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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > van HerpCICLo AGOSTINIANo di Guglielmo van herp ad Anversa
L'apparizione della Continenza nel giardino di Milano
GUGLIELMO VAN HERP
1650
Chiesa di sant'Agostino ad Anversa
L'apparizione della Continenza nel giardino di Milano
La tavola è attribuita a Guglielmo van Herp (1614-1677). Questo autore ha goduto di una certa notorietà nella scuola di Anversa dei suoi tempi e prova della sua abilità sono i primi due quadri di questo ciclo. La bella figura al centro che cerca di intrattenere Agostino fra due angeli è una novità ed è del tutto libera dalle idee di Bolswert, che influenzò l'arte delle Fiandre.
L'opera di Herp è concepita in diagonale seguendo il fascio di luce che scende dal cielo: Agostino, giovane, con baffi, ben vestito, è seduto ai piedi di un fico con il viso in piena luce. La sua espressione è grave e gli occhi rivolti alla Continenza.
Ma ormai parlava senza più calore. Ormai da quella parte a cui guardavo e fremevo di passare qualcuno mi si stava rivelando: era la sobria distinzione della Continenza, con il suo sorriso luminoso e discreto, e il cenno carezzevole e il contegno con cui pareva invitarmi a venire da lei senza esitare più. E protendeva verso me devote mani, quasi a ricevermi e abbracciarmi, piene di buoni esempi, a grappoli. Tanti bambini e bambine, e poi ragazzi e giovani e gente d'ogni età, e vedove posate e antiche vergini: e in tutti questi la continenza non era affatto sterile, ma generava figli di gioia da te, Signore, loro sposo. E il suo sorriso era insieme di invito e d'ironia, quasi dicesse: "Non avresti il potere che hanno questi ragazzi, queste donne? E loro lo trovano in se stessi, e non nel loro Dio e Signore? Il loro Dio e Signore me li ha dati. Perché ti tieni a te stesso, e non ti contieni? Gettati in lui, senza paura: non si ritirerà perché tu cada! Gettati senza angoscia, ti accoglierà e tu sarai guarito". E la vergogna mi faceva paonazzo, perché intanto continuavo a udire il sussurro di quelle fantasticherie, ed ero ancora esitante, sospeso. E lei di nuovo pareva riprendere a parlare: "Fatti sordo alla voce impura del tuo corpo sopra la terra, per mortificarlo. Ti parlano del piacere, ma non conforme alla legge del tuo Dio e Signore." Questa controversia era tutta nel mio cuore, c'ero soltanto io contro me stesso. Alipio, immobile al mio fianco, attendeva in silenzio l'esito della mia inusitata agitazione.
AGOSTINO, Confessioni, 8, 12, 27
A trattenermi erano le più vacue frivolezze e vanità di vanità, mie vecchie amiche, che mi tiravano per la veste di carne e sussurravano di sotto in su: "Non vorrai lasciarci ?" e "D'ora in poi non staremo più con te, mai più!"
"D'ora in poi non potrai più fare questo e quello, mai più!" E che insinuazioni sotto ciò che ho chiamato "questo e quello", che insinuazioni, mio Dio! La tua pietà le rimuova dall'anima del tuo servo. Che cose sordide, laide ! Ma io le udivo ormai a metà o molto meno: non mi venivano incontro con le loro obiezioni a viso aperto, ma bisbigliavano dietro le spalle come stuzzicandomi furtivamente, perché mi voltassi a guardare mentre fuggivo. Per colpa loro però mi attardavo, ed esitavo a strapparmele, a scuotermele di dosso e a volare in un salto là dove ero chiamato, mentre l'abitudine con tutta la sua forza insisteva: "E pensi di poterne fare a meno?"
AGOSTINO, Confessioni, 8, 11, 26