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PITTORI: Neri di Bicci

Incoronazione della Vergine con Agostino e angeli musicanti di Bicci di Neri

Incoronazione della Vergine con Agostino e angeli musicanti

 

 

NERI DI BICCI

1463-1491

Avignone, Museo del Piccolo Palazzo

 

Incoronazione della Vergine con Agostino e angeli musicanti

 

 

 

L'evento dell'Incoronazione della Vergine è descritto come immediatamente successivo a quello dell'Assunzione in cielo, grazie a cui, secondo l'interpretazione di San Gerolamo, Maria viene condotta fino al trono di Dio. Questo soggetto solitamente costituisce la scena finale dei cicli dedicati alla Madonna, dopo la morte e l'ascesa al cielo. Come tema dotato di vita propria è apparso per la prima volta nell'arte gotica, dapprima scolpito sui portali delle cattedrali, poi dipinto sulle pale d'altare destinate a luoghi di culto posti sotto il patronato della Vergine. Solitamente la cerimonia è officiata da Cristo, che pone la corona in capo alla Madre seduta sullo stesso trono o inginocchiata davanti a lui. Frequenti sono tuttavia anche le immagini in cui solo il Padre Eterno incorona Maria o quelle che raffigurano il Padre Eterno e il Figlio uniti in Trinità con lo Spirito Santo.

La scena in genere avviene al cospetto della corte celeste ed è spesso affollata: il gruppo principale è di solito attorniato da angeli musicanti, santi, beati, martiri, patriarchi. I santi presenti in queste rappresentazioni assumono lo stesso ruolo e significato che hanno nelle sacre conversazioni.

Neri di Bicci, pittore italiano, ultimo esponente di una bottega molto attiva tra il Tre e il Quattrocento a Firenze ebbe per nonno Lorenzo di Bicci, attivo nella seconda metà del Trecento, e il padre Bicci di Lorenzo attivo nella prima metà del Quattrocento.

Nonno e padre furono importanti pittori del gotico toscano.

Si formò quindi nella bottega del padre, e dopo la sua scomparsa, nel 1452, ne assume la gestione. La sua attività è documentata in un diario scritto di suo pugno, le cosiddette Ricordanze, redatto tra il 1453 e il 1475.

Sebbene Neri di Bicci sia un pittore di secondario nell'arte fiorentina, il suo gusto un po' retrò e la popolaresca carica devozionale delle sue opere gli procurarono una nutritissima serie di commissioni, da parte di varie chiese e Istituzioni, assicurandogli una grande diffusione delle opere, che ancora oggi si trovano spesso nelle collocazioni originarie.

Comunque non fu esente da innovazioni, anzi elaborò un suo stile personale, al quale rimase fedele per tutta la sua quarantennale carriera, che ispirava a una rivisitazione di alcuni grandi pittori del secondo Quattrocento fiorentino, come il Beato Angelico della maturità, Filippo Lippi, Domenico Veneziano e Andrea del Castagno. Una sua caratteristica è l'uso di colori in tonalità sempre vivide, che danno forza alle sue tele. Dal suo diario apprendiamo che la sua attività si espresse in tutti i campi dell'artigianato pittorico: dai disegni per tessuti, alla collaborazione con intagliatori per opere lignee, dai disegni per le sculture, alla decorazione di cassoni, all'attività talora di architetto. Nella sua bottega fecero il loro apprendistato molti pittori, fra i quali Cosimo Rosselli, Giusto d'Andrea, Francesco Botticini e Bernardo di Stefano Rosselli. Con la sua morte la bottega di famiglia chiuse definitivamente.

Nell'opera conservata al Museo du Petit Palais ad Avignone Bicci di Neri propone un tema che ha trattato più volte e cioè l'incoronazione della Vergine, operazione che viene realizzata da Gesù. Attorno al cerchio dorato della scena principale si sviluppa su due piani una generosa coreografia di angeli e di santi. In alto sia a destra che a sinistra ci sono numerosi angeli musicanti, la cui presenta continua anche nel piano inferiore con angeli che suonano il liuto e il flauto. In basso a sinistra ci sono due personaggi che indossano la cocolla nera dei monaci agostiniani. Dei due quello seduto, con gli abiti e gli attributi episcopali, è sant'Agostino che regge con la mano sinistra un libro rosso. Il viso ha una folta barba grigia e un'espressione compunta e attenta a ciò che sta accadendo intorno a lui fissando lo sguardo sulla incoronazione della Vergine.

Fra le opere più significative ci sono due pale d'altare conservate nel Museo Diocesano di San Miniato: una che rappresenta la Madonna col Bambino in trono fra quattro Santi (1452) e l'altra che raffigura la Madonna che dona la cintola a San Tommaso (1470 - 1475). Sono note anche una Annunciazione (1464 circa) conservata presso la Galleria dell'Accademia di Firenze, una Santa Felicita e i suoi sette figli con predella raffigurante Il martirio dei sette fratelli maccabei, visitabile nella chiesa fiorentino di Santa Felicita sempre del 1464. Altre due sue tavole, oggi esposte nelle stanze che fungono da anticamera del Cenacolo di Sant'Apollonia a Firenze raffigurano una Madonna col Bambino e santi (1472 - 1473) e una Incoronazione della Vergine (1472) conservata nella chiesa abbaziale di San Pietro a Ruoti.

Tra gli affreschi il più notevole è forse quello di San Giovanni Gualberto e altri santi vallombrosani (1455) in una cappella della Chiesa di Santa Trinità a Firenze, un lavoro impegnativo per la vastità della composizione, per la accuratezza dei particolari e per la prestigiosa committenza della chiesa vallombrosana.

Un cospicuo gruppo di opere si trovano nel territorio della diocesi di Volterra, nella Pieve di San Verano a Peccioli e nella chiesa di San Giusto a Volterra. Conservato nel Museo Nazionale di San Matteo a Pisa, è il laterale del polittico della "Madonna delle Grazie" con Due Santi. Il Museo di Arte Sacra di Tavarnelle Val di Pesa conserva un importante gruppo di opere che gli vengono attribuite: una Lamentazione coi santi Luca, Margherita, Maria Maddalena, Giovanni Evangelista, Caterina e Lucia e una Madonna in trono con Bambino, san Nicola, l'arcangelo Raffaele e Tobia, sant'Antonio Abate, san Donnino e san Giuliano, entrambe riferite al 1473; i due pannelli con La Vergine e san Sebastiano e san Giovanni e san Rocco, datata dopo il 1475; due piccole tavolette con due ritratti, la prima con Fra Luca Lanfranchini da Mantova, la seconda con Niccolò Sernigi, entrambe post 1475.