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Percorso : HOME > Africa agostiniana > Siti archeologici > ThamudaAFRICA ROMANA: Thamuda
Viso di giovane donna
THAMUDA o THAMUSIDA
Circa 13 km dopo Kénitra una pista raggiunge la zona archeologica di Thamusida, antico porto fluviale abitato probabilmente dal II secolo a.C. e abbandonato verso la fine del III secolo. In epoca romana la città fu dotata di un campo fortificato e in seguito di una cinta muraria, tuttora riconoscibile. Il campo occupa un'area rettangolare di 165 per 135 m, attraversata da un'ampia strada porticata che partiva dalla porta pretoria.
A ovest è stato identificato il praetorium, vasto edificio disposto attorno a un cortile centrale. E inoltre stato portato alla luce un quartiere della città, dove sussistono le tracce ancora leggibili delle terme e di un tempio a tre celle precedute da portico. La visita di Thamusida introduce al riconoscimento delle tracce della civiltà romana che contraddistinguono questa regione, anche se in loco sono visibili pochi reperti.
Le ricerche archeologiche condotte hanno permesso di ricostruire le diverse fasi della storia antica del Marocco, distinguendo un periodo fenicio-cartaginese, la successiva civiltà mauretana e, dal I al III secolo d. C., la colonizzazione romana. Intorno al 40 d. C. Tolomeo, re di Mauretania veniva assassinato a Roma: occorsero tuttavia alcuni anni prima che i suoi possessi cadessero definitivamente sotto il dominio romano. Avviata la colonizzazione, il regno mauretano fu diviso nelle due province della Mauretania Cesariense a est e della Mauretania Tingitana a ovest, con Tingis (Tangeri) come capitale, vertice di un ideale triangolo ai cui estremi erano Sala e Volubilis. È ormai accertato che le città romane della Tingitania si svilupparono per lo più su insediamenti preesistenti, di fondazione fenicio-punica o mauretana; sono infatti rari e di minore importanza i centri sorti in età romana. A questa particolarità si aggiungono ulteriori caratteri peculiari della provincia, assai dissimile dagli altri territori africani dell'impero romano.
La dominazione romana fu infatti dettata dalla necessità di creare una zona intermedia di salvaguardia fra le ricche regioni della Spagna e della Tunisia. Pertanto dopo aver eliminato la potenziale minaccia di un forte regno indipendente, i Romani non si lanciarono alla conquista di territori inesplorati e di valore economico incerto, evitando di impegnarsi in lunghe guerre con le tribù autoctone.
In questo contesto fu di grande rilievo il ruolo dei Baquata e di altre tribù berbere alleate dei Romani, che esercitarono una funzione di collegamento fra la Tingitania e la provincia Cesariense, focolaio di resistenza da parte delle tribù del Nord respinte e spogliate dei loro territori. Sebbene sia difficile stimare la popolazione della Tingitania, è certo che essa era profondamente composita, almeno nei centri di Tangeri, Banasa e Sala, dove elementi africani, libici e punici convivevano con minoranze ebree, orientali e arabe. Pare invece sicuro che i Romani fossero relativamente pochi fra legionari, veterani e personale al seguito dei procuratori.
Per quanto riguarda l'organizzazione sociale si presuppone che al vertice vi fosse una ristretta oligarchia di grandi proprietari terrieri, i quali avrebbero conservato le loro proprietà nonostante il teorico passaggio dei territori del regno mauretano al «fiscus» imperiale. La piccola e media proprietà era forse abbastanza diffusa, per lo meno intorno a Volubilis. L'economia della provincia si fondava sulle risorse della pesca e la produzione di olio di oliva.
Da Tangeri a Lixus sono state infatti trovate tracce di numerose aziende per la salatura del pesce, le cui viscere rappresentavano l'elemento base del «garum», salsa a base di pesce marinato di cui Roma era grande consumatrice, conosciuto e prodotto nella Tingitania già in epoca preromana. Quanto all'olio di oliva, la sua importanza è confermata dall'ampia diffusione di frantoi, in particolare vicino a Tangeri, anche in case private. Queste attività alimentavano le esportazioni, compensate dalle importazioni di beni di lusso destinate all'aristocrazia e ai ceti abbienti locali. L'economia della provincia risentì tuttavia della crisi che colpì l'impero alla fine del III secolo, come attesta l'abbandono in quel periodo di oleifici e di aziende per la salatura del pesce.