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PITTORI: Giacinto Diano

Agostino converte un eretico

Agostino converte un eretico

 

 

DIANO GIACINTO

1783

Napoli, Basilica di S. Pietro ad Aram

 

Agostino converte un eretico

 

 

 

L'opera di Giacinto Diano Detto Pozzolano (1731-1804) raffigura sant'Agostino seduto in cattedra mentre sta scrivendo su un grande libro. Il santo indossa i paramenti episcopali ed ha ai suoi piedi un personaggio che si inchina dinanzi a lui. La scena raffigura pertanto l'attività che Agostino svolse a difesa della ortodossia cattolica combattendo ogni forma di eresia, di cui il personaggio in ginocchio rappresenta simbolicamente coloro che dopo aver diffuso le eresie, si pentono e soccombono di fronte alla possente parola di Agostino, che li convince ad abbandonare gli insegnamenti eretici.

Il dipinto è conservato nella quarta cappella della Basilica di san Pietro in Aram dove sono collocati anche il Battesimo di Santa Candida di Antonio Sarnelli e il Sant'Antonio da Padova in gloria di ignota mano ottocentesca.

La figura di Agostino domina la scena e maestosamente osserva gli eretici convertiti che si rivolgono umilmente a lui.

 

La Basilica di san Pietro in Aram è nota a Napoli perché, secondo la tradizione, custodirebbe l'Ara Petri, ovvero l'altare su cui pregò san Pietro durante la sua venuta a Napoli. La basilica sorge nel centro storico della città e, fino all'Ottocento, era affiancata da un chiostro monumentale.

L'interno presenta una navata unica, a croce latina, con quattro cappelle per lato e transetto. Ai lati dell'ingresso sono collocate due sculture ottocentesche che ritraggono san Francesco d'Assisi e sant'Antonio da Padova. Nella prima cappella sono appese due tele di ignoto artista settecentesco. Nella seconda è collocato un rilievo marmoreo cinquecentesco che raffigura la Deposizione, una Immacolata di Teodoro D'Errico e un Angelo Custode attribuito ad Antonio Sarnelli. Nella terza si ammira la Pietà con i santi Pietro e Paolo che è ritenuta opera di Pietro Negroni.

L'altare del transetto destro è sormontato dall'opera che raffigura l'Arcangelo Raffaele e Tobiolo di Giacinto Diano, mentre ai lati troviamo la Maddalena penitente di Francesco De Mura e la Madonna con il Bambino e San Felice da Cantalice di Andrea Vaccaro. L'altare del transetto sinistro propone l'Immacolata di Antonio Sarnelli, ai suoi lati il Battesimo di Santa Candida di Pacecco De Rosa e il Cristo al Limbo di Agostino Ciampelli. Al piano superiore si trova infine un sant'Agostino che cura un'ossessa di Domenico Antonio Vaccaro. Ai lati dell'imponente e pregevole altare maggiore sono collocate due tele giovanili di Luca Giordano: i santi Pietro e Paolo che si abbracciano prima di andare al martirio e La consegna delle chiavi. Nel corridoio d'accesso alla sacrestia, a sinistra dell'abside, si erge il sepolcro rinascimentale di Baldassarre Ricca, opera di Giovanni Giacomo da Brescia che la realizzò nel 1519.

 

 

Giacinto Diano

Giacinto Diano, noto anche come Giacinto Diana, nacque a Pozzuoli nel 1731. Fu avviato alla pittura nella bottega di Francesco De Mura (1696-1782), che ne influenzò le opere giovanili. Nel 1752, il giovane Diano si trasferì da Pozzuoli a Napoli, dove fioriva l'arte e culturale per la presenza dell'illuminato re Carlo III di Borbone. Soprannominato 'o Puzzulaniello, Diano riuscì rapidamente ad affermarsi e nel 1773 ottenne la nomina di professore di Disegno e maestro di Pittura nella Reale Accademia di Belle Arti. Diano realizzò una ricca produzione artistica, sparsa in diverse località dell'ex Regno Borbonico e a Napoli. Numerose sue opere si trovano anche a Pozzuoli nel Duomo, nella cappella del Seminario vescovile e in Santa Maria delle Grazie. I suoi lavori più importanti sono le tele eseguite tra il 1758 e il 1760 per la chiesa di San Raffaele Arcangelo, oggi trasferite a Napoli. Trascorse gli ultimi anni in miseria in una casa dei quartieri spagnoli, dove morì nel 1803. Fu sepolto nella chiesa dell'Arciconfraternita della SS. Trinità dei Pellegrini di cui era confratello. L'attività di Diano fu proseguita da diversi allievi, tra i quali troviamo Gaetano Gigante, fondatore della Scuola di Posillipo, che conobbe in Giacinto Gigante il più noto esponente.