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monaci agostiniani celebri: GUGLIELMO DE FLEETE

L'Eremo di Lecceto in una rappresentazione cinquecentesca del ms. 1156 presso la Biblioteca Angelica di Roma

 

Pio II canonizza santa Caterina Siena,

Libreria Piccolomini nel Duomo

 

 

FR. GUGLIELMO DE FLEETE O.S.A.

LETTERE AGLI AGOSTINIANI INGLESI

di Pietro Bellini O.S.A.

 

in Supplemento al Notiziario della Provincia Agostiniana Picena n.1 Tolentino, Maggio 1979

 

 

 

 

FRA WILLIAM FLETE E S. CATERINA DA SIENA

 

Una profonda, reciproca stima e fiducia legava il "Baccelliere" a S. Caterina e ai suoi discepoli [1]. S. Caterina andava spesso al convento di Lecceto; in assenza del suo confessore abituale, che era il domenicano fra Raimondo da Capua, si confessava da fra Guglielmo. Per la sua ricca e forte personalità, ma soprattutto per la sua santità, divenne la consigliera spirituale e la "mamma" (come la chiamavano affettuosamente e devotamente i suoi discepoli) di molti religiosi di Lecceto. Ci rimangono sette lettere di S. Caterina indirizzate a fra Guglielmo. In esse la santa, con rispetto, ma con fermezza, guida il suo 'discepolo-confessore' sulla via della perfezione.

Alcuni esempi. Era tanto il desiderio di fra Guglielmo di starsene appartato, che gli riusciva difficile assecondare il desiderio del suo Priore di celebrare più frequentemente la S. Messa; il desiderio della solitudine inoltre lo estraniava dalla vita della comunità. S. Caterina gli scrisse in proposito ricordandogli che l'obbedienza e la carità vanno preferite ai desideri personali, pur legittimi e lodevoli: "Dicovi da parte di Cristo crocifisso che non tanto che alcuna volta la settimana il priore volesse che voi diceste la Messa in convento, ma voglio che se vedete la sua volontà, ogni dì voi la diciate. Perché voi perdiate le consolazioni, non perdete però lo stato della Grazia; anco, l'acquistate, quando voi perdete la vostra volontà. Voglio che, acciocché noi mostriamo d'essere mangiatori dell'anime e gustatori de' prossimi, noi non attendiamo pure alle nostre consolazioni; ma dobbiamo attendere e udire e aver compassione alle fadighe de' prossimi, e specialmente a coloro che sono uniti a una medesima carità. E se non faceste così, sarebbe grandissimo difetto, E però voglio che alle fadighe e necessità di frate Antonio voi prestiate l'orecchio ad udirle: e frate Antonio voglio e prego che egli oda voi. E così vi prego da parte di Cristo, e mia, che facciate. A questo modo conserverete in voi la vera carità. E se non faceste così, dareste luogo al dimonio a seminare discordia." [2]

Scoppiato lo scisma nella Chiesa (1378), Caterina con il numeroso gruppo dei suoi seguaci (circa 40 persone) si stabilisce a Roma, votandosi completamente alla causa del papa legittimo, Urbano VI. Riesce a convincere il papa a circondarsi, come consiglieri, di uomini virtuosi e capaci, che ella stessa gli suggerisce, per iniziare una riforma della Chiesa. Con un breve del 13 dicembre 1378 difatti Urbano VI invitava Roma religiosi appartenenti ad Ordini diversi; tra questi vi era anche fra Guglielmo Fleete. S. Caterina invia da Roma una lettera, il 15 dicembre, a fra Guglielmo e all'agostiniano fra Antonio da Nizza, anche lui a Lecceto, esortandoli ad accogliere l'invito del Papa e ad andare tutti e due a Roma, lasciando la pace del bosco: "Oggi vediamo (la Chiesa) in tanta necessità, che per sovvenirgli è da escire dal bosco e abandonare sé medesimo. Vedendo che si possa fare frutto in lei, non è da stare né da dire: 'Io non averei la pace mia'. Ché, poi che Dio ci ha data grazia d'avere proveduto alla santa Chiesa d'uno buono e giusto pastore (Urbano VI), il quale si diletta de' servi di Dio e vuolli a sé ..., noi altri dobbiamo sovvenire. Avedrommi se in verità abbiamo conceputo amore alla reformazione della santa Chiesa; perocché se sarà così in verità, seguiterete la volontà di Dio e del vicario suo, escirete del bosco e verrete ad intrare nel campo della battaglia." [3]

A questa lettera fra Guglielmo risponde che nè lui nè fra Antonio se la sentono di lasciare quello che ritengono lo stile di vita ispirato loro da Dio. Al che S. Caterina risponde alquanto amareggiata e risentita, non direttamente a fra Guglielmo, ma a fra Antonio, tacciando di superbia fra Guglielmo, senza mezzi termini: "Parmi, secondo la lettera che frate Guglielmo mi ha mandata, che né egli né voi ci veniate. Alla quale lettera io non intendo di rispondere: ma molto mi duole della sua simplicità, perché ne séguita poco onore di Dio e edificazione del prossimo. Perocché se egli non vuole venire per umiltà e timore di non perdere la pace sua, doverebbe usare la virtù dell'umiltà, chiedendo umilmente e con mansuetudine licenzia al vicario di Cristo, supplicando alla Santità sua, che gli piacesse lassarlo stare al bosco per più sua pace; rimettendola nondimeno alla sua volontà, siccome vero obediente: e così sarebbe più piacevole a Dio, e farebbe utilità sua. Ma mi pare che egli abbi fatto tutto il contrario... Troppo sta attaccato leggiero lo spirito se, per mutare luogo, si perde. Pare che Dio sia accettatore di luogo, e che si trovi solamente nel bosco, e non altrove nel tempo delle necessità ..." [4].

La santa porta l'esempio di altri due agostiniani di Lecceto, fra Andrea da Lucca e fra Paolino da Nola, i quali, benché malandati in salute, hanno obbedito all'invito e sono andati a Roma: " ... Ma subito con loro fadighe e malagevolezza si misero in via e sono venuti, e compita hanno la loro obedienza: e comeché il desiderio gli stringa di tornare alle celle loro, non vogliono per ciò partirsi dal giogo; ma dicono: 'Quello ch'io ho detto, sia per non detto', annegando le loro volontà e le proprie consolazioni" [5].

Fra Antonio a queste parole accorate di S. Caterina lascia Lecceto e va anche lui a Roma. Ma fra Guglielmo rimane, dopo aver accolto, pensiamo, il consiglio della santa di chiedere la dispensa al papa. Certamente grande stima e ammirazione conservò Caterina, fino al termine della sua vita, per le virtù di fra Guglielmo, se prima della sua morte affidò proprio a lui la direzione spirituale dei suoi seguaci, stando alla testimonianza di uno di essi [6]

 

 

 

Note

 

(1) - Sui rapporti tra S. Caterina e fra Guglielmo Fleete esiste una tesi inedita presso la Dublin National University of Ireland: "Willelm Fleete and St. Catherine of Siena", scritta nel 1955 dall'agostiniano B. Hackett. 

(2) - Misciatelli P., cit., vol. II, pp. 26-27.

(3) - Misciatelli P., cit., vol. V, p.74.

(4) - Misciatelli P., cit., vol. V, pp. 80-81.

(5) - La santa però termina la lettera già riappacificata: "Pregovi, voi e il Baccelliere (= fra Guglielmo), e gli altri servi di Dio, che preghiate l'umile Agnello, che mi facci andare per la via sua. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio" (ibid., p.82).

(6) - Misciatelli P., cit., vol. VI, p. 85.