 per l'Azienda dell'Eredità Pirovana, Arch.Visconti Modrone, fald. I-140, Eredità Pirovano, Mons. Filippo, testamento 1673: "... al sig. Filippo Balsamo, che fu curato di Cassago avanti il Capitaneo per levarlo dalla Cura fù necessario constituirgli un patrimonio e gli fù assegnato un luogo chiamato il Salvatore ..."

(14) - III Registro parrocchiale, 366 e 367: al 14/6/1667 legato Francesco Caccia e al 27/7/1667 legato Matteo Brambilla.

(15) - L. BIRAGHI, Sant'Agostino a Cassago Brianza in ritiro di sette mesi , Milano 1854, 35.

(16) - .P.CATTANEO, Breve storia di Cassago Brianza, 1956. secondo le normative dell'epoca enunciate nel decreto tridentino De invocatione, veneratione, et reliquiis sanctorum et de sacris imaginibus