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Eremo di Lecceto nel Cinquecento (ms. 1156 Biblioteca Angelica)
FR. GUGLIELMO DE FLEETE O.S.A.
LETTERE AGLI AGOSTINIANI INGLESI
di Pietro Bellini O.S.A.
in Supplemento al Notiziario della Provincia Agostiniana Picena n.1 Tolentino, Maggio 1979
LA FIGURA DI FR. GUGLIELMO DE FLEETE
Fra Guglielmo Fleete è una figura di secondo piano nella storia generale dell'Ordine Agostiniano. Il suo ricordo è legato soprattutto alla relazione di amicizia avuta con S. Caterina da Siena. Tuttavia lo studio della sua vita e della sua opera (tesa alla riforma della Chiesa) può essere utilmente illuminante per noi, che viviamo in tempi di riforma e di rinnovamento sia nell'ambito della Chiesa universale che del nostro Ordine.
Poche e frammentarie le notizie certe che si hanno di lui. Prima però di parlare di lui è bene delineare la situazione della Chiesa e dell'Ordine Agostiniano nell'epoca in cui si svolse la vita di fra Guglielmo Fleete, cioè la seconda metà del secolo XIV. La residenza dei papi in Avignone (1309-1377) aveva portato conseguenze negative per la Chiesa e non solo in Italia; per citarne alcune: disordini e guerre tra gli stati e le città italiane, dipendenza della politica papale da quella francese, allargamento del sistema delle provvisioni (benefici papali a pagamento) richiesto dal mantenimento di una lussuosa corte papale, mancanza di una vera guida spirituale per la cristianità. Gregorio XI tornò definitivamente a Roma da Avignone nel 1377, ma alla sua morte (1378) iniziò per la Chiesa d'Occidente il periodo forse più drammatico della sua storia: il grande scisma che divise la cristianità in due e anche tre obbedienze, fino al 1417.
Anche per l'Ordine Agostiniano inizia nella seconda metà del sec. XIV un periodo di crisi e di decadenza: la peste nera del 1348 ne aveva ridotto di un terzo gli effettivi; il fervore iniziale dell'Ordine si stava attenuando; iniziò così un certo rilassamento nella disciplina regolare; l'importanza forse eccessiva che l'Ordine all'inizio aveva dato agli studi per recuperare il distacco dai due maggiori ordini mendicanti (Domenicani e Francescani), cominciò a produrre anche conseguenze dannose: privilegi ed esenzioni di cui godevano coloro che si applicavano agli studi, a detrimento della osservanza regolare e della vita religiosa stessa. In seno all'Ordine tuttavia rimasero accesi parecchi focolai di alta spiritualità, soprattutto nei luoghi in cui fin dai tempi anteriori alla Grande Unione del 1256 si viveva una vita più marcatamente contemplativa, a volte propriamente eremitica, fatta soprattutto di preghiera e di aspra penitenza. Uno di questi luoghi era il convento-romitorio di Lecceto (a pochi chilometri fuori Siena), vera fucina di santità. Proprio a Lecceto inizierà nel 1387 quel movimento di riforma dell'Ordine, incoraggiato dai superiori e almeno all'inizio certamente positivo, che va sotto il nome di Congregazioni di Osservanza. E proprio a Lecceto, desideroso di vita contemplativa più austera, si rifugiò Fr. Guglielmo dalla natia Inghilterra. Guglielmo Fleete nacque in Inghilterra, non si sa in quale anno. Divenuto agostiniano e avviato alla carriera degli studi, raggiunse il grado di Baccelliere.
Di temperamento riflessivo, portato alla solitudine, alla contemplazione e al misticismo, dovette sentirsi non a suo agio nell'ambiente accademico scolastico, nel quale la vacuità, l'ambizione e la superbia, compagna abituale della scienza, erano purtroppo di casa. E così si matura in lui la decisione, non sappiamo se in conseguenza di qualche fatto particolare, di abbandonare la carriera degli studi e ritirarsi nell'eremo di Lecceto, la cui fama di luogo di santità era arrivata anche in Inghilterra. Chiede il dovuto permesso al P. Generale per sé e per due suoi compagni. Il P. Matteo da Ascoli annota nel suo 'Regesto' l'8 settembre 1359 (è la prima data certa della vita del Fleete): "Abbiamo fatto Fr. Guglielmo de Fleete, della provincia inglese, conventuale nel nostro convento di Selva del Lago (= Lecceto), aggiungendo e comandando che i suoi due compagni, cioè Fr. Giovanni de Dington e Fr. Guglielmo Pigot siano posti dal Provinciale della Provincia di Siena nei romitori vicini al convento di Selva del Lago." [1]
La sua vita nell'eremo era contrassegnata da aspra penitenza e solitudine. Le sue virtù e la sua cultura gli fecero acquistare una fama di santità anche presso i suoi contemporanei. Era molto stimato da S. Caterina da Siena con la quale aveva rapporti di profonda amicizia spirituale. Riportiamo i giudizi di due contemporanei, estranei all'Ordine. Scrive Cristoforo di Gano Guidini (+1410), laico, discepolo di S. Caterina, che conosceva bene il "Baccelliere" (nome con il quale abitualmente S. Caterina chiamava il Fleete): "Era uomo di molta penitenza, stando il più del tempo nel bosco, tornando alla sera al convento. Non altro adoperava in bevanda che aceto inacquato. Onde aveasi in gran riverenza dalle genti. Or questi tenea in tale stima questa vergine (= S. Caterina), che quasi faceasi coscienza di toccarle le vesti. Ad altri solea dire che eglino non bene la conoscevano, e che il pontefice doveva avere di grazia d'esserle quale uno de' suoi figliuoli, essendo in lei di verità lo Spirito Santo" [2].
In una memoria dal titolo "Questi sono i miracoli de della B. Caterina", scritta da un anonimo fiorentino che la conobbe di persona nel 1374, si dice di Fra Guglielmo: "Ae nella Selva del Lago presso ad Siena a quattro miglia un luogo di Frati romitani di Santo Agostino nel quale ha uno frate d'Inghilterra il quale si chiama il Baccelliere della Selva del Lago, che vi è stato oltre a dodici anni. Questi è un uomo di grande scenzia, uomo venerabile, di grande santità et solitudine. Abita spesso nella detta selva in sue spelonche che l'ha fatte egli stesso in luoghi scuri et aspri; et là porta i libri seco per fuggire la conversazione delle genti; et ad sua posta va et viene dalla chiesa nella selva, et dalla selva nella chiesa. Questi è uomo di maturo consiglio, amico di Dio, et uomo di grande esemplo et poco parla se non quando la necessità del parlare si richiede. Questi non vide mai la Caterina (=S. Caterina da Siena), né ella lui (è un particolare inesatto), ma hanno conoscimento l'uno dell'altro per istinto di Spirito Santo, in tanto che l'uno parla de' fatti dell'altro con solennità e con grande reverenzia quale più piace" [3].
Fra Guglielmo conobbe e fu in corrispondenza con gli esponenti dello spiritualismo dell'epoca, massime con il B. Giovanni Colombini, fondatore dei Gesuati, e con il vallombrosano B. Giovanni delle Celle. Fu tanto amante della vita solitaria che, nonostante i rimproveri di S. Caterina, declinò l'invito di Urbano VI di andare presso la corte papale a Roma. Non si conosce l'anno della sua morte e gli storici sono vaghi. Lanteri dice che morì "circa l'anno 1380 a circa 70 anni di età" [4]. Certamente non morì prima del 1380 (in questo anno infatti scrisse le tre lettere di cui stiamo trattando) [5].
Note
(1) - Roma, Archivio Generale O.S.A., Dd 1, f.197.
(2) - MISCIATELLI P. (a cura di), S. Caterina da Siena: Epistolario, Firenze 1940, Marzocco, vol. I, pag. 237, nota.
(3) - MISCIATELLI P., cit., vol. VI, pp. 163-164.
(4) - LANTERI G., Postrema saecula sex religionis augustinianae, Tolentino 1858, vol. I, pp. 293-295.
(5) - Per il testo delle tre lettere, le opere e la bibliografia riguardanti G. Fleete, vedi LAURENT M. H. , De litteris ineditis fr. Willelmi de Fleete, in ANALECTA AUGUSTINIANA, XVIII (1941-42), pp. 303-327.