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UN LEGGENDARIO DEI PRIMI SANTI AGOSTINIANI (1326-1342)

Sant'Agostino: miniatura da un codice fiorentino

 

Sant'Agostino: miniatura da un codice fiorentino

 

 

UN LEGGENDARIO DEI PRIMI SANTI AGOSTINIANI (1326-1342)

 

da ANALECTA AUGUSTINIANA XXIX (1966), pag. 5-58

 

 

Premessa

Un manoscritto del XV secolo conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, Cod. Plut. 90 sup. 481, contiene, dal fol. 46r al fol. 54v, una raccolta di tredici abbozzi agiografici del XIV secolo, intitolati "Vita brevis aliquorum fratrum heremitarum." [1]

Gli abbozzi raccontano le virtù e i miracoli di 14 santi frati agostiniani del XIII e XIV secolo, che si distinsero per la loro dedizione alla maniera eremitica di vivere il monachesimo che si dice S. Agostino abbia per primo organizzato nella Chiesa Romana. [2] L'autore della raccolta, un frate agostiniano toscano della provincia di Pisa, ha attentamente evitato di dichiarare il suo nome. Comunque alcune allusioni alla sua personalità ed al tempo in cui visse, si ritrovano in alcuni passi sparsi qua e là, nei quali si lascia scappare alcune informazioni su di sé. Nella breve "Vita", intitolata "De fratre Philippo Lombardo", menziona fra Guglielmo da Cremona ed aggiunge: "qui nunc totum ordinem regit " (fol. 50v).

Dal momento che Guglielmo da Cremona fu priore generale dell'Ordine dal 1326 al 1342, la raccolta può sicuramente essere datata nell’arco di tempo di questo generalato. Oltre a ciò, nella stessa ‘Vita’, accidentalmente ci dice che studiò nello studium generale dell'Ordine a Genova: "dum Janue studens fui" (fol. 50v). Infine, da una nota da lui fatta nel suo primo abbozzo agiografico, intitolato "De fratre Johanne de Florentia", veniamo a sapere che era originario della città di Firenze o del territorio fiorentino. Infatti sottolinea il suo patriottismo per motivare il fatto che dà inizio alla sua raccolta con la ‘Vita’ del suo concittadino, fra Giovanni da Firenze: "tamquam patrie alicuius fame zelans." (fol. 46r)

Sebbene il nostro Anonimo Fiorentino si sia applicato alla sua opera con grande entusiasmo e con amore genuino per il suo Ordine, tuttavia gli manca l’attitudine letteraria richiesta per una simile impresa. Come risultato, il prodotto finale del suo sforzo é segnato da una mancanza di garbo nello stile e da goffaggine nella struttura grammaticale, con ripetizioni di parole e frasi, e cadute occasionali nel vernacolo. La sua limitata padronanza della lingua latina si manifesta non solo con infrazioni alle regole grammaticali, che sono caratteristiche negli autori medioevali, come l'uso sbagliato dei pronomi possessivi e riflessivi, ma anche con imperfette costruzioni dei participi. Si può quasi percepire quanto gli sia stato difficile tradurre le sue idee in parole, raggruppare le parole e, infine, formare una frase logicamente costruita. Conformemente agli scopi degli agiografi medioevali, l'intenzione primaria del nostro autore nel comporre queste narrazioni fu quella di fornire uno scritto edificante. Questo proposito é chiaramente espresso nella prefazione (fol. 46r) dove afferma di aver scritto queste brevi ‘Vitae’ con l’intenzione di stimolare nei cuori dei giovani confratelli un desiderio ardente di imitare le opere devote di alcuni santi frati eremiti della precedente generazione: "ut iuvenes fratres, qui eos in corpore non viderunt, ista licet pauca de eis audientes ad imitationem sanctorum operum incitentur". [3]

Dal momento che il santo era sopratutto considerato come un modello da imitare, l'agiografo medioevale non era principalmente interessato all'individuo come tale, ma piuttosto cercava di catturare e trattenere, per mezzo degli "exempla" forniti dal santo, l'ideale che questi aveva incarnato nella sua vita. Gli '"exempla" erano di volta in volta o sorprendenti manifestazioni di virtù o miracoli compiuti dal santo, come segni dell’approvazione del cielo. Come risultato, le narrazioni della nostra raccolta, sebbene variabili in maniera considerevole nella lunghezza [4], hanno una caratteristica comune. E' data molta importanza agli avvenimenti straordinari, alle guarigioni miracolose, alle esperienze soprannaturali, alle visioni, alle estasi e alle pratiche ascetiche eccezionali. Infatti il nostro autore considera la registrazione dei miracoli come suo principale dovere: "quia dei munere cogitavi aliquorum fratrum ordinis heremitarum, qui circa ista tempora claruerunt, aliqua miracula scribere ..." (fol. 46r). L'interesse prevalente per gli episodi di carattere miracoloso, narrati con una certa solenne indeterminatezza, hanno senza dubbio lo sfortunato risultato che spesso è difficile trovare qualcosa di realmente concreto circa la vita e la personalità del vero soggetto della narrazione, cioé del santo stesso [5].

A causa di questa deplorevole insufficienza di dati biografici, uno studio più minuzioso della nostra raccolta potrebbe a prima vista essere considerato una perdita di tempo e un lavoro inutile.

Invece è necessario ricordare che, ciò che attualmente più necessita nello studio della storia dell'Ordine Agostiniano, le cui fonti recentemente si é incominciato a raccogliere e a vagliare sistematicamente, é la scoperta e la presentazione di fatti e che, nel diligente e a volte faticoso processo di indagine nelle raccolte di manoscritti, di archivi e in altre fonti di materiale sparso e nascosto, non si dovrebbe trascurare alcun documento, persino se esso offrisse uno scarso contributo alla somma totale delle nostre conoscenze.

Il nostro autore era senza dubbio ancora in una posizione tale da attingere ampiamente alla tradizione orale relativa agli inizi e alla prima storia dei numerosi eremi che, durante la prima metà del sec. XIII, erano sorti nelle vecchie diocesi di Lucca, Pisa, Siena e Volterra. Infatti egli stesso espressamente si riferisce varie volte a questa tradizione orale. Sicuramente queste tradizioni orali mancano della precisione di un documento ufficiale registrato al tempo in cui accaddero gli eventi riportati, ma sarebbe erroneo supporre che queste tradizioni siano necessariamente false nei fatti principali che riportano. E' per questa ragione che noi abbiamo creduto utile presentare la "Vita brevis aliquorum fratrum heremitarum" nella sua integrità e corredarla di quelle note storiche correttive che il testo richiede.

 

 

 

Note

 

(1) - Per una descrizione del manoscritto, vedi A. M. BANDINI, Catalogus codicum latinorum bibliothecae Mediceae Laurentianae 3 (Firenze 1776) 622-626; inoltre R. ARBESMANN, The "Vita Aurelii Augustini Hipponensis Episcopi" in Cod. Laurent. Plut. 90 Sup. 48, in: Traditio 18 (1962) 319-325; Le Tre Prime Vite di S. Galgano, in Didascaliae (Studi in onore di Anselmo M. Albareda), New York 1961, p. 7.

(2) - In aggiunta alle sigle convenzionali, saranno usati riferimenti abbreviati per le seguenti pubblicazioni: AA = Analecta Augustiniana (Roma 1905ss); Coriolanus = Ambrogio da Cori, Defensorium ordinis fratrum heremitarum sancti Augustini responsivum ad maledicta canonicorum assertorum regularium congregationis Frisonariae (Romae 1481); Crusenius = N. Crusenius: Monasticon Augustinianum (Monachii 1623); Friemar = Enrico di Friemar: Tractatus de origine et progressu ordinis fratrum heremitarum et vero ac proprio titulo eiusdem (ed. R. Arbesmann, Augustiniana 6 (1956) 37-145); Herrera = T. de Herrera, Alphabetum Augustinianum (2 vol., Matriti 1644); Pamphilus = J. Pamphilius, Chronica Ordinis Fratrum Eremitarum Sancti Augustini (Romae 1581); Torelli = Secoli Agostiniani (8 vol., Bologna 1659-1686); Vfr. = Jordani de Saxonia Ordinis Eremitarum S. Augustini Liber Vitasfratrum (ed. critica di R. ARBESMANN et Z. HUMPFNER, New York 1943).

(3) - Con parole simili Enrico di Friemar, un contemporaneo del nostro autore, descrive lo scopo dell’elenco dei santi che aggiunse al suo Tractatus de origine et progressu ordinis fratrum heremitarum: "Verum quia a radice tantae sanctitatis primorum patrum huius ordinis nonnisi sancta germina decuit propagari, ideo sub compendio pro aedificatione fratrum fratres famosae et notoriae sanctitatis huius nostri ordinis; de quibus compertum habui; studui annotare" (FRIEMAR p. 118).

(4) - La più corta di queste (fol. 50r : "De fratre Angelo de Garfagnana") é di sole nove righe, la più lunga (fol. 51r - fol. 53r: "De beato Augustino de Tarano") occupa 106 righe.

(5) - L'interesse prevalente per la registrazione dei miracoli piuttosto che per i dati biografici può essere notato anche nel primo tentativo conosciuto nell'Ordine di raccogliere materiale per le vite dei santi frati. Un decreto del capitolo generale di Parigi nel 1329 dice così: "Item diffinimus et mandamus, quod omnia miracula fratrum nostorum, qui divina gratia claruerunt, sub manu publica aut documentis autenticis (sic) in qualibet provincia colligantur et generali infra istud triennium transmittantur, ut presententur futuro capitulo generali" (AA 4, 87). I problemi che nascono da questa particolare caratteristica degli agiografi medioevali sono stati discussi da F. ROTH, The Present Status of Augustinian Hagiography, in The Tagastan 16, 3 (1953-54) 47-59.