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San Giovanni Battista e Sant'Agostino
VIVARINI ANTONIO
1464
Venezia, Galleria dell'Accademia
San Giovanni Battista e Sant'Agostino
Lo scomparto appartiene a un polittico di ben più ampie dimensioni. Il soggetto presenta due figure che sono riconoscibili in san Giovanni Battista a sinistra e sant'Agostino a destra. L'opera è stata realizzata con la tecnica della pittura su tavola e misura 175 cm in altezza e 58 cm in larghezza. La bibliografia riconosce in Antonio Vivarini l'autore della tavola che fu realizzata nel 1464. L'opera è attualmente conservata a Venezia nelle Gallerie dell'Accademia. In origine lo scomparto ornava il registro inferiore del polittico collocato sull'altare della Scuola di san Gerolamo a Venezia, nel quartiere Cannaregio, presso l'omonima chiesa cui era annesso un monastero si suore agostiniane.
Agostino è qui raffigurato secondo lo schema iconografico più diffuso che lo vede vescovo e Dottore della Chiesa. Nella mano sinistra impugna il bastone pastorale mentre con la destra regge un libro chiuso. In testa porta la mitra: il suo viso è di persona matura, dallo sguardo profondo, con una folta barba nera che gli copre le guance fino al petto. Il polittico aveva centralmente un comparto con la figura di Gerolamo, mentre nel registro superiore comparivano una Deposizione con Nicodemo e la Maddalena, l'angelo annunciante e Maria annunciata, oggi perduti. Con la soppressione degli ordini religiosi nel 1810, l'opera venne smembrata e i due pannelli laterali trasferiti nella chiesa di santa Caterina prima di entrare nelle Gallerie dell'Accademia.
Fra le varie figure di santi che l'iconografia agostiniana presenta assieme al vescovo d'Ippona, un posto di rilievo spetta certamente a san Giovanni Battista, di cui fu certamente un emulo predicatore nel deserto della civiltà romana ormai in decadenza: punto di riferimento per i poveri e per la gente assetata di giustizia e di una buona parola di verità.
Fonte principale sulla vita e la figura del Battista sono i Vangeli. Essi affermano che era figlio di Zaccaria e di Elisabetta e fu generato quando i genitori erano in tarda età. Sentita la chiamata, Giovanni andò a vivere nel deserto, conducendo vita di penitenza e di preghiera, secondo la tradizione ebraica del voto di nazireato: "Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico" (Marco 1, 6).
Giovanni Battista annunciò più volte di riconoscere in Gesù il Messia annunciato dai profeti, ma il momento culminante è quello in cui Gesù stesso volle essere battezzato da lui nelle acque del Giordano; in quell'occasione Giovanni additò Gesù ai suoi seguaci come "l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo" (Giovanni 1, 29).
Il Battista morì a causa della sua predicazione. Egli condannò pubblicamente la condotta di Erode Antipa, che conviveva con la cognata Erodiade; il re lo fece prima imprigionare, poi, per compiacere la bella figlia di Erodiade, Salomè, che aveva ballato ad un banchetto, lo fece decapitare. Attributo principale nell'iconografia è un lungo bastone da viandante sormontato da una piccola croce, con la scritta "Ecce agnus Dei" (Ecco l'Agnello di Dio); è vestito con l'abito di pelle di cammello, a cui a volte si aggiunge il mantello rosso, segno del martirio.
Antonio Vivarini
Antonio Vivarini, è noto anche come Antonio da Murano, dal paese dove nacque verso il 1418. Probabilmente si formò alla scuola di Andrea da Murano e nella sua formazione giovanile risentì dell'influsso di Gentile da Fabriano. La sua prima opera conosciuta è datata 1440 mentre il suo ultimo lavoro, conservato a Roma, risale 1464. Lavorò sovente con Giovanni d'Alemagna, con cui iniziò la decorazione della cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani a Padova, assieme ai più giovani Nicolò Pinzolo e Andrea Mantegna. A partire dal 1450 Antonio lavorò sostanzialmente da solo o assieme al fratello minore Bartolomeo, dipingendo numerose pale d'altare e polittici soprattutto per le chiese di Venezia. il suo stile prediligeva una notevole attenzione alla cromaticità delicata e raffinata, soprattutto negli incarnati. La sua bottega fu proseguita, oltre che dal fratello Bartolomeo, anche dal figlio Alvise. Si ritiene che sia morto a Venezia dopo il 1476 e prima del 1484.