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UN LEGGENDARIO DEI PRIMI SANTI AGOSTINIANI (1326-1342)

Sant'Agostino: miniatura da un codice fiorentino

 

Sant'Agostino: miniatura da un codice fiorentino

 

 

DE FRATRE JOHANNE DE REATE

 

 

 

(Fol. 48v) Fuit alter dei electus frater Johannes de Reate de provincia Spoletana. Hic etate iuvenis sed moribus grandevus, in sancte conversationis habitum se fortiter astringens, in XVII° anno etatis sue laudabiliter finivit. Et licet parvo temporis spatio laboraverit, multa tamen merita virtutum sibi cumulavit, in virginitate et munditia tam mentis quam corporis persistendo, infirmis serviendo, pauperibus fratribus ea, que sibi a matre eum filium unicum habente (deferebantur), tribuendo, in sancta contemplatione orando, in colloquiis divinis die noctuque vacando, corpus proprium multiplicibus macerationibus domando.

Qui suum finem a domino sciens imminere, sanus et incolumis (a) priore (priori cod.) suo multa instantia ecclesie sacramenta expetivit, qui finaliter suis benignis precibus inclinatus tribuit quod petivit. Sequenti vero die deo, cuius erat, in oratione existens in sua cellula animam reddidit. Quem prior ad missam et in ecclesia non videns eum(que) perquirens, venerabile corpus in cella suspensum (subpensum cod.) a terra in modum orandi invenit. Vocatisque fratribus quod latebat indicavit, et (corpus) debito honore, ut decebat, sepulture tradiderunt. Quod Milcas (sic) eius devotus ex uno oculo visum recipiens vidit, et eius uxor contracta sanitatem recepit. Cuius meritis et precibus in (fol. 49r) numera et quasi infinita miracula sunt ostensa, quorum duo super bis ad meam memoriam ad presens eveniunt.

Unum est de quodam monac(h)o Cisterciensi, qui flamme infirmitatem diu patiens, audiens meritis servi dei Johannis mirabilia operari, dei devotione commotus, venerabile corpus (ad)iuravit eique de infirmitate sua se commendans per dei gratiam sanus et liber ad suum rediit monasterium. Quem videntes monac(h)i cum eorum abbate processionaliter locum sancti et corpus visitaverunt et deum in servo suo fratre Johanne laudaverunt. Alius vero religiosus fuit quandam patiens infirmitatem, cui volenti(?) corpus beati Johannis visitare ac (se) suis precibus pro sanitate commendare inhibitum fuit, ne causa aliqua sub pena inob(b)edientie faceret, et quod detestabilius fuit, servo dei derogare ceperunt. Sed quia dispositio ordinavit, nullo potuit hominum conamine impediri dictus religiosus infirmus amore et devotione famuli dei inflammatus. Suum fefellit priorem alio se ire velle ostendens. Qui assumpto socio ad locum sancti, ubi erat corpus, advenit. Quod socius conspiciens, non ignarus de precepto infirmo facto, nullo modo locum servi dei ausus est introire. Quod advertens infirmus ad fores ecclesie stans suam ad sanctum direxit orationem et loco sancti corporis muros ecclesie genibus flexis et brac(c)hiis extensis adhesit. Et statim dei virtute et servi sui Johannis dictus frater, qui infirmus venerat, sanus et incolumis ad rnonasterium rediit. Quod videntes fratres dicto servo dei detrahentes non parvus rubor et tremor invasit.

 

 

Il migliore fra i primi resoconti della vita del Beato Giovanni di Rieti è quello di Giordano di Sassonia [1]. Durante la sua vita a Giordano furono affidati importanti compiti nel suo Ordine. Nei suoi numerosi viaggi inerenti a questi incarichi, egli raccolse con ammirabile perseveranza i dettagli più edificanti delle vite dei frati, e poi li incorporò nel suo Liber Vitasfratrum. In uno di questi suoi viaggi in Italia, visitò la tomba del Beato Giovanni a Rieti e qui raccolse tutte le informazioni che riuscì ad avere sulla la vita di questo santo frate. Secondo il resoconto fatto da Giordano nella sua opera, Giovanni entrò nell'Ordine degli Eremiti Agostiniani nella sua gioventù. Nel monastero di Rieti non attirò in nessun modo l'attenzione su di sé, ma visse lietamente la vita comune prescritta dalla Regola. Egli fu sempre al servizio del prossimo, specialmente degli ammalati, e felice di servire gli ospiti che arrivavano al monastero. Alla sua indole amabile e attraente univa tuttavia una profonda capacità di raccoglimento e devozione, passando lunghe ore nella contemplazione ed apprezzando in particolare le possibilità di servire la Messa ai confratelli per amore della comunione con Dio. Uscendo dal giardino del monastero egli spesso era stato visto spargere lacrime.

Quando una volta gli fu chiesta la ragione delle sue lacrime, rispose: "Io vedo le piante e gli alberi, gli uccelli e la terra obbedire a Dio producendo i frutti, e l'umanità, alla quale è stata promessa la vita eterna, come ricompensa per la sua obbedienza, la vedo trasgredire i comandamenti del suo creatore. Questo io lamento e deploro". Giordano racconta anche la storia affascinante di un usignolo che si fermò sul davanzale della cella di Giovanni per diversi giorni prima della sua morte e riempiva l'aria col suo dolce canto. Ai suoi confratelli meravigliati di questo fenomeno straordinario, Giovanni disse sorridendo e quasi giocosamente: "E' la mia sposa che mi stà invitando in paradiso". Un giorno, mentre serviva la Messa, vide una luce luminosa apparire sull'altare. Lo stesso giorno egli si ammalò e morì di santa morte.

Concludendo il suo resoconto, Giordano non dimentica di riferire i molti miracoli che avvennero sulla sua tomba durante il primo anno dopo la sua morte: "Et infra eundem annum Deus per istum sanctum fratrem fecit circiter centum quinquaginta signa gloriosa, ut audivi a fratribus illius conventus, cum olim in Reate essem apud sepulcrum eiusdem sancti fratris praesentialiter constitutus" [2]. Altri scrittori Agostiniani aggiungono solo elementi di minore importanza al resoconto di Giordano. Iniziamo con il nostro Anonimo Fiorentino. La sua narrazione contiene, oltre alla notizia di quattro guarigioni miracolose compiute per l'intercessione di Giovanni dopo la sua morte, alcuni abbellimenti alla leggenda che senza dubbio iniziò a raccogliersi attorno all’amabile figura del giovane santo. Così ci narra come il priore del convento, notando l'assenza di Giovanni alla messa conventuale del mattino, lo cercò e lo trovò morto nella sua cella, il suo corpo sospeso a mezz'aria in atteggiamento di preghiera. Ambrogio da Cori, nella sua lista dei santi Agostiniani, scrive semplicemente: "Undecimus fuit beatus Johannes de Reate provincie Vallis Spoleti" [3]. Da un manoscritto della Bibliothèque de l'Arsenal a Parigi [4], che contiene il trattato di Enrico di Friemar sull'origine e lo sviluppo dell'Ordine dei Frati Eremiti, con aggiunte considerevoli all’elenco dei santi Agostiniani redatto da Enrico, veniano a sapere che Giovanni proveniva da Amelia (la vecchia Ameria), una insigne città dell’Umbria, a sei miglia a nord-ovest di Narni: "Sextus fuit Johannes de Ameria, qui Reate iuvenis existens crucem in corde portavit et ibidem multis claruit prodigiis" (Friemar p. 120). Panfilo (fol. 55v) copia quasi parola per parola la maggior parte del testo di Giordano e, senza offrire nessuna prova documentaria, colloca la morte di Giovanni nell'anno 1347. Herrera (1.371ss), ovviamente non riuscendo ad ottenere alcuna ulteriore informazione attendibile, si accontenta di citare il resoconto di Giordano nella sua interezza. Riguardo alla morte di Giovanni, egli lascia al lettore la scelta tra l'anno 1347, data solitamente indicata dagli autori Agostiniani, e l'anno 1385, data menzionata dal cronista agostiniano del XVI secolo Jeronimo Roman [5].

Anche il prolisso excursus sulla vita del Beato Giovanni da Rieti, che Torelli inserisce nella sua opera Secoli Agostiniani (5.572-577), è nel complesso soltanto una ripetizione del resoconto di Giordano retoricamente abbellita e accresciuta. Ulteriore materiale fu trovato da Torelli nel secondo volume di L. Jacobilli in Vite de' Santi e Beati dell'Umbria. Secondo questo autore del diciassettesimo secolo, Giovanni nacque non proprio in Amelia, ma a Castel Porziano, un villaggio nelle immediate vicinanze di quella città; era membro della famiglia dei Bufalari e fratello della Beata Lucia di Amelia, una monaca agostiniana. Jacobilli indica il 1 agosto 1343 come data della morte di Giovanni. Possiamo accettare il 1 agosto come giorno nel quale il Beato Giovanni abbandonò questa vita. Il ricordo di questa data può essere stata conservata da una celebrazione locale. Rimane comunque l’incertezza circa l'anno in cui avvenne la sua morte. L'anno 1347, la data solitamente fornita dagli storici agostiniani, non è suffragata da nessuna prova documentaria. Una data precedente al 1342 è suggerita dal fatto che in quell'anno al massimo il nostro Anonimo fiorentino aveva completato la sua collezione di brevi Vitae. Per di più esiste un possibile indizio di una coincidenza tra la visita di Giordano a Rieti e il suo viaggio al capitolo generale di Siena nel 1338.

Tale coincidenza può essere rilevata dalla affermazione contenuta in uno dei suoi sermoni, secondo la quale avrebbe ottenuto in quella occasione una particella di un dito di S. Agostino [6]. Secondo Torelli (5.84) l'indice destro di S. Agostino era nella chiesa agostiniana di Montalcino. Sembra che sia stato là fin dal giorno della visita di Giordano. Poichè Montalcino era sulla strada da Siena a Rieti, siamo inclini a collegare la visita di Giordano a Rieti con il suo viaggio al capitolo generale nel 1338. Se la nostra congettura è corretta, la morte di Giovanni deve essere avvenuta almeno due anni prima del 1338, poichè Giordano menziona il numero di miracoli avvenuti entro il primo anno dopo la morte del santo frate.

 

 

Note

 

(1) - Vfr. p. 105ss; cf. ibid. p. 154.

(2) - Ibid. p. 106. Era usanza generale far legalizzare da un notaio le registrazione dei miracoli immediatamente dopo la morte di un santo. Così dopo la morte del Beato Simone da Todi nel 1322, i suoi confratelli bolognesi chiamarono immediatamente tre notai per registrare i miracoli che erano accaduti accanto alla sua bara (vedi AS, Apr. 2.816-828; cf. ROTH, The Present Status of Augustinian Hagiography, o. c., p. 48).

(3) - CORIOLANUS, fol. 113v.

(4) - MS 763, fol. 34r-fol. 40r.

(5) - Chronica de la Orden de los Eremitanos del glorioso Padre Sancto Augustin, dividida en doze Centurias, Salamanca 1569, fol. 73r.

(6) - Opus Sermonum de Sanctis, sermo LIX. Citiamo secondo l’edizione di Strasbourg del 1494, stampata da Johannes von Gruningen (Hain 9440). L'edizione é senza impaginazione. In questo sermone (verso la fine) Giordano riferisce la storia di come un patrizio di Siena, ricevette questo dito da S. Agostino stesso dopo che il "custos sancti corporis" lo aveva ingannato. Poi continua: "De illo autem digito vere sic miraculose obtento, licet post multa tempora, mihi tanquam abortivo una particula est collata suffragantibus intimis amicis et devotis: quam ego in una monstrantia vitri cristallini in digito argenteo et deaurato recondidi reverenter."