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Nicola da Tolentino celebra una messa per le anime del Purgatorio
MICHELE CLERICI
1746-1751
Chieti, chiesa di sant'Agostino, cappella di S. Agata
Nicola da Tolentino celebra una messa per le anime del Purgatorio
In questa formella ovale scolpita in altorilievo l'artista ha modellato le immagini con la tecnica a stucco. La struttura misura cm 50 in altezza e 28 in larghezza ed è stata dipinta. La scena si riferisce ad un episodio miracoloso che viene attribuito a san Nicola dal suo primo biografo Pietro da Monterubbiano.
Nel secondo capitolo del suo libro troviamo queste parole:
"10. Qualche tempo dopo, una volta che la sua vita e la sua dottrina furono con chiarezza comprovate, Nicola fu assunto al sacerdozio ed inviato dal priore provinciale in un eremo vicino a Pesaro, chiamato Valmanente, per condurvi vita conventuale; reso pronto e sollecito dal fervore di una straordinaria devozione, ogni giorno celebrava qui la Messa nel momento assegnato. Una volta, incaricato nel calendario settimanale della Messa conventuale, nella notte immediatamente precedente la domenica si mise un po' a dormire sul povero letto ed ecco che un'anima a gran voce e con un grande grido lo chiama: "Fratello Nicola - gli dice - uomo di Dio: rivolgiti a me! (Ps. 24, 16) ". Nicola si volge a quell'anima, sforzandosi in ogni modo di riconoscerla, ma poiché guardatala non riusciva a capire di chi fosse stata quell'anima mentre era viva, gli chiese turbato di farsi riconoscere.
11. Quell'anima allora rispose : "Io sono l'anima di frate Pellegrino di Osimo, che hai conosciuto da vivo: allora ero tuo servo, ora sono tormentato in questa fiamma. Accogliendone la contrizione, Dio non mi destinò alla pena eterna, che nella debolezza meritai, ma alla pena purgatoria, in virtù della sua misericordia. Ora ti prego umilmente di degnarti di celebrare la Messa per i morti, affinché io sia finalmente strappato da queste fiamme". Nicola rispose: "Ti sia propizio il mio Salvatore, o fratello, dal cui sangue tu sei stato redento; io sono però incaricato della Messa conventuale, che deve essere celebrata solennemente, e siccome non è giusto mutare l'officio - tanto meno nel giorno di domenica che viene - non posso recitare la Messa dei morti". Al che quello gli disse: "Vieni, o venerabile padre, vieni e guarda se è davvero degno di te respingere senza misericordia la richiesta che viene da una tanto misera moltitudine". Conducendolo da un'altra parte dell'eremo, gli mostrò allora quella piccola pianura che è vicino a Pesaro, in cui in effetti si trovava una moltitudine di gente, di ogni sesso, di diversa età e condizione e anche di ordini diversi. "Abbi misericordia, o padre, abbi misericordia di una moltitudine tanto misera, che aspetta da te un utile aiuto; infatti se tu vorrai degnarti di celebrare per noi, la maggior parte di questa gente sarà strappata da questi tormenti atrocissimi".
12. Risvegliandosi dunque il sant'uomo, mosso da una grande pietà per questa gente, cominciò subito ad implorare il Salvatore di tutti per tutti loro con una grandissima effusione di lacrime. La mattina dopo, prostrato con assoluta reverenza di fronte al priore, evitando ogni cenno di presunzione, gli parlò della visione non rivelando tutto ma solo alcuni particolari e supplicandolo di concedergli il permesso di celebrare la Messa dei morti in quella settimana. Il priore, subito accordando il suo permesso a quelle preghiere, provvide a sostituirlo con un altro nell'incarico. Nicola dunque, celebrando per tutta la settimana la Messa dei morti, giorno e notte piangeva lacrime d'amore per quella moltitudine che gli era stata mostrata. Ed ecco, trascorsa quella settimana, lo stesso frate Pellegrino gli apparve ancora e lo ringraziò per la misericordia che aveva richiesto e gli riferì di essere stato strappato con gran parte della moltitudine predetta dalle pene atrocissime, per la misericordia di Dio, per le Messe celebrate e per le preghiere lacrimose. E disse di essere così giunto con gioia alla gloria di Dio. "Tu ci hai liberato - disse - da ciò che ci tormentava, disperdesti e confondesti coloro che ci odiava".
13. O uomo ineffabile, i primordi della cui santità e le primizie dei meriti concorrono alla redenzione degli eletti di Dio! In purgatorio cominciò ad essere conosciuta la giovane età dell'uomo del quale la santità di vita da vecchio è vista essere venerata nel mondo: già la nave dei suoi meriti solca il mare del purgatorio e con le preghiere di questo mondo apre la terra, come con una sorta di vomere del potere a lui affidato. Nicola non solo svuotò il purgatorio con i suoi meriti, ma anche l'inferno sembrò svuotare con le preghiere della sua pietà.
La scena illustra questo racconto, dove Nicola sta celebrando la S. Messa e al momento della consacrazione un angelo dal cielo scende per prendere per mano frate Pellegrino e trascinarlo fuori dalle fiamme del Purgatorio dove si trovano altri purganti. Ai piedi di Nicola un frate agostiniano, di cui si nota la cintura di cuoio prega in ginocchio. Poco discosto un bambinello volge le spalle all'evento e guarda direttamente il fedele spettatore.
La chiesa di sant'Agostino a Chieti venne ristrutturata nel Settecento e riccamente decorata a stucco da maestranze lombarde. Dopo l'attività di Girolamo Rizza da Veglio nei primi anni del Settecento i lavori si trascinarono per decenni tanto che nel 1731 venne firmata una convenzione tra i padri e Vittore Fontana per la ripresa dei lavori che erano stati interrotti per mancanza di finanziamenti. Ulteriori lavori furono eseguiti da Domenico Poma nel 1735-1736 e Michele Clerici dal 1746 al 1751. Quest'ultimo, architetto e stuccatore lombardo, fu molto attivo nella provincia di Chieti. Clerici apportò notevoli modifiche al progetto originario tra cui la più importante la realizzazione di una copertura a vela anziché a cupola. L'intera decorazione interna conferma l'eccezionale perizia plastica degli stuccatori lombardi. Di notevole resa pittorica appaiono tanto i pannelli illustranti i principali santi agostiniani, quanto il preziosissimo velario che copre tutta la volta con un fitto e minuto ricamo.
Michele Clerici arriva in Abruzzo verso la metà del Settecento e si afferma come stuccatore e architetto. Appartiene a un gruppo di artisti lombardi, tra cui di Giovan Battista Gianni e Giambattista Gamba, che seguono le orme del milanese Giambattista Ferradini che stuccò l'oratorio di Sant'Antonio dei Cavalieri de Nardis all'Aquila (1646-1687). Ercole Ferradini e Francesco Pozzi stuccarono la Cattedrale dell'Aquila nel 1662 e nel 1673 sotto il controllo di Francesco Bedeschini realizzarono la decorazione della Basilica di Collemaggio. Nel 1692 Loreto Ferradini decora con stucchi la chiesa di San Paolo dei Barnabiti all'Aquila, poi dopo il 1703 decora l'interno del complesso agostiniano di Sant'Amico. In Chieti altri lavori di Michele Clerici li troviamo in Santa Chiara dove collaborò con Carlo Piazzola e Girolamo Rizza.
In sant'Agostino a Michele Clerici va attribuita la realizzazione degli stucchi della Cappella della Madonna della cintura con il dossale inquadrato da arco a tutto sesto fiancheggiato da angeli reggi medaglione. Nell'archivolto si rinvengono decorazioni a stucco con motivi vegetali; due statue e altrettante figure di angeli sopra il loro capo addossati ai pilastri laterali. Al centro è stata collocata la pala di Donato Teodoro della Madonna della Cintura, mentre il coronamento è strutturato con architrave mistilineo su cui poggiano due angeli. Anche la cimasa presenta una decorazione figurata a stucco. L'intera struttura è arricchita da stucchi modellati e medaglioni che riproducono scene della vita di Agostino.
Nella cartella centrale, sopra il dipinto, si legge l'iscrizione sacra () SINT LUMB[...]/ ESTRI PRAECINTI/ [...]
Sempre a Clerici vanno attribuiti gli stucchi che si trovano nella Cappella di sant'Agata della medesima chiesa.