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CICLo AGOSTINIANo di Guglielmo van herp ad Anversa

Agostino presiede la conferenza di Cartagine

Agostino presiede la conferenza di Cartagine

 

 

GUGLIELMO VAN HERP

1650

Chiesa di sant'Agostino ad Anversa

 

Agostino presiede la conferenza di Cartagine

 

 

 

Questo episodio è stato integralmente ripreso dalla analoga incisione di Bolswert. Costumi, disposizione dei personaggi, scenografia generale e particolare sono attentamente ripetuti. L'anonimo pittore ha solo aggiunto qualche personaggio a destra. Agostino presiede la grande assemblea dove sono convenuti i vescovi africani convocati dal tribuno Marcellino per dirimere la questione donatista. La sala è colma di vescovi che non mostrano una particolare brillantezza nella discussione che sembra animare la conferenza.

 

411: Presiede la Conferenza di Cartagine

Nel giugno 411, alla presenza di 286 vescovi cattolici e 279 vescovi donatisti, fu organizzata a Cartagine una solenne conferenza. I portavoce dei Donatisti erano Petiliano di Costantina, Primiano di Cartagine ed Emerito di Cesarea, gli oratori cattolici Aurelio di Cartagine ed Agostino. Alla questione storica in discussione, il vescovo di Ippona provò l'innocenza di Ceciliano e del suo consacratore Felice, sostenendo, nel dibattito dogmatico, la tesi cattolica che la Chiesa, finché esiste sulla terra, può, senza perdere la sua santità, tollerare i peccatori al suo interno nell'interesse della loro conversione. A nome dell'imperatore il proconsole Marcellino sanzionò la vittoria dei cattolici su tutti i punti in discussione.

 

Il martirio di Marcellino, alto funzionario imperiale e amico di Agostino, è legato allo scisma donatista che dilaniò per più di un secolo la Chiesa africana. Gli inizi risalgono al 310 quando venne contestata la validità della elezione del vescovo di Cartagine, Ceciliano, perché consacrato da vescovi "traditori". Quando l'editto di Diocleziano impose ai cristiani di consegnare i libri sacri per bruciarli, coloro che ne assecondarono la volontà furono detti "traditores" e considerati come pubblici peccatori. Il vescovo Donato (da cui il nome di donatismo alla sètta), opposto dal partito scismatico al legittimo vescovo Ceciliano, aveva riassunto l'affermazione dottrinale in questi due punti: la Chiesa è la società dei santi; i sacramenti amministrati dai peccatori sono invalidi.

Il pretesto dottrinale mascherava in realtà opposizioni regionali e sociali: Numidia contro Africa proconsolare, proletari contro proprietari romani. E’ a questo punto che si inserisce la vicenda personale del santo odierno, vittima illustre dei donatisti. Marcellino svolgeva a Cartagine le mansioni di tribuno e di notaio. Buon padre di famiglia, cristiano esemplare, venne definito dall'amico Agostino uomo molto noto per l'universale stima di cui godeva per la sua religiosità: "fama et pietate notissimus". Desideroso di apprendere, si rivolse spesso ad Agostino per avere chiarimenti sui punti più controversi della dottrina cattolica.

Dobbiamo alla lodevole curiosità del pio funzionario alcune opere scritte dal grande teologo di Ippona, come il trattato "Sulla remissione dei peccati", "Sullo spirito" e quello più celebre "Sulla Trinità", che tuttavia Marcellino non poté leggere perché nel frattempo aveva pagato con la vita il coraggio di schierarsi dalla parte della tradizione cattolica, nella conferenza tenutasi a Cartagine nel 411 tra i vescovi cattolici e i donatisti.

Marcellino diede la vittoria ai cattolici, e ciò valse un editto di proscrizione contro i donatisti promulgato dall'imperatore Onorio. Per questo i donatisti si vendicarono accusandolo di complicità con l'usurpatore Eracliano. L'accusa era grave e Marcellino fu condannato a morte dal conte Marino il 13 settembre. L'anno dopo lo stesso imperatore riconosceva l'errore commesso dalla giustizia romana. Caduta l'accusa di intesa tra Marcellino e il ribelle Eracliano, vennero sanzionate e approvate tutte le decisioni prese dal tribuno Marcellino, che la Chiesa onorò come martire per non essere mai sceso a compromessi con la verità neppure dinanzi alla morte.