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CICLo AGOSTINIANo con le incisioni di Jean mariette

Agostino medita sul primo versetto della Genesi, immagine dalla stampa di Jean Mariette

Agostino medita sul primo versetto della Genesi

 

 

JEAN MARIETTE

1686

Le incisioni di Jean Mariette per una edizione francese delle Confessioni

 

Agostino medita sul primo versetto della Genesi

 

 

 

Agostino è seduto a un tavolo nella sua biblioteca. Una iscrizione aiuta a comprendere il significato della scena: Audiam et intelligam. Cap. 3. In più sul tavolo c'è un foglio dove si legge: In principio crea. L'artista dunque ha voluto rappresentare quel passo delle Confessioni dove si legge: Audiam et intelligam, quomodo in principio fecisti caelum et terram. Agostino è seduto con le braccia aperte, ascolta e medita le parole rivelate: il suo viso si gira verso una nubola luminosa che invade la scena.

 

Agostino medita sul primo versetto della Genesi

Agostino è seduto a un tavolo nella sua biblioteca e una iscrizione aiuta a comprendere il significato della scena: Audiam et intelligam. Cap. 3. In più sul tavolo c'è un foglio dove si legge: In principio crea. L'artista dunque ha voluto rappresentare quel passo delle Confessioni dove si legge: Audiam et intelligam, quomodo in principio fecisti caelum et terram. Agostino è seduto con le braccia aperte, ascolta e medita le parole rivelate: il suo viso si gira verso una nuvola luminosa che invade la scena.

AGOSTINO, Confessioni IX, 11, 27-28

 

6. 26. Dio inoltre chiamò giorno la luce e notte le tenebre 32. Siccome è nome d'una cosa non solo "la luce" ma anche "il giorno", e a loro volta "tenebre" e "notte" sono entrambi nomi di cose diverse, era forse necessario dire che furono posti nomi alle cose in modo che una cosa cui fu posto un nome fosse appunto denominata con un altro nome - infatti non si poteva fare diversamente - e perciò la Scrittura dice: Dio chiamò giorno la luce, in modo che si potesse dire indifferentemente anche a rovescio: "Dio chiamò luce il giorno e chiamò tenebre la notte"? Che cosa gli potremmo rispondere, se uno ci domandasse: "Fu imposto il nome di giorno alla luce o al giorno il nome di luce"? Poiché queste due parole, in quanto vengono pronunciate con voce articolata per indicare delle realtà, sono certamente dei nomi. Così anche riguardo alle altre due cose si può porre il quesito: "Fu imposto il nome di notte alle tenebre o il nome di tenebre alla notte?". In verità, come determina la Scrittura, è evidente che alla luce fu dato il nome di "giorno" e alle tenebre il nome di "notte", poiché dicendo: Dio fece la luce e separò la luce dalle tenebre, non si trattava ancora di nomi; i termini "giorno" e "notte" furono usati in seguito, pur essendo "luce" e "tenebre" certamente dei nomi anch'essi, indicanti certe realtà come "giorno" e "notte". Questa frase dunque deve interpretarsi in questo modo ' poiché non si sarebbe potuto enunciare diversamente una realtà che ricevette il nome, se non con un nome, o piuttosto questa denominazione si deve interpretare come l'atto stesso di distinguere realtà diverse? In effetti non ogni specie di luce è "giorno" né ogni specie di tenebre è "notte", ma con il termine di "giorno" e di "notte" vengono chiamate la luce e le tenebre regolate e distinte dal loro vicendevole alternarsi. Ogni vocabolo infatti serve per distinguere le cose. Ecco perché è anche stato chiamato "nome" ciò che serve a "denotare", un mezzo - diciamo così - per "distinguere", poiché deve servire a "denotare", cioè a distinguere e aiutare chi fa la professione d'insegnante. Lo stesso separare la luce dalle tenebre è forse dunque la stessa cosa che il chiamare "giorno" la luce e "notte" le tenebre, di modo che il regolare queste due cose equivale e dar loro un nome. O piuttosto questi vocaboli ci vogliono indicare che cosa Dio chiamò "luce" e che cosa "tenebre", come se la Scrittura dicesse: "Dio fece la luce e separò la luce dalle tenebre; chiamò poi giorno la luce e notte le tenebre, affinché non s'intenda qualche altra luce che non sia il giorno e qualche altra tenebra che non sia la notte"? Poiché, se ogni specie di luce potesse intendersi per "giorno" e se ogni specie di tenebra si denotasse col termine di "notte", forse non sarebbe stato necessario dire: E Dio chiamò giorno la luce e notte le tenebre.

AGOSTINO, Genesi 306