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PITTORI: Diano Giacinto

Sant'Ambrogio battezza sant'Agostino

Sant'Ambrogio battezza sant'Agostino

 

 

DIANO GIACINTO

1760

Napoli, Collezione Pisani

 

Sant'Ambrogio battezza sant'Agostino

 

 

 

Al centro di questa grandiosa scena troviamo Ambrogio, il vescovo di Milano, che battezza Agostino. La struttura dell'opera è definita da una grazia lineare e da un'eleganza formale che si fondono armonicamente con le più recenti innovazioni neoclassiche. Nel quadro si può apprezzare l'ampliamento dell'orizzonte spaziale e prospettico grazie ad una ampia architettura che si accoppia a cromie calde e rassicuranti. Lo schema compositivo si ispira ai prototipi di Solimena ed anche a De Mura. La grandiosità aulica della scenografia e il brulicante muoversi delle persone rivelano echi dello scintillante barocco di Giordano, che sono ben leggibili nelle gamme chiare di colore. Esse danno luogo ad un gradevole effetto pittorico, che, pur nella complessità degli episodi presi singolarmente, riesce a creare un'atmosfera quieta e serena, nel pieno rispetto delle esigenze di grazia e di devozione religiosa.

La scena del battesimo di Agostino è decritta dallo stesso santo nelle sue Confessioni. Sappiamo che dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'attuale Cassago Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti.

Era venuta intanto la primavera; al principio della quaresima, Agostino ritornò dunque a Milano, con Alipio e Adeodato, per ottenere l'iscrizione tra i competentes, i catecumeni cioè ritenuti maturi che avrebbero ottenuto il battesimo per la Pasqua successiva. A Milano partecipò con il vescovo Ambrogio a una preparazione specifica al Battesimo, che Agostino seguì con il figlio Adeodato e l'amico Alipio. E nella notte sul 25 aprile 387, giorno di Pasqua, egli otteneva il lavacro rigeneratore, per mezzo di Ambrogio. Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano. Allora S. Ambrogio secondo quello che lui stesso dice, gridò: Te Deum laudamus. S. Agostino seguitò: Te Dominum confitemur.

Si tratta di una leggenda tardiva che attribuisce ai due santi, uniti in questa circostanza solenne, la composizione del Te Deum, di cui ciascuno avrebbe cantato, improvvisandola, una strofa.

 

 

Giacinto Diano

Giacinto Diano, noto anche come Giacinto Diana, nacque a Pozzuoli nel 1731. Fu avviato allapittura nella bottega di Francesco De Mura (1696-1782), chene influenzò le opere giovanili. Nel 1752, il giovane Diano si trasferì da Pozzuoli a Napoli,dove fioriva l'arte e culturale per la presenza dell'illuminato re Carlo III di Borbone. Soprannominato 'o Puzzulaniello, Diano riuscì rapidamente ad affermarsi e nel 1773 ottenne la nomina di professore di Disegno e maestro di Pittura nella Reale Accademia di Belle Arti. Dianorealizzò una ricca produzione artistica, sparsa in diverse località dell'ex Regno Borbonico e a Napoli. Numerose sue opere si trovano anche a Pozzuoli nelDuomo, nella cappella del Seminario vescovilee in Santa Maria delle Grazie. I suoi lavori più importanti sono le tele eseguite tra il 1758 e il 1760 per la chiesa di San Raffaele Arcangelo,oggi trasferite a Napoli. Trascorse gli ultimi anni in miseria in una casa dei quartieri spagnoli, dove morìnel 1803. Fu sepolto nella chiesa dell'Arciconfraternita della SS. Trinità dei Pellegrini di cui era confratello.L'attività di Diano fu proseguita da diversi allievi, tra i qualitroviamo Gaetano Gigante, fondatore della Scuola di Posillipo, checonobbe in Giacinto Gigante il più noto esponente.