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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Seicento: Nucci VirgilioPITTORI: Nucci Virgilio
Adorazione della croce con Sant'Agostino e altri santi
NUCCI VIRGILIO
1610
Cascia, Coro inferiore Monastero-Basilica di S. Rita
Adorazione della croce con Sant'Agostino, Santa Monica, Santa Rita e altri santi
La tela di Virgilio Nucci, pittore umbro nativo di Gubbio, è conservata nel Coro inferiore del Monastero-Basilica di S. Rita a Cascia. Il soggetto raffigura l'Adorazione della croce che è costituito da un crocifisso ligneo ai cui piedi il pittore ha dipinto Agostino (sulla sinistra), santa Monica, santa Rita da Cascia, la Vergine, Giovanni e altri santi. Tecnicamente è un olio su tela e la sua esecuzione data al 1610.
Consapevole della centralità della croce nel disegno salvifico di Dio sull'umanità e della straordinaria molteplicità di rimandi ad essa nell'Antico e nel Nuovo Testamento, Agostino si impegna nella sua interpretazione e meditazione lungo tutto l'arco della vita come confermano i numerosi riferimenti alla croce di Cristo, disseminati in tutta l'ampia produzione dell'Ipponate. Ciò che Agostino intende evidenziare è che la scelta di Gesù di portare la croce sulla quale verrà messo a morte è una lucida indicazione su cosa debba significare la vita cristiana. I credenti sono esortati in tal modo a seguire l'esempio del Maestro.
«La croce tiene insieme lo scandalo e la salvezza, la fine e l'inizio, perché in essa si compie qualcosa di assolutamente e radicalmente nuovo: sul legno, Cristo ci istruisce sul significato della nostra vita presente e futura, perché è con la sua morte che Egli ha vinto per noi la morte».
Scrive Agostino commentando l'episodio della Crocifissione e della presenza di Maria accanto a Suo Figlio: "Allora, sotto la croce la riconobbe, lui che da sempre l'aveva conosciuta. E prima che fosse nato da lei, aveva conosciuto la madre nella predestinazione. Prima che, come Dio, egli creasse colei dalla quale doveva essere creato come uomo, conosceva la madre."
Tu stesso ci avevi folgorati con le frecce del tuo amore, e portavamo conficcati nel ventre gli arpioni delle tue parole e gli esempi dei tuoi servi, che da oscuri avevi reso splendidi e da morti, viventi. Bruciavano ammassati nel fondo della mente divorando la sua pesantezza e il torpore, per impedirci di scendere in basso, ed era un tale incendio che tutto il fiato soffiatoci contro dalle subdole lingue l'avrebbe ravvivato, non estinto.
AGOSTINO, Confessioni, 9, 2, 3