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CICLo AGOSTINIANo di Giovan Pietro Da Cemmo a Cremona

Agostino insegna a Roma nella Chiesa di S. Agostino a Cremona

Agostino insegna a Roma

 

 

GIOVAN PIETRO DA CEMMO

1498-1504

Cappella del SS. Sacramento in S. Agostino a Cremona

 

Agostino insegna a Roma

 

 

 

La scena è rappresentata in due affreschi: la prima qui a sinistra, ricorda da vicino l'opera di Gozzoli a San Gimignano. Al centro, in fondo a una sala, Agostino è seduto su una cattedra elevata. I suoi tratti sono ancora da adolescente, ma veste già l'abito dottorale con l'ermellino.

Tiene aperto un libro sopra le ginocchia che probabilmente sta commentando. Gli uditori sono disposti a semicerchio in due gruppi: otto a sinistra e nove a destra. Hanno i capelli lunghi, cappelli e visi in varie pose, che vanno dall'attenzione alla distrazione. Non si vede alcun paesaggio e tutto si svolge all'interno dell'aula, ampia, spaziosa, ricca di decorazioni rinascimentali.

 

Agisti dunque su di me fino a farmi maturare la decisione di partire alla volta di Roma, per insegnare là invece che a Cartagine la mia disciplina. Come poi venni a questa convinzione io non te lo voglio tacere, dato che anche in questi fatti bisogna riconoscere e celebrare le tue profondità segrete e la tua attenzione costante e tenerissima per noi. Non volevo andare a Roma per le prospettive di maggiori guadagni e maggior prestigio con cui gli amici volevano allettarmi - benché anche queste cose allora avessero peso sulle mie decisioni. Ma la ragione prima e forse unica era la fama che gli studenti di là avevano d'essere più tranquilli, e disciplinati da un ordinamento più rigoroso: e non avevano l'abitudine di irrompere alla spicciolata e alla rinfusa in una scuola se non erano allievi di quel maestro, anzi non vi erano affatto ammessi senza il suo permesso. A Cartagine invece l'indisciplina degli studenti è vergognosa e sfrenata: hanno l'impudenza di cacciarsi dove vogliono, sono come furie che turbano l'ordine istituito per il profitto degli allievi. Commettono ogni sorta di insolenze di una scempiaggine incredibile, che le leggi dovrebbero punire, se l'usanza non li proteggesse. E si rivelano tanto più miserabili, in quanto agiscono come se ciò che fanno fosse lecito, mentre per la tua legge non lo sarà mai; e credono di passare impuniti quando è la stessa cecità del loro agire la pena, e soffrono cose incomparabilmente peggiori di quelle che fanno. E io che da studente m'ero sempre rifiutato di indulgere a quegli usi, adesso da professore ero costretto a sopportarli da parte altrui: per questo aspiravo ad andarmene dove questo, stando a chi ne era informato, non sarebbe accaduto.

AGOSTINO, Confessioni 5, 12, 22